18 Aprile 2012

La Boheme, uno spettacolo piacevole e equilibrato

di Ariella Sokol

Ahh! Finalmente!” abbiamo sospirato in molti l’altra sera all’uscita della La Bohème, in replica al Verdi fino al 26 aprile. Finalmente usciamo da teatro con la soddisfazione di aver assistito a uno spettacolo piacevole ed equilibrato, che risarcisce delle ultime, non proprio esaltanti, performance operistiche triestine.

Certo, le perfette partiture pucciniane e la loro realizzazione ideale sono come due rette parallele, destinate a sognare di incontrarsi senza poterlo fare se non in un’astrazione fuori da ogni tempo. Qualunque esecuzione, e a maggior ragione qualunque messa in scena, si muovono fra le geniali invenzioni del maestro lucchese come il proverbiale elefante nella cristalleria. Ma nella produzione a cui abbiamo assistito l’elefante era di taglia ridotta, e i cristalli sono andati infranti solo in modesta quantità.
Notevole la regia che rispetta generosamente le intenzioni dell’autore. Le didascalie di Puccini sono quasi sempre pensate per accompagnarsi alla musica al millimetro, come in una sceneggiatura cinematografica.
Le scene riproducono, grazie anche all’uso di luci molto pittoriche, le atmosfere pacate che si ritrovano nelle opere del grande maestro del realismo francese Gustave Courbet. I costumi contribuiscono a dare alle scene una omogeneità cromatica, però non sono molto rappresentativi dei personaggi: Musetta, donna di facili costumi, è forse eccessivamente castigata nelle seriose camicette e Mimì, giovane fanciulla, sembra più una novantenne con lo scialle a quadratoni e i capelli raccolti in un casto chignon.
Come sembra ormai tradizione degli allestimenti del nostro teatro, non sono mancati i momenti involontariamente comici. Nel primo quadro abbiamo assistito ad un piatto che, lanciato a terra, rimane misteriosamente intatto, mentre nel secondo quadro una macchina fotografica di dubbia utilità scenica disturba pubblico e cantanti con il suo accecante flash. Nell’ultimo quadro, per finire in bellezza, siamo testimoni di un combattimento con armi improprie: una scopa ed un violino.
Dal punto di vista musicale, la bacchetta del maestro Renzetti governa con sicurezza il ritmo teatrale, pur sacrificando qualche sfumatura di troppo. I cantanti si lasciano ascoltare volentieri, anche in assenza di momenti memorabili. Il II quadro è stato generalmente confuso e fragoroso, la scena eccessivamente affollata e la Musetta di Daniela Mazzuccato a tratti un po’ troppo leziosa. Il III quadro, in particolare nella sua parte finale, risulta credibile e toccante.
Ciò nonostante, come detto, uno spettacolo piacevole ed equilibrato

 Ariella Sokol

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