24 Luglio 2012

Gabrovec: “Una VIA per centrale biomasse a Opicina”

Il progetto, presentato dalla società Iniziative Industriali Triestine Srl con sede a Roma, che prevede la costruzione a Opicina (TS) di una centrale elettrica di cogenerazione alimentata a biomasse, principalmente olio di palma, della potenza complessiva di 37MW sarà all’attenzione del Consiglio regionale in quanto il tema è stato proposto dal consigliere del PD-Ssk Igor Gabrovec, che sulla questione ha presentato un’interrogazione alla Giunta.

Gabrovec ricorda che il progetto ha fin da subito provocato una fortissima preoccupazione nell’intera popolazione e numerose sono le perplessità emerse a riguardo. Innanzitutto viene posto un pesante interrogativo in merito alla sua reale sostenibilità ambientale, considerato che l’olio di palma (prevedibilmente quasi 60 mila tonnellate all’anno) verrebbe trasportato via mare dalla lontana Costa d’Avorio e poi in camion cisterna dal porto di Trieste all’abitato di Opicina.

L’olio di palma, una delle principali cause della deforestazione, è stato recentemente cancellato dalla lista dei combustibili definiti rinnovabili dall’U.S. Environmental Protection Agency (EPA) ed è oggetto di iniziative legislative anche nella Comunità europea.

Preoccupano – continua l’esponente regionale della Slovenska skupnost – le lacune nella considerazione delle emissioni nocive in un territorio densamente abitato, confinante con le zone protette SIC-ZPS e ricadente in un’area non bonificata dalle precedenti attività produttive (prevedibile presenza di idrocarburi, metalli pesanti, amianto).

Considerato infine che il progetto risulta privo di un serio piano di sostenibilità economica, Gabrovec chiede al presidente Tondo di sottoporlo a una scrupolosa procedura di valutazione di impatto ambientale, nella quale vadano coinvolti anche i Comuni immediatamente confinanti della Slovenia.

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6 commenti a Gabrovec: “Una VIA per centrale biomasse a Opicina”

  1. Rosi ha detto:

    via le biomasse, via!

  2. Dario Predonzan ha detto:

    Ecco cosa ne pensa il WWF:

    Trieste, 19 luglio 2012

    CENTRALE A BIOMASSE DI OPICINA
    IL WWF: “OLIO DI PALMA FINTA ENERGIA RINNOVABILE. INDISPENSABILE LA VIA SUL PROGETTO”

    Per produrre le 60mila tonnellate di olio di palma necessarie ogni anno per alimentare la centrale servono piantagioni di 15mila ettari sottratti alla foresta pluviale africana. Negativo anche l’impatto ambientale e paesaggistico sul Carso.

    “Se si calcolasse seriamente l’impatto sull’ambiente dell’intera filiera produttiva dell’olio di palma, si scoprirebbe che questa è tutt’altro che una fonte energetica amica dell’ambiente”: lo afferma il WWF Friuli Venezia Giulia a proposito del progetto della centrale elettrica a biomasse proposta ad Opicina dalla società “Iniziative Industriali Triestine srl”.

    FORESTA A PERDERE
    La centrale, costituita da due motori diesel, utilizzerebbe infatti olio di palma come combustibile: per una potenza complessiva di circa 37 MW, si brucerebbero 55-60 mila tonnellate all’anno di olio di palma, per produrre le quali sarebbero necessari circa 15 mila ettari (150 kmq) di piantagioni di palma da olio in Africa: una superficie poco inferiore a quella della Provincia di Trieste (212 kmq).
    “I proponenti – attacca l’associazione – definiscono “rinnovabile” l’olio di palma poiché l’anidride carbonica emessa bruciandolo equivarrebbe a quella incorporata dalle piante nel corso del loro ciclo di crescita e produzione dei frutti da cui si ricava l’olio. In realtà, gli habitat e la vegetazione naturale (foreste pluviali, ecc.) distrutti per far posto alle piantagioni industriali di palma da olio, consentirebbero un ben maggiore assorbimento dell’anidride carbonica (il principale dei “gas serra” responsabili dei cambiamenti climatici). Inoltre, la distruzione di quegli habitat ha gravemente impoverito la biodiversità vegetale e animale del continente africano – fenomeni analoghi avvengono anche in Centro America e nel sud est asiatico, dove pure si coltiva la palma da olio –, uno degli elementi fondamentali per la conservazione della vita sul nostro Pianeta”.

