Consegnano i gioielli di mamma e papà al “Compro Oro” per comprarsi iPhone e vestiti di marca. E’ quanto accaduto a Udine.
A scoprire la dozzina di casi sono stati i Carabinieri del nucleo investigativo del capoluogo friulano: “La nostra indagine è partita dalle segnalazioni di alcuni genitori – spiega il capitano Fabio Pasquariello, che ha coordinato le indagini – che si sono accorti di gioielli spariti da casa e rivenduti poi ai ‘Compro Oro’. Da queste siamo risaliti ai registri dei negozi, individuando tutti i venditori di ori appena maggiorenni. Una volta interrogati questi hanno ammesso di aver ricevuto i gioielli da amici minorenni”.
“In passato questi casi venivano alla luce per problemi di droga – continua Pasquariello – in questo caso invece i ragazzi, tutti provenienti da famiglie della buona borghesia, volevano solo denaro contante da poter spendere per beni di lusso”. Gli investigatori hanno ascoltato tutti i genitori, in molti casi del tutto ignari del comportamento dei figli: “Alcuni sono scoppiati a piangere quando abbiamo raccontato loro quello che era successo, altri sono ammutoliti, altri si sono arrabbiati – racconta il capitano – il fenomeno è preoccupante non solo per i furti, ma anche perché questi ragazzi usavano degli intermediari. Ora chi ha rivenduto l’oro rischia l’ incriminazione per ricettazione, perché questi 18-20enni si fanno pagare per il ‘servizio’, mentre nei confronti dei minori é più difficile procedere perché i furti sono stati commessi in famiglia”.
Però fargliela passare liscia non è corretto.
Spero che almeno all’interno della famiglia venga fatto qualcosa.
Squallido… e questi ragazzi saranno i nostri medici, avvocati, ingegneri,giudici,ingegneri, amministratori del futuro…questi ragazzi sono pronti al massimo per una carriera in politica…auguro agli adulti delle famiglie della buona borghesia una seria riflessione su cosa siano riusciti a trasmettere e insegnare con la parola e con l’esempio ai propri figli.
Si è vero Milost, solo i politi possono fare….imparano a rubare da giovani per specializzarsi da adulti.
Giusto Milost! E vale anche per i diretti interessati… non è dato sapere quali valori se incentrati più sull” avere” o sull” essere” siano stati trasmessi in famiglie che nulla gli abbiano finora fatto mancare di acquistabile con …mastercard e magari abbiano lesinato su valori e rigori.
E neppure dire così è corretto, perché non tiene conto dei condizionamenti sociali che “aggrediscono” i ragazzi.
Come sempre il trionfo del moralismo.
Ste robe son successe, succedono e succederanno sempre.
Non dico mica sian giuste ma buttarla sulla classe amministratrice del futuro, sulla borghesia ecc.ecc. per 6 ragazzi che saran coinvolti mi sembra completamente fuori luogo.
Hanno messo il wifi all’ITIS?
@Francesco hai ragione. Forse la previsione del futuro che viene fatta è eccessiva, anche perchè chi lo dice che questi ragazzi saranno futuri medici, ingegneri, amministratori del futuro.
Spero però che ne converrai che qualcosa, a livello familiare, vada fatto.
Anche l’I-Phone a modo suo è un gioiello. E forse ha una utilità che i gioielli non hanno.
Non ci trovo niente di moralistico nel dire che ci sono precise responsanilità dei genitori in questi comportamenti. E’ troppo comodo scaricare tutto sulla scuola, la società, le amicizie ….. che pure le loro responsabilità hanno. Ho amici insegnanti che sono esterefatti dell’ atteggiamento iperprotettivo e giusificazionista dei genitori nei confronti dei loro “pargoli”. Ma quello che mi stupisce di più è la “sorpresa” dei genitori di fronte a questi fatti. Ma cosa sanno dei loro figli ?
Paolo Geri, ci sei? ORO il tuo post per me!
@7 ancora meglio se a mamma e papà gli ciulavano direttamente la mastercard, no mio Capitano?! 🙂
@ Francesco, neanch’io la butto “sulla classe amministratrice” ma scherziamo? adesso, piove, governo ladro?! e neppure milost, mi pare.
lei fa un discorso in prospettiva di come saranno quelli che oggi sono così, qualora in futuro chiamati ad amministrarci o a curarci i malanni…è così Milost?
