2 Ottobre 2011

Centri commerciali di Villesse e Begliano: cosa ne pensa il Wwf

Megacentro Ikea a Villesse e nuovo centro commerciale a San Canzian. Sono due progetti destinati, probabilmente, a cambiare i connotati al commercio nell’Isontino.
Ecco cosa ne pensa il Wwf.

Negli ultimi mesi l’Isontino si trova ad affrontare due casi esemplari. La creazione di un enorme parco commerciale a Villesse, attorno al già grandissimo mobilificio Ikea e la previsione di un nuovo centro commerciale a Begliano in Comune di San Canzian. Al di là delle dimensioni molto diverse dei due interventi vi sono almeno tre caratteristiche comuni che saltano all’occhio:
1. l’inutilità di nuove aree commerciali in un territorio – come la pianura isontina e le zone limitrofe – già saturo di grandi esercizi commerciali;
2. l’urbanizzazione e quindi il consumo irreversibile di aree agricole di pregio;
3. la lotta tra comuni vicini per accaparrarsi i benefici economici dei mega-centri.

In comune di Villesse – da quanto si legge sui giornali – sembra che l’idea sia quella di realizzare nell’area dell’Ikea ulteriori 57.000 metri quadri di superficie di vendita, concentrando sia nuove realtà sia attività commerciali già presenti nei comuni vicini, spostandole semplicemente nel nuovo polo: si accenna a un ipermercato e a un negozio di elettrodomestici ed elettronica di Gradisca interessati al trasferimento. Cosa ne sarà dei vecchi capannoni? Uno forse sarà declassato a magazzino, altri probabilmente rimarranno vuoti, perché non ci sarà chi è disposto ad investirvi risorse con a pochi chilometri un micidiale concorrente. Al contempo le nuove edificazioni – al confine tra Villesse e Romans – andrebbero a interessare un’area agricola che si estende fino a ridosso del fiume Torre. Dal punto di vista del WWF è un’operazione sbagliata, che non dà risposte alle reali esigenze delle popolazioni della zona (i posti di lavoro creati saranno tolti al commercio tradizionale e ai centri commerciali più piccoli), innesca pesanti squilibri tra i paesi limitrofi, aumenta il traffico e produce un inestimabile danno al paesaggio e al suolo fertile della pianura isontina.

Il progetto di centro commerciale a San Canzian d’Isonzo è di dimensioni minori, ma ripropone problemi analoghi: in un’area a vocazione agricola si vorrebbero realizzare delle superfici di vendita da destinare ad alimentari, elettronica, ecc. (ma le tipologie commerciali le deciderà il mercato), oltre all’espansione dell’esistente agraria “Mondo Fiorito”. Fatte salve le esigenze di ampliamento dell’agraria, sulle quali pensiamo si possano trovare delle soluzioni ragionevoli, le altre tipologie di negozi previste sono già presenti in numerosi centri commerciali posti a brevissima distanza, da un lato a Ronchi e Monfalcone, dall’altro a Fiumicello e Cervignano, senza contare un grande supermercato in via di ultimazione a Fogliano.

Tutte fuori dai confini comunali, quindi l’amministrazione di San Canzian non ne ricava diretto beneficio. Il meccanismo è perverso: chi difende la qualità del territorio viene penalizzato, mentre i Comuni che lasciano costruire centri commerciali, aree industriali e artigianali, edilizia residenziale diffusa, vengono premiati dall’ICI e da oneri di urbanizzazione!
Il WWF, con le altre associazioni che si oppongono alla realizzazione del Centro commerciale, chiede invece all’Amministrazione comunale di rilanciare i negozi di prossimità con interventi di valorizzazione dei paesi, promuovere l’agricoltura locale, offrendo ai piccoli produttori possibilità di vendita diretta o filiera breve, anche con piccole fiere di paese, e porre attenzione alle aree naturalistiche che possono innestare un turismo di nicchia legato al territorio.
Queste proposte potrebbero sposarsi perfettamente con tutto il comune di San Canzian, in particolar modo con la piccola frazione di Isola Morosini e con l’area agricola compresa tra San Canzian, Begliano e Pieris.

