7 Ottobre 2011

Inaugurazione della mostra fotografica Uncomfortable distance: intervista con l’autore Francesco Chiot

Domenica 2 ottobre presso il Caffè Eppinger Francesco Chiot ha inaugurato, butando de bever, la sua mostra fotografica “Uncomfortable distance”, raccolta di opere in bianco e nero ambientate in giro per l’Europa, tra Berlino, Roma, Bologna, Londra, Monaco, Venezia…
Il giovane autore triestino ci accompagna descrivendo l’attimo in cui ciascuno dei suoi scatti ha preso vita. Tutti nati da una Olympus anni ’80, se va ben. “Eco, questa xe a Bologna, la matina. Se nota la distanza tra i studenti de ogi e la scrita anarchia de sora”. Poco dopo si incontra il contrasto tra un cartellone col giovinastro di turno e il più classico dei veci col capel in carne ed ossa, che nonostante tutto risulta meglio vestito. E Berlino, “città post-atomica nelle periferie, una Melara coi vetri rotti”. A Venezia, dove “se camina come le formigole secondo percorsi che no xe nè per tera nè nele teste”. E poi ancora vecchi, in compagnia delle loro bici sotto una statua di un uomo a cavallo, “cavalcanti di ieri e dell’altro ieri” :D.

Francesco, da dove nasce la passione per la fotografia?

La passione nasce con calma, cominci a far foto come tutti, provando. Poi impari le tecniche e infine inizi a voler raccontare qualcosa e ti focalizzi sull’espressività. In queste foto non c’è niente di pianificato, tutto nasce cogliendo un attimo che mi colpisce particolarmente.

Come si arriva a fare una mostra con le proprie foto?
Ci si arriva creando un discorso, perchè in una mostra no te pol meter insieme foto sbrindul.

La tua non è l’unica mostra presente in questi giorni (ne parleremo dopo). C’è una specie di “esplosione fotografica” in città?

Si, la fotografia si è diffusa notevolmente. Con le digitali quasi tutti ormai si cimentano con la fotografia e le mostre sono un modo per poter ricevere proposte e commenti. Questi locali che stanno ospitando le mostre non sono ancora tutti noti per questo utilizzo. La cultura espositiva al momento è portata avanti da poche realtà come ad esempio Knulp, Franceschini, Caffè Stella Polare, Naima, il Miela, il problema è la difficoltà di vedere cose a cui non siamo abituati. La gente ci metterà un po’ di tempo a cogliere il nesso tra locali e cultura, ad abituarsi al cambiamento, ed i gestori e gli artisti dovranno avere pazienza.

Com’è la situazione della cultura in città?

Trieste sta passando dall’essere la città del nosepol alla città del bon dei femo. C’è tanta voglia di fare, tanta richiesta e tanta gente che si mette in gioco, anche per esempio in campo musicale. Sarebbe giusto che la città seguisse questa onda e diventasse più matura, com’è nelle sue potenzialità.

Il prossimo anno ne compirai 30 tondi. Io noto che la generazione dei 30enni da qualche tempo sta facendo sentire in maniera notevole la propria voce sia nel mondo della cultura locale sia sul modo di far rivivere la città, cosa che in passato si stava forse un po’ perdendo. Forse il merito è nella maggior possibilità e capacità di lavorare e collaborare assieme rispetto alle generazioni precedenti, e penso a internet e ai social network come strumento immediato di scambio e di conoscenza reciproca. Tu cosa ne pensi? (domanda clamorosamente de parte, w i trentenni :P)

Credo che la generazione dei 30enni stia effetivamente emergendo, dopo esser stati tenuti fuori dal giro dalla mentalità della generazione dei 50enni. Ora non si tratta più solo di sfruttare un’occasione ma bisogna crearla e condividerla, dare la possibilità di esprimersi sui palcoscenici giusti anche agli altri, specie i più giovani. Forse questo rilancio della nostra generazione è dovuto ai modelli con cui uno cresce che contrastano con la realtà che poi ti trovi attorno.

La mostra fa parte del progetto “Le vie delle foto“, che raccoglie gli scatti di ventinove fotografi in 27 locali del centro, nato dalla mente di Linda Simeone.
Sul sito potete trovare tutte le informazioni sulle altre mostre e sui fotografi (e sui locali, anche!)

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4 commenti a Inaugurazione della mostra fotografica Uncomfortable distance: intervista con l’autore Francesco Chiot

  1. Paolo S ha detto:

    IDOLO! Se le foto val quanto i concetti esposti, gaverò de cossa lustrarme i oci!

  2. Milost ha detto:

    Diego, te suplico,so che a tuti ghe pol sbrisar, ma no sta scriver “stà” perchè quel accento, per di più in un contesto de argomenti culturali, sbassa il livel…

  3. Diego Manna ha detto:

    orca ciò. thanks 😉

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