22 Maggio 2012

Bordon: “Un Referendum servirebbe. Non è il gas la vocazione di Trieste”

“Podestà de Muja”, poi parlamentare e ministro all’Ambiente, oggi imprenditore nel settore delle energie alternative, Willer Bordon si trovò, alla metà degli anni ’80, al centro di un caso molto simile a quello odierno del rigassificatore, già ricordato da Bora.la. A breve distanza dal sito dell’impianto voluto da Gas Natural, l’Enel progettò una centrale termoelettrica a carbone. Diversamente da oggi, l’insediamento sarebbe dovuto sorgere poco all’interno della cinta municipale (adesso è poco all’esterno, in comune di Trieste).
La reazione della cittadinanza, che si espresse con un referendum, riuscì a fermare l’insediamento, spostando anche l’orientamento del capoluogo e della Regione.
Tra i primi firmatari dell’appello per stimolare informazione, approfondimento e confronto (l’elenco dei sottoscrittori è pubblicato in questo sito), Willer Bordon rievoca quei giorni, scommettendo sulla possibilità, da parte del territorio, di bloccare il terminal.

Bordon, cinque lustri e più fa Muggia vinse la sua battaglia. E’ un’esperienza replicabile, stante i grandi cambiamenti intervenuti?
Direi proprio di sì, perché alcuni dei cambiamenti giocano a favore, come la possibilità degli allerta e delle mobilitazioni via web. L’avessimo avuta allora, sarebbe stata meno dura. Perché all’inizio avevamo contro tutti: eravamo Davide contro Golia. Ma si sa che Davide può farcela se è motivato.

La politica di oggi però è diversa da quella di ieri…
Politica, partiti, istituzioni godevano di una diversa fiducia da parte dell’elettorato. E c’era un assetto meno frammentato e ondivago. D’altro canto alcune situazioni sono le stesse, a partire dalla contrarietà dell’amministrazione muggesana.

Da Roma, la questione del rigassificatore come la vede?
Non ho quegli approfondimenti tecnici, sulla sicurezza, e i danni all’ambiente che nella vicenda della centrale, mi permisero di essere contro nel merito del progetto. Noto comunque le riserve di insigni uomini di scienza, come il professor Giacomo Costa, che fu determinante anche ai miei tempi. Vorrei piuttosto fare un ragionamento sulla programmazione del territorio.

La vocazione di Trieste?
Per l’appunto. Non si può, in un fazzoletto di terra come il nostro, mettere insieme tutto e il contrario di tutto. Quindi la programmazione territoriale, che sta a monte di quella urbanistica, industriale, eccetera, deve saper scegliere. Il realizzare Trieste come città della scienza, il rilanciarla quale grande approdo mediterraneo della nuova Europa – cose di cui si parla in questi giorni – non può stare assieme con la volontà di trasformarla in polo energetico.

Destini che collidono, dunque.
Nella realtà e – attenzione – ancora di più nell’immagine. Vorrei sottolineare un dato che oggi ai più sembra sfuggire: il danno all’appeal di Trieste. Danno mortale e immediato, perché oggi la comunicazione è in tempo reale. Mi spiego: ho conosciuto moltissimi scienziati venuti al Centro di Fisica, all’Area, alla Sissa, da varie parti del mondo. Quando chiedevo loro il perché della scelta triestina le ragioni erano sostanzialmente due: i centri d’eccellenza, legati al loro lavoro, e l’ambiente, legato alla qualità della vita, soprattutto familiare. Non sottovalutiamo questo aspetto: i centri scientifici si possono trovare in varie parti del mondo, ma una città come Trieste…

Dice che se perdiamo la qualità della vita rischiamo di perdere l’attrattività anche sul versante scientifico?
E’ sufficiente che perdiamo l’immagine. Sappiamo quanto questa sia importante, oggi, e come la si possa perdere in un attimo, data l’istantaneità della comunicazione. Se passa il messaggio che Trieste è la città del porto petroli, dell’inceneritore, della rigassificazione, l’hub dell’energia, credo che il suo fascino, che conta ancora tantissimo, verrebbe irrimediabilmente danneggiato. Conseguentemente ridurremmo anche la possibilità di attrarre i cervelli.

Torniamo alla centrale: all’epoca faceste un referendum…
Fu una cosa straordinaria, un “novum” poi studiato a livello universitario. Rifiutammo l’approccio viscerale: volete il rigassificatore o no, fornendo alla popolazioni le nostre osservazioni negative, e dando all’Enel la possibilità di illustrare i motivi e favore. Che c’erano, e forti. All’epoca la cosiddetta “monetizzazione del rischio” era altissima, avrebbe triplicato il bilancio comunale. Con il differenziale termico avremmo potuto godere del teleriscaldamento. Insomma, sul versante dei soldi saremmo stati un Bengodi.

Ciononpertanto…
I cittadini risposero di no. Tramite il referendum consultivo, che come amministrazione decidemmo di considerare cogente, prima ancora di indirlo. Avevamo annunciato che qualsiasi esito sarebbe stato assunto come delibera del Comune. E così fu. Credo che anche oggi un referendum servirebbe, perché una cosa è la decisione presa per accordi tra i partiti di maggioranza e opposizione, una cosa è un pronunciamento dei cittadini che si recano alle urne.

Conosce Nesladek, l’attuale primo cittadino di Muggia? Saprà fare quello che si fece ai suoi tempi?
Lo ricordo quando ero sindaco: uno studente, serio e impegnato. Poi lho ritrovato molte volte. Da medico, ha le competenze adatte, ed ha anche una grande sensibilità ambientale. Mi pare la persona giusta al posto giusto.

 

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6 commenti a Bordon: “Un Referendum servirebbe. Non è il gas la vocazione di Trieste”

  1. sfsn ha detto:

    toh,
    chi si rivede…

  2. ufo ha detto:

    Omo xe fato de sughero…

  3. Triestin - No se pol ha detto:

    mi diria de goma…

  4. mutante ha detto:

    se qualcuno mi dixesse “ciononpertanto”, gli farei passare dei brutti 5 minuti.

  5. Hafez ha detto:

    Mi sembra che il willer,non Tex,goda di sussidi congrui,senza far nulla…come li chiamano,vitalizi?

  6. effebi ha detto:

    che immagine inquietante:
    un comunista imborghesido…

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