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24 commenti a Centri commerciali di Villesse e Begliano: cosa ne pensa il Wwf

  1. Ale ha detto:

    Sarebbe curioso conoscere le abitudini dei rappresentanti del WWF: dove fanno la spesa, cosa comprano, dove vanno in vacanza, che lavoro fanno. Sarebbe interessante capire quanto sono coerenti con quello che dicono.
    Io personalmente sospetto che predicano bene e comprano mobili Ikea! e elettrodomestici a MediaWorld…

  2. isabella ha detto:

    Mi sembra si stia esagerando.
    Abbiamo un Emisfero che vivacchia soprattutto grazie al supermercato (come tutti i centri commerciali), un sorelle Ramonda che mi sembra sofferente (come anche il Bennet a Pradamano), già in cantiere quello di Villesse ed ora anche uno a S.Canzian.
    Mah….

  3. Ale ha detto:

    Ho chi fa investimenti da queste parti è autolesionista oppure una ragione ci sara? Se gli svedesi di Ikea (che hanno guarda caso un’esperienza Europea) hanno pensato di fare il loro Centro Commerciale più grande d’Europa a Villesse (che si trova in Italia il paese più burocratico del mondo) forse che uina ragione ci deve pur essere no??? No??? Non sono mica tutti Romoliani che prima fanno belle le vie e poi pensano se è servito?

  4. isabella ha detto:

    Beh ma un negozio Ikea ha il suo perchè, mobili carini, di discreta qualità a costo contenuto.
    Diversi sono i centri commerciali dove trovi sempre gli stessi negozi (intimissimi, scarpe e scarpe, bottega verde…..).

  5. Ale ha detto:

    Il problema non è tanti centri commerciali. Se degli imprenditori voglio farli qui da noi ben vengano e probabilmente se voglio investire qui e non altrove un motivo ci deve pur essere.
    Il problema è un altro. Se li voglio fare bene ma Li facciano bene e facciano pure del bene al territorio. Migliorino la viabilità, le infrastrutture, i servizi. I nostri politici invece di litigare devono saper vendere cara la pelle a questi imprenditori.

  6. sender666@filzmail.com ha detto:

    comprate terreni coltivabili, e fucili per difendere il raccolto.

  7. Fulvio ha detto:

    Semplice . . .
    ikea NON paga le tasse . . !!!

    http://www.altrabenevento.org/altrabenevento/?p=4254

  8. Kaiokasin ha detto:

    Ikea ha la sede legale in Olanda, immagino perchè in Svezia pagava troppe tasse http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=1887
    Io sono socio Wwf e ho comprato alcuni mobili all’Ikea e qualche rara volta vado al centro commerciale, dove cerco almeno prodotti bio. La verdura la compro direttamente dai contadini a km zero, formaggi idem, carne non ne mangio quasi mai, non sono un essere perfettissimo ma cerco di consumare criticamente. Quello che non capisco è perchè bisogna chiudere i centri commerciali già esistenti a Gradisca e ricostruirli a Villesse-Romans. Perchè bisogna costruire a Begliano se a brevissima distanza c’è già tutto quello che serve. Va a vantaggio dei consumatori? C’è qualche logica commerciale? A me pare che il business sia costruire, poi se i negozi restano vuoti pazienza. Ma intanto si è consumato terreno fertile, che è rovinato per sempre, non potrà mai più tornare produttivo. In tutto il mondo si parla di green-economy, di sostenibilità, ritorno alle attività di piccole dimensioni, senza bisogno di lunghi trasporti. Qui siamo indietro di 30 anni e seguiamo ancora politiche stile anni ’80, sviluppo=cemento. Senza fare gli integralisti, ma qualcosa qua bisogna cambiare (alcuni comuni lo stanno pian piano facendo, Udine, Cormons…).

  9. alpino ha detto:

    Se dovessimo ascoltare il wwf che puntualmente ci metta la sua ad ogni più piccola edificazione a quest’ora avremmo mulattiere al posto delle strade e dei minibazar al posto di supermercati…anzi mi sarei preoccupato se non vi fosse stata la solita nota wwfeffiana di stampo contrario..se ne prenda atto, la si protocolli e la si metta in archivo nel faldone (solite lamentele) e si proceda al progetto.