    IMPRONTA NEGATIVA
    Secondo il WWF, per un calcolo effettivo della sostenibilità ambientale del progetto, bisognerebbe in effetti calcolare l’”impronta” (in termini di anidride carbonica emessa) dell’intero ciclo produttivo, comprese cioè le emissioni legate alle fasi di coltivazione delle palme da olio, alla produzione di fertilizzanti, antiparassitari e pesticidi utilizzati nelle piantagioni, al trasporto della biomassa agli impianti nei quali viene estratto l’olio, al processo di spremitura e raffinazione dell’olio, al trasporto dell’olio via mare dall’Africa al porto di Trieste e poi via terra – su treno e autocisterne – dal porto fino ad Opicina, senza dimenticare le emissioni legate alla costruzione della centrale, alla produzione dei materiali necessari a tale scopo, quelle per lo smaltimento dei residui, ecc.
    INVESTIRE SULL’EFFICIENZA
    Le stesse operazioni dovrebbero essere considerate nel calcolo del bilancio energetico complessivo dell’investimento sulla centrale a biomasse, secondo il metodo dell’EROEI (Energy Return On Energy Invested): un calcolo che secondo il WWF darebbe certamente esito negativo.
    L’associazione ambientalista contesta quindi anche l’affermazione, secondo cui la centrale di Opicina contribuirebbe all’indipendenza energetica del Paese rispetto alle importazioni di fonti fossili, poiché non esiste nessuna differenza sostanziale tra l’importare petrolio o gas, oppure olio di palma, da oltremare.
    Una vera indipendenza energetica si costruisce piuttosto investendo nell’efficienza energetica: come dimostra il “Libro Verde sull’efficienza energetica” (2005) della Commissione Europea, l’investimento in efficienza è infatti il più redditizio, sia dal punto di vista economico, sia da quello occupazionale. Il costo totale di produzione di un kWh è infatti circa il doppio del costo necessario per risparmiare lo stesso kWh. Inoltre, gli investimenti nell’efficienza energetica creano da tre a quattro volte più posti di lavoro, rispetto a quelli creati con gli investimenti nella costruzione di centrali elettriche.

    SERVE LA VIA
    A ciò va aggiunto, aggiunge il WWF, il fatto che l’impatto della centrale sull’ambiente di Opicina e del Carso sarebbe certo assai negativo. Se la zona prescelta è classificata “industriale” dal piano regolatore vigente (che è quello del 1997, tornato in vigore l’anno scorso dopo l’abbandono della variante 118), è vero però che l’area in questione è in gran parte coperta da boscaglia carsica di elevato pregio naturalistico – che lo studio presentato da IIT srl evita di esaminare – mentre anche l’impatto paesaggistico dell’impianto (con edifici altri fino a 16 metri e una doppia ciminiera di 35 metri) sarebbe pesante e impossibile da mitigare.
    Da tutto ciò la conclusione degli ambientalisti: il progetto dev’essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale.

    Il testo completo delle osservazioni nel sito: http://www.wwf.it/friuliveneziagiulia

  3. Dario Predonzan ha detto:

    E Legambiente:

    Centrale a biomasse di Opicina. Legambiente: “Indispensabile la VIA,
    ma l’olio di palma non è una fonte sostenibile”.

