29 Marzo 2012

Due nagane all’avana – prima parte

L’Uffico Stampa del TARA -Triestin Apolid Revolucionary Army- me manda via mail questa “prima parte della testimonianza raccolta da un nostro aderente in un tempio dele bevude.” Bon, desso spetemo el seguito però!

DUE NAGANE ALL’AVANA – PRIMA PARTE
“Nooo! Tu zio xe el Katanga?!”. Picon racconta di aver quasi rovesciato la birra, quando, in baretto, il suo amico Ciospo gli ha rivelato quella parentela, dopo che lui gli aveva appena finito di riferire la storia dell’epica “biava” alla qale aveva assistito suo papà in Viale, nel lontano ’72, protagonisti Colera, di Avanguardia Nazionale, dotato di catena, e Katanga, dei collettivi extra-parlamentari di sinistra, che eveva estratto la gamba di una sedia che teneva sempre sotto il suo “verdon” d’ordinanza. “Quela volta i rossi iera rossi e i neri iera neri e tuti gaveva i controcoioni, miga come ‘deso che in politica xe sto scagaz de figheti efeminai” commenta Picon, prima che Ciospo aggiunga che, successivamente, zio Katanga era andato via da Trieste per lavoro ed era tornato in città solo recentemente. “Katanga xe quel Red Prof che ga contà quele robe de Cuba sul Quel dela Quela”, interrompe Picon e Ciospo aggiunge che ora lo zio è all’Avana. “E ‘lora, cossa te speti? Ciamilo, dei! Profitemo per ‘ndar a butar l’ocio fora dei giri organizai” si vanta Picon di aver avuto lui l’idea. Il suo amico Ciospo aveva chiamato e si era messo d’accordo con lo zio per fare un salto all’Avana. Alla telefonata di conferma, prima di partire, non aveva risposto lo zio, ma una cubana che parlava un mezzo italiano e che, comunque, aveva assicurato che sarebbero venuti a prenderli all’aeroporto con un carro. “Speremo almeno che el carro sia coi cavai e no coi manzi” erano state le ultime parole di Picon prima di uscire dall’aeroporto. Ma, mentre cercavano con lo sguardo un carro, si era materializzato lo zio di Ciospo, accanto a una macchina. Poco dopo erano stati edotti che a Cuba l’auto si dice “carro”, mentre il carro si dice “coche”. “Saria stà meio se iera un carro sul serio” stigmatizza Picon, riferendosi all’auto scassatissima del dopoguerra che andava avanti a singhiozzo, facendo slalom tra le buche, guidata da una disattenta signora di mezza età. “Xe un’americana” aveva specificato Red Prof e loro si erano stupiti che un’americana vivesse a Cuba, ma Red Prof si riferiva all’auto e, subito dopo, aveva spiegato che a Cuba ci sono tre tipi di auto: le “americane”, di prima della rivoluzione, le Lada sovietiche e le cosiddette “miciubici”, le giapponesi importate dall’Asia dopo il crollo dell’URSS. Invece, la signora alla guida dell’auto era cubanissima, anche se si chiamava Marylin. Era la proprietaria della casa dove Red Prof aveva prenotato loro due stanze per il corrispondente di 25 euro circa a notte. Marylin aveva il nome della Monroe, ma sorrideva con soddisfazione mentre Red Prof spiegava che lei era del partito, faceva parte del CDR (Comitato de Defensa de la Revolucion) del suo isolato e di una commissione per la lotta al jineterismo della Union de Mujeres Cubanas. Marylin spiegò, col suo mezzo italiano, che il CDR aveva il compito di controllare le case dell’isolato e che la commissione per la lotta al jineterismo si occupava di combattere il fenomeno delle ragazze che cavalcavano (jinete=cavaliere) i turisti per condividere la loro dolce vita. “Ah ah, Ciospo stava per meterse a pianzer” ride Picon, sottolinenando che l’amico era venuto proprio con lo scopo principale di farsi cavalcare. Arrivati a casa e rimasti soli con Red Prof, Ciospo si era lamentato di essere finito in quella casa supercontrollata. Ma, con loro grande stupore, Red Prof aveva spiegato che li aveva mandati nella situazione più sicura per essere liberi di portarsi a casa senza problemi tutte le ragazze che volevano, quando volevano. “Xe stà in quel momento che go visto l’altarin: me xe vegnù quasi un colpo!” interviene Picon, spiegando che si trattava di un altare della Santeria, la religione afro-cubana simile alla Macumba brasiliana. “Ah quel? Marylin xe dela Santeria, come la magior parte qua. Ma ‘deso deve una mossa che ‘ndemo in disco. No sarè miga vegnui qua per convertirve?” ricorda Ciospo che ha risposto Red Prof, prima di buttarli nell’arena già la prima notte.
Uffico Stampa del TARA -Triestin Apolid Revolucionary Army-

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25 commenti a Due nagane all’avana – prima parte

  1. aldo ha detto:

    Son preocupado per i muli: Red Prof me par sai più nagana de lori!

  2. aldo ha detto:

    Per no parlar de sta Marilyn: la xe del partito, MA ANCHE dela santeria, la xe de l’UDI cubana, MA ANCHE la afita le stanze ai nostri playboy…

    …me par anche ela sai nagana, MA ANCHE dela corente de Veltroni

  3. ufo ha detto:

    Ma la Marylin xe quela mia cognada che quela volta la xe partida per andar Istanbul? Sempre pensà che la giografia no xe per ela…

  4. Fiora ha detto:

    Ma Santeria xè de più che Opus Dei?
    no sarà che ‘sta Marilyna de l’Avana xè la cognada de Istambul?
    Ma e del Papa no se parla gnente in sto reportage? come de qual Papa? cossa c’entra Papa Giovani Paulo & Papa Inocenzo ‘desso, che i xè pasadi de scampon!
    Parlemo del “Papa” per definizion a Cuba … Ernest Hemingway,no?!

  5. Tergestin ha detto:

    Gran storia. Me racomando, spetemo altre puntate!

  6. Alessandro Adesivo ha detto:

    Nella prima parte si accenna a un pezzetto di storia triestina dei violenti anni settanta. “Colera” era il soprannome di Gianfranco Sussich, capo triestino di Avanguardia Nazionale, fuggito nel 1974, sembra per evitare l’arresto.

    Non mi ricordo il motivo del soprannome “Colera”, ma di certo era temutissimo come picchiatore e per questo destò un certo scalpore, tra le “nagane” di allora, lo scontro finito clamorosamente alla pari con uno dei collettivi che aveva osato violare da solo il Viale, considerato zona nera.

    In realtà il coraggioso era finito in Viale per sbaglio perchè non sapeva ancora che era zona nera, essendo tornato da poco da Milano, dove aveva militato nel servizio d’ordine del Movimento Studentesco di Capanna, del quale facevano parte, tra gli altri, anche Sergio Cofferati e Gino Strada. Quelli del servizio d’ordine portavano sotto il loden il cosiddetto “Stalin” che era un manico di piccone tagliato a metà, oppure la chiave inglese Azet 36, dalla quale lo slogan “Azet 36 fascio dove sei”.

    L’involontario sconfinante in Viale, che aveva con sè lo “Stalin” (e non la gamba di una sedia, come raccontato nel post) venne chiamato Katanga perchè questo allora era il nome attribuito al servizio d’ordine del MS dell’università statale di Milano.

    Allora conoscevo bene Katanga, anche se non per motivi plitici e rievoco il fatto per curiosità storica. La mia condanna di quegli estremismi violenti è totale.

  7. Alessandro Adesivo ha detto:

    Katanga/Red Prof, leggo che sei tornato a Trieste di recente, come me, e che ora sei a L’Avana. Se mi leggi e ti va, quando torni in città potremmo beccarci per una birretta. Lascio il mio numero a tua madre.
    Spero a presto!

  8. Katja ha detto:

    me son commossa dopo questi due post

  9. Tergestin ha detto:

    Anca mi, otimo resoconto naganesco in chiave anni setanta!

  10. Fiora ha detto:

    @6 Sti “resoconti naganeschi” del come eravamo me par come quei soramobili ingruma polvere che regalava le vece zie..no xè ‘ncora antiquariato ma pitosto roba de rigatier.
    El nero e el rosso xè ormai sbiadidi e i rancori cedi el posto a un bicc de comozion.

  11. bonalama ha detto:

    orca desso go capì me pareva che iera 2 nagane in C avana

  12. capitano ha detto:

    Sa che bei tempi quei che no te podevi gnanca passegiar per strada liberamente.

  13. aldo ha detto:

    I me ga contà che a quei tempi anche certe scuole iera off limits (traduzione: biava) per gli avversari politici e i me ga fato l’esempio del Nautico in man ad Avanguardia Nazionale e del Volta in man a Lotta Continua…

    …ma adeso xe un col loden che in tasca no ga nisuna ciave inglese, ma de inglese ga in tasca del loden una parolina – spread – e con quela el pichia sai duro

  14. Fiora ha detto:

    @12/13 E magari ‘desso i se fotografa sul Bugiardelo ‘nte le rimpatriade comemorative dela matura
    ” Qualcuno è vivo per fortuna,
    qualcuno è morto…”

  15. Fiora ha detto:

    Con Bin Loden che ‘desso ne manganela a tuti senza distinzion …TECNICAMENTE!

  16. bonalama ha detto:

    bin loden: mitica fiora!

  17. Fiora ha detto:

    @16 Grassie, ma no xè mia…leta de qualche parte, aprezada e subito “aruolada” ‘ntel mio parco witz.
    d’altronde me invento tanti, che no go bisogno de farme bela con quei altrui 😉

  18. aldo ha detto:

    @14

    Rimpatriada dela matura:

    – bel sto giubbotto tecnico, ste robe che quela volta no iera…

    – ti te portavi el loden o l’eskimo?

    – el loden perchè gaveva le tasche grandi per meter la ciave inglese

    – ah no, mi usavo el manigo de picon taiado a metà perchè cussì lo metevo soto l’eskimo che el loden cola bora no servi a gnente

    – xe vero, però se te fermava la pulia e i te trovava col manigo de picon taiado te ieri ciavà: arma impropria!

    – beh, anche la ciave inglese…

    – vara che no, cola ciave inglese te podevi sempre dir che te andavi a riparar qualcosa a casa dela zia

    – a proposito come xe con tu zia?

    – ah, le solite magagne, son sta ieri a trovarla all’Itis, la xe nel pian de soto del mio vecio

  19. aldo ha detto:

    @14

    Altra rimpatriada dela matura:

    – per le feste se stai de qualche parte?

    – sì, ierimo in un vilagio all inclusive a Cuba, son tornado là dopo tanto tempo

    – ah, te ieri za stado?

    – sì, nei ani setanta, a far la racolta dela cana de zuchero per aiutar la rivoluzion

    – se savevo che te andavi te domandavo de portarme una botiglia de rum de quel bon

    – magari, i ne ga sequestrà le botiglie in aeroporto…ormai co ste normative per la sicureza no se pol portar più gnente…e pensar che quaranta ani fa iero tornado col machete per taiar le canne…

    – ah, che bel ricordo!

    – no iera per ricordo, xe che pensavo de usarlo al posto dela ciave inglese, ma no stava nela tasca del loden

    – e po’, anche se stava, no te risciavi de taiar el loden?

    – te ga ragion, se taiavo el loden mio pare me gavesi bastonado de bruto!

  20. Fiora ha detto:

    “TASCA del loden”, Aldo?! NOOOOOOOOO!
    “SCARSELA”, orpo!

    Ma xè quisquilie. Verosimilissimo l’ ensamble 🙂

  21. Fiora ha detto:

    e dopo el quinto bicèr dela rimpatrida che tuti diventa un poco patetichi… e contime la familia? segui le orme? maché! i fioi tuti sfiduciai apolitichi e apolidi i me xè…solo pei alberi taiai in Valrosandra i se… INALBERA!
    Miga come ai nostri tempi, che alberi no gavevimo gnanca pel iodri, masimo masimo li pensavimo in termini de ratapàlz per darse per la testa un co’ l’altro…
    Ma sa cos’ che te digo? Visto l’esito dele nostre batalie, Mejo le sue!

  22. bonalama ha detto:

    giusto, scarsela. anche perchè le flike in scarsela xe sempre più scarse…. cio’ ma la mularia no sa più parlar la…LINGUA TRIESTINA? longhi ara!

  23. aldo ha detto:

    eh bon me toca far autocritica, ma solo parziale perchè xe facile dir “ciave inglese in scarsela”, ma con i termini derivati come se fa?
    “Inscarselarse una provigione” no me sona sai ben e alora toca dir “intascarse una provigione” e questo riscata l’uso triestin corente, sia pur slavazà, del termine base “tasca”.

  24. Fiora ha detto:

    @23 “inscarselarse una provigione” sona propio mal perché forsi no xè de triestini meterse in scarsela una provigion…cussì come un poco de sopiato. o “incasemo la provigion” ala luce del sol coram populo opur gnente!…see! che agiograficpatòc che pituro mi, ara…
    Comunque al tropo ‘talian ” intascarse” al improponibile “inscarselarse”, nei casi obliqui sugerisso un bastanza a norma “meterse in scarsela” e viva l’ A.!

  25. Katja ha detto:

    me gavè fato tornar in mente questa canzon de capareza che ga anche un testo attinente:

    http://www.youtube.com/watch?v=ElqLPfEzkn4

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