21 Giugno 2011

Il consigliere Faraguna: “Dio no xé Furlanič, se non paga oggi, paga domanič”

Il consigliere Pietro Faraguna ha pubblicato sul proprio blog il suo pensiero sull’elezione di Iztok Furlanič a Presidente del Consiglio comunale.
“Il punto più delicato è senz’altro un non troppo velato profilo titoista che traspare dalla sua militanza politica. C’è una collezione di affermazioni sul passato truce della nostra città che né la città di ieri, né quella di oggi, né quella di domani accetterebbero mai (stanziare più di un milione di euro per riesumare i cadavere delle foibe e contarli; aderire al gruppo Trst je naš su Fb; «la giornata del ricordo è diventata la giornata della propaganda fascista»). Questa collezione certamente ci distingue nettamente, ed è giusto così (altrimenti potevo candidarmi con la FS). Sono posizioni che, ciononostante, qualora siano espressione di chi ha raccolto voti sufficienti per sedere nel Consiglio, è giusto che trovino voce.”
“A Iztok Furlanič è stato però chiesto, nel momento stesso in cui la maggioranza lo ha unitariamente proposto alla Presidenza, di rinunciare – evidentemente – ad alcuni degli elementi caratterizzanti la sua precedente presenza nel Consiglio comunale: non è pensabile un Presidente che si butta nell’agone politico con affermazioni di stampo titoista; non un Presidente che si presenti in aula vestito da Cow Boy (casomai, ve ne fosse bisogno, mi sono già offerto di sostituirlo in tali performance).
Lui ha accettato questa rinuncia. Al suo posto non so se l’avrei fatto.
Che non sia questo un ulteriore segnale di sotterramento del peggior ’900 di questa città? Domani (in senso figurato), ce lo diremo, ce lo direte, sulla base del Presidente che sarà stato. Io mi impegnerò – per quel che possa contare – a far sì che questo sia un gesto di inclusione, fondato sulla base di una comune visione futura, e non lo sconto politico alla riproposizione di schemi, recriminazioni e linguaggi che appartengono ineluttabilmente al passato. Dio no xé Furlanič, se no paga oggi, paga domanič.”

Qui l’intervento completo.

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274 commenti a Il consigliere Faraguna: “Dio no xé Furlanič, se non paga oggi, paga domanič”

  1. aldo ha detto:

    Il problema non è il passato, ma il futuro:

    Furlanic-Patuanelli 23-3

    Vidali-Polidori 15-2

    L’elezione dei presidenti sloveni dei consigli comunale e provinciale è segnata dalla presenza dei famosi numeri 23 e 2.
    Cosa può significare e quali saranno le conseguenze?

  2. aldič ha detto:

    largo ai giovani!! ora e sempre resistenza!

  3. aldič ha detto:

    finalmente se podera dir dober dan

  4. alpino ha detto:

    sa che roba

  5. digei ha detto:

    beh spero ceh tutto sto casin no sia solo per poder dir dober dan xkè alora saria davvero triste..
    spero piuttosto che el gabi ben altro de dir che non tutto quel che xe sta ampiamente ricordà in sti giorni…
    Adesso i lga la bala in mal, vedemo che zogo che i fa!

  6. effebi ha detto:

    “….un non troppo velato profilo titoista”

    fraguna…fraguna… “ma come parli… ma come parli… !!!!”

  7. effebi ha detto:

    scooooop !!!!

    faraguna ci racconta che:
    “A Iztok Furlanič è stato però chiesto… di rinunciare ad alcuni degli elementi caratterizzanti la sua precedente presenza nel Consiglio comunale….”

    NOOOOOO !! paolo geri ! paolo geri !!! hai sentito !? tradimento !!!!

  8. effebi ha detto:

    FARAGUNA: “…non è pensabile un Presidente che si butta nell’agone politico con affermazioni di stampo titoista…”

    beh, bastava non eleggerlo… 🙂

  9. effebi ha detto:

    poesia:

    Ma che
    coerenza
    nel nuovo
    che avanza….

  10. pierpaolo ha detto:

    che figure de beduini!

  11. Luigi (veneziano) ha detto:

    Dai verbali del consiglio comunale del 1 maggio 2012:

    Presidente: “Dichiaro aperta la seduta. La parola al sindaco”

    Cosolini: “Cari amici, oggi è la festa dei lavoratori…”

    Vocina in sottofondo: “Zivio Tito!”

    Cosolini: “Chi xe sta?”

    Voci dalla maggioranza: “Noi no!” “No ste vardar de qua” “Mi no jero”

    Voci dalla minoranza: “Cossa gavè da guardar qua?” “Muli, ma semo mati?”

    Cosolini: “Signor presidente…”

    Furlanic: “Me xe vegnù dal cuor, ma giuro che xe l’ultimo!” Sottovoce: “Mona che te son! Go de pensarle, ma no dirle più!”

    L.

  12. ufo ha detto:

    @5 digei, xe triste. In provincia solo per cavar el divieto de dir doberdan ghe ga voludo una ventina de sedute – perchè quei che desso disi de no eser estremisti iera pezo che contrari, i iera cole bave ala boca.

  13. digei ha detto:

    penso che cambierò città e paese, qua passa i anni ma no cambia niente neanche con le nuove generazioni… xe davvero triste

  14. Tergestin ha detto:

    Scuseme, me son perso. No che me stupiria, ma ghe iera veramente un divieto del genere?

  15. ufo ha detto:

    Per dirla semplice el novo statuto del 2010 e el corispondente regolamento del consiglio per la prima volta i ameti la facoltà de intervenir e presentar atti in sloven, mentre prima la facoltà no ghe iera e chi provava farlo, anca solo per dir dober večer, vigniva amonido a colpi de regolamento. No ghe iera una frase che la disesi ‘no, per zakaj no se pol‘ esplicitamente, ma in sostanza iera vietado, e il divieto vigniva aplicado.

    Nianca dir che se ghe xe volude ore e ore ( e getoni de presenza) per aprovar quel statuto – proprio per via de quel par de frasi che lasciava che i consilieri i parli come che i magna. I nobili rappresentanti della metropoli mitteleuropea e cosmopolita (savè de chi che sto parlando) i ga dà spetacolo ala grande meritandose una reputazion de nani e balerine (che no volessi dir de più per no far star in pensier la redazion). Spetacolo, disevo, che gavemo podù gustarse puntata per puntata sul Primorski. Me dispiasi per voialtri, che el Picolo ga in qualche modo deciso che no gavè bisogno de eser mesi al corente, e se gà limitado a dir che Tizio xe interveniudo e Caio ga protestado, taiandove fora dele parti più divertenti. Ma se sà, ogni tanto anca qua vien fora qualchidun a dir che xe l’inglese l’unica lingua che pol servir…

  16. Fiora ha detto:

    @15 ” Vien fora qualchedun a dir che xe l’inglese xè l’unica lingua che pol servir…” Per ‘ndar pel mondo, Ufo!
    a meno che sto microcosmo ‘ndove se combati all’ultimo sangue per supremazie da pollaio, no sia el tuo solo mondo, Ufo!

  17. ufo ha detto:

    Sure as hell! And to be true, I’ve always lived with the suspicion that my poor knowledge of English and other foreign languages is due to my early exposure to the mothertongue. Had our self-declared ‘not extremists’ prevailed sixty years ago I’d have avoided that ugly destiny limiting myself to the one language only, which everybody knows is the fastest way to learn another one, or so I guess.

    E come che go dito in un altro comento tempo fà, saver l’inglese el xe sicuramente utile per baratar calze de nailon in Ukraina, ma saver sloven a Trieste servi per no farse cior pel fioco dale strane scelte editoriali de un dei due giornali dela ‘metropoli’. Ancora no i gà avù el coragio de scriver cos’che i ga trovà in fondo ala famosa foiba che el Lacota el se gavevà inventà do ani fà, vero?

    Mondo xe largo. Qualchidun sa de un corso de cinese a prezo ragionevole? Gratis cora meio… Gà l’aria che servirà più prima che dopo.

  18. Fiora ha detto:

    promosso ufo .Te credevo …on the word sa?! 🙂
    semplicemente mi no me capacito de certe alzade de testa a sfondo linguistico tanto per sotolinear diversità e supposte superiorità gli uni sui altri.
    Quanto al vender calze col scopo in Ucraina, i me disi che basta el slang napoletan muto…A MOTI!

  19. maja ha detto:

    come xe qua, ciò? perfin per uai parlè deso. vardè che semo pur sempre in italia, savè?
    ocio, che una levada de capo linguistica ne ve la cava nisun.

  20. Fiora ha detto:

    maestraaaa! ga comncià prima lu’, eco! 🙂 🙂 🙂

  21. ukmar stefano ha detto:

    Il 13 maggio 1945 usciva il primo numero del Primorski dnevnik. In prima pagina il titolo era ” La liberazione di Trieste”.
    Seguiva poi un’ intervista col generale Arso Jovanovic, comandante in capo della 4. armata jugoslava che condusse tutte le operazioni militari che portarono l’ esercito jugoslavo a Trieste. Una parte dei residenti, anche molti italiani, videro nell’ esercito jugoslavo i liberatori dai nazifascisti; mentre la maggioranza la pensava diversamente. Non poteva essere diversamente e su questi fatti si fonda la memoria di ognuno di noi che tutti dobbiamo rispettare.
    All’ ultima domanda dell’ intervistatore,ovviamente di regime, il generale Jovanovic rispose: ” non vi è alcun dubbio che Trieste appartenga alla Jugoslavia, ma sino alla conferenza di pace trattasi solamente di territori occupati”. Persino nella testa di un militare, l’ aspetto giuridico della vicenda prevalse davanti al fattore politico e all’ evidente vittoria militare.
    Disse proprio così e Jovanovic rispondeva personalmente a Tito.
    Passati i 40 giorni l’ esercito alleato anche dell’ Italia, o sbaglio? abbandonò Trieste.
    La vera domanda però è un’ altra.
    Questi fatti possono ancora essere oggetto di diatriba politica ?
    Ma vi pare possibile che il centrodestra triestino, 66 anni dopo, riesca ad inscenare due ore di ignobile gazzarra in consiglio comunale.
    66 anni dopo ci fanno la figura dei residuati bellici, loro proprio loro che sostengono un presidente del consiglio vergognoso che sta provocando grave noncumento all’ Italia, ed un ministro che al posto della carta igienica usa la nostra bandiera.
    Non per niente una parte dei loro elettori hanno votato Cosolini.

  22. Tergestin ha detto:

    Mi digo sempre che certe polemiche no xe solo fruto dela otusita’ de alcuni politici. Xe anca ben calcolade.
    Se parla de quel e no se parla de tai al sociale, disocupazion e pensioni.
    Se parla de quel e cussi’ le solite associazioni e fondazioni domanda (ancora piu’) schei e porta altri voti sicuri.

    Mi no posso creder che la destra de Trieste cita’, no rivi a meterla in ordine gnanca Berlusconi e dopo in un tiro la se compatta per un Furlanič.

    Esempi base, pratici. Dopo ognidun de noi ga la sua storia, la sua formazion, le idee che se ga fato.

    Ma ricordemose sempre de zercar la luna co’ i ne mostra el dito, anca se qua no xe l’indice che i ne caza soto al naso.

  23. Piero Budinich ha detto:

    In Austria (e in parte anche in Germania) hanno deciso di voltare pagina sul passato nazista dopo il 1945. Non è stata una decisione felice e i sensi di colpa e i crimini rimossi sono ancora tutti lì. Aver vent’anni non regala abbastanza saggezza per decidere quando è arrivato il momento di liquidare la storia. Ascolta Keith Jarrett e capirai magari musicalmente che superare il passato è un processo lungo e faticoso!!!

  24. Pierpaolo ha detto:

    Tergestin

    Te son sempre piu teston, te se ga accorto che in sto post se discuti de Faraguna che disi che Furlanic doverà star zito e non dir piu monade?
    E te sa che Faraguna xe del PD?

  25. matteo ha detto:

    saver l’inglese mica servi dapertuto, te trovi anca deso chi no lo sa e no lo comprendi, no stemo parlar monade, solo chi no xe mai nda da nesuna parte no el sa

    parlar sloven no servi? solo un ignorante pol dir che no servi a gnente, te iuta a saver altre lingue slave e te iuta a comprender anche el tedesco con il neutro (che fa tanto problem ai taliani)

  26. maja ha detto:

    Intanto xe notizia de ogi che ieri un simpatico anonimo ga ciamà la redazion del primorski dnevnik minacciando furlanić de gambizzazion. Sarà sta Faraguna?

    A viver in sta città qualche volta me par de star in un libro de pinter.

  27. maja ha detto:

    (che svista… furlaniČ)

  28. Jasna ha detto:

    @25 matteo per curiosità in che modo il caso neutro dello sloveno ti aiuta col tedesco?
    Non ha mica un significato a parte come i verbi perfettivi e imperfettivi.

  29. Fiora ha detto:

    @25 ah pulito Matteo! desso te afermi l’insostenibile…tuti e per tuti intendo quei che ga un fià de scole, in giro pel mondo parla Inglese come seconda lingua!
    quei che no ga studià come per tuto parla solo la sua lingua!
    Quanto al neutro, no sarà pertinenza del LATIN? cossa gavemo de impararselo dei gnochi e dei slavi ‘desso dopo che ghe gavemo imparà a parlar noi a lori? Gabi pazienza,
    Mi riconosso pari dignità a popoli e idiomi…basta non tracimare dal pitale (vulgo, pissar fora del bucal!)

  30. Jasna ha detto:

    “ghe gavemo imparà a parlar noi a lori?”

    @29 Fiora ma sei glottologa? Dimmi su che libri hai studiato perché me li devo procurare

  31. maja ha detto:

    effettivamente… cosa vol dir sta affermazion?
    che prima dell’avvento del glorioso impero romano i altri iera tutti muti?
    chi di pital ferisce…

  32. ufo ha detto:

    @18 Ringrazio dela promozion, gentile maestrina dalla penna… rossa? Tricolore? Arcobaleno?

    Comunque xe vero che se pol girar el pianeta anca senza l’inglish, ma no tuti i xe bravi a farse capir a moti. No penso de ofender nisun disendo che ai popoli latini la manovra la ghe vien ssai più spontanea… Però in compenso ghe sarìa un moto che el disi che “govoriš li srbohrvatski, ume te cijeli svijet“, e ghe xe del vero, poso confermar. Ultima volta che iero Berlino con amici de parti nostre, sarà stà le quatro de note, ghe iera un mato che dopo gaverne vendù kebab (sai cocolo de parte sua eser verto nel ora del bisogno) el se ga meso a scoltarne e dopo un poco el xe veniù a sentarse con noi tuto contento disendone: “Jugoslaveni! Kako ste, drugovi?“. Niente de strano – se il mato fussi stà un dei tanti gastarbeiter rivadi su dei balcani; ma sentirselo dir de un cinese, e in mezo a un quartier de quatrocentomila turchi, un poco de impresion la fà. El mato no solo parlava ben, el ga pasà quasi un ora con noi a ciacolare dele vecie glorie del yugo basket (va ben, a quele ore no xe molti i argomenti de cui un xe in grado de discuter con inteligenza). Morale dela fiaba: remengo anca l’inglish. E Dalipagić no lo gà superà ancora nisun.

  33. matteo ha detto:

    Fiora

    qua se capisi quale razza de propaganda de destra te fa, sminuir i altri per esaltar una parte che piaxi

    a mi del latin frega na maza e frega na maza che iera i romani qua, mica quei xe quei de deso, no stemo butar in propaganda politica de destra

    gabi pazienza ma no te ga de insegnrame niente

    per quanto riguarda i riconoscimenti, un de destra no riconosci niente, el credi che la sua ”cultura” xe superiore ai altri e gnente altro

  34. Fiora ha detto:

    Questo no Maja, ma OGGETTIVAMENTE no resta gran traccia de capolavori dele tribù barbare tipo Galli, Britanni, Alani, Ungari,… rifarme a certi “pitali” de pregio e ampiezza universalmente e oggettivamente riconosudi, xè la sola risposta a chi, affetto da soggettive megalomanie debordi dal proprio , rispettabile, ma in ogni senso angusto bucalin!
    No son faziosa e detesto ste diatribe anche se solo con argomenti de bar sport…. ma quando almeno dal mio punto de vista se esagera, le me scampa.
    Ufo e darghe un taio visto che ti e el morbìn innocuo sè do’ estranei?
    … La “maestra” nela circostanza iera Maja per significar che stavimo comportandose come do’ fioluzi…meno mal che ela ga capì!

  35. matteo ha detto:

    a si, el latin no ga proprio gnente de insegnar, casomai el greco ga de insegnar e el greco ga de insegnar al latin

  36. matteo ha detto:

    barbari? me vien de rider, te sa che barbaro no vol dir gnente altro che persona che parla un altra lingua e deriva dal greco, mica dal latin

    a parte che xe riconosu che in centro europa viveva una civilta antica molto progredida (piu dei tuoi romani), civilta perdude che no ga lascia tracia ma che risulta un mistero fitto, miga i romani iera i soli progredidi, prima dei romani ge iera altri molto ben piu antichi

    zerca disco di nerba

  37. Fiora ha detto:

    matteo mi go sempre pensà de mo e me xè sta confermà de “chi che sa”, che l’aggressività sotto sotto cela insicurezza e complessi de iferiorità…
    Ovviamente no parlo de aggressività individule in questo contesto, ma de etnia…
    bon per quanto me riguarda ,forte del mio “pedigree” etnico, pur patindo de un certo dualismo de identità, derivà dala nona cabiba (dito con rispettosa tenerezza!) e dal nono s’ciavo ( e dito anca cola massima rispettosa tenerezza dei veri triestini, che va de Pepi!) no go de ste ansie e te invito a depor le tue, almeno con mi, perché per mi Trieste xè bela perché la xè “a do teste”, come la mai bastanza rimpianta galina…

  38. Fiora ha detto:

    scoltè cocoli mi per sto mio dualismo etnico, me sento equidistante e soprattutto al desora de certe insinuazioni (@Maja) de far “propaganda politica de destra”.
    Per educazion e cultura go imparà i mosdi e i classici latini e ‘ Taliani e europei…me dispiasi che no me xè sta insegnà niente dei Sloveni…zerco de rifarme nel presente…ma no sarà che apprenderò gnente da chi sta infangando la mia cultura e quel che in giro pel mondo indistintamente xè riconossù al popolo Italiano…e che gnanca Berlusconi ghe la fa a demolir!
    Quindi rilegeve sti vostri insensadi atachi a chi che no ve taca in nissun modo , anca perché ga sangue mezo compagno del vostroe dimostrè maggior intelligenza e maturità con un passo indrio, per favor!

  39. Piero Budinich ha detto:

    Segnalo a chi vuol proseguire (tornare) sull’argomento, l’intervista a Furlanič sul Piccolo del 22/6: http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2011/06/22/news/furlanic-ho-la-mia-storia-ma-saro-il-garante-di-tutti-1.696788

  40. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Piero Budinich

    Dovresti sapere che l’Austria ha fatto i conti col nazismo… dimenticandolo, e facendosi dichiarare fin dal 1946 a Norimberga “primo paese aggredito dalla Germania”.

    Tanto che gli austriaci hanno tranquillamente eletto a presidente – e difeso a spada tratta – un ex ufficiale tedesco con parecchie ombre come Waldheim, e non hanno perseguito praticamente nessuno dei vari “operatori dello sterminio” che in nome del Terzo Reich hanno “lavorato” con le SS. Se tu leggi un qualsiasi libro di Simon Wiesenthal te ne puoi render conto adeguatamente.

    Agli altri vorrei dire che sono d’accordo nel sottolineare l’importanza dello sloveno per la fascia confinaria orientale del nostro paese, ma non esageriamo: non esiste la possibilità nemmeno lontanissimamente ipotetica di paragonarlo con l’inglese, in quanto ad utilità nel mondo del lavoro o anche semplicemente per i rapporti sociali fra persone di diversa nazionalità.

    Ma è vero quello che ho letto una volta, e cioè che gli sloveni hanno paura di sparire a causa dell’integrazione europea?

    L.

  41. chinaski ha detto:

    @luigi

    visto che l’altro thread e’ stato chiuso ti rispondo qua. per prima cosa riporto l’ invettiva completa di dante:

    Ahi serva Italia, di dolore ostello,
    nave sanza nocchiere in gran tempesta,
    non donna di province, ma bordello!
    Quell’anima gentil fu così presta,
    sol per lo dolce suon de la sua terra,
    di fare al cittadin suo quivi festa;
    e ora in te non stanno sanza guerra
    li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
    di quei ch’un muro e una fossa serra.
    Cerca, misera, intorno da le prode
    le tue marine, e poi ti guarda in seno,
    s’alcuna parte in te di pace gode.
    Che val perché ti racconciasse il freno
    Iustiniano, se la sella è vota?
    Sanz’esso fora la vergogna meno.
    Ahi gente che dovresti esser devota,
    e lasciar seder Cesare in la sella,
    se bene intendi ciò che Dio ti nota,
    guarda come esta fiera è fatta fella
    per non esser corretta da li sproni,
    poi che ponesti mano a la predella.
    O Alberto tedesco ch’abbandoni
    costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
    e dovresti inforcar li suoi arcioni,
    giusto giudicio da le stelle caggia
    sovra ‘l tuo sangue, e sia novo e aperto,
    tal che ‘l tuo successor temenza n’aggia!
    Ch’avete tu e ‘l tuo padre sofferto,
    per cupidigia di costà distretti,
    che ‘l giardin de lo ‘mperio sia diserto.
    Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
    Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
    color già tristi, e questi con sospetti!
    Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
    d’i tuoi gentili, e cura lor magagne;
    e vedrai Santafior com’è oscura!
    Vieni a veder la tua Roma che piagne
    vedova e sola, e dì e notte chiama:
    «Cesare mio, perché non m’accompagne?».
    Vieni a veder la gente quanto s’ama!
    e se nulla di noi pietà ti move,
    a vergognar ti vien de la tua fama.
    E se licito m’è, o sommo Giove
    che fosti in terra per noi crucifisso,
    son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
    O è preparazion che ne l’abisso
    del tuo consiglio fai per alcun bene
    in tutto de l’accorger nostro scisso?
    Ché le città d’Italia tutte piene
    son di tiranni, e un Marcel diventa
    ogne villan che parteggiando viene.
    Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
    di questa digression che non ti tocca,
    mercé del popol tuo che si argomenta.
    Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
    per non venir sanza consiglio a l’arco;
    ma il popol tuo l’ha in sommo de la bocca.
    Molti rifiutan lo comune incarco;
    ma il popol tuo solicito risponde
    sanza chiamare, e grida: «I’ mi sobbarco!».
    Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
    tu ricca, tu con pace, e tu con senno!
    S’io dico ‘l ver, l’effetto nol nasconde.
    Atene e Lacedemona, che fenno
    l’antiche leggi e furon sì civili,
    fecero al viver bene un picciol cenno
    verso di te, che fai tanto sottili
    provedimenti, ch’a mezzo novembre
    non giugne quel che tu d’ottobre fili.
    Quante volte, del tempo che rimembre,
    legge, moneta, officio e costume
    hai tu mutato e rinovate membre!
    E se ben ti ricordi e vedi lume,
    vedrai te somigliante a quella inferma
    che non può trovar posa in su le piume,
    ma con dar volta suo dolore scherma.

  42. Jasna ha detto:

    @39 “Sparire” in che senso?

    @32 Bella storia ufo! 🙂

    @Fiora Non era mia intenzione aggredirti e non so se tra le righe ti riferissi anche a me. Quando si comunica scrivendo spesso si corre il rischio di capirsi male, io la frase che ho citato l’ho presa sul serio (come quella sul fatto che non resta traccia di capolavori barbari, che non vedo cosa c’entri col discorso sulle lingue tra l’altro) e mi è sembrata una grossa stronzata. (Lo è anche dal punto di vista oggettivo cmq).

  43. chinaski ha detto:

    ecco, allora. come dicevo nell’ altro thread, dante credeva in un impero universale sulla terra come figura della gerusalemme celeste. la sua visione e’ perfettamente inscritta nell’ universo simbolico del medioevo. nell’ invettiva, dante rimproverava all’ imperatore di aver abbandonato l’ italia in balia delle sue guerre intestine. quindi, opinione personale eh, e’ improprio leggere i primi tre versi dell’ invettiva estrapolandoli dal contesto, e intrepretandoli alla luce di un orgoglio nazionale che all’ epoca non poteva esistere nei termini in cui lo si intende a partire dall’ ottocento.

    e d’altra parte nell’ ottocento tutte le nazioni si sono inventate una tradizione. il kilt scozzese, ad esempio, e’ stato inventato di sana pianta nell’ ‘700. http://it.wikipedia.org/wiki/Kilt

  44. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Certo, ma qui si discuteva non sulla “cosmogonia politica” di Dante, bensì sul fatto ch’egli individuasse un “qualcosa” che si potesse nomare “Italia”, abitata da “alcuni” che si potessero definire “italiani”. A petto di chi – nell’altro thread – affermò che l’Italia, gli italiani e la lingua italiana non esistessero, io continuo a dire – anche sulla scorta di Dante – che detti concetti erano ben presenti nella storia.

    @ Jasna
    “Sparire” nel senso di diluirsi nel mare magno dell’Europa fino a diventare in qualche modo impalpabili: il perenne problema sloveno di considerarsi piccoli di fronte a mondi troppo grandi attorno a sé.

    L.

  45. effebi ha detto:

    eeco che (inevitabilmente !?) piace prendere il largo per andare a pescare in foibe, supremazie linguistiche, fobie del centrodestra, difetti italci… pur di non rimanere sul molo a discutere del contenuto proposto dal post:
    Bacchettata (ironica, ma bacchettata) di un consigliere di centro sinistra al neo presidente del consiglio comunale (sempre di centrosinistra)

    stop, fine, tutto abbastanza semplice, con buona pace per tutti quelli pronti a usar vanghe per mettersi a scavare negli orti altrui… o peggio.

  46. chinaski ha detto:

    ma scusa luigi, che esistesse una penisola denominata italia e che i suoi abitanti venissero chiamati italiani, credo che nessuno lo abbia messo in dubbio. che esista una lingua italiana, e piu’ in generale un sistema linguistico italiano, nemmeno. il punto e’ che, con tutta la piu’ buona volonta’, noi non potremo mai sapere veramente come si autorappresentassero gli italiani nel 1300. lo stesso vale per tedeschi, francesi, serbi, sloveni, etc. etc. Tra l’ altro, come ha dimostrato Carlo Ginzburg (Il formaggio e i vermi, i Benandanti), fino alla controriforma le classi popolari avevano un proprio sistema simbolico in parte autonomo da quello delle classi dominanti, di cui sono rimaste pochissime testimonianze, ma di cui si puo’ trovare traccia leggendo i documenti ufficiali in un certo modo che adesso non sto qui a spiegare, perche’ e’ complicato.

    la questione della cosmogonia politica di dante e’ importante, perche’ se non si inquadrano i versi in quel contesto, si possono far passare interpretazioni completamente “misleading”, per non dir peggio.

    tutto questo pippone per dire che tirar fuori dante, la battaglia di kosovo polje, questo o quello, per giustificare o rivendicare confini che invece sono il prodotto soprattutto di guerre, rapine, razzie, e’ un’ operazione ideologica piuttosto pericolosa.

  47. matteo ha detto:

    fiora

    un pol eser de etnie diverse e odiar la sua esaltar una estranea, vedi globocnik

    per quanto riguarda el infangar la cultura, no me sembra che nisun gabi infangado nula, me sembra che se zerchi invece de sminuir una per esaltar un altra, che dopo la cultura xe de no sminuir una per esltar altre

    invece el discorso del italia nel mondo fa unpo come dir xe complica, dopo ovvio l’arte i romani el papa al mondo i se ricorda de altre robe che no xe proprio bele de dir, ovio che la destra esalta solo una roba

  48. matteo ha detto:

    luigi

    l’utilita del inglese xe bon per meterse d’acordo su una certa roba, ma e esisti un ma se a un cinese te ghe inizi a parlar in cinese questo el xe molto piu contento de ti e te fa affari migliori, non per altro ma xe meio far affari co se parla nela stessa lingua e principalmente parlar nela sua, perche el mondo xe fato de localismo e no de globalismo

  49. effebi ha detto:

    dice faraguna (non io o una camicia nera fascioirredentista italico-triestina):

    “…Il punto più delicato è senz’altro un non troppo velato profilo titoista che traspare dalla sua militanza politica. C’è una collezione di affermazioni sul passato truce della nostra città che né la città di ieri, né quella di oggi, né quella di domani accetterebbero mai…”

    “….non è pensabile un Presidente che si butta nell’agone politico con affermazioni di stampo titoista; non un Presidente che si presenti in aula vestito da Cow Boy. Lui ha accettato questa rinuncia. Al suo posto non so se l’avrei fatto…”
    ma…

    “A Iztok Furlanič è stato però chiesto, nel momento stesso in cui la maggioranza lo ha unitariamente proposto alla Presidenza, di rinunciare ad alcuni degli elementi caratterizzanti la sua precedente presenza nel Consiglio comunale…”

    Quindi se oggi Iztok è presidente significa che rinunciando ai suoi “elementi caratterizzanti” ha tradito innazituto il suo elettorato… che probabilmete proprio per quegli “elementi caratterizzanti” lo ha votato.

    (avviso ai miei “estimatori” – questo mio post non contiene insulti al popolo sloveno e alla sua lingua nè vuole essere l’esaltazione della romanità e della supremazia latina su quella slava… -speremo ben..)

  50. matteo ha detto:

    luigi

    per quanto riguarda quela de sparir xe proprio la clasica propaganda de destra che i tira fora per sminur il popolo sloven e de farlo veder come stupido

    solita propaganda de destra ridicola

  51. effebi ha detto:

    49 matteo (senza infastidirti) ma seondo te la destra è solo italiana ? l’italia è solo di destra ?

  52. effebi ha detto:

    e tu matteo, cosa sei ? italiano o che ? di destra ? di sinistra ? non allineato ?

  53. effebi ha detto:

    ….e faraguna cos’è ?

  54. matteo ha detto:

    ma effebi, se te se meti a scoltar quel che parla i politici?

    i parla il contrario del contrario de tuto e per lori xe infalibili, mi diria che i xe inefidabili, un politico no xe una persona miglior de mi

    per drila diretamente al pd, ma i pol lori parlar de tradir i suoi eletori? mi diria che i politici saria ora che i se svei

  55. asem ha detto:

    Secondo me, dato che hanno scelto uno sloveno, è ovvio che doveva essere un comunista. Penso che sia fidel che il nord coreano kim potrebbero venira a imparare tra la nomenclatura slovena a tenere la propria gente convintamente comunista anche in democrazia. iztok rapprsenta gli sloveni sul “litorale” , e gli sloveni sono ancora, quasi tutti, più o meno comunisti…pertanto la scelta di iztok mi sembra coerente con lo stereotipo predominante dello sloveno….speriamo solo che la sua nota intolleranza ideologica non scoppi nel momento meno opportuno.

  56. matteo ha detto:

    la mentalita de destra in italia la parti dal msi che savemo de dove la xe ndada a cior, la dc no saveria proprio se la xe stada mai destra anzi diria che no fa parte de un cristiano i valori de destra

    che poi la destra del msi che ciapa i valori dei anni 20 a sua volta la xe de sinistra perche tanti de cuei valori che sbandiera i xe asolutamente de sinistra e no de destra, quindi la destra no esisti perche xe solo un estremismo de sinistra, a sua volta la sinistra no esisti perche xe una contraposizion dela sinistra per dire che xe contrario a cuel e cuel altro

  57. Paolo Geri ha detto:

    44. effebi
    Eccomi qua ! Mi scuso per il ritardo 🙂

    Dici:
    “Bacchettata (ironica, ma bacchettata) di un consigliere di centro sinistra al neo presidente del consiglio comunale (sempre di centrosinistra)”

    Ti correggo:
    …..al neo presidente del consiglio comunale (di SINISTRA)”

    Stare insoieme in un’ alleanza basata – non dimentichiamolo – sul programma e non su identità di vedute su tutto non significa avere la stessa appartenenza politica. Il PD è (e si definisce)di centro-sinistra. La Federazione della Sinistra è (e si definisce) di sinistra e comunista. SEL si definisce di sinistra ma non comunista. Detto questo chi fa politica sa bene che se è incaricato di un ruolo “super partes” il suo comportamento concreto nel dirigere il Consiglio Comuanle deve essere consono a questo ruolo. Non certo le sue idee che rimangono un suo patrimonio politico privato. Mi spiego: come presidente Furlanic potrà anche commemmorare l’ ex consigliere comunale Almirante ma resterà altrettanto padrone di dire che è il 1 maggio 1945 il giorno della liberazione di Trieste.

  58. matteo ha detto:

    osa son mi, italian, efinir la nazionalita xe una cavolada, prima perche no servi, secondo perche xe una limitazion mentale, mi son perche esisto, altro no servi individuar, destra o sinistra o non alineato, bisogna definir cosa che se vol dir de destra o de sinistra o non alineato, prima se xe quela che sbandiera i pariti, se xe quela che sbandiera certe ideologie deviade, mi diria che uso el mio zervel, forse no sara el piu bon del mondo ma rivo a ragionar senza che qualchedun me inculci monade

  59. gropajaco ha detto:

    l’aggressività sotto sotto cela insicurezza e complessi de iferiorità…
    Ovviamente no parlo de aggressività individule in questo contesto, ma de etnia…
    ————-
    lol! provate ad applicare il concetto al 1939, 1941 :)))

    iztok furlanič e’ stato subito minacciato di gambizzazione dalla pacatezza di un non complessato. chissa’ se anche il non complessato considera lo sloveno una lingua “oscena ed antistorica” come qualche aspirante politico….

  60. matteo ha detto:

    faraguna xe un politico, i politici no ga ideologia o altro, i ideali, la ideologia e altro vien detai dal partito e i partiti no xe eterni inoltre se li cambia

  61. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski
    Quel che scrivi non è vero. Noi possiamo benissimo capire come si autorappresentavano gli italiani del 1300. Basta leggere ciò che scrivevano di sé. Lavoro già fatto dai nostri storici.

    E non è per nulla vero che non ci sono quelli che negano l’esistenza dell’Italia, degli Itlaiani e della lingua italiana prima dell’unità d’Italia: ce ne sono a bizzeffe, e ne abbiamo visti anche qua dentro.

    Ribadisco per l’ennesima volta che io non rivendico per nulla confini. E’ però una notazione chiarissimamente inscritta nella storia del mondo che Dante – ai suoi tempi – considerava che il confine orientale d’Italia (che lui chiama proprio così: Italia) sia l’Istria.

    @ matteo
    In Cina a scuola TUTTI imparano l’inglese. Quindi è più facile che fra noi e loro si parli in questa lingua, piuttosto che in cinese (lingua estremamente complessa, oltre a tutto).

    @ matteo
    In realtà, questa della “paura della sparizione” è una cosa che ho letto in un libro di un tedesco dedicato alla storia della Slovenia. Paura in qualche modo giustificata dal fatto che effettivamente la Slovenia ha subito un tentativo di “sparizione” da parte tedesco/italiana, e giustificata vieppiù per il fatto che per emergere come nazione autonoma ha dovuto fare a sportellate con i germanofoni per qualche secolo.

    @ Paolo Geri
    Voglio il video di Furlanic quando commemorerà Almirante!

    L.

  62. matteo ha detto:

    luigi

    conoso alcune mule che le ga fato universita per impararse el cinese, cosa forse no le sa che bisogna parlar solo inglese?

    che dopo se te ghe parli in inglese el xe contento ma se te ghe parli nela sua lingua xe stracontento, xe piu apreza un che parla nela lingua madre altrui che il contrario, no servi saver solo inglese, xe una barzeleta per i afari

    luigi

    questo lo ga dito un scritor tedesco, imagino che se mi scrivo un libro alora rapresenta el mondo intero, cavolata

  63. chinaski ha detto:

    @luigi

    quel che noi possiamo sapere e’ il modo in cui si autorappresentava solo un’ esigua minoranza di persone, tutte appartenenti all’ aristocrazia, al clero o alla borghesia nascente.

    per il resto, quando scrivi

    “E’ però una notazione chiarissimamente inscritta nella storia del mondo che Dante – ai suoi tempi – considerava che il confine orientale d’Italia (che lui chiama proprio così: Italia) sia l’Istria.”

    secondo me stai forzando il significato dei versi di dante.

    “Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,
    sì com’a Pola, presso del Carnaro
    ch’Italia chiude e suoi termini bagna,

    fanno i sepulcri tutt’il loco varo,
    così facevan quivi d’ogne parte,
    salvo che ‘l modo v’era più amaro;”

    dante non parla di “confine orientale d’ italia”, che e’ un’ espressione che rimanda ad un significato politico, ma dice, parlando del carnaro, “ch’Italia chiude e suoi termini bagna”, che e’ qualcosa di molto piu’ vago e sfumato, e ha piu’ a che fare con la geografia e il paesaggio.

    okay, altrove dante rilevava la presenza di comunita’, diciamo cosi’, italofone in istria (ma noi sappiamo che in istria c’era gia’ allora un bel miscuglio di lingue e culture).

    ma tutto questo non ha niente a che fare con la presunta idea dantesca che l’ italia fosse o dovesse essere un’ entita’ politica unitaria, da capo passero a monte maggiore o raba simile. infatti, come si legge chiaramente nei versi di dante, per dante l’ unica entita’ politica che avesse legittimita’ era l’ impero.

  64. Daniela Zacchigna ha detto:

    Siccome ieri hanno chiuso i commenti riguardanti il signor Furlanic.
    Permettetemi di replicare, dato che mi ha offesa non conoscendomi, al blogger DIMACO.

    Gentile ed educatissimo signore,
    meno male che non tutti gli sloveni sono nazionalisti come lei ed esiste ancora un pubblico di intelligenti con il quale rapportarsi. Le frasi e gli epiteti che lei da vero gentleman domacio mi ha rivolto, è pregato ri offrirli alla gentili donzelle che la stanno ad ascoltare.
    Io non ho offeso lei e lei non si permetta di giudicarmi, non conoscendomi ed i suoi commenti li tenga per chi le sta vicino.
    E poi, almeno io mi sono firmata con nome e cognome, lei non ha neppure il coraggio di uscire allo scoperto: appare facile inveire ed offendere, quando si è coperti da una cortina di fumo.
    Buona vita caro signore, si cucini nel suo brodo primordiale, almeno un neurone cerebrale io ce l’ho, lei ha il vuoto.

  65. Tergestin ha detto:

    Siora Zacchigna, ma lei la xe amica dela siora Franca C. Porfirio?

  66. Daniela Zacchigna ha detto:

    No, signor Tergestin.
    Se pure lei mi spara insulti, se li tenga per lei, perché ne ho fatto il pieno ieri.
    Se invece è solo a titolo informativo la saluto con cordialità 😉

  67. Sergio Cadorini ha detto:

    Ognuno dovrebbe conoscere tre lingue: la propria, l’inglese ed una lingua slava (per estendere la sua cittadinaza culturale a tutta l’Europa ed oltre: sono le chiavi per annettere con facilità altre lingue. (E noi che lo sloveno lo abbiamo già qua?)

  68. Paolo Geri ha detto:

    #61.Luigi (veneziano)

    Premesso che gli ex consiglieri comunali vengono commemorati quando muoiono, non certo ad ogni anniversario della morte, Almirante è stato (come Panella) “strumentalmente” consigliere comunale di Trieste per pochi mesi partecipando si e no a 3-4 sedute. E’ del tutto evidente che una richiesta di commemorarlo sarebbe del tutto strumentale. Inoltre non è il Presidente ad effettuare la commemorazione ma il consigliere che lo richiede. Iztok Furlanic lo autorizzerà e non uscira, ovviamente, dall’ aula. Ma nemmeno applaudirà. E te lo garantisco, visto che lo conosco molto bene.

  69. Daniela Zacchigna ha detto:

    Ma l’avete finita con tutti sti nazionalismi?
    Siete davvero patetici: non è importante la lingua che si parla, ma la persona..
    Basta con questi discorsi diamine, altrimenti siete peggio dei fscisti che tanto sputate.

  70. aldo ha detto:

    @67
    “ognuno dovrebbe conoscere tre lingue: la propria, l’inglese e una lingua slava”

    E se a me interessa lo spagnolo e il protoghese perchè vado in Sudamerica o il cinese e il giapponese perchè vado in Estremo Oriente e dell’inglese e delle lingue slave non me ne frega niente?

    La conoscenza delle lingue è in funzione degli interessi e dei progetti individuali e di quali civiltà uno è interessato a condividere.

  71. Daniela Zacchigna ha detto:

    Bravo Aldo 10 a zero.
    Finalmente uno che sa dire le cose.
    Ragionevolmente: uno impara la lingua che deve usare per lavoro, per rapportarsi con gli amici e non perchè è un dovere nazionalista.
    Basta con i discorsi: devi imparare lo slavo perché stai a cavallo del confine. Quale confine? Noi abitiamo in un’Europa unita?
    Uno parla la lingua che gli pare. Se mi dici devi imparare lo sloveno, allora sei fascista pure tu. Inutile tirare fuori discorsi vecchi e ritriti: cerchiamo di vivere uniti e da amici.
    Nel 1992 si uccisero tra fratelli che parlavano la stessa lingua per nazionalismo, non ce ne dimentichiamo.

  72. Jasna ha detto:

    @71 Nessuno deve imparare lo “slavo” semplicemente perché come lingua non esiste. Slavo non è sinonimo di sloveno come latino non è sinonimo di italiano.

  73. Daniela Zacchigna ha detto:

    Ecccooollla aspettavamo solo un’altra nazionalista e brava Jasna, meno male che c’è lei a chiarirci le menti.
    Senta una buona volta, basta con ste sottigliezze. Ho solo ribadito che andiamo daccordo senza inutili provocazioni, che ci vuole? Le viene un peso?
    Dai: italiani (taliani come dicono alcuni, sloveni (slavi come dicono altri) viviamo tutti sotto lo stesso tetto. Basta poco per essere amici …. ci metta un pò di impegno Jasna, poco poco 😉

  74. Tergestin ha detto:

    @ Paolo Geri

    Io non ho certo le stesse idee di Iztok, ma me ne sbatterei ampiamente le balle di commemorare un Almirante. Anzi, mi rifiuterei di farlo e stop. Se il giovine Iztok non applaude ma si mette a parlare di “memorie condivise” come va tanto di moda oggi, beh…rischia di prendere fischi da ambo le parti e forse meritatamente.

  75. Tergestin ha detto:

    @ Daniela Zacchigna

    Ma che gavessi dito Jasna de nazionalista? Dei su, legi almeno.

  76. maja ha detto:

    Ciò, sta qua xe de morir de rider.

    Sjora Cakinja, ha mai sentito parlare del meccanismo psicologico noto con il nome di “proiezione”?

  77. Fiora ha detto:

    @70 dici secondo me ,quasi bene, Aldo salvo per l’affermazione che andando in Estremo Oriente o in Sudamerica, dell’Inglese possa non fregarti.
    Se è vero com’è vero che Cinese , Spagnolo e Portoghese affiancano l’Inglese tra gli idiomi più parlati, va riconosciuto e ti assicuro con un certo fastidio da parte mia che sono afflitta da …anglonuora 🙂 (sssst!) che se un Cinese ,e mi sembra la barzelletta che inizia un cinese, un inglese..eccecc un Sudamericano un Italiano, un Tedesco, un Francese, un Russo e mi perdonino lorsignori,persino uno Sloveno, si mettessero a parlare tra di loro a meno che ognuno non si porti appresso l’interprete é IN INGLESE (ohimé!) che parlerebbero…
    Questo per dire che piaccia o non piaccia, L’ INGLESE novello esperanto o novello…LATINO con buona pace di chi contrapponeva tribù di seminalfabeti ai conquistatori di Roma! E anche se a Matteo “non frega una mazza” la memoria storica è utile. …E non limitatamente al beccarsi sull’identità di noi quattro gatti!
    Sto benedetto Inglese è la prima lingua da conoscere senza alcun dubbio e a prescindere dalle motivazioni. Affari ,ha detto qualcuno. Anche! Perché è vergognoso’? business is business! tradotto :s’ha da magnà!
    Quanto agli “interessi da condividere” ci stanno eccome, ma penso successivi alla parte pratica. Un aspetto importantissimo. E apprendere la lingua del paese avvicina più di qualsiasi lettura . Riuscire a ridere nello stesso modo , comprendendo l’umorismo di altri popoli per me è l’ultima tappa nella comprensione profonda.
    …ci riusciremo mai davvero, noi qui?

  78. Jasna ha detto:

    @73 Daniela invece di dare del lei a tutti per un finto rispetto formale, comincia a rispettarli sul serio evitando di tagliare le gambe a chiunque non ti da ragione.
    Se io sono nazionalista tu sei in topic.

  79. marko ha detto:

    @ 73
    argomentazioni a tutela dell’ignoranza oramai fuori moda nel 2011 si aggiorni signora dalla lingua romanza

  80. massimo p ha detto:

    io non ho mai capito a chi si riferisce quando uno dice slavi: pol esser che pensa agli abitanti della slovenia ma pol esser anche che intendeva quei della kamčatka..

  81. Tergestin ha detto:

    @ Fiora

    Per mi l’inglese xe ovvio e scontado da dover conosser e xe al-lu-ci-nan-te che in Italia ghe sia ancora una marea de under 40, magari anca con boni titoli de studio, che parla UNA sola lingua (la propria).

    L’inglese dovessi esser obbligatorio per un paese che vol progredir, ma no basta; ghe vol anca altre lingue e piu’ se ne parla e conossi e meio xe. Chiaro che per andar pel mondo, italian, sloven e croato messi insieme i servi a poco rispetto a inglese e a brevissimo, cinese.

    Ma a voi che vive’ sul litoral penso ve fazi piu’ comodo saver la lingua del vicino. Roba che in genere i madrelingua sloveni e croati i fa da sempre, quei italiani xe un fia’ in ritardo da questo punto de vista. Almeno un do’ parole xe giusto saverle co’ se va oltra confin, fa anca piazer ala gente veder che te provi a parlar nela sua lingua a prescinder dal risultato: questo go notado accadi in tuto el mondo.

  82. Fiora ha detto:

    Tergestin dio graziando a mi sto tuo giusto apunto no me toca, perché a costo de farli spanzar dele ridade, in Croato ghe la sbrodigo e in Sloven…me stago atrezando!

  83. Daniela Zacchigna ha detto:

    Gentile signora Maya,
    io non ho storpiano il suo nome.
    Veda lei di non storpiare il mio, perchè io non l’ho offesa.
    Possibile che voi slavi avete sempre il pepe sotto le chiappe?
    Eppure i veri sloveni sono altri, sono persone intelligenti e poco permalose.
    Tale risposta sta e va anche a Jasna.

  84. Jasna ha detto:

    @82 Peccato che non sono slovena Daniela, né slava.
    E il pepe sotto le chiappe lo avrai tu che sei entrata nella precedente discussione su Furlanic come il predicatore dei Blues Brothers cercando di dirimere la controversia. Questo sito vive di risse, sappilo.

  85. Tergestin ha detto:

    Ohi mularia, xe tornado el trans-irredentista. I utenti veci se lo ricordera’.
    Tra l’altro zonto un opinioncina un poco OT: anca per mi questa storia de far le persone signorili dando del lei ala gente su Internet e dopo insultarli piu’ o meno velatamente xe una cagada mostruosa.

  86. chinaski ha detto:

    dare del lei in rete e’ segno di aggressivita’, non di rispetto. e’ cosa risaputa.

  87. Paolo Geri ha detto:

    #74. Tergestin

    Non c’ è pericolo che Iztok si metta a parlare di “memorie condivise” (termine inventato da Violante nel suo “storico” incontro con Fini al Verdi di oltre un decennio fa e tanto amato da Stelio Spdaro). Nè lui, nè io, nè tanti altri crediamo in questa boiata pazzesca. Ognuno si tenga e tramandi la sua di “memoria”. Sarò “vetero- comunista” ma io con certi revisionismi storici non ho niente nè da spartire nè da condividere. E come ho già scritto, io sessant’ enne condivido molte delle affermazioni di Furlanic sulla storia delle nostre terre.

  88. marko ha detto:

    Ma perchè se la prende tanto, Danjela (#82)?
    Son sottigliezze, su.

    (Per il pepe al culo, la rimando nuovamente alla voce proiezione di wikipedia.)

  89. maja ha detto:

    (orpo, confusion de nick: quel de sora lo go mandado mi.)

  90. Fiora ha detto:

    ..e no, Paolo Geri! che ste memorie siano contrapposte ti posso dare ragione, ma che non siano condivise…,ognuno col suo quot di “contabilità”, credo inconfutabile.
    Come vedere lo stesso film. Ne verrà una versione differente, ma il film con tutto il suo carico di emozioni è sempre lo stesso.

  91. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Sono andato a rileggermi la decina di commenti danteschi che possiedo. L’interpretazione “letterale” del verso riferito a Pola è sempre la stessa: i confini d’Italia – per Dante – sono sul Carnaro.

    Nel Convivio (terza opera che cito), Dante afferma di “essere per le parti quasi tutte alle quali questa lingua [NB: l’italiano] si stende, peregrino quasi mendicante”. Aggiungendo poi d’essersi “quasi a tutti gli Italici appresentato”. Dante infatti non parla per sentito dire: per anni girò per lo stivale, proprio proprio per approfondire sul campo le sue conoscenze geografiche e linguistiche.

    Lui poi non è che “registri la presenza di comunità itaolofone in Istria”. Nel “De vulgari eloquentia” – da me già citato – descrive le varie parti d’Italia (notare bene: *d’Italia*, indicando le varie forme del volgare in esse parlate. Che piaccia o no, lui inserisce l’Istria in questo quadro, e la cosa è perfettamente coerente col passo della Commedia.

    Aggiungiamo poi un particolare.

    Nel 1933, il noto storico e linguista istriano Camillo De Franceschi pubblicò un suo studio su Dante e l’Istria, tirando fuori un documento per certi versi clamoroso: una sentenza del podestà di Parenzo Andrea Michiel contro un Matteo di Giovanni Cortese del 4 ottobre 1308, pronunciata “presentibus dominis Dante tuscano habitatore Parentii e Antonio Peio”. Questo documento clamoroso, non fece quindi che dare conferma ad una tradizione orale plurisecolare già registrata dal Kandler, per la quale effettivamente Dante passò per l’Istria, e visitò Pola.

    Riguardo alla “cosmogonia politica” di Dante, il fatto che lui prediligesse l’impero aveva a che fare con la sua concezione unitaria del creato, immagine dell’unico Dio cui tutto doveva confacersi. Un Dio in cielo, un imperatore in terra. E’ quindi il sentimento religioso che si traduce politicamente nella predilezione per l’impero. Ciò però non significa che lui non avesse ben chiara la distinzione fra i popoli e le lingue. Per i rapidi ma puntuali cenni da me riportati, mi pare d’aver dimostrato che Dante aveva perfetta contezza della concezione “geografica” dell’Italia, della concezione “unitaria” (non nel senso nazionalistico) degli “Italiani” e in ultimo, ma primo per importanza, del comune ceppo linguistico che come “cappello” sta sopra questa parte geografica del pianeta. Se rifletti un minimo sulle sue continue classificazioni e gerarchie, non poteva essere altrimenti: “e pluribus unum”.

    L.

  92. aldo ha detto:

    Ovvio che l’inglese dovrebbe essere insegnato (e bene, non come da noi) fin dall’asilo.

    Qui stiamo parlando di lingue utili, che è opportuno apprendere finito il ciclo di studi.

    Lo sloveno: un triestino che ha la casa in Slovenia, come Milic, o che vi trascorre molto tempo per altri motivi, sarebbe opportuno, per lui, che imparasse lo sloveno. Ma un triestino di lingua italiana, innamorato della musica, della samba e del modo di vivere brasilian o dei manga e della filosofia di vita giapponese, perchè dovrebbe imparare lo sloveno? Lo stesso vale per un cittadino della Slovenia con gli stessi interessi. Perchè dovrebbe imparare l’italiano?

    Nel mondo globalizzato, l’altro con cui meticciarsi culturalmente non è più imposto dal territorio in cui vivi, ma te lo scegli tu anche perchè non è più un problema economico. Costa di più andare in vacanza sulla costa croata che andare in Thailandia. O no?

  93. aldo ha detto:

    @77
    Fiora, io l’inglese lo parlicchio, ma, fuori dai paesi anglosassoni, serve solo per sopravvivere con i pochi che lo parlano per motivi di lavoro, nel caso non si parli la lingua del posto.
    Se uno parla lo spagnolo, il portoghese, il cinese o il giapponese, può benissimo prendere l’aereo, arrivare nei paesi dove si parlano queste lingue e starci senza spiccicare una parola d’inglese.
    Le lingue sono un mezzo, da utilizzare secondo gli scopi di ciascuno.

  94. danizale cachigna ha detto:

    aldo, perfettamente d’accordo. ci dev’essere la possibilità per ciascuno di imparare le lingue che crede. basta però che poi dopo non ci siano dei spiacevoli malintesi quando un italofono cozza contro il muro lingistico a skofije. ognuno è libero di parlare la lingua che crede e di usarla quando e dove vuole.

  95. chinaski ha detto:

    @luigi

    ma appunto, quando parlava di “italia” dante intendeva l’ italia come regione geografica. si rifaceva in questo alla geografia di strabone, ecc. ecc. credo che nessuno abbia mai messo in dubbio che il termine “italia” venisse usato fin dal tempo dei greci antichi, per indicare da principio la calabria, e poi via via tutto lo stivale fino a comprendere l’ intera regione subalpina (compresa la corsica, malta, l’istria, il canton ticino, nizza alcune valli della savoia). il passo in cui si nomina pola non parla di politica: parla appunto di paesaggi, di geografia, parla del rodano, parla del carnaro, dice che li’ si trovavano delle necropoli… dice: “come ad arli, dove sfocia il rodano, come a pola, lassu’ vicino al carnaro, dove termina l’ italia, i sepolcri tutto intorno fanno il luogo strano, cosi’ era la’, in quel girone dell’ inferno, ma molto peggio…”
    lo vedi che isolando quei versi, come fanno i nazionalisti che li ficcano dappertutto, non si capisce nemmeno di che cazzo stia parlando dante? presi cosi’, sembrano uno slogan della lega nazionale. a me questo modo di estrapolare i versi e cristallizzarli in slogan non mi piace.

    che dante sia stato in istria non mi sorprende per niente. pare sia stato anche nelle grotte del timavo, e nelle gole della tolminka nell’ alta valle dell’ isonzo/soča.

    quando dante parlava di lingue, individuava in europa tre ceppi: l’ hoc, l’ oil e il si’. si poneva poi il problema di trovare, tra le lingue del si’, una che fosse adatta allo sviluppo di una letteratura in volgare. l’ istriano non gli era parso adatto alla bisogna; quella che gli piaceva di piu’ era il siciliano. sinceramente non capisco dove sia il problema. dante dice che in istria si parlava (anche) una lingua che faceva parte del ceppo del si’. e grazie al cazzo, sai che scoperta. se poi facciamo il conto di tutte le lingue che si sono parlate in istria non la finiamo piu’, c’e’ persino l’ istrorumeno.

    ma tutto questo, scusa tanto, non offre nessun argomento per fare di dante un precursore del risorgimento e per retrodatare al 1300 il formarsi di una “identita’ nazionale” italiana. e men che meno per rivendicare l’ “italianita'” di una regione come l’istria, che e’ da secoli un guazzabuglio di lingue ed etnie.

  96. chinaski ha detto:

    aggiungo ancora una cosa: una delle maggiori intuizioni di dante riguarda l’ instabilita’ e la mutevolezza degli idiomi. a un certo punto, se non sbaglio, afferma che se i morti potessero tornare nella loro citta’ dopo mille anni, troverebbero la loro lingua talmente cambiata che apparirebbe loro come una lingua straniera.

  97. effebi ha detto:

    possibile che si parli.. parli.. parli… di lingue parlate (sloveno e italiano) anche su post (Faraguna-Furlanič) sdove questo non centra nulla !?
    mah… vedè voi…

  98. chinaski ha detto:

    effebi, io e luigi stiamo continuando qui una discussione che avevamo cominciato nell’ altro thread. comunque se parlando di dante ho infastidito qualcuno, me ne scuso e smetto subito.

  99. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    PREMESSA

    E’ difficile che Dante abbia sentito parlare l’istrorumeno in Istria, visto che i primi istrorumeni arrivarono nella regione a cavallo dei due secoli in cui egli visse. D’altro canto, sappiamo “per tabulas” che i popoli slavi all’epoca di Dante erano di fatto relegati nelle campagne istriane, e fra le campagne (si veda per esempio ciò che dispone il placito del Risano, che per quanto anteriore di qualche secolo risulta purtruttavia indicativo) venivano spediti nelle peggiori. Quando qualcuno del rango di Dante andava in Istria, è assai probabile che si invece recasse nelle città (e infatti le tracce della sua presenza sono fra Pola e Parenzo), ove – e questo è un dato indisputabile – la preminenza dell’uso delle lingue romanze fu costante fino al secondo dopoguerra.

    TUTTO CIO’ PREMESSO

    Il testo di riferimento in questo caso non è la Commedia, ma il “De vulgari eloquentia”. In detto testo, Dante spiega il perché e il percome: la sua idea non è semplicemente quella di stabilire che qua si parla l’oc, là si parla l’oil e là ancora il vattellapesca: egli si pone il problema di quale lingua volgare possa essere “illustre”, “cardinale”, “regale” e “curiale” (le quattro note parolette che al liceo ti facevano imparare a memoria), da utilizzarsi in Italia (e non nell’universo mondo!) assieme o al posto del latino.

    Per lui si tratta di lingua più nobile, giacché la si impara dalla propria madre, e TUTTI la parlano (ad eam non tantum viri sed etiam mulieres et parvuli nitantur).

    “Hec est nostra vera prima locutio”: è la nostra vera e prima lingua, dice Dante. Fino a qui, il “nostra” può essere intesa come “del genere umano”, ma poi (Capo VIII) iniziano le sue digressioni geografiche, ed ecco il punto da cui inizia ad indicare i “confini”:

    “Nam totum quod ab hostiis Danubii sive Meotidis paludibus usque ad fines occidentales Anglie Ytalorum Francorumque finibus et Oceano limitatur, solum unum obtinuit ydioma, licet postea per Sclavones, Ungaros, Teutonicos, Saxones, Anglicos et alias nationes quamplures fuerit per diversa vulgaria dirivatum, hoc solo fere omnibus in signum eiusdem principio remanente, quod quasi predicti omnes jo affermando respondent”.

    E ancora:

    “Totum vero quod in Europa restat ab istis, tertium tenuit ydioma, licet nunc tripharium videatur: nam alii oc, alii oil, alii sì affirmando locuntur, ut puta Yspani, Franci et Latini. Signum autem quod ab uno eodemque ydiomate istarum trium gentium progrediantur vulgaria, in promptu est, quia multa per eadem vocabula nominare videntur, ut Deum, celum, amorem, mare, terram, est, vivit, moritur, amat, alia fere omnia”.

    Continuando, con specifica indicazione della posizione geografica (e di conseguenza linguistica) dell’Italia:

    “Qui autem sì dicunt a predictis finibus orientalem tenent, videlicet usque ad promuntorium illud Ytalie qua sinus Adriatici maris incipit, et Siciliam”.

    E ancora più nello specifico:

    “Quare autem tripharie principali[ter] variatum sit, investigemus; et quare quelibet istarum variationum in se ipsa variatur, puta dextre Ytalie locutio ab ea que est sinistre (nam aliter Paduani et aliter Pisani locuntur); et quare vicinius habitantes adhuc discrepant in loquendo, ut Mediolanenses et Veronenses, Romani et Florentini, nec non convenientes in eodem genere gentis, ut Neapoletani et Caetani, Ravennates et Faventini, et, quod mirabilius est, sub eadem civilitate morantes, ut Bononienses Burgi Sancti Felicis et Bononienses Strate Maioris”.

    Ecco poi il passo principale, laddove l’Italia *geografica* si sovrappone all’Italia *linguistica*:

    “Dicimus ergo primo Latium (NB: “Latium” in questo caso significa “Italia”) bipartitum esse in dextrum et sinistrum. Si quis autem querat de linea dividente, breviter respondemus esse iugum Apenini, quod, ceu fistule culmen hinc inde ad diversa stillicidia grundat aquas, ad alterna hinc inde litora per ymbricia longa distillat, ut Lucanus in secundo describit: dextrum quoque latus Tyrenum mare grundatorium habet, levum vero in Adriaticum cadit. Et dextri regiones sunt Apulia, sed non tota, Roma, Ducatus, Tuscia et Ianuensis Marchia; sinistri autem pars Apulie, Marchia Anconitana, Romandiola, Lombardia, Marchia Trivisiana cum Venetiis. Forum Iulii vero et Ystria non nisi leve Ytalie esse possunt; nec insule Tyreni maris, videlicet Sicilia et Sardinia, non nisi dextre Ytalie sunt, vel ad dextram Ytaliam sociande”.

    Ad abundantiam, onde si possa togliere qualsiasi dubbio:

    “In utroque quidem duorum laterum, et hiis que secuntur ad ea, lingue hominum variantur: ut lingua Siculorum cum Apulis, Apulorum cum Romanis, Romanorum cum Spoletanis, horum cum Tuscis, Tuscorum cum Ianuensibus, Ianuensium cum Sardis; nec non Calabrorum cum Anconitanis, horum cum Romandiolis, Romandiolorum cum Lombardis, Lombardorum curn Trivisianis et Venetis, horum cum Aquilegiensibus, et istorum cum Ystrianis. De quo Latinorum neminem nobiscum dissentire putamus.

    Quare ad minus xiiii vulgaribus sola videtur Ytalia variari. Que adhuc omnia vulgaria in sese variantur, ut puta in Tuscia Senenses et Aretini, in Lombardia Ferrarenses et Placentini; nec non in eadem civitate aliqualem variationem perpendimus, ut superius in capitulo immediato posuimus. Quapropter, si primas et secundarias et subsecundarias vulgaris Ytalie variationes calcolare velimus, et in hoc minimo mundi angulo non solum ad millenam loquele variationem venire contigerit, sed etiam ad magis ultra.

    Quam multis varietatibus latio dissonante vulgari, decentiorem atque illustrem Ytalie venemur loquelam; et ut nostre venationi pervium callem habere possimus, perplexos frutices atque sentes prius eiciamus de silva”.

    Ma non solo: Dante si sofferma addirittura a discettare su alcune località, onde stabilire se esse facciano o meno parte di quella che lui chiama “Ytalia”:

    “dicimus Tridentum atque Taurinum nec non Alexandriam civitates metis Ytalie in tantum sedere propinquas quod puras nequeunt habere loquelas; ita quod si etiam quod turpissimum habent vulgare, haberent pulcerrimum, propter aliorum commixtionem esse vere latium negaremus”.

    E ancora:

    “Hoc autem vulgare quod illustre, cardinale, aulicum et curiale ostensum est, dicimus esse illud quod vulgare latium appellatur. Nam sicut quoddam vulgare est invenire quod proprium est Cremone, sic quoddam est invenire quod proprium est Lombardie; et sicut est invenire aliquod quod sit proprium Lombardie, [sic] est invenire aliquod quod sit totius sinistre Ytalie proprium; et sicut omnia hec est invenire, sic et illud quod totius Ytalie est. Et sicut illud cremonense ac illud lombardum et tertium semilatium dicitur, sic istud, quod totius Ytalie est, latium vulgare vocatur. Hoc enim usi sunt doctores illustres qui lingua vulgari poetati sunt in Ytalia, ut Siculi, Apuli, Tusci, Romandioli, Lombardi et utriusque Marchie viri”.

    Dante afferma esplicitamente di *cercare* una lingua che serva per gli italiani, e che addirittura sia *diversa* rispetto a quella dei toscani:

    “non restat in dubio quin aliud sit vulgare quod querimus quam quod actingit populus Tuscanorum”

    La parola “Italia” e i suoi derivati appaiono nel “De vulgari eloquentia” trentun volte.

    E’ ben difficile – io credo – affermare che Dante non avesse alcuna idea relativa all’unitarietà degli italiani, visto che questo libro è totalmente dedicato alla ricerca di una loro lingua comune.

    Certo: non si tratta di un’ “unitarietà” nazionale, ma di certo di un’unità.

    La stessa unità che contraddistinse la lunga lista di umanisti che si appressò alla notoria questione della lingua. Nessuno di essi aveva dubbio di vivere “in Italia” e di far parte dei “popoli italiani”, che avrebbero dovuto – secondo loro – utilizzare una comune lingua. Lingua che comunque fu utilizzata per più di mille anni PRIMA che si arrivasse all’unità dello stato nazionale italiano, nel 1861.

    Luigi (veneziano)

  100. effebi ha detto:

    98- nessun infastidimento ma , buona regola dei forum è quella di discutere degli argomenti proposti e non di qualsiasi cosa in qualsiasi post.
    (buone ciacole)

  101. chinaski ha detto:

    luigi, per prima cosa non farmi piu’ ignorante di quel che sono. lo so bene che l’ istrorumeno arrivo’ in istria piu’ di un secolo dopo il soggiorno di dante. infatti la mia frase era: “se poi facciamo il conto di tutte le lingue che si sono parlate in istria non la finiamo piu’, c’e’ persino l’ istrorumeno.” frase che chiaramente si riferisce in modo diacronico alla situazione linguistica dell’ istria.

    quando dante dice “Hec est nostra vera prima locutio” intende dire la lingua volgare, *qualunque essa sia*, cioe’ la lingua che si impara fin da piccoli, in contrapposizione al latino, che dante ormai vede come lingua universale ma artificiale.

    detto questo, ripeto che non ho da nessuna parte contestato il fatto che nella regione geografica italiana (citta’