4 Aprile 2012

Rigassificatori nei mari italiani, il WWF: “Gravi danni all’ecosistema marino.”

L’uso dell’acqua di mare nel processo di rigassificazione ha gravi conseguenze ambientali: lo sostiene l’associazione nell’ampio documento di approfondimento redatto da un gruppo di esperti. Nei mari italiani va evitata la costruzione di impianti che utilizzino l’acqua di mare nel processo di rigassificazione del GNL. Questa la principale conclusione di un ampio documento di approfondimento, presentato oggi in una conferenza stampa a Trieste e redatto da un gruppo di esperti del WWF.
Impiegare l’acqua marina come vettore di calore nei rigassificatori, infatti, implica lo scarico di enormi quantità di acqua fredda, nonché di cloro, nell’ambiente marino. I volumi in gioco sono notevolissimi: basti dire che un impianto da 8 miliardi di metri cubi/anno (come quello proposto da Gas Natural a Trieste-Zaule, quello off shore progettato da E.On nel centro del Golfo di Trieste e quello già in funzione al largo di Porto Viro) preleva – e poi restituisce, sterilizzati, 636.000 metri cubi di acqua marina al giorno. Una quantità che va moltiplicata per le giornate di funzionamento dell’impianto – tendenzialmente 365 all’anno – e per i 30-40 anni di vita utile dello stesso.
Le conseguenze ambientali che ne derivano sono rappresentate da fortissimi stress termici e meccanici, nonché dalla formazione di cloro-derivati organici e cloramine, fortemente tossici, che distruggono i microorganismi (zoo- e fitoplancton) presenti nell’acqua del mare, sterilizzandola.

I microorganismi distrutti consentono l’auto-depurazione del mare e rappresentano la base fondamentale della catena alimentare, dalla quale dipende la vita di tutti gli organismi acquatici e dalla quale dipendono, di conseguenza, anche le attività (pesca, acquacoltura, ecc.) che su questi organismi si fondano.
La manifestazione tangibile dei danni prodotti da questa tecnologia, si ha già su alcuni litorali veneti, invasi periodicamente da abbondanti schiume, originate (come ha accertato l’ARPAV) dagli scarichi del terminale GNL di Porto Viro, situato 15 km al largo della costa. Quella invece più minacciosa e invisibile è legata all’immissione di un paio di centinaia di tonnellate all’anno di sostanze organiche legate al cloro: sono tossiche, in parte persistenti e mutagene. Si accumulano nei lipidi e vengono trasmesse lungo la catena alimentare. Dove possono agire da “endocrine disruptors”. Si tratta di molecole ricompresse – ai sensi della normativa europea – tra le “sostanze prioritarie”, da monitorare per lo stato di salute dei corpi idrici.
La procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale sul progetto del rigassificatore di Trieste-Zaule non ha tenuto conto di queste sostanze, semplicemente perché omesse degli studi allora prodotti da Gas Natural. E’ questa una delle più gravi lacune del decreto VIA che ha espresso un giudizio ambientale positivo sul progetto: mancando una quantificazione dei veleni che verrebbero immessi in mare, non c’è stata infatti neanche una seria valutazione delle tecnologie alternative all’uso dell’acqua marina.
L’intera problematica è rinviata dal decreto VIA ai futuri “monitoraggi” delle condizioni ambientali, senza entrare nel merito di ciò che potrebbe succedere nell’ambiente marino e alla qualità del pescato dei nostri mari.
Il documento del WWF sottolinea che la formazione di schiume e l’immissione di sostanze tossiche non mancherebbero di riprodursi anche sulle coste del Friuli Venezia Giulia, qualora venissero realizzati i rigassificatori di Gas Natural e E.On., basati sulla stessa tecnologia di quello di Porto Viro, considerata anche la scarsa profondità dell’Adriatico, mare chiuso con ridotta circolazione idrica.
Sono però una dozzina i progetti di nuovi terminali di rigassificazione ad acqua di mare, proposti in varie località italiane, ai quali vanno aggiunti quelli proposti sulle coste croate (Omišalj, sull’isola di Veglia) e su quelle albanesi.
E’ l’intero complesso dei mari che bagnano l’Italia, perciò, ad essere esposto al rischio di pesanti impatti sull’ecosistema, se questi impianti entrassero in funzione. Il danno per la perdita di “servizi ecosistemici” può anche essere quantificato: nel caso del terminale di Trieste-Zaule ammonterebbero ad oltre 2 milioni di Euro all’anno. Gas Natural usufruirebbe gratuitamente di questo servizio, per un piccolo guadagno immediato, senza rifondere il danno causato dalla perdita dei servizi ecosistemici e dall’immissione di veleni in mare.
Esistono però tecnologie alternative, che non prevedono l’utilizzo dell’acqua di mare: ad esempio quella “a circuito chiuso” (utilizzata da anni nel terminale di Panigaglia, presso La Spezia), dove una piccola quantità del gas liquefatto trasportato dalle gasiere – dallo 0,87 all’1,30% – viene bruciata per ricavare il calore necessario al processo di rigassificazione.

