10 Aprile 2012

Due nagane all’Avana – seconda parte

L’Uffico Stampa del TARA -Triestin Apolid Revolucionary Army- me manda via mail l’ultima parte del diario dele nagane all’Avana. Qui la prima parte

DUE NAGANE ALL’AVANA – SECONDA PARTE

“Tu, de Yuma?” gli aveva urlato la squinzia cubana mulatta, in mezzo alla musica apolide della discoteca. “No de Yuma, de Muia!” le aveva gridato nell’orecchio Ciospo, mentre la squinzia cubana bionda ripeteva a Picon:”Yuma, Yuma!” e poi lo guardava senza capire, mentre lui scandiva ad alta voce:”No se di-si Yu-ma, se di-si Mu-ia. Ma mi son de Bor-go, no de Mu-ia!”. Il ritorno dal bagno di Red Prof aveva permesso di chiarire il significato, in slang locale, del termine “Yuma”, inteso come “Resto del mondo”, fuori da Cuba. Dall’equivoco linguistico erano iniziati due grandi amori. “Semo stai co’ lore de sera tuta la setimana. Cos’ te vol, le mule se iera inamorade” fa finta di giustificarsi Ciospo, mentre Picon continua cinicamente:”Inamorade dele aragoste che ciolevimo e dei concerti de salsa ‘ndove ‘ndavimo”. E Ciospo chiude “Bon, dei!”, precisando che di giorno si tenevano liberi.

Di giorno, Ciospo e Picon giravano con Marylin o con Red Prof per immergersi nella vita cubana. Erano andati sul Malecon, i 7km di lungomare con scogli neri, dove gli habaneros chiacchierano o ascoltano musica, passeggiano o corrono, risalgono dopo essere andati a pescare, mentre i ragazzini giocano sugli scogli. Ma ora c’era una nuova attrazione per i gruppi di cubani che si fermavano a guardare: due “Yuma locos” si esibivano in strani tuffi con lo schizzo. “Xe clanfe, clan-fe!” spiegava Picon ai ragazzini, in fila per provare. “Per mi no l’andava a pescar, ma a tirar clanfe, quel scritor famoso che stava qua. Come se ciama? Ah, sì, Eminem Guey” commenta Ciospo e poi fa finta di lamentarsi: “Orca, no semo rivai a ‘ndar in spiagia. Ne tocava sempre prometerghe ai muleti de tornar el giorno dopo per impararghe meio. Ma un giorno ghe gavemo tirà bidon”.

“Xe stà quel giorno che Marylin ne ga portà in gita fora cità, in un logo ciamado Soroa” continua Ciospo, descrivendo un torrente che scorre in mezzo alla roccia, con una cascata e un sentiero circondato dalla vegetazione per arrivarci. “Tipo Val Rosandra, dei!” sintetizza Picon (per quanto riguarda la vegetazione: Val Rosandra prima dell’arrivo di Nature Terminator – nota del TARA). Un altro giorno, Maryilin, stanca di vederli guardare l’altare a casa e di sentirsi chiedere cose incomprensibili come “Santeria xe più che Castel de Boranera?” li aveva portati da un “babalao”, un sacerdote della sua religione. “Xe stà tipo quela volta che la mula me ga portà de una maga de Valmaura” spiega Picon, ma precisa:”Solo che inveze de butar le carte, el mato ga butà altre robe” specificando che il babalao aveva lanciato delle conchiglie e, dalla loro disposizione, aveva letto nelle loro vite. “La meio xe stà quando ga dito che ciospo ga patì sai per amor, povero mulo, quando la mula ghe fazeva i corni e dopo lo ga molà” infierisce Picon e poi rigira il coltello nella piaga:”E pensar che nela clapa gaveva contà che la gaveva molada lui perchè la iera tropo gelosa”. Ciospo incassa, ma subito passa al contrattacco.

Racconta di quando erano andati in una sede del Partito Comunista Cubano con Red Prof, incaricato di tradurre in spagnolo un documento italiano. “Camarada,…..!” aveva intimato un funzionario dall’aria truce a un attonito Picon che aveva risposto:”Chi mi, camerata? Vara che mi son pel TLT” ma l’altro insisteva:”Ti e letì? Camarada…..!”, al che un sempre più nervoso Picon era sbottato:”Ou, te zerchi longhi? Te go dito che no son fassista. Te son sordo? No son FASSISTA!”. Appena aveva pronunciato ad alta voce la parola “fassista”, era calato il silenzio nella sala e tutti gli sguardi si erano rivolti verso di lui. Per fortuna era intervenuto Red Prof, facendolo spostare e permettendo al funzionario di accedere all’armadio, davanti al quale si era piazzato Picon. “Come fazevo mi a saver che là i comunisti se ciama tra de lori camerata?” interviene Picon, lamentandosi che “a Cuba xe tuto ala riversa” perchè comandano i comunisti, ma non ci sono bandiere rosse con falce e martello, ma, anzi, sul lungomare si può vedere una foresta di bandiere nere, abbondano gli slogan nazionalisti tipo “Patria o muerte” e “te capita de trovar un come Luger”.

Ciospo interrompe l’analisi politica dell’amico per spiegare che Luger, dal soprannome come la pistola usata dai tedeschi nelle due guerre mondiali, è una vecchia conoscenza triestina di Red Prof, di quei tempi andati quando, tra rossi e neri, ci si sprangava in pubblico, ma, qualche volta, si beveva insieme di nascosto uno spriz in osteria, quella vicino al ricreatorio, quella della prima adolescenza, dove si era stati iniziati alla moscatella e al pompelmo col vino, prima dell’arruolamento in uno dei giovani eserciti che si contendevano le strade e le piazze di Trieste nei primi anni settanta. Luger, incontrato per caso da Red Prof all’Avana, era venuto con loro a scolare una bottiglia di rum sul Morro, la collina che domina la baia della capitale cubana “tipo come del Carso te vedi el golfo” si era inserito Picon, lasciando poi che Ciospo continuasse a raccontare come, mentre i ricordi si accavallavano e il rum si trasferiva dalla bottiglia alle circolazioni sanguigne, il tramonto calava sulla baia e i due amici-nemici triestini, reduci di eserciti tanto contrapposti, quanto entrambi sconfitti dai brand e dal web, alzavano i “cuba libre”, seguiti da Ciospo e Picon, ripetendo per due volte:”Viva l’A e po’ bon”. Due volte, perchè la seconda era per “l’A”, intesa come L’Avana.

The End

Ufficio Stampa del TARA – Triestin Apolid Revolutionary Army

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8 commenti a Due nagane all’Avana – seconda parte

  1. aldo ha detto:

    L’Avana: squinzie, Muia, clanfe, Val Rosandra, maga de Valmaura…

    …le due nagane me ricorda un mio amico: dovunque el va nel mondo el trova Trieste e tuti ghe disi: alora te podevi star qua!

  2. aldo ha detto:

    Pubbliche virtù (“ci si sprangava in pubblico”) e vizi privati (“iniziati alla moscatella e al pompelmo col vino”) degli anni settanta a Trieste, e adeso…

    …bevude in publico e sprangade in privato?

  3. sfsn ha detto:

    @ aldo:
    mi me xe rimasta in testa quela del triestin che xe andà a Rio e ghe gavevo chiesto come xe Copacabana.
    Risposta: “Come Barcola, solo cola sabia al posto del asfalto”

  4. Alessandro Adesivo ha detto:

    Effettivamente molti triestini proiettano Trieste anche nei racconti sulle mete esotiche.
    Sarà quell’aria un po’ blasè (no go pel cul) che aleggia sempre da noi?

  5. Alessandro Adesivo ha detto:

    Partendo dal “no se pol”, altri triestini non si muovono perchè “tanto qua gavemo tuto”.
    Gli scontenti del “sta qua xe una cità morta” tornano entusiasti dalle loro mete lontane perchè “là xe tuto altro”.
    E comincia la battaglia tra i due fronti!

  6. capitano ha detto:

    #3 quindi xe come Lignan 😀

  7. sfsn ha detto:

    no, xe come grado. Solo cole babe più giovini!

  8. aldo ha detto:

    come Lignan xe Ipanema perchè xe più muleria

    i me ga contado che un de Trieste che xe andado a Rio se ga conosudo con una brasiliana e tuti e due ghe pareva de gaverse visto de qualche parte e i se domandava in che bar o in che spiagia…

    …fin che la ga savudo che lui xe triestin e i ga ricostruido che i se gaveva conosudo a Trieste quando la tipa iera stada qua

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