Quanto al fatto che queste robe sempre succedevano e sempre succedono non hai torto, ma ora sono portate alla luce e amplificate dai mezzi d’informazione e non vedo perché sapute, non debbano essere disapprovate.
Tra l’altro lavoriamo per una società migliore, non per dirci filosoficamente che “sempre succedeva…”.
No Fiora nessun meglio.
I figli possono andare a guadagnarsi i soldi per l’I-phone lavorando.
Quello che non capisco sono i gioielli e oro in casa. Sarà che non è il mio stile. 🙂
@12 MA ERA UNA BATTUTA DEI! come volevi che lo scrivessi seriamente?
gioielli in casa, a volte sono cose care, ricordi che si portano abitualmente…quando i ladri in casa m’hanno fatto un macello non mi sono scomposta più di tanto, ma mi hanno anche rubato la fede di mamma incastonata sul girocollo della catena dell’orologio da panciotto di nonno che casualmente non indossavo quel giorno…beh è stato lacerante!
Infatti spesso i gioielli sono dei ricordi oppure monili di medio valore, non di certo tiare di diamanti.
ciao bellaIsa, mi sembra anche fuorviante discutere sull’opportunità del tenere o meno i gioielli in casa. quasi ad insinuare che l’occasione faccia l’uomo ladro… ma scherziamo? questi hanno sottratto degli oggetti di famiglia per procurarsi l’ennesimo giocattolo che mamma e papà tardavano a regalargli.
Ieri , oggi e domani , non si deve fare e il moralismo non c’entra!
@5 quoto francesco
nuovo collegamento fastweb a casa della debegnac
Un rimedio ci sarebbe,sia per i figli che per i genitori.Un anno in comunità agricola.Calci in culo e zappare la terra.
auguro a Ciano che i pargoli gli ciulino qualcosa a cui tiene per comprarsi l’ipod.
Tutti bravi a fare i “superiori” con le rogne degli altri.
Firmato: una “Debegnac” e me ne vanto.
La Debegnac è la gente. La gente SIAMO NOI!
Anche la mia iera una batuda. Farò come i spagnoi che meti i ¿ all’inizio delle frasi.
Me par in tema.
http://i.telegraph.co.uk/multimedia/archive/01966/brixton4_1966309b.jpg
Ah, eco ! reclam oculta del tuo negozio. Ma Capitano, ‘ndove te me caschi? 🙂 🙂 🙂
Che sia stadi i genitori de qualche muleto che voleva indrìo i monili di famiglia?
“Tignive sto ciufolo de aifòn!”
@18
fiora, se pol viver ben anche senza comentar a caso ogni roba sa. E comunque xe bastanza arrogante da parte tua definirte “la gente”. Per fortuna “la gente” xe altro
Ciano tien presente che l’arroganza no costituissi nel dialogar in un forum…xè la sua ragion d’ esser.
L’arroganza xè dar de sempliciotti a chi no la pensa come ti.
Savemo tuti ,no cos’ che vol sotintender debegnac qua de noi!
Beh , mi me sento una “debegnac” una benpensante comune…ti? cos’ te se senti Napoleone? .
Bon mi torno in “lateria” ti? quei che se credi Napoleone sa no ‘ndove che i li meti…:)
Ah, e se no te capissi l’accezion “gente” che go volù dar al termine domanda pur.
te risponderò con gentilezza, sicuramente superiore alla tua.
A scanso de fraintendimenti col mio ” la gente siamo noi! intendevo semplicemente : inutile sminuir la portata de sto fatto solo perché ghe capita ai altri. I altri, el prossimo xè la gente e la gente semo tuti quanti. Ogi a lori, domani a noi…perché appunto, la gente semo noi tuti.
Spero de esser stada comprensibile…anche se son solo una “debegnac” 🙂
Ciau, Ciano.