    Il progetto della centrale a biomasse di Opicina va sottoposto alla VIA (Valutazione dell’Impatto Ambientale). Questa la conclusione delle osservazioni, presentate nei giorni scorsi dal circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste, a firma di Lino Santoro, vicepresidente del Comitato Scientifico di Legambiente FVG.
    L’associazione ambientalista ritiene che le biomasse vadano utilizzate per produrre energia, ma solo a certe condizioni: si deve trattare di “filiere corte” (il combustibile deve essere utilizzato a breve distanza dal luogo di produzione), di scarti da attività agricole o forestali, o di reflui urbani. Materiali cioè che dovrebbero comunque essere smaltiti, magari come rifiuti.
    Non è però questo il caso della centrale progettata ad Opicina, che utilizzerebbe olio di palma prodotto in Africa, in piantagioni intensive estese su enormi superfici, verosimilmente sottratte ad habitat naturali come foreste pluviali, torbiere, ecc. La trasformazione di questi ambienti in piantagioni industriali, comporta tra l’altro una drastica diminuzione della capacità di assorbire l’anidride carbonica, cioè il principale dei gas ad effetto serra, responsabili dei cambiamenti climatici.
    Nella valutazione della sostenibilità ambientale dell’uso energetico dell’olio di palma, continua Legambiente, andrebbe poi tenuto conto della distruzione di habitat fondamentali per la conservazione degli ambianti naturali, dell’impatto sanitario sulle popolazioni indigene per l’uso di fitofarmaci e pesticidi, della sottrazione di territorio agli usi alimentari, ecc.
    Va poi tenuto conto del trasporto – con le relative emissioni inquinanti – dell’olio di palma prima via mare e poi via terra su treno e autocisterne, dall’Africa fino ad Opicina.
    Sul piano economico, l’operazione biomasse ad Opicina si regge soltanto grazie agli incentivi, che però pesano sulla bolletta elettrica dei cittadini/utenti; d’altro canto il prezzo dell’olio di palma sta rapidamente aumentando, tanto da non rendere vantaggiosa l’operazione anche in presenza degli incentivi: La centrale potrebbe quindi rimanere sostanzialmente inutilizzata (lasciando però in eredità un pesante impatto paesaggistico).
    Anche l’impatto sull’abitato di Opicina sarebbe negativo, poiché i fumi di combustione dell’olio di palma contengono nanopolveri in quantità rilevanti: polveri che è assai arduo trattenere negli impianti filtranti e che, per le ridotte dimensioni, penetrano in profondità nell’apparato respiratorio, depositandovi le sostanze tossiche (composti policiclici aromatici, diossine e furani, ecc.) in esse contenute.
    Da non trascurare, poi, il rischio di perdite dai serbatoi di olio e quello delle esalazioni di urea, una delle sostanze utilizzate nel ciclo produttivo della centrale.
    Le condizioni ambientali del territorio di Opicina, nel quale finora mancavano impianti industriali, verrebbero perciò modificate negativamente, anche a causa delle esalazioni sgradevoli e del rumore prodotto dai motori diesel della centrale.
    Da ciò la richiesta di sottoporre il progetto ad un’approfondita valutazione ambientale, alla quale potranno partecipare tutti i cittadini e gli enti interessati.

  4. Pietro Casolin ha detto:

    Tutta politica, come il caro ministro anche qui si cerca di affossare le rinnnovabili per farsi propaganda facile.
    E intanto paghiamo noi per le fossili.

  5. Triestin - No se pol ha detto:

    adesso spunta una mini centrale a cogenerazion in zona industrial a ts
    25.07.2012 19:00
    ECONOMIA: SEGANTI, ABBATTERE COSTO ENERGIA PER ATTRARRE NUOVE AZIENDE
    Trieste, 25 lug – L’assessore regionale alle attività produttive Federica Seganti ha incontrato i rappresentanti dei dieci Consorzi industriali per valutare stato dell’arte, necessità e prospettive degli agglomerati produttivi.
    Un problema concreto che riguarda l’intero tessuto economico regionale e che, per quanto concerne i Consorzi, l’assessore Seganti ha confermato di voler affrontare concretamente assieme al collega alle Infrastutture di trasporto Riccardo Riccardi. “Stiamo procedendo con il marketing territoriale, un tema fondamentale per attirare nuovi insediamenti al pari di quello dell’energia”, ha dichiarato l’assessore, rispondendo così ai rappresentanti dei Consorzi, che sottolineavano la necessità di abbattere i costi energetici delle aziende. Seganti ha rilevato come la riduzione dei costi dell’energia sia un tema che ha valenza pro futuro ed ha chiesto proposte e suggerimenti, accogliendo subito quelli dell’EZIT, che ha ipotizzato uno studio di fattibilità per la realizzazione di una centrale di cogenerazione di piccole dimensioni da proporre come modello a tutto il territorio. ARC/LVZ

  6. Gimmy ha detto:

    Suppongo che nessuno di voi qui sia disoccupato…

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