5 Agosto 2011

Camden Square, un triestino davanti alla casa di Amy Winehouse

di Nicolò Giraldi

Londra Ero a Londra quando tutto il mondo ha appreso la notizia della prematura morte di Amy Winehouse. La cantante inglese e’ stata trovata, priva di vita, nella sua casa di Camden Square una ventina di giorni fa. Ho voluto recarmi sul posto per rendermi conto di persona di quanto affetto circondava la controversa pop singer che, nell’ultima apparizione pubblica a Belgrado, era stata fischiata durante una performance ai limiti dell’imbarazzante. Niente di strano, intendiamoci. Le star del panorama musicale da sempre vivono il proprio rapporto con la realta’ nutrendosi di eccessi, vizi e di ossessioni che niente hanno a che vedere con il mondo reale.

Amy Winehouse è morta a causa di un mix di alcool e droga. Come lei, molti anni prima, altri grandi personaggi sono deceduti in ragione del loro rapporto con sostanze legali e soprattutto vietate. Tuttavia l’affetto che i fans tributano ai loro beniamini e’ unico nel genere, unico nelle emozioni e nelle reazioni che la loro arte – in questo caso la musica – suscita nei cuori della gente.

Cosi’ mi sono voluto recare a Camden. Sono salito sul bus che porta verso uno dei cuori pulsanti di Londra per assistere, pochi giorni dopo il suo decesso, alla migrazione di fans che e’ ancora in atto verso la casa dell’artista. Cio’ che ho trovato davanti ai miei occhi e’ stato uno spettacolo unico nel genere e che potrebbe ricordare, certamente ai piu’ longevi, scene gia’ viste in passato.

Un continuo viavai di persone di tutte le eta’, di tutte le razze, di tutte le estrazioni sociali. Mamme assieme alle amiche, ragazzi adolescenti, qualcuno che passa di la’ e chiede un po’ distrattamente “what’s going on?”. I cartelli della toponomastica di Camden Square riempiti ormai di colori diversi rispetto al bianco limpido di tempo fa. Un mare di biglietti, di lettere, di scritte sugli alberi della piazzetta antistante la casa. Un cimitero di fiori vivi, in ricordo della cantante di origini ebraiche che dal 2006 ha sconvolto letteralmente il panorama del pop mondiale, riprendendo sonorita’ legate ad altri tempi, non certamente omologate e distanti dal panorama commerciale.

Moltissime le bottiglie di vino e le lattine di birra appoggiate contro il muro e contro le inferriate del piccolo parco che orna di verde la zona di Camden Square. Centinaia di rappresentazioni di lei, di cio’ che e’ stata per i fans, di cio’ che e’ stata per il pubblico. Decine di candele di varie dimensioni, alcune accese, la fiammella del cuore di Amy Winehouse, che per tutti loro batte ancora, e forse piu’ forte di prima.

Non ho visto lacrime. Non ho visto commozioni esagerate. Non e’ nello stile inglese. Non fa parte di questo mondo. La compostezza, il rigore e la formale immagine delle reazioni di fronte all’incontrollabile sono certamente parte fondamentale di questa realta’. Certo, il padre e la madre hanno espresso piu’ volte il loro dolore – i tabloid come l’Evening Standard o il The Sun pubblicano una copertina ogni due alla vicenda –tuttavia la migrazione assume i contorni di un silente tributo. Non c’e’ spazio alla tristezza da parte delle
persone che si recano al numero 30 di Camden Square. C’e’ chi passa per un saluto, chi vuole renderle omaggio, chi e’ semplicemente curioso, chi si abbandona a chiacchiere, chi, come i vicini, sembrano aspettare i giornalisti che arriveranno, per farsi cosi’ intervistare.

Quando sono giunto davanti alla casa protetta dal nastro della polizia e’ arrivato un furgone con i vetri oscurati. Sono scesi due uomini e sono entrati in casa. Nel frattempo sono arrivati I giornalisti, I fotografi e la gente ha cominciato ad avvicinarsi sempre di piu’ all’abitazione. In meno di mezz’ora hanno portato via borse dale grandi dimensioni – si e’ capito successivamente che si trattava dei vestiti – e alcune chitarre. Finito il tutto la gente ha continuato imperterrita a recitare il suo ruolo. Di nuovo ferma a chiacchierare, a commentare cos’e’ stata per loro Amy Winehouse e a immaginare il futuro. Dicono siano gia’ pronti due singoli inediti che la cantante aveva registrato con il nuovo produttore. Una carriera bruciata, come molte. Tuttavia cio’ che mi e’ rimasto del passaggio davanti alla casa ‘ sicuramente qualcosa di molto particolare. Una ragazza in fondo di ventisette anni che piu’ volte aveva manifestato il proprio rapporto complicato e difficile con la vita. Una vita per come la si intende normalmente, di quelle che non hanno sbavature e che non escono mai fuori dalle righe. Ma si puo’ giudicare una vita come quella di una persona che negli ultimi cinque anni ha guadagnato un patrimonio e che forse non riusciva a vivere normalmente? Possiamo noi dirci dispiaciuti su una vicenda che tocca una persona famosa e che forse non avevamo mai considerato niente di piu’ che una parte dello star system? Possiamo paragonare tutto cio’ a vicende passate come quelle di Jim Morrison o Hendrix, Janis Joplin? Possiamo intravedere in tutto questo anche un solo attimo di sincera commozione o interesse che non tocchi le corde del guadagno? Chi comprera’ i diritti delle sue canzoni? Chi portera’ avanti il nome di Amy Winehouse? Il tempo la trasformera’ in leggenda perche’ il tempo modella le cose. Il suo nome verra’ ricordato in ogni angolo del pianeta. Certe canzoni non smetteranno mai di
essere trasmesse. Questo e’ cio’ che restera’. Il resto sono solamente chiacchiere.

Amy Winehouse e’ morta a ventisette anni. Forse e’ deceduta a causa di quel mondo in cui era entrata cinque anni fa. Forse quello stesso mondo l’ha creata e poi l’ha distrutta. Certo, probabilmente era una persona come le altre. Con la fortuna di possedere una voce straordinaria. Fuori di casa sua, al 30 di Camden Square, ho voluto vedere con i miei occhi dove si svolgeva parte della sua vita. E se non fosse stato per la notizia, il buttafuori davanti all’entrata e la macchina con i vetri oscurati, probabilmente non mi sarei neanche fermato. Perche’ purtroppo ci accorgiamo delle cose solo quando ci vengono a mancare. E vale per tutti.

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7 commenti a Camden Square, un triestino davanti alla casa di Amy Winehouse

  1. Katja ha detto:

    grande talento, che tristezza per tutti. bell’articolo Nicolò

  2. fabrizio bonomi ha detto:

    Purtroppo i media hanno spacciato i suoi eccessi come un fatto glamour, mentre si trattava di una grande artista che si stava lentamente suicidando. Mi spiace che i suoi familiari e gli amici più cari non sono riusciti a salvarla, mi lascia un senso di impotenza e mi spezza il cuore.
    Ma forse a Dio serviva una cantante e si è preso la migliore.
    Riposa in pace anima fragile.

  3. Giancarlo Tirelli ha detto:

    Pensavo ce l’avrebbe fatta e invece se n’è andata. Passeranno molti anni prima di trovare un altro talento dello stesso spessore. Bell’articolo comunque.

  4. Fiora ha detto:

    chissa se il talento è direttamente o inversamente proprzionale alla quantità e tipologia di sostanze? penso a tutti quelli che avete nominato , ma anche a Pantani e a Maradona…
    comunque ciao piccola grandissima Amy!

  5. Francesco ha detto:

    Mi pare che la droga e le soatenze distruggano il talento e non che lo aiutino. Senza droghe Maradona, Pantani, Amy sarebbero durati molto di più.

  6. Fiora ha detto:

    @5 era una domanda retorica e la tua risposta era quel che volevo leggere Francesco!
    non t’inganni il mio saluto di commiato all’ artista morta prematuramente.
    Una tossica grande o una grande tossica? Per me il talento non sdogana certi eccessi e come dici giustamente gli eccessi lo annientano…
    L’apologia di certi stili di vita non è nelle mie corde.

  7. Alessio Raccagni ha detto:

    Giusto per precisare e non per fare polemiche, la causa della morte è stata attribuita all’abuso di alcool, non di droghe.

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