2 Luglio 2011

Profughi in Fvg, l’inchiesta di Sabina Capone

di Sabina Capone

Tutti i figli ancora piccoli, tranne la prima di 12 anni, vengono caricati sull’ultimo treno per i profughi. Destinazione: lontano dal fronte. Le bombe dilaniano le case e i civili sono in pericolo. Un saluto frettoloso. Lacrime. I piccoli profughi partono da soli, affidati alla sorella più grande. Il treno viene bombardato. Solo dopo molti mesi i genitori sanno che i figli sono vivi.

E’ una storia della prima guerra mondiale. I bambini erano friulani.

Visitando i profughi che stanno arrivando dalla Libia, qualcuno se la potrebbe ricordare. Sono qui da due mesi e nessuno sa nulla. Forse da oggi non si potrà più tenerli nascosti. Su un quotidiano locale è stata pubblicata la notizia della morte di uno di loro, un ragazzo nigeriano annegato in un torrente nei pressi dell’albergo dove era ospite assieme ad altri 30 compagni, come previsto dal Piano nazionale di accoglienza.
La Libia era solo una tappa del viaggio. Sudan, Congo, Mali, Somalia, Eritrea, Ghana alcune delle provenienze.

Dopo lo scoppio della guerra in migliaia hanno invaso Lampedusa e la diaspora non si ferma. Mentre la primavera araba avanza verso un’estate infuocata, gli sbarchi continuano. Solo il 12 aprile scorso il Governo italiano decide di varare un Piano per l’accoglienza dei migranti affidandolo alla Protezione Civile. Riunisce i rappresentanti delle regioni per fronteggiare l’emergenza. In rappresentanza della Regione Friuli Venezia Giulia non si è presentato nessuno. Anche che il tavolo di lavoro basato sul coinvolgimento dei soggetti istituzionali qui in FVG è ben poco frequentato, anzi in questo momento ufficialmente non c’è, nonostante i profughi siano già più di 300 e regni il caos.

Il Piano per l’accoglienza.
Il Piano nazionale prevede una particolare modalità di distribuzione sul territorio, altrimenti si rischierebbe il collasso di una zona del Paese. E’ “dimensionato” sul numero massimo di 50.000 profughi da destinare verso tutte le regioni italiane, Abruzzo escluso a causa dei problemi legati al terremoto. La Regione Friuli Venezia Giulia dovrebbe accogliere un numero massimo di 1057 persone. La distribuzione deve essere “equa” e la quota parte si chiama “fattore d”, calcolato in riferimento alla popolazione residente nelle diverse Regioni. Il documento non ha altri suggerimenti operativi degni di nota. Se non ribadire che sull’assistenza valgono le norme internazionali e che anche le Regioni dovrebbero dotarsi di un Piano.

Dal Piano alla realtà.
Quando si cerca di ricostruire quanto sta avvenendo realmente in questi giorni in Fvg, il fattore “d” perde tutta la sua ipotetica scientificità e va a farsi benedire: in questa regione si concretizza da più di due mesi nello smistamento dei profughi africani negli alberghi, senza progetti o convenzioni che regolino questa pratica. Gruppi di trenta persone finiscono in hotel situati per lo più in piccoli paesi. Il risultato finale, quindi, non è più l’equa distribuzione. A Lusevera, sperduto paese di montagna, è quasi un confino.
I soggetti attuatori di questo impalpabile Piano regionale sono due: la Protezione civile che individua le strutture e la Prefettura di Trieste che gestisce permanenza dei profughi di guerra.
Dalla sala operativa della Protezione civile partono i fax alla ricerca degli alberghi disponibili. La struttura, se interessata, invia la conferma e quindi arrivano le prenotazioni. Dopo alcuni giorni arrivano anche i profughi. A questo punto interviene la Prefettura di Trieste che gestisce gli spostamenti. Presso l’ufficio immigrazione è stata organizzata una struttura di supporto che fa del suo meglio ma sta scoppiando. La gestione è complicata: chi deve individuare le strutture di accoglienza e chi deve poi gestire l’arrivo e la permanenza, sono tenuti rigorosamente separati. Non c’è una programmazione da parte della Regione. E’ impossibile sapere quali siano i criteri adottati per la scelta delle strutture e chi siano i soggetti preposti all’accompagnamento e all’assistenza dei migranti. L’impressione che se ne ricava è quella di un caos organizzato in cui manca il coinvolgimento degli operatori. Sindaci, associazioni, forze dell’ordine non vengono coordinate. Anzi, spesso non sono al corrente.
I sindaci fino ad ora sono stati sistematicamente esclusi dall’operazione profughi. Quello di Cervignano (Ud) ha saputo dell’arrivo di un gruppo di somali solo la sera prima e non è stato avvisato quando, dopo circa venti giorni, sono stati trasferiti. A Nimis, a Manzano, a Remanzacco, tutti in provincia di Udine, dove in alberghi locali sono ospitati altri profughi, le cose non sono andate diversamente con gli amministratori, sempre avvisati all’ultimo istante o a cose fatte. Ma questo sembra far parte del “gioco” che vede nella sistemazione presso gli alberghi il nodo centrale dell’intervento regionale. Così si sono volute evitare polemiche e resistenze. La Protezione civile regionale gestisce la partita delle strutture ma il Direttore non si sbilancia perché il vero soggetto attuatore – dice – è l’Assessore regionale alla Protezione civile. Per quanto riguarda il Piano regionale non si può consultare. Se qualcuno pensa di trovarlo sul sito internet della Regione FVG è un povero illuso non un normale cittadino. Con l’Assessore regionale non si riesce a parlare.

Albergatori e profughi.
Le strutture disponibili fino ad ora sono 25. 18 in provincia di Udine, 2 in quella di Trieste e 4 nel pordenonese. In provincia di Gorizia si è utilizzato il Cara (Centro per assistenza richiedenti asilo) di Gradisca. Il punto delle sistemazioni è estremamente delicato per il costo finanziario e per quello umano. Per quanto riguarda il primo, detto in termini crudi ma efficaci, ogni migrante “vale” fino a 40 euro, sia per il Ministero che per gli albergatori. Per quanto riguarda il secondo aspetto, i costi potrebbero rivelarsi molto più alti.
La ricerca dei profughi nascosti negli alberghi della Regione dà risultati, per così dire, omogenei e due dati saltano agli occhi. La Protezione civile ha praticamente “affidato” agli albergatori i profughi di guerra, con tutte le difficoltà che questo comporta. I compiti “extra” degli albergatori vanno dall’acquisto delle medicine in farmacia, all’organizzazione di attività per l’integrazione, al trasporto al pronto soccorso. Gli albergatori sono in genere molto generosi. Si preoccupano. Si sentono, da buoni cittadini, responsabili. Ma non sarebbe compito loro.
Il secondo aspetto riguarda i soldi. Nessuno fino ad ora ha incassato neppure un euro dal Governo, dopo oltre un mese di permanenza in alcuni casi anche di 20 o 30 ospiti. Un albergatore racconta di aver telefonato in Prefettura per poter ottenere la garanzia per un fido di 15 mila euro. Altrimenti non sapeva come mettere insieme il pranzo e la cena per i ragazzi. Un altro ha chiesto un prestito all’assessore comunale all’assistenza per comprare le medicine. E se andrà avanti così non potrà pagare le bollette di acqua e gas.
All’albergo Natisone a Manzano 25 ragazzi sono lì dal 28 maggio. Se ne stanno seduti dietro l’hotel per non dare nell’occhio. Molti sono originari del Mali ed è proprio uno di loro a fare da portavoce. Sono contenti di incontrare qualcuno che si interessa a loro. “I problemi sono tanti – spiega in francese – ma non poter comunicare con le famiglie è un grande dolore” e si asciuga gli occhi dalle lacrime.
I ragazzi sono praticamente abbandonati a se stessi ed anche andarsene in giro per il paese potrebbe non essere la cosa migliore. Il titolare così ha messo un timbro dell’albergo su un foglio identificativo che portano con sé. Se qualcuno li ferma possono far vedere quel timbro e così la gente si tranquillizza. A Nimis (Ud) sono 31 i profughi ospitati all’Hotel “Al Trieste” e la situazione è identica. Non si è visto quasi nessuno. Mi dicono che il titolare dell’albergo ha accompagnato alcuni di loro in farmacia. A Remanzacco (Ud) i ragazzi e le ragazze sono tutti somali e molto giovani. Se ne stanno anche loro seduti sui gradini fuori dall’albergo. Hanno fatto amicizia con i figli del titolare che gli stanno continuamente intorno, curiosi della loro lingua. “Come ti chiami?” Dice in somalo uno dei ragazzi. Il bambino risponde veloce il suo nome. “Come mi chiamo?”, lo incalza scherzosamente e il bimbo senza lasciarlo finire risponde “Roberto Baggio!”. Così si fa chiamare. E’ più facile sentirsi meno profugo.
L’ANCI fa sapere che l’Assessore regionale alla Protezione civile Luca Ciriani dopo due mesi ha annunciato l’intenzione di chiedere alla Prefettura di Trieste che convochi un tavolo con sindaci, Regione e associazioni di volontariato. Alcuni sindaci presenti all’incontro sostengono che l’Assessore voglia sottoscrivere convenzioni con le Caritas diocesane per l’individuazione di strutture alternative agli alberghi. L’aspetto “strutture ospitanti” tiene banco. E’ inevitabile pensare che sia anche una questione di business. Forse le Caritas riescono a fare un prezzo concorrenziale. La proposta sembra non essere gradita ai sindaci che si sentono tagliati fuori, nonostante siano proprio loro a rispondere in prima persona ai cittadini e a conoscere i loro paesi. Se lo scopo principale è non allarmare la popolazione, il risultato però è che, per fortuna, la popolazione si sta dando da fare e sostituisce come può le istituzioni. Il “Piano che non c’è” per ora funziona solo a vantaggio di una Giunta regionale che deve fare i conti con la Lega Nord e con la propria rielezione. I profughi non devono essere un problema.

Sabina Capone

Tag: , .

4 commenti a Profughi in Fvg, l’inchiesta di Sabina Capone

  1. Tergestin ha detto:

    Grazie Sabina.
    Un ottimo articolo.

  2. Paolo Geri ha detto:

    Mi complimento anch’ io per la chiarezza dell’ articolo. Una solka annotazione:

    “Per quanto riguarda il Piano regionale non si può consultare.”

    Mi risulta sia un atto pubblico e come tale DEVE essere a disposizione di qualsiasi cittadino. Si faccia un esposto alla Procura della Repubblica competente per territorio.

  3. sergio ha detto:

    io mi domando quanto tempo resteranno negli alberghi?, lo stato già fortemente in deficit potrà pagare il loro mantenimento?, con il 30% di disoccupazione in Italia dove troveranno lavoro? quando finiranno gli sbarchi? che secondo me andranno avanti anni, ma pare che qu’ nessuno lo capisca, chi manterrà tutte queste persone?

  4. alpino ha detto:

    La UE prima o poi a tranches pagherà quanto promesso, il mio unico dibbio è che gli albergatori se la prenderanno in quel posto con i dovuti rimborsi….

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *