23 Settembre 2011

Confronto sugli oli d’oliva: quello locale vs quello industriale – Adotta un ulivo!

Da oggi puoi adottare un ulivo del Litorale. Dal 15 ottobre a Dolina, scopri come, cliccando qua.

“Olio ottenuto dal frutto dell’olivo soltanto mediante procedimenti meccanici o altri processi fisici, in condizioni segnatamente termiche, che non causano alterazioni dell’olio e che non ha subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, filtraggio, filtrazione”.
Così dovrebbe essere fatto il vero olio extravergine d’oliva (in sede di frantoio), e proprio così recita la legge.

Si tratta a tutti gli effetti di una spremuta di frutta, cosa che non vale per tutti gli oli vegetali in commercio. Infatti, forse non tutti sanno che i normali oli di semi sono ottenuti tramite spremitura e solventi chimici, non proprio naturali.
Ancora dalla definizione di olio, “…in condizioni segnatamente termiche…”. Questo significa che tutto l’olio extravergine di oliva, per legge, deve essere spremuto a freddo. I produttori che in sede di promozione insistono tanto su questo punto, un pò si approfittano del fatto che tutto l’extravergine è fatto così; se si dovesse spremere a caldo, semplicemente non sarebbe extravergine. Ma questo non vuol dire che tutto l’olio che troviamo in commercio abbia subito un processo segnatamente termico…

In Italia si consuma più olio di oliva di quanto se ne produca, molto di più. Il resto? Importato da Spagna, Grecia, Turchia e Marocco.
Aggiungo che l’olio che si produce in Italia è in minima parte extravergine, la gran parte degli oli di oliva italiani sono costituiti da olio d’oliva vergine (commestibile, ma che stranamente non si trova in commercio, o non come tale), olio lampante (non commestibile) e una minima quantità di olio di sansa di oliva.
Le definizioni sono molte.
In commercio troviamo praticamente solo l’olio extravergine di oliva e l’olio di oliva. Quest’ultimo è il risultato della raffinazione di un olio lampante, come detto non commestibile, ottenuto con trattamenti chimico-fisici deacidificato, deodorizzato e decolorato. Il risultato è un olio organoletticamente neutro, composto per lo più da materia grassa e a cui si aggiunge una quantità variabile di vergine per dargli una caratterizzazione.

E con l’olio extravergine commerciale come va? Come ben sappiamo sul mercato ci sono i prodotti più diversi per qualità e per prezzo.
Se ricordiamo la definizione di partenza, dovremo considerarci garantiti dalla legge almeno sulla genuinità. È sempre così? Annusando certi oli direi di no.
Purtroppo anche l’extravergine non si salva dalle sofisticazioni, come il taglio illegale con altri oli vegetali e la deodorazione (su cui infuria un feroce polemica) di oli che per le loro caratteristiche non rientrano nella famiglia degli extravergini.

Altro problema è che in etichetta non c’è scritto a quando risalgono le olive e quindi la spremitura, per cui potremmo dire, spremuto a freddo, si, ma quando? Infatti solo le Dop hanno l’obbligo di recare in etichetta l’anno della raccolta.
E le altre? Solo la data di scadenza dal giorno dell’imbottigliamento; capita così di trovare in commercio un olio anche di 4 anni, quando la sua vita media si aggira attorno all’anno e mezzo. Forse in origine questo olio sarà anche stato extravergine, ma dopo tanto tempo?

Per noi appassionati delle nostre terre e del km0 grave è anche l’etichettatura degli oli che spiega vagamente quali sono le origini geografiche dell’olio. Certe aziende per fare fronte a richieste superiori alla produzione ricorrono ad oli di diversa provenienza e li vendono come propri. Certi frantoi possono acquistare olive in altre regioni, dove i prezzi sono più bassi, producendo un olio tipico a parole, ma che di locale non ha nulla. E questo succede soprattutto (ma non solo) nelle aziende imbottigliatrici che lavorano per la grande distribuzione e che vendono dei blend (olivaggi misti) di due o più oli reperiti sul mercato nazionale o internazionale, e poi lo vendono con etichette fantasiose, giocando molto sul lessico con diciture ambigue, che possono trarre in inganno.

Per fare un buon olio si parte dalla materia prima, le olive. Può bastare? No, le olive per dare un buon olio devono essere frante nelle ore successive alla raccolta, dove per ore successive intendo massimo 48 ore, a voler esser buoni. Va da sé che trasportare le olive in giro per l’Italia o il mondo, le danneggia in modo irreparabile.
L’ideale è raccoglierle (dalla pianta, non dal terreno), sistemarle in cassette areate non troppo grandi e portarle nell’arco di qualche ora in un frantoio pulito, che sappia lavorare. Succede sempre? No, purtroppo nella produzione industriale capita spesso, ed è sapere comune, di vedere cumuli di olive alti svariati metri, poggiati a terra, in attesa di essere moliti. Pensiamo al peso che devono sopportare le olive che stanno in mezzo al mucchio, si sviluppano temperature e pressioni, che alzano la temperatura in modo pernicioso per le nostre olive, che d’altro canto cominciano a spremersi e a rilasciare il primo olio sull’asfalto che le ospita. Questo scenario capita di vederlo frequentemente in Spagna, purtroppo.

Sicuramente in Italia le più grandi garanzie le danno le DOP, denominazione di origine protetta, regolate da rigidi disciplinari, legati indissolubilmente alla varietà e al territorio.
Nel nostro caso la “Bianchera” è la prima DOP della provincia di Trieste, chiamata “Tergeste DOP”. E ci tutela, non poco.

Le olive sono del nostro territorio, curate in modo esemplare, in un territorio controllato dal punto di vista dell’inquinamento (l’Università di Udine, nella figura del professor Conte ha un progetto in tal senso), vengono raccolte e sistemate in adeguate cassette. Poi vengono portate nei nostri frantoi nei tempi stabiliti; molite, imbottigliate e conservate in luoghi sicuri.

A garanzia di tutto questo ci sono le persone, che se vuoi puoi conoscerle e andare a trovarle quando vuoi, puoi creare una relazione con loro, l’olio e il territorio. Cosa che non succede andando da turista una volta in un frantoio. In questa epoca forse ha ancora senso parlare di rapporti fra le persone, tutto sommato.

Il giorno 15 ottobre partirà il primo evento legato a “Adotta un ulivo del litorale!”. Parte della serata sarà dedicata all’assaggio guidato. Assieme confronteremo il nostro olio con quello della grande distribuzione; vedrete come le parole spese per descrivere le pecche di un certo tipo di olio e i pregi di un altro si concretizzeranno al naso e in bocca e tutto sarà più chiaro.
Ricordo a tutti che il primo appuntamento è gratuito e aperto a tutti previa prenotazione a cibo@bora.la.
Inoltre domenica prossima, 25 settembre, saremo presenti a “Sentieri e sapori”; sarà possibile ricevere informazioni sulle iniziative oppure sottoscrivere. Vi aspettiamo!

Al prossimo articolo! Olio e salute.

Da oggi puoi adottare un ulivo del Litorale. Dal 15 ottobre a Dolina, scopri come, cliccando qua.

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7 commenti a Confronto sugli oli d’oliva: quello locale vs quello industriale – Adotta un ulivo!

  1. Srečko ha detto:

    Giacomo c.

    Sull’olio DOP bianchera mi sembra ci debba essere un minimo in % di bianchera, ma non mi ricordo bene quale sia. Forse il 30% almeno? Cio’ significa, che nell’olio ci deve essere almeno il 30 % di bianchera, perche’ possa essere classificato come tale…

  2. giacomo cecotti ha detto:

    Si, l’olio Tergeste Dop per essere tale deve avere almeno il 30% di bianchera per disciplinare, ma la maggiorparte dei produttori fanno un Tergeste Dop costituito da bianchera in purezza (100%).

  3. ota roberto ha detto:

    Bravo Giacomo!
    Bell’articolo,corto,dettagliato pertinente.
    Metite in contato con E.M. Milic
    e portimelo in azienda.
    Mi e lui semo za dacordo.

  4. Srečko ha detto:

    giacomo cecotti

    Grazie.

    Che questo e’ quello che fanno, lo credo. Personalmente pero’ sono convinto che avere bianchera al 100% non sia il massimo. Perche’ tutti gli olii sono praticamente uguali. Cio’ che li distingue e’ solo la maturita’ delle olive, il terreno di coltivazione et similia… Personalmente invece preferisco un mix in cui la bianchera prevalga, ma ci siano delle altre varieta’ che danno l’impronta personale e permettono di accontentare gusti diversi.

    Avere al 100% bianchera mi ricorda Ford, che ti lasciava scegliere il colore della macchina, purche’ fosse nero!

  5. giacomo cecotti ha detto:

    Caro Srečko,
    la tua è una preziosa indicazione per i produttori,
    grazie.

  6. giacomo cecotti ha detto:

    Caro Robi,
    go za parlà con E.M. Milič,
    vegnimo prima possibile,
    te avviso prima.

  7. ota roberto ha detto:

    OK. Ve spetto.

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