Il documento degli esperti del WWF sottolinea inoltre che le scelte in materia dovrebbero essere inquadrate in un Piano Energetico Nazionale (oggi inesistente in Italia), nel quale stabilire il fabbisogno energetico, i modi per soddisfarlo con il ricorso alle varie fonti – efficienza e risparmio in primis – nonché la localizzazione di massima degli impianti (tenuto conto anche degli aspetti relativi alla sicurezza) e le tecnologie più appropriate di questi.
Il PEN andrebbe ovviamente sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica in base alla Direttiva europea in materia, innescando perciò un processo partecipativo che coinvolga anche i cittadini.
In questo quadro, la rigassificazione con impiego dell’acqua di mare, secondo il WWF, non dovrebbe trovare spazio alcuno nei Paesi rivieraschi dell’Adriatico e nei mari italiani: entrambi i progetti proposti da Gas Natural e E.On. vanno quindi respinti. L’associazione ambientalista ritiene che, in una realtà come quella dell’Adriatico, andrebbe semmai approfondita l’alternativa proposta dal Tavolo Tecnico Rigassificatori – Trieste e condivisa dal sindaco di Muggia, rappresentata da una nave rigassificatrice “trinazionale”, da ormeggiare ad una boa collocata in un punto dell’Adriatico, prescelto d’intesa tra Italia, Slovenia e Croazia e che utilizzi la tecnologia di rigassificazione “a ciclo chiuso”.
Il documento del WWF è stato inviato, a firma del presidente nazionale Stefano Leoni, del responsabile progetto “Mare” Marco Costantini e del presidente regionale Roberto Pizzutti, agli enti italiani competenti (i ministri Clini e Passera, a vari uffici ministeriali e regionali, ai Comuni di Trieste, Muggia e Dolina, al ministero e all’Agenzia statale slovena per l’ambiente.
L’associazione auspica anche di poter partecipare al summit italo-sloveno-croato sui rigassificatori, annunciato di recente dal ministro Clini.

28 commenti a Rigassificatori nei mari italiani, il WWF: “Gravi danni all’ecosistema marino.”

  1. nick ha detto:

    Sono superfavorevole all’alternativa prospettata dal WWF, di una nave rigassificatrice a ciclo chiuso! Magari anche italiana, non necessariamente trinazionale.
    La questione energetica è cruciale. Speriamo in azioni concrete e rapide!

  2. sfsn ha detto:

    Conosso dei lavoratori dell’ENI. I me ga dito che l’Italia dal punto de vista del gas no ga bisogno dei rigassificatori, perchè, tra i gasdotti che riva dalla Libia, dall’Algeria e dal Mar del Nord, no sarìa bisogno gnanche del gas russo, figuremose dei gas terminal. Ma el gas russo servi perchè cussì i pol usar el spauracchio Putin per aumentar el prezzo e per costruir rigassificatori che no servi (ossia, che servi per impignirghe el cul ale multinazionali amiche che lo costruissi)

  3. nick ha detto:

    E chi sarebbero questi tecnici dell’Eni?
    Per piacere, andiamoci piano con le sciocchezze!
    Dobbiamo diversificare il nostro approvvigionamento energetico. Per questo abbiamo bisogno del giusto mix di gasdotti, rigassificatori (per far arrivare gas che costa meno da paesi diversi da quelli che ci riforniscono attraverso i gasdotti, che così non possono più fare il bello e cattivo tempo), energie rinnovabili e nucleare di nuova generazione. Ci serve un mix di tutto questo.

  4. capitano ha detto:

    …dimentichi la centrale idroelettrica in val rosandra.

  5. hobo ha detto:

    macche’ idro-elettrica, *termo*-elettrica, capitano. i alberi vignera’ dopradi come pellet, e la glinščica vignera’ intubada e doprada nei scambiatori de calor.

  6. Kaiokasin ha detto:

    2-3 C’è anche un 15% di gas importato da Olanda e Norvegia, che sono fornitori piuttosto affidabili http://canali.kataweb.it/kataweb-consumi/2009/01/08/quanto-gas-importiamo-dallestero/
    Comunque – Nick – mi pare che il WWF chieda solo di utilizzare le migliori tecnologie disponibili per preservare la salubrità del mare (e dal punto di vista economico i settori della pesca e pesci-mitilicoltura e del turismo): qualcosa in contrario?

  7. nick ha detto:

    assolutamente no. Anzi, ho scritto che la soluzione proposta dal WWF di una nave rigassificatore a ciclo chiuso mi pare un’ottima soluzione.
    Quanto ai fornitori, il problema non è la loro affidabilità. Ma il loro numero. Se puoi approvvigionarti di gas da un numero limitato di fornitori, questi potranno giocare sul prezzo quanto vogliono, perchè tanto tu il gas lo puoi ricevere solo da loro. I rigassificatori ti permettono di andare a prendere il gas dappertutto, e così facendo puoi sottrarti a politiche di prezzo sfavorevoli.

  8. sfsn ha detto:

    a Nick:
    xe Mario Rossi e Francesco Bianchi. Figurite se vado a dirte a ti chi che xe, che magari su una roba cussì io ris’cia el posto e anche qualche causa dela madona.
    Comunque queste no xe sciocchezze e quei che lo disi xe dei quadri

  9. Fabio27 ha detto:

    Ci hanno detto che servivano le centrali nucleari, perché altrimenti dovevamo comperare elettricità dall’estero. Oggi si scopre che le rinnovabili mettono in pericolo la redditività delle centrali esistenti, perché manca la domanda di energia e non possono girare a pieno regime. Su questi argomenti ciascuno racconta le palle che vuole. Basta pagare, e si trova un dott. prof. ing pronto ad avallarle.

  10. Maximilian ha detto:

    Anche l’acqua di rubinetto contiene cloro, e tutte le navi tengono pulite le prese a mare con la clorinazione. Vorrei vedere i dati e confrontarli, mi sa che qua si parla parecchio a “vanvara” come diceva Balasso

  11. Dario Predonzan ha detto:

    Ha parlato un noto esperto di problemi dell’ambiente marino. La bibliografia scentifica è piena di articoli tranquillizzanti sulla clorazione firmati dal prof. Maximilian 🙂
    Cosa volete che sia, al confronto, la bibliografia citata nel documento del WWF (v. nel sito http://www.wwf.it/friuliveneziagiulia)…

  12. cristina ha detto:

    @10 Vero Fabio, vero! Prima ci fanno credere che il nucleare è necessario, che l’energia da noi è carissima perché non abbiamo il nucleare… e poi il presidente dell’azienda elettrica Andrea Colombo si lamenta perché: “… più fonti verdi e meno consumi, le centrali tradizionali faticano a guadagnare”.
    http://www.repubblica.it/ambiente/2012/03/30/news/enel_contro_rischi_rinnovabili-32459174/
    Ricordatelo quando vi diranno che ci vuole il nucleare, ci vuole il rigassificatore, ci vuole … perché sennò la vostra bolletta sarà sempre più cara. Diventa sempre più cara sì, ma perché siamo in Italia. Triste frase che spiega tutto. La strada delle rinnovabili è vincente. Ma a molti questo non va proprio giù.

  13. nick ha detto:

    Sì, ma le rinnovabili non sono certo sufficienti ad alimentare il nostro tessuto industriale.
    Proprio in questi giorni Danieli ha annunciato che investe in Serbia, ad esempio. Il fatto che non abbia deciso di investire in Friuli, come si era ipotizzato, in parte sarebbe dettato anche dalla mancata realizzazione di un nuovo elettrodotto. Per esempio.

  14. cristina ha detto:

    Non ho scritto che al momento lo sono Nick, ma leggendo tutto l’articolo che ho postato si capisce come bisogna ripensare tutto, dalla base. Non è soltanto un problema di QUANTITA’ energetica. Si va ben oltre:

    “Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini: poco spazio per altre grandi centrali termoelettriche… anche il rappresentante di un’istituzione tradizionalmente cauta e conservativa come l’Autorità per l’energia ammetteva per bocca del suo presidente Guido Bortoni che “il paradigma è cambiato e il mondo dell’energia così come l’abbiamo conosciuto fino al 2008 non tornerà mai più”.

    Il problema, agli occhi dell’Enel, è che quel mondo prevedeva una serie di impianti costati fior di investimenti ma che per essere redditizi hanno bisogno di produrre a ritmi ormai ampiamente superflui. In termini numerici a dare un’indicazione del fenomeno è l’ex consigliere di amministrazione di Enel G. B. Zorzoli, oggi presidente della sezione italiana dell’International Solar Energy Society: questi impianti per ripagarsi dovrebbero funzionare circa 4-5mila ore l’anno, invece ne stanno funzionando, quando va bene, 3mila… si traduce anche in miliardi di metri cubi di gas in meno, con un innegabile vantaggio in termini ambientali e di bilancia dei pagamenti, ma con un danno economico per chi vende gas”.

    La strada mi sembra segnata. Ma c’è chi insiste comunque a voler andare dall’altra parte. Non si capisce se solo per i propri interessi o piuttosto per atavica stupidità.

  15. alpino ha detto:

    Quoto NICK
    l’unico che sin ad ora ha parlato con cognizione di causa e soprattutto con raziocinio il rest son “bufole” il prblema volenti, dolenti e ridenti va affrantato!

  16. effebi ha detto:

    nik: “Il fatto che non abbia deciso (la danieli) di investire in Friuli, come si era ipotizzato, in parte sarebbe dettato anche dalla mancata realizzazione di un nuovo elettrodotto.”

    ma dai, ma no stemo dir ste robe…
    in serbia la manodopera xe a più basso costo in europa e no credo che là i elettrodotti cressi come funghi.

    in tante rebe te posso dar ragion ma su sta question no vedo proprio.

  17. mutante ha detto:

    a nessuno viene in mente che, usando meno energia, si risolve ogni problema.

  18. alpino ha detto:

    @Mutante
    co te caghi usa i diti in luogo della carta igienica risparmieremo carta!
    Ma no stemo vegnir fora con monade e per de più le solite! caxxo per vegnir a scriverne de usar meno energia ti per primo te ga consumà corente per impisar el computer I net e vegnir qua!!

  19. nick ha detto:

    Accusare la danieli di delocalizzare per risparmiare sulla manodopera è fuori luogo. Non è certo quel tipo di azienda, la danieli, come confermano la sua storia e i suoi valori di riferimento.
    O meglio: se ci fossero state le condizioni per investire in Italia (e tra queste condizioni rientrano anche i costi dell’energia), avrebbe certamente accettato di sostenere un costo della manodopera più elevato rispetto a quello serbo.

  20. capitano ha detto:

    Allora perchè non ha delocalizzato in Austria? O in Germania?

  21. Kaiokasin ha detto:

    Nel 2009 è stato registrato in Regione un surplus di produzione elettrica (9.980,9 GWh prodotti, contro 9.406 richiesti, con un conseguente surplus di 574,9 GWh, pari al 6,1 per cento del totale prodotto – dati di Terna spa). Senza contare che le centrali esistenti in Friuli Venezia Giulia hanno la capacità di produrre almeno 15.700 GWh/anno, ma ciò non avviene a ausa dell’obsolescenza di alcuni impianti e la conseguente antieconomicità dell’elettricità prodotta (es.gruppi ad olio combustibile della centrale di Monfalcone).
    [tratto da http://www.wwf.it/client/news_regionali.aspx?root=26253&parent=2009&content=1%5D
    Evidentemente Danieli è andata in Serbia per altri motivi, non certo per mancanza di energia. (Anche all’Omsa mancava energia per fare le calze?).

  22. cristina ha detto:

    Quoto @18 mutante e @22kaiokasin.
    E quello che quest’ultimo riporta, non so perché, mi ricorda il ponte sullo stretto che vuole collegare due “stradine di campagna”, o l’alta velocità da realizzare laddove molti treni, di solito in ritardo, hanno ancora i posti riservati agli invalidi di guerra… Tante facce della stessa medaglia!

  23. Maximilian ha detto:

    @predonzan non ho detto che non fa nulla ma che il cloro è attualmente immesso in mare da molte fonti (e di quelle navali si, sono un esperto).
    Prendere il documento del wwf come riferimento è come chiedere all’oste se il vino è buono. Largo all’ingenuità.

  24. effebi ha detto:

    24 ma non si può nemmeno chiederlo al birraio…

  25. nick ha detto:

    L’energia c’entra sul caso Danieli perchè in Italia è troppo cara, e lo è anche per la scarsa efficienza della filiera che l’energia la produce.
    Quanto alla scelta di non investire in Italia, è stata dettata da una serie di ragioni, tra le quali rientra anche il tema energetico.
    Danieli è un gruppo legatissimo al territorio, la cui identità è legata in maniera molto forte a tutto il FVG. Credo sia abbastanza inopportuno tacciarla di mero opportunismo.

  26. Dario Predonzan ha detto:

    @ Maximilian (cognomi mai, vero? paura? di cosa?)
    Però il WWF non vende vino, né cloro…
    Quindi non possiamo essere identificati con nessun oste, non crede?
    La bibliografia scientifica citata nel nostro studio non è certo di fonte WWF, ma arriva da autorevoli istituti di ricerca di tutto il mondo.
    Piuttosto che cavarsela con battute, forse si potrebbe provare a criticare quelle fonti. Un po’ difficile, certo, e poi costa fatica. Meglio quindi scantonare e fidarsi di quello che dice l’oste GasNatural: quello sì che vende vino e giura che è buono.
    Chi è l’ingenuo?

  27. sfsn ha detto:

    @ nick e alpino:
    quele del wwf xe solo bufale.
    Bon, beveve tranquillamente le verità dela gasnatural, dell’eni, dell’enel e dell’enea.
    Me sembrè quei che ghe credeva ai bollettini sovietici dei primi due giorni dopo Chernobyl

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *