21 Ottobre 2012

Greenaction sul rigassificatore: “Pressioni italiane su Slovenia e Croazia, commissione europea in difficoltà”

Riceviamo e pubblichiamo:

La questione dei progetti dei terminali di rigassificazione nel Golfo di Trieste sta assumendo sempre più l’aspetto di uno scontro diplomatico in piena regola e con molti attori in campo. L’Italia cerca di imporre le proprie scelte energetiche a due Paesi confinanti (Slovenia e Croazia) con i quali divide le acque territoriali del Golfo di Trieste, trovando una più che logica e motivata opposizione, in particolare della piccola Repubblica di Slovenia che si vedrebbe piazzare due impianti ad alto rischio industriale e ad elevato impatto ambientale sulla porta di casa.

L’opposizione della Slovenia è ad oggi quella più ferma e decisa, assieme a quelle degli ambientalisti che denunciano come le stesse normative comunitarie di riferimento siano state fino ad ora completamente aggirate dall’Italia per approvare, a seguito di una procedura di V.I.A. farsesca, il primo dei due progetti, quello ubicato nel porto di Trieste e presentato dalla spagnola Gas Natural – Union Fenosa.

E proprio le opposizioni degli ambientalisti di Alpe Adria Green e di Greenaction Transnational hanno portato all’apertura di numerose inchieste da parte del Parlamento Europeo e della Commissione Europea. Inchieste tutt’ora in corso che vedono le istituzioni comunitarie in grande imbarazzo, tanto da dover prendere tempo “congelando” le indagini nell’attesa di un accordo tra la “recalcitrante” Slovenia e lo scomodo vicino italiano.

Dall’ultima risposta dell’agosto 2012 che Greenaction (l’ONG che ha presentato le petizioni) ha ricevuto dal Parlamento Europeo risulta che secondo la Commissione Europea: “Per quanto riguarda la realizzazione degli impianti proposti di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) nel Golfo di Trieste, in base alle informazioni disponibili, non è stata ancora concessa alcuna autorizzazione” e che “La Commissione ha agevolato il dialogo tra le autorità italiane e slovene in merito a tali progetti e, in particolare, alla relativa valutazione ambientale. Le autorità italiane hanno recentemente confermato di essere a favore di un approccio globale di parternariato relativamente alla strategia energetica nell’Adriatico settentrionale, che risponda tra le altre cose alle preoccupazioni di tipo ambientale”.

Sembra esattamente lo stesso contenuto delle dichiarazioni rilasciate nel recente incontro bilaterale con la Slovenia dal ministro dell’ambiente italiano Clini. Tradotto, questo significa che l’Italia, ben consapevole di avere violato la normativa comunitaria non avviando l’obbligatoria procedura di VAS transfrontaliera, deve ora sperare in un dietrofront della Slovenia. Altrimenti tutto deve venire azzerato con una nuova valutazione ambientale congiunta che preveda la partecipazione effettiva della stessa popolazione slovena. In pratica un referendum sui rigassificatori che l’Italia vuole assolutamente scongiurare. Una procedura di questo tipo richiederebbe almeno tre-quattro anni per essere completata. Con un esito che se si dovesse confermare negativo rappresenterebbe il “de profundis” per i progetti dei rigassificatori nell’Adriatico settentrionale.

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