21 Luglio 2012

Mouse on Mars a Marina Julia per Ondelab: ballare in spiaggia strafatti di Autan

Il pubblico dei concerti è indecifrabile o forse, ipotesi che vi inviterei a non escludere, io non capisco niente di musica. I ragazzi di Dobialab, nonostante una miseria di fondi, hanno imbastito quella che potenzialmente era una delle date più interessanti di quest’estate nella nostra remota periferia del mondo, stretta fra rassegne di bande militari e date da 40.000 persone (e 70 cucuzze pro capite), e sotto il palco ci siamo trovati in poco più di cento. I soliti cento, mi verrebbe da aggiungere. Anche la location era una di quelle cose inedite, anomale, fighissime che ogni tanto saltano fuori dal nulla e ti cambiano le prospettive. Un palco enorme (persino sovradimensionato per la circostanza, ma il lunedì successivo suonavano i Subsonica), montato sulla spiaggia di Marina Julia, le luci del golfo sullo sfondo, la sabbietta sotto i piedi. Roba per pochi, evidentemente. Arriviamo prestissimo e per prima cosa imbastiamo con l’organizzazione un losco traffico di sostanze chimiche (Autan), impazza ancora il soundcheck per cui decidiamo di ripiegare sulla rutilante vita notturna di Marina Julia. Piccola nota a margine, questa non è un informazione commerciale bensì antropologica: andate a prendervi un chinotto al bar Sans Souci. Mi ringrazierete.

Ritorniamo e hanno già attaccato Il moro e il quasi biondo, progetto che fa riferimento a quel mattacchione di Matteo Dainese che, in un caleidoscopio di percussioni e paperelle di gomma, ci accompagna verso un interessante set dub techno di un dj a me sconosciuto (hey ciao dj a me sconosciuto, sei bravo, hai messo Mikkel Metal, rispetto assoluto) mentre finiscono di allestire il palco per l’headliner della serata. Poi macchina del fumo a palla, bassline su onda quadra, effettoni potenti e inizia lo show.

La prima cosa che si nota è che la batteria è tanto indietro, troppo indietro. È un po’ il bello e il brutto di queste lineup miste elettroniche/acustiche, l’amalgama è davvero una cosa difficile da ottenere, quando funziona si entra nel dominio della figata ma quando la maionese impazzisce son dolori. Qui, va detto, la maionese non è mai impazzita ma il gusto di quel limone si sentiva davvero troppo poco. Un live set diviso in tre tempi ben definiti, quello dei topi su marte. La prima parte gioca su ritmi lenti, che tirano indietro, inframmezzati da volute di synth volutamente ostiche (e mi si scusi l’allitterazione). Il ritmo cresce in una progressione regolare fino ad una parte centrale più dritta e più piena, che infatti prende meglio il pubblico. Finale di nuovo più ostico, con ritmiche involute e giri indecifrabili. In definitiva un set centrato sul flusso, pensato per creare quell’onda sinusoidale di climax e anticlimax su cui si gioca la differenza fra un’esibizione di questo tipo e un concerto tradizionale.

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