  10. Kaiokasin ha detto:

    Veramente si sta parlando di fare un referendum comunale, quindi prima di cementificare l’ennesima area agricola produttiva per delle edificazioni inutili, sarebbe bello sentire il parere dei cittadini. Anche perchè nel programma elettorale di questo non si parlava. Si chiama democrazia partecipativa, archiviamo anche questa?

  11. Fulvio ha detto:

    È vero che il parco commerciale porterà in dote parecchi posti di lavoro, ma quanti ne verranno cancellati nel contempo con la morte dei piccoli negozi al dettaglio? Bisogna capire, poi, che questo insediamento creerà nocumento non solo al nostro territorio ma anche a Trieste e a Udine. Insomma, non è un problema solamente provinciale».

    http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2011/09/07/news/incubo-ikea-e-troppe-tasse-commercianti-in-piazza-1.805688

  12. alpino ha detto:

    si

  13. Jasna ha detto:

    Alpino visto che vivi in Veneto procurati il Piccolo e cerca di capire perché qualcuno di preoccupa dell’allargamento dei centri commerciali (le strade rischiano di non reggere, i livelli di PM10 erano sforati già prima dell’Ikea più volte all’anno, le case e i terreni costano tantissimo… e sto parlando solo di Villesse perché di Begliano non so nulla).

  14. Fulvio ha detto:

    È vero che il Parco porterà in dote parecchi posti di lavoro, ma quanti ne verranno cancellati nel contempo con la morte dei piccoli negozi al dettaglio? (molti di piu’)
    Bisogna capire, poi, che questo insediamento creerà nocumento non solo al nostro territorio ma anche a Trieste e a Udine. Insomma, non è un problema solamente provinciale».