In una società dove, un esempio su tutti, Corona (e non mi riferisco a Mauro) è diventato un’icona dei giovani oltre che una fonte di ascolto/fatturato per tv, sponsor e giornali non c’è da stupirsi che cose simili accadano (il dio oggetto sopra ogni cosa). Sono questi i “valori” di oggi? Per fortuna ci sono molte famiglie e molti giovani per bene che purtroppo non hanno lo stesso risalto mediatico. La normalità non vende copie e non crea ascolti.
pronto pronto “debegnac” ciama Ciano: capto un palese fastidio per el fatto che te ritrovi el mio nick cussì spesso e dappertutto…cos te vol che te digo? xè cussì bel e utile confrontarse e scherzar coi concidadini e corregionali, tra una lavor e l’altro ( noi done poverete, quasi sempre do’ lavori ne toca!)su tuti i argomenti, da quei più seri a quei più banali e senza gnanca zercar parchegio e spender pei locai…qual xè el problema?
“PREZZEMOLO” ga dito un. Me go informà: el xè a 8euri al kilo e el sta ben pertuto… un complimento quindi!
xè le erbaze che bisogna pagar per butarle via…
Bon! e sempre viva L’A.!
Robe assolutamente “normali” secondo mi. Nel senso che le capita e le capitera’ sempre. Tuttavia no colpevolizzassi i genitori per cativa educazion. Se pol scoprir sempre de gaver un fio mona senza gaverlo mai pensado o voludo pensar.
Per me non sono normali. Il senso dell’inviolabilità della proprietà altrui è uno dei fondamenti della società civile. Le mie figlie mi chiedono il permesso per prendere un foulard da un mio cassetto o un libro dalle mie librerie. Borse e portafogli non si toccano nemmeno. Io faccio altrettanto con le loro cose, nei loro cassetti, nelle loro sacche e nei loro portafogli. E come ha detto Fiora, il fatto che questi avvilenti furti in famiglia siano cose sempre successe non giustifica il fatto che succedano ancora,nè esclude che in sostanza siano un reato; salvo il fatto che ti puoi ritrovare un figlio cretino pur non avendo allevato come tale: diciamo solo che forse potevi accorgertene prima, no?
Xe tuti boni a insegnarghe al mondo come educar i fioi.
No te digo quanti ne go visti durante la mia gioventu’ de genitori convintissimi de esser presenti, de gaver insegnado valori e tuto l’armamentario classico dei soloni.
Quando muli e mule inveze, finido de cantar nel coro dela cesa o simile andava a combinar le pezo cagade ai festini.
Ben detto Milost, io, a 41 anni, ancora chiedo il permesso di andare nei suoi armadi e non entro in casa sua, pur avendoci vissuto 30 anni, senza aver prima suonato.
@fiora bella scusa ma chi xè debegnac?
@31 Isa se te vol diventar fia de anima e de… morbin dei Triestini come che te disevi là dele squinzie , bisogna che te fazo un minicorso de patòco.
Allora la “siora Debegnac” è un’ immaginaria baba triestina, roba da discorsi di latteria, ovvero il trionfo dell’ovvio. Sempre bonaria, spesso ripresa per il fatto di capire e rispondere fischi per fiaschi.
Citarla in quel contesto da parte di quell’utente, era come dire “fate chiacchiere proprio da babuzole terre à terre…”
Contrattaccare , affermando che ero orgogliosa di sentirmi “una Debegnac qualunque” equivaleva a dire ” ma l’impresa eccezionale, dammi retta è essere normale…” (L.Dalla)
Ti senti una debegnac e fiera di esserlo, pure tu, Isabella? Bon! sentite che te ofro sto famoso…orzo in b.! 🙂
@fiora baba son, triestina d’adozion e matrimonio, capiso fischi per fiaschi assai raramente, ma all’occorrenza posso calarme nella parte.
Ti te son stada definida arrogante, mi giustizialista e moralista e ne vado ben fiera 😀
..me par che fischi per fiaschi sto giro li ga capì chi che ga riesumà la Debegnac, ah, Isa? 🙂
Mi no credo sia giusto dar dela Debegnac a un’utente. Se pol no condivider certe idee e va ben, pero’ qua dentro nissun xe Umberto Eco e come se parla de robe serie se pol (e se anca devi) cazzeggiar un minimo all’occorrenza. Certi snobismi a mi no me piasi.
Bravo Tergestin, ma ara che mi no me la ciapo…perdona la presunzion, son dell’idea che oro no ciapi macia! 🙂 🙂 🙂
ciò Tergestin, intanto go inziganà Isabella che se la vol esser adotada patoca ghe toca farse “debegnac” con mi 🙂
Seriamente parlando, mi ma va straben de esser una debegnac” come tante, nell’accezion de “gente comune” de bon senso, in rapporto a un che se ategia che a “superiore” ma capissi Roma per toma e po’ taca a ofender…
malattie del capitalismo
@35 Magari vien fora che drio “quel ” nick xè Umberto Eco…Mamamia Tergestin che scup ara che te gavessi fato! 🙂
Debenjach che si legge Debegnac è un cognome che in provincia di Gorizia è stato italianizzato in Del Bene.
@ Abc
Anca a mi i me ga italianiza’ el cognome e anca a un fraco de mii parenti. Se femo la conta de tuti quei italianizai da ‘ste parti diventemo mone.
Era solo per dire che a Gorizia non si trovano signore Debegnac.
Ma il plurale di “il mona” non dovrebbe essere “i moni”?, come il poeta i poeti?
@ abc, dala tua ricerca delle origini del cognome dell’ emblematica onnicomprensiva “siora” immortalata da Carpinteri & Faraguna, si evince che…siamo proprio tutti fratelli !
quanto al plurale de ” mona” xè ” mone” , nei secoli perene!
Ogni idioma ga i sui caprici e forsi xè quel el suo fascino
@abc come a Gorizia non se trova signore Debegnac? Mi lo son diventada da poco, vero fiora 😉
Aila! muli a Isabella no ‘cori ciorghe le impronte digitali per darghe la citadinanza patoca…garantisso mi!
giusto oggi ghe disevo a mio marì (che de cognome fa come una vostra famosa fabbrica de dolci 😉 ) “che voglia di andare a Trieste” (mi e lui se parlemo in lingua italiana 😀 ) e lui “anch’io”.
caspita, un figliol prodigo più una pecorela “marida”? che magnada ara che dovemo imbandirghe a sta cubia…
Con la scusa che ogni prefettura italianizzava i cognomi a modo suo, pensavo che a Gorizia ci fossero solo signore Del Bene, ma non avevo pensato che poi la gente migra. In ogni caso è piacevole avere signore Debegnac in giro.
…anche se “battezzate” ad uso di Bora.là, Abc?
La signora Débegnac è uno dei più gloriosi personaggi de “La Cittadella”, illustre e longeva testata satirica che usciva come allegato a “Il Piccolo” del lunedì. “La Cittadella” era nata dalla fervida mente di Carpinteri e Faraguna, gli autori delle “Maldobrie”, della figura di “Druse Mirko” e un po’ di tutta la satira triestina dal secondo dopoguerra ad oggi. La signora Débegnac, o Debègnac o persino Debegnàc era la protagonista principale di una breve storia pubblicata in un occhiello sulla prima pagina de “La Cittadella”, in alto a destra intitolato “Cosa dirà la gente” in cui si intrecciavano dialoghi surreali fa il figlio, “la mama” un po’ rincitrullita per l’ età e la “signora Débegnac”, la vicina di casa, mai presente di persona nella breve narrazione ma sempre evocata dalla frase “chisà cosa che dirà la Débegnac”. Di queste brevi storie ne sono state poi raccolte sessantaquattro in un libro intitolato appunto “Débegnac” di Carpinteri e Faraguna che mi risulta oggi esaurito. Nel libro il figlio è l’ unico “io parlante” e narrante, ma incombe la presenza della “mama”: la Madre per eccellenza, possessiva, un po’ svanita vista l’ età avanzata, ma comunque inossidabile e determinata come può esserlo solo una “mama” triestina la quale colloquia al telefono con il figlio nelle classiche telefonate, spesso surreali, che intercorrono anche oggi fra figlio e madre anziana. La “mama” riporta nella chiacchierata con il figlio la sua personale e strampalata interpretazione delle notizie della settimana e, ad ogni obiezione del figlio che cerca di ricondurla ai fatti, interviene con la frase “me ga dito la Débegnac”, oppure “cosa dirà la Débegnac ?”
Preso atto che “La Cittadella” divulga l’ accento Débegnac, per decenni la signora che trova posto nell’ immaginario collettivo come vicina di casa, come amica della mamma, si pronuncia forse prevalentemente Debégnac ma si rileva anche la versione Debegnác (la frase “Se sa che la Debegnac ciama mama”, si legge quindi Debégnac, rispettando un’ esigenza metrica importante dell’ endecasillabo. Ma dove spuntò nella fantasia degli autori questo nome ? L’ unico riferimento storico è quello della giornalista francese Yvon De Begnac che ebbe fra il 1934 e il 1943 numerosi incontri con Mussolini, di cui intendeva scrivere una monumentale biografia, tanto che si vociferò fosse una delle sue tanti amanti. Da qui l’ ispirazione ? O piuttosto da una storia raccontata sul sito http://www.cayoeffe.it e mai smentita né da Carpinteri né da Faraguna ? Non si sa se sia leggenda o realtà, comunque la riporto.
Pare che durante l’ occupazione tedesca di Trieste, non si sa bene se Carpinteri o Faraguna, avessero iniziato ad avvicinarsi agli ambienti della Resistenza. Poiché erano ancora giovani, intorno ai diciannove vent’ anni, venivano loro assegnate “missioni” semplici, tipo portare messaggi alla gente. Capitò un giorno che doveva portare un messaggio ad una persona che abitava all’ ultimo piano do una casa che non aveva nè la portinaia (come usava a quei tempi) e nemmeno i nomi degli inquilini scritti sulle porte degli appartamenti. Lui sapeva solo che doveva andare all’ ultimo piano e bussare alla seconda porta a destra. Arrivato davanti alla porta, già tutto impaurito, bussa e che gli apre ? Invece di un triestino si trova davanti un tedesco alto un metro e novanta, che gli fa “Ja ? Kossa folere tu ?” Carpinteri (o Faraguna) impallidisce, rimane un attimo in silenzio e balbettando leggermente dice “Ah, la scusi, devo gavèr sbaglià ! Mi zercavo la Signora Debegnac !” e in quell’ attimo alle sue spalle si apre una porta e si sporge una donna che gli fa “Giovinoto la ga sbaglià porta ! La vegni, la vegni, che la stavo spetando !”. Insomma il quartiere era stato sottoposto a rastrellamento da parte dei tedeschi che avevano portato in carcere tutti gli uomini. La donna stava di conseguenza tutto il giorno ad origliare dietro alla porta e sentito arrivare Carpinteri (o Faraguna) aveva capito che il giovane si trovava in difficoltà, gli aveva aperto la porta fingendo di essere la signora Debegnac. Forse gli ha salvato la vita.
@ Paolo Geri 51
interessante la storia che ci hai raccontato, però Yvon Debegnac secondo wikipedia non era una giornalista francese ma un militare e giornalista nato a Trieste.
@Fiora 50
anche.
certo , Paolo Geri! io mi riferivo alla mitica siora Debegnac col figlio tuttologo Ucio, depositario di tutto lo scibile universale, creati dalla felice penna della premiata ditta C.&F…
Sono dell’idea che sia RIDUTTIVO circostanziare queste due icone del bonario morbin con riferimenti biografici reali.
Godiamoceli con fantasia e complicità fra triestini, che a dirci l’un l’altro “debegnac” ci crea un’atmosfera iniziatica estremamente … COCOLA!
SRA-ANCHE, abcdebegnac, da fioradebegnac! 🙂
sono molto contenta che la villania di una rara avis @23 abbia dato luogo a questa simpatica digressione.
Ricordo anch’io la storiellina dela signora Debegnac come raccontata da C&F a me sembrava un po’ diversa, ma forse loro stessi l’hanno un po’ mitizzata, sicuro una storia di un campanello con Debegnac sopra. Ma posso confermarvi che mia nonna ( classe 1871..) conosceva benissimo una signora Dèbegnac, con l’accento rigorosamente sulla prima e.
Da ricerche che ho effettuato il cognome Debegnac è diffuso(poco) nelle provincie di Trrieste; Milano e La Spezia, nonché nello stato USA di New York. http://www.gens.labo.net/it/cognomi/genera.html