Il tema della metamorfosi ha sempre abitato l’immaginario dell’uomo. Ha attraversato la storia, creando un filo diretto da Apuleio a Kafka e assumendo la tanto forma del mito quanto quella del sogno o del delirio. E ai “deliranti sogni” si riferisce Guglielmo Manenti quando parla delle sue illustrazioni che fanno parte della serie “Metamorfosi”. <Queste chine – commenta l’iilustratore – sono creazioni spontanee con quel piacere che comporta la nascita dell’inaspettato>. Le “Metamorfosi” di Manenti saranno ospitate dal bar Knulp (via Madonna del Mare 7/a) di Trieste fino al 19 settembre.
Le metamorfosi avvengono sempre nell’avvolgente oscurità notturna. Queste incursioni “bestiali” possono essere un “prolungamento” del personaggio, parte integrante cioè dell’uomo e del suo essere. Oppure acquisiscono un proprio carattere e una propria personalità indipendenti da ogni forma di umanità. In questo caso, il loro atteggamento può essere tanto “buono” quanto “cattivo” nei confronti dell’uomo. L’immaginario di Manenti appare in dialogo diretto con l’universo animista, in particolare con il mondo messicano, caratterizzato dagli sciamani e dalle loro terribili visioni. Ma riporta alla memoria, per il contesto urbano in cui queste metamorfosi “accadono”, anche i “viaggi” dei poeti maledetti e degli artisti dei caffè parigini.
Questi sogni, nonostante la loro spontaneità, tracciano un percorso di continuità con un lavoro precedente del disegnatore siciliano, “Metropolis”, di passaggio a Trieste nel 2008. Già in questa esposizione, infatti, erano visibili le incursioni d questi primi abbozzi di bestiario. Con le “Metamorfosi”, però, fa la sua comparsa il colore, che non si accontenta di un secondo piano ma che invece grida. L’influenza principale, infatti, risulta ancora una volta quella dei muralisti messicani: per dare voce ai suoi spiriti Manenti sceglie di quando in quando anche tinte avvolgenti, ma preferisce più spesso toni acidi e stridenti.
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