  15. Ettore Ribaudo ha detto:

    Concordopienamente con Fulvio, Questo è quello che ho denunciato alla Procura sull’affare IKEA:
    Di svedese, in un negozio Ikea, restano solo i nomi dei mobili e i “colori sociali”, il giallo e il blu del Paese scandinavo. Perché Ikea, credeteci, è in realtà una multinazionale olandese: la holding che controlla l’impero costruito sul mobile low cost, 21,2 miliardi di euro di fatturato nel 2007, si chiama Ingka Holding e ha sede a Leiden, in Olanda.
    Eccolo, il trucco: la vera fortuna di Ikea, e del suo fondatore Ingvar Kamprad, non è l’idea di vendere i mobili smontati, obbligando i clienti a caricarseli sull’auto per portarli a casa.
    Ma quella di aver costruito una struttura societaria assai complicata e praticamente inaccessibile, una ragnatela nata apposta per sfruttare meccanismi di “pianificazione fiscale” per pagare meno tasse possibile senza violare la legge. Ad esempio spostando le sede legale dei propri interessi in Olanda, dove il regime fiscale è agevolato.
    È per questo che Altreconomia ha provato a ricostruire la struttura di Ikea -vedete il risultato nel pdf allegato-: un albero che parte dal nostro Paese, dove l’azienda è arrivata vent’anni fa, nel 1989, tocca la Svezia e approda oltreoceano in veri e propri paradisi fiscali. Leggete con attenzione: capirne la forma è più difficile che montare un mobile Ikea usando solo la brugola in dotazione nel kit. Sul ramo più alto, almeno formalmente, siede una coppia. C’è una fondazione no profit con sede in Olanda, che si chiama Stichting Ingka Foundation ed è stata creata nel 1982 da Kamprad, che ne dovrebbe essere ancora chairman. Non paga le tasse perché la legge olandese così prevede e controlla la capogruppo Ingka Holding.
    Poi c’è una società registrata alle Antille olandesi, Inter Ikea Holding.
    Lo ha rivelato, nel 2006, un’inchiesta dell’Economist, che ne ha calcolato anche gli utili (relativi all’anno fiscale 2004): la fondazione ha ricevuto almeno 1,6 miliardi di euro, tra il 1998 e il 2003, dalla controllata Ingka Holding; Inter Ikea System Bv, controllata da Inter Ikea Holding, è invece proprietaria del “concetto Ikea”, e per questo ogni anno riceve royalties, pari ad almeno il 3% del fatturato, dagli oltre 250 negozi Ikea in Italia e nel mondo. Sul trono di Ikea, in ogni caso, siede ancora Ingvar Kamprad, che vive in Svizzera ed è il settimo uomo più ricco del mondo nel 2008 secondo la rivista Usa Forbes, con una ricchezza personale accumulata di 31 miliardi di dollari.
    Per seguire il filo rosso dei conti di Ikea, però, si deve partire dallo scontrino emesso in uno qualsiasi dei negozi in Italia. In alto c’è scritto il nome della società che lo ha emesso: si chiama Ikea Italia Retail, e ha sede a Carugate, in provincia di Milano, dove nel 1998 è stato aperto uno dei quindici negozi che la multinazionale gestisce in Italia.
    È da lì che i nostri soldi iniziano il loro lungo viaggio. Perché “Retail” è solo una delle cinque diverse società italiane che si chiamano “Ikea”, quella che gestisce direttamente tutti i negozi aperti nella penisola (sono 15 ma il gruppo punta ad espandersi con 21 negozi nei prossimi 7 anni, soprattutto nell’Italia meridionale).
    Retail fa capo a una holding italiana, Ikea Italia Holding, il cui socio unico è la holding olandese. Le altre società registrate nel nostro Paese sono, in ordine alfabetico, Ikea Italia Distribution, Ikea Italia Property e Ikea Trading Services Italy. È una struttura simile a quella di molte altre imprese nella grande distribuzione. Ikea, però, non è una società per azioni quotata in Borsa, e così ha pochi obblighi di trasparenza. L’unico dato “accessibile”, perché comunicato dall’azienda, è il fatturato di Retail, dei grandi magazzini: 1,334 miliardi di euro tra il settembre 2007 e la fine di agosto 2008, con un incremento del 5,8% sull’anno precedente, quando Ikea aveva dichiarato alla stampa un fatturato di 1,2 miliardi di euro. Ma è un dato che non aiuta a guardare tra le maglie di Ikea. Specie a partire da una prima, semplice considerazione: tra Retail, Distribuition e Property -tutte hanno sede a Carugate, come la Holding- ci sono fitti scambi di beni e servizi, che permettono di spostare voci di bilancio positive dall’Italia all’estero, per ridurre il carico fiscale nel nostro Paese.
    Questi scambi interni valgono quasi 800 milioni di euro e si possono leggere nel bilancio delle tre società (relativo al 2007). La somma dei fatturati dà 2.354 milioni di euro, il 49,6% in più rispetto a quello di Ikea Italia Holding. Fino a tutto agosto 2007, ad esempio, Distribution si occupa non solo di logistica e trasporti ma anche di acquistare tutto ciò che viene venduto nei negozi da società estere (sempre controllate da Ikea); mobili, utensili e tessili che poi vengono rivenduti -con un ricarico- a Retail, che a sua volta li vende al dettaglio, a tutti noi che entriamo in un magazzino Ikea.
    Ma c’è davvero bisogno di così tanti “giri” per portarsi a casa un divano? Contrariamente a quanto si possa pensare, poi, nel 2007 Distribution ha chiuso il bilancio in perdita, per 4 milioni di euro.
    Dal 1° settembre 2007, ci informa Ikea, questa struttura è mutata: Retail acquista direttamente dall’estero i mobili, da un’altra società controllata dalla capogruppo olandese Ikea Holding BV. Distribution, dal gigantesco polo di Piacenza, ben visibile di fianco all’autostrada A1 su una superficie di circa 200mila metri quadrati, si occupa esclusivamente dei servizi di trasporto e logistica.
    I consulenti in pianificazione fiscale devono aver suggerito ad Ikea una nuova struttura, migliore per “ottimizzare” la pressione nel nostro Paese. D’altronde, ormai la lotta tra le imprese multinazionali non si fa sui prezzi ma sulle misure per ridurre le tasse: il “carico” medio per le multinazionali, secondo uno studio di Kpmg -una delle principali società di consulenza nell’ambito della pianificazione-
    è sceso dal 38% nel 1993 al 26,9% nel 2007.
    Altri meccanismi contabili riguardano Ikea Italia Property, la società che ha per oggetto “la costruzione, l’acquisto, la vendita […], la locazione, l’affitto e l’amministrazione degli immobili di proprietà sociale”. “Property”, che ha un capitale sociale di 5 milioni di euro, 25 dipendenti e 73,5 milioni di euro di fatturato, ha debiti per 400 milioni di euro verso le società controllanti. Questo comporta un interesse, pagato alle stesse controllanti, per oltre 18 milioni di euro. Le operazioni non sono registrate nel bilancio consolidato della holding italiana, ma l’interesse abbatte “l’imponibile” nel nostro Paese, facendo tendere a zero il risultato prima delle imposte di Ikea Italia Property. Oltre 110 milioni di euro, in ogni caso, volano direttamente dall’Italia verso paradisi fiscali o Paesi a fiscalità vantaggiosa. I primi sono i 40,88 milioni di euro che Ikea Italia Retail, 1.283 milioni di euro di fatturato (il 14,5% più rispetto all’anno precedente), paga a Inter Ikea System: è il costo delle royalty per l’utilizzo del nome e del marchio Ikea. Inter Ikea System, che ha sede in Olanda (vedi mappa a pagina 9), è controllata da una società con sede nelle Antille olandesi. In questo modo Ikea azzera il carico fiscale, realizzando quello che viene definito il “sandwich olandese”, ovvero far transitare per l’Olanda -Paese legato alle Antille olandesi da una convenzione contro la doppia imposizione- i capitali destinati a un paradiso fiscale. Altri 70 milioni di euro, nel 2007, sono i dividendi distribuiti dall’assemblea dei soci, cioè da Ingka Holding, al socio unico, cioè a se stessa (nell’assemblea dei soci la holding olandese era rappresentata dall’avvocato Barbara Calza dello studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani).
    Ikea Trading Services è l’unica società Ikea a non avere sede a Carugate, ma a Trezzano del Naviglio (Mi). Ha un capitale sociale di 10.320 euro e nel 2007 ha fatturato 7,4 milioni di euro. Si occupa delle relazioni tra il gruppo e i suoi fornitori italiani, “di fare scouting ai produttori che possano garantire il prezzo più basso rispettando gli standard Ikea”, spiegano dall’ufficio relazioni esterne per Ikea Retail. Secondo cui il comparto Trading risponde direttamente a Ikea of Sweden, la branca che cura design e collezioni che ha sede in Svezia. Una visura ci dà però indicazioni diverse: il 99% delle quote sono controllate da Ingka Pro Holding (Olanda) e un altro 1% da Ingka Holding Europe (Olanda), che è a sua volta controllata da Ingka Holding (Olanda), la holding che controlla tutto il gruppo Ikea. Quella che fa riferimento diretto alla fondazione no profit, da cui i soldi, in qualche modo, entrano nelle tasche di Ingvar Kamprad, uno degli uomini più ricchi del mondo.

