22 Giugno 2011

Pane, olio e terrano per ripensare l’individuo e gli spazi da liberare

All’interno della manifestazione Impazzire si può che inizia mercoledì 22 giugno al Parco di San Giovanni, Kant machine presenterà una performance chiamata Panopticon. Attirato da un progetto che abbina suggestioni filosofiche ad assaggi di olio, pane e terrano, sono andato a intervistare Leo Kopacin e Alessandro Rinaldi, le menti di questa operazione. Li incontro mentre stanno allestendo le sale dove Panopticon avrà luogo.

Immagine dalla performance Panopticon

Kant machine ha un bel sito web, ma devo ammettere che non è facile capire che cosa propone, o che cosa sarà Panopticon. Chi mi spiega bene cosa fate?

Alessandro – Io e Leo lavoriamo a vari progetti in diversi ambiti, e tra questi la formazione. Siamo stati partner con realtà molto diverse: da Area Science Park all’Azienda per i Servizi Sanitari, da Wärtsila alla cantina Zidarich. Il taglio che diamo alla formazione è molto particolare, e punta a bilanciare produttività e condivisione di spazi e idee.
Leo – Poi ci sono progetti più direttamente artistici, legati a installazioni e performance. Per finire, Kant machine, è lo spazio in cui organizziamo la riflessione su tutto ciò che stiamo facendo. Kant machine è nato 18 mesi fa e si presenta al pubblico per la prima volta proprio con Panopticon. I tempi lunghi sono essenziali per il pensiero!

Vediamo se ho capito: Kant machine produce e distribuisce pensiero, e Panopticon è uno di questi «prodotti di pensiero», il primo. Ma cosa c’è dentro?

Leo – Il Panopticon è una struttura architettonica ideata dal filosofo Jeremy Bentham per realizzare un carcere dove fosse possibile il controllo totale dei detenuti. Un’idea e uno scopo agghiaccianti, anche se il progetto ha una sua sinistra bellezza. Nel XX secolo è diventato l’emblema dei meccanismi di controllo totale…
Alessandro – Ed è sui meccanismi di controllo che incombono su di noi che vogliamo far riflettere, con una serie di suggestioni di tanti tipi diversi, chi parteciperà al Panopticon. Ci sono foto, quadri, video, frasi… è un lavoro che acquista senso come spazio di esperienza condivisa da parte di molte persone.

È quello che suggerite con frase «La convivialità è lo spazio», che avete piazzato sopra quella porta?

Alessandro – Convivialità è un concetto sviluppato da Ivan Illich, che ci ha influenzati molto. Diciamo che il nostro Panopticon  sarà uno spazio da condividere in senso ampio. Ci sono pane, vino [l’ottimo terrano di Zidarich Ndr] e olio, cibi e sapori da condividere; ma ci sono anche parti dell’installazione che si attiveranno solo con interventi volontari di singoli partecipanti, che influenzeranno l’esperienza di tutti i presenti in quello spazio.
Leo – Direi di più: Panopticon è predisposto per l’interazione e la fruizione comune, anche perché non propone strutture rigide di fruizione o gerarchie fra i vari media, e vuole sconfinare le tradizionali barriere che oppongono autore e fruitore dell’opera d’arte. Per questo diciamo che le persone parteciperanno a Panopticon!

Quindi, è un happening perché «avviene», ma è un’installazione perché abita in uno spazio; in più, ha bisogno del pubblico per prendere vita e forma, quindi è una performance partecipata… manca qualcosa?

Leo –
Aggiungiamo che avviene in un luogo altamente simbolico della città, che ora ambisce a essere territorio condiviso da varie comunità.
Alessandro – E questo è in linea con i nostri obiettivi. Poi dico che abbiamo voluto coinvolgere tutti i soggetti e le comunità con cui abbiamo lavorato finora…
Leo – E che puntiamo a stimolare non solo l’emozione, ma anche il senso critico…
Alessandro – Oserei dire il pensiero critico! Su un tema vitale, quale è quello dei controlli esercitati dalla società sull’individuo…

Pausa! Detta così sembra un progetto davvero enorme…

Alessandro – Lo è, nel senso che ci stiamo lavorando da 18 mesi; e non lo è, nel senso che è un’evoluzione naturale del modo di pensare e di agire in Kant machine. C’è dentro tutto quello che pensiamo e facciamo. È l’estensione della filosofia con cui faccio formazione in vari campi all’ambito dell’arte contemporanea.
Leo – E rispecchia il modo in cui io penso all’opera d’arte contemporanea. Sintetizzerei così: pensiamo a far interagire comunità, territori e contesti con un’estetica olistica e partecipata.

Parlando di comunità che interagiscono, che mi dite, voi che non siete triestini, della situazione locale?

Alessandro – Trieste ha un sacco di forze e microforze molto attive, spesso vulcaniche, ma manca la capacità di coordinarle e trasformarle appunto in comunità. Pensare in questi termini è una condizione necessaria per non vedere frustrate tante risorse e tante capacità… C’è bisogno di nuovi prioject manager, capaci di gestire il lato economico assieme a quello umano delle risorse locali.
Leo – Incontro un sacco di triestini in giro per il mondo, e sono tutti persone ricche di risorse, che pur avendo nostalgia non riescono a tornare qui per realizzare i loro sogni. Chissà… forse è una specie di dispositivo panottico a frustrare le loro capacità! Prenderne coscienza sarebbe il primo passo per imparare a resistervi…

Panopticon verrà inaugurato il 23 giugno presso lo Spazio Rosa, nel Parco Culturale di San Giovanni e vi resterà fino al 1° luglio 2011.

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4 commenti a Pane, olio e terrano per ripensare l’individuo e gli spazi da liberare

  1. Paolo Stanese ha detto:

    Nota: prima di pubblicare le interviste presento il testo agli intervistati, per concordare eventuali modifiche.
    Questa volta ho pubblicato l’articolo prima di ricevere una risposta con l’ok o correzioni al testo da parte di Leo o Alessandro, dato che «Panopticon» comincia domani.
    Mi auguro di non aver frainteso le loro parole, e resto disponibile per eventuali modifiche al testo.
    E mi auguro di vedervi all’inaugurazione!

  2. nicola gaiarin ha detto:

    Ciao Paolo, bella intervista, ci vedremo senz’altro stasera…

  3. Pierluigi Totaro ha detto:

    Bella intervista Paolo!
    Oggi purtroppo non riusciro’ ad essere presente all’inaugurazione di questo progetto, ma sicuramente partecipero’ nelle prossime settimane. E non solo per il terrano!

  4. Paolo Stanese ha detto:

    Nicola, sarà un piacere rivederti. A dopo.
    Pierluigi, sappiamo che hai ben altro da fare!
    Ma non è bella l’intervista, è bello il progetto…

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