25 Aprile 2012

I Laibach invadono Kino Siska a Lubiana. Ma vengono in pace.

Premessa metodologica necessaria ad una corretta interpretazione del seguente articolo: il sottoscritto non è in grado di formulare giudizi obiettivi sui Laibach, tanta è la venerazione nei loro confronti. Un live dei Laibach è un esperienza che va oltre alla mera fruizione delle musica: si lo so che i comunicati stampa che accompagnano l’80% degli artisti in tour dicono la stessa cosa, ma in questo caso è vero. E se non ci credete la prossima volta andateci e le mie parole vi risuoneranno nella testa.
L’occasione per risentire all’opera la frangia musicale del collettivo politico-artistico della Neue Slowenische Kunst è fornita dalla prima slovena del film Iron sky, di cui i Laibach hanno curato parte della colonna sonora. Il film, una strampaleria di produzione norvegese che ha diviso pubblico e critica a Berlino, ha una trama che va accennata, per capire come non vi fosse gruppo al mondo più adatto dei Laibach per orchestrarne l’accompagnamento musicale: un manipolo di nazisti, vista la mala parata della seconda guerra mondiale, ripara sulla faccia scura della luna e progetta una riconquista del pianeta terra nel 2018. Ho detto tutto. I Laibach con il loro recupero dell’estetica dei totalitarismi del ‘900 prestano atmosfere, stili e liturgie ad operazioni come questa e la performance dal vivo, condita dal solito sfoggio di divise militari ed atteggiamenti marziali, si muove su un percorso in perfetta continuità con quello tracciato dal film.

C’era moltissima attesa per questo ritorno sul palco di casa; sold out già della mattina del concerto,  Kino Siska era così pieno che non sarebbe entrato più neanche uno spillo.  Una delle cose migliori dell’approccio live dei Laibach è che capita raramente di sentire lo stesso pezzo con lo stesso arrangiamento. In questo frangente anche grandi classici del repertorio della band sono stati riproposti con una nuova veste; il classico dei classici, Tanz mit Laibach ha perso la bassline acidissima di TB-303 che ne costituiva il tratto peculiare per assumere sembianze da rock anthem percussivo ed incalzante, una “We will rock you” accelerata e soldatesca, mentre Life is life, cover degli Opus, è stata

filologicamente tradotta in tedesco per diventare Leben heißt Leben. Spiazza, e siamo in aria di dadaismo, il recitato in francese di Le privilège des morts, estratto dal misconosciuto album Kapital e non meno bizzarre le cover di Gainsbourg, Love on the Beat,  e della dylaniana Ballad of a Thin Man. La voce di Milan Fras tinge di tonioscuri e misteriosi ogni frase e gli si contrappone l’etereo cantato di Mina Špiler, protagonista di una rarefatta cover dei Beatles, Across the Universe. Ok, mi sembra già di sentirvi: “ma cos’è sta roba, una cover band?” Nossignori, le cover dei Laibach sono riscritture radicali dei pezzi “coverizzati”, avviene un sistematico slittamento di piani per cui il messaggio originale del pezzo viene trasfigurato sino ad assumere sfumature di senso persino opposte a quelle originarie. Richiamati sul palco per ben due volte da un pubblico al limite del delirio i Laibach chiudono nel loro stile: Das Spiel ist aus!

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