    La rete che porta a Ingvar
    Ingvar Kamprad guida Ikea da quand’è nata, nel 1943, in Svezia.
    La sua prima intuizione, quella di vendere mobili in serie, da montare, usa e getta, lo ha reso famoso in tutto il mondo. Ma quella che lo ha reso ricco -il 7° uomo più ricco del mondo nel 2008, ma in passato è stato anche il quarto- è l’aver dato alla sua creatura, a partire dagli anni Ottanta, uno “scudo” fiscale.
    Dal 1982, infatti, tutto il gruppo Ikea è controllato da un ente no profit, la Stichting Ingka Foundation, che ha sede in Olanda e non paga tasse.
    Nel 1988, invece, Kamprad ha creato Ikano Group, che ha sede in Lussemburgo (paradiso fiscale) e si occupa di investimenti ma anche -per ora in 7 Paesi- di finanziamenti, leasing, credito al consumo, carte fedeltà.
    Le società di questo gruppo gestiscono oltre 7 miliardi di euro. Nel 1989, Ikea arriva anche in Italia, ma la struttura attuale -quella delle tre controllata e di Ikea Italia Holding- è successiva. “Retail” è stata costituita nel luglio del 1995. “Distribution” durante il 1998. “Property” il 29 dicembre del 1999. La holding è stata iscritta al registro delle imprese di Milano nel 1996. Ha un capitale sociale di 7,8 milioni di euro, sottoscritto da un unico socio: Ingka Holding Bv, che ne è la proprietaria.
    Dal 1991 del gruppo fa parte anche Swedwood: in un’ottica di integrazione verticale, Ikea ha col tempo acquisito il controllo di alcuni fornitori, specie nei Paesi dell’Europa dell’Est. Materialmente, i mobili sono prodotti all’interno del gruppo Ikea; nei fatti, però, sono costi esterni registrati in bilancio (ad esempio in quello di Ikea Distribution Italia che abbiamo letto). L’altra grande intuizione di Kamprad è stata quella di “spostare” gli introiti economici derivanti dalle royalty dalla Svezia, dove si sviluppa il design dei prodotti Ikea, all’Olanda, creando Inter Ikea System Bv.
    Il denaro, attraverso questo canale, arriva da tutto il mondo, attraverso l’Olanda, nelle Antille olandesi. Dove il cerchio si chiude, forse, portandolo nelle casseforti della famiglia Kamprad.

    Chi lavora per ikea
    1.580 aziende, in 53 Paesi, lavorano per riempire gli scaffali dei grandi magazzini Ikea. La lista completa dei fornitori è però top-secret.
    L’unico nome “pubblico” è Swedwood, una controllata della stessa Ikea, nata nel 1991. Oggi Swedwood ha 49 fabbriche e segherie in 11 Paesi, dalla Svezia alla Germania ai Paesi dell’Est Europa. La maggior parte sono in Polonia, che di fatto, con il 17% (in valore), è il secondo fornitore dei beni venduti nei negozi Ikea dietro alla Cina (21%). Al terzo posto viene l’Italia, con l’8%. Ma tra i fornitori italiani (e gli ex) di Ikea nessuno ha voluto rispondere alle domande di Ae in merito alle condizioni contrattuali (dalle condizioni imposte da Ikea al nome della società con cui i fornitori italiani intrattenevano relazioni). Né Natuzzi (quelli di Divani&Divani), né Snaidero o Calligaris (che hanno chiuso il loro rapporto con la multinazionale), né Bormioli Rocco. Ikea ha sviluppato negli anni un codice di condotta
    volontario in materia ambientale e di condizioni di lavoro. Un’inchiesta condotta nel corso del 2006 da Oxfam-Magasin Du Monde (Belgio) ha dimostrato però che in molti casi il codice non viene disapplicato, e che in ogni caso gli audit raramente sono esterni. Il libro è stato pubblicato in Italia da Anteprima, con il titolo Ikea. Che cosa nasconde il mito della casa che piace a tutti? (2007, 12 euro).

    Un altro nome
    L’unico ramo dell’albero Ikea che non ha ancora toccato l’Italia è Ikano Group, la società che attraverso Ikano Pte Ltd gestisce, in franchising, due grandi magazzini Ikea a Singapore e uno in Malaysia. Ma Ikano Group, che nel 2008 ha compiuto vent’anni, è molto altro: del gruppo fanno parte una società immobiliare, che insieme a Ikea costruisce e gestisce proprietà in Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca. Ikano dal 1992 è anche la proprietaria del marchio e dei negozi Habitat, prima una concorrente di Ikea, presenti in una quindicina di Paesi.
    Le due società più importanti del gruppo sono però “Finance”, attiva in 7 Paesi (non in Italia, per il momento) nei settori carte fedeltà, carte di credito, leasing e prestiti personali, con un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro nel 2007, e Ikano Fund Management S.A. (con sede in Lussemburgo), un fondo d’investimento che gestisce un portafoglio di 4,6 miliardi di euro. Nata per una scissione in seno all’Ikea, Ikano Groups ha la sede principale in Lussemburgo, un paradiso fiscale, ed è di proprietà della famiglia Kamprad: nel consiglio d’amministrazione siedono Mathias, Jonas e Peter Kamprad, i tre figli di Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, che è Senior Advisor per il board di Ikano.

    In magazzino
    “Ieri abbiamo fatturato 500mila euro”. È il messaggio che sentiva, ogni mattina, Mario, che ha lavorato all’Ikea di Corsico, il più grande d’Italia, fino a un anno fa. Per motivare gli addetti del magazzino, prima dell’apertura del negozio, l’altoparlante sparava fatturato e numero dei visitatori.
    Mario è entrato all’Ikea attraverso un’agenzia interinale, e dopo due contratti a tempo determinato (da tre mesi) al terzo rinnovo è rimasto a casa: Ikea voleva che accettasse un cambio di turno, che passasse a lavorare in quello notturno, dalle 10 di sera alle 6 del mattino. “Avevo un part-time da 16 ore, ma non so quant’era lo stipendio base, credo intorno ai 500 euro. Io ho sempre lavorato di più: facevo 40 ore di straordinario al mese, che è il massimo”. Lo straordinario, a Corsico, è routine: “Fanno una stima del personale di cui c’è bisogno in base alla superficie del negozio. Ma i metri quadrati non sono distribuiti sempre uguali: a Corsico, ad esempio, c’è una ribalta troppo piccola”. Manca lo spazio, cioè, per scaricare i camion. E il negozio non era mai pronto entro l’orario di apertura. Per questo ha preso a funzionare 24 ore su 24, per usare anche la notte per distribuire gli arrivi.

    Occhio a Ikea e compagni di merende.

  16. Ettore Ribaudo ha detto:

    Altro link sull’Ikea, nel mio Blog: http://ambienteitalia.altervista.org/blog/category/ikea-2/

  17. Kaiokasin ha detto:

    Bella lettera, sul Piccolo di ieri, che secondo me riassume perfettamente il problema:

    Il polo commerciale e i paesi dormitorio
    SAN CANZIAN
    Ho assistito a due assemblee pubbliche, una a Pieris e una a San Canzian d’Isonzo, il cui oggetto era il centro commerciale che i Comune di San Canzian intende far costruire a dei privati. Ho sentito l’amministrazione decantare la bontà del progetto, il quale si svolge su una superficie di circa 86mila mq, spiegando che verrebbe fatto un grande servizio ai cittadini in termini di sicurezza e praticità. Ovviamente non dovendo andare più in paese a fare la spesa, cosa che attualmente avviene e che anima così la vita cittadina, dove la gente si incontra, scambia quattro chiacchiere, socializza. Tale progetto si basa anche sulla preoccupazione di veder chiudere qualche esercizio commerciale nel paese a causa del pensionamento di alcuni gestori, non pensando però che ci possono essere dei subentri, magari in altri siti, pensiamo all’area ex Zanolla. Si pensa di fare un servizio agli anziani, ma chi fra essi andrà in bicicletta a comperare l’acqua minerale, la verdura o il fustino della lavatrice? Si obietta “Ma si va con la macchina, ci sono tanti parcheggi, perchè li facciamo allora?” non riflettendo sul fatto che così si incrementerà l’uso delle automobili; poi anche se fosse, quando uno è salito sulla propria automobile siamo certi che andrà al supermercato di Pieris? Da non trascurare il bel servizio che facciamo poi all’agricoltura: quest’anno è il primo anno che siamo non autosufficienti con la nostra produzione agricola nazionale e si continua ad erodere terra fertile per costruire capannoni e strade. Purtroppo le difficoltà economiche dei comuni fanno sì che le proposte dei privati diventino allettanti per le casse comunali: il territorio diventa quindi una merce di scambio, ma con questa politica ci mangiamo il futuro nostro e delle nuove incolpevoli generazioni. Camminando per le vie di città come Gorizia, Monfalcone, Udine, Trieste per non parlare di piccoli paesi, si notano sempre più negozi chiusi: la grande distribuzione ne ha decretato la fine, con la conseguenza che vie e piazze perdono quell’animazione che le contraddistingueva, che creava il piacere di incontrarsi, di mantenere quei legami fatti di relazione, di scambi di pensiero, di confronto. In una parola viene meno una certa qualità della vita. Perdere tutto questo? Riflettete amministratori di San Canzian (ma vale anche per altri), cittadini di questo comune (ma vale anche per altri), ma fate in modo che i nostri paesi non diventino solamente dei dormitori. Lettera firmata

  18. Ettore Ribaudo ha detto:

    Concordo con Kaio.., qui si rischi di impoverire il tessuto produttivo delle micro imprese, in nome dei centri commerciali, non considerando che questi bruciano enormi quantità di verde che invece potrebbe essere utilizzato per altri scopi.

    Inoltre la zona è piena di altri centri, come mai si permette di costruirne altri?
    Mi sorge spontanea una domanda; ma quando i centri commerciali, con i loro affitti esosi, saranno tanto grandi da inglobare molti Km. quandri, siamo sicuri che non rimpiangeremo un po’ di verde per i nostri figli?
    Poi dovrebbero spiegare a cosa centra la sicurezza (parola ormai abusata ed usata in tutte le salse, per giustificare un’opera inutile) con i centri commerciali?
    Mah!

  19. Kaiokasin ha detto:

    Chissà se Tondo si ricorda dei suoi buoni propositi…
    https://bora.la/2008/06/09/tondo-basta-ai-centri-commerciali/

  20. Francesco ha detto:

    Pero’; non l’avrei mai detto.

  21. Ettore Ribaudo ha detto:

    Ecco scoperto il vero volto di TONDO, dove ci sono soldi, tutto può cambiare.

  22. istriano54 ha detto:

    Ribaudo!!! Tondo non ci guadagna nulla non sparare ad alzo zero per niente!!
    Basta centri commerciali!!! Vedi come è morta Monfalcone, in centro trovi solo bangla e stranieri (est soprattutto!!) e la gente è tutta all’Emisfero, addirittura sta nei bar, è diventato il centro d’incontro, PAZZESCO!!!

    QUELLO CHE E’ CHIARO E’ CHE SONO LE GIUNTE DI SINISTRA IN QUESTO MOMENTO NELL’ISONTINO (SAN CANZIAN con il progetto a Begliano e SAGRADO con la pazza idea di permettere l’apertura di un centro commerciale presso la ex torcitura a Poggio Terzarmata (Sdraussina).Queste faccende vanno indagate !!! ci deve essere qualche business sotto, è molto strano il tutto, c’è qualcuno che consce cosa c’è sotto? Chi è il pezzo grosso sinistro che sponsorizza?
    HA RAGIONE IL WWF .
    Modesta proposta: chi dismette, come l’IPERCOOP di GRADISCA, non deve omunque scappare senza completare i suoi doveri!!! Aveva l’obbligo di partecipare finanziariamente alla costruzione della rotonda per l’accesso al sito attuale, le ultime giunte di sinistra di GRADISCA (sia chi ha concesso che l’attuale) si sono per caso dimenticate? Le procedure sono a posto?
    Sempre su Gradisca, ma nessuna autorità giudiziaria vuole mettere le mani sulla viabilità di accesso al Centro Commerciale La Fortezza di via Udine? Come è stata possibile la sua apertura con quel tipo di accesso e uscita? Ma qualcuno si rende conto che la gente fa continuamente l’inversione in contromano e nessuno blocca ciò. Coraggio vigili urbani e CC!!! In special modo ai VVUU che visitano spesso il centro di mattina, mai visto cosa succede in continuazione all’entrata e all’uscita sulla SR??? Le procedure sono tutte a posto? Ma l’opposizione a Gradisca esiste o hanno lacci e lacciuoli che gli impediscono di dire ciò che tutti sanno in paese?

  23. Istriano54 ha detto:

    x Ribaudo Ettore

    Visto che frequenti Gradisca, prox fine settimana sei anche relatore di una progettualità per Gradisca, perchè non ti interessi di quanto avviene al di là del fiume e cosa sono quelle intenzioni di parcheggi, allargamento passerella da Poggio a Gradisca con la giunta di Gradisca che si nasconde (hai il prof Paolo Bressan corelatore con te!!!!) affermando che non sa nulla mentre ha ricevuto in Comune gli amministratori della società Hidra!!!

  24. Ettore Ribaudo ha detto:

    Guarda che io non ho parlato male di Tondo, ho solo detto “Ecco scoperto il vero volto di TONDO, dove ci sono soldi, tutto può cambiare.”
    Con questo non dico che Tondo è corrotto, ci mancherebbe, dico solo che magari qualcuno ha qualche interesse, IKEA DOCET.
    Istriano, hai ragione, io non ho peli sulla lingua, avevo preparato anche un intervento così, mi hanno detto che devo parlare solo della fortezza di Gradisca e questo mi sembra corretto, dato che è l’argomento.
    Poi se qualcuno, al di fuori, volesse parlare di altro, sarei ben lieto di ascoltarlo e condividere o meno le sue argomentazioni.
    Oggi ho una bella gatta da Pelare; una rotonda fatta a Cormons, in maniera totalmente fuori legge, sia nelle misure, nella posizione che nella zona di riferimento.
    Anche i Vigili erano contrari; chissà perchè l’hanno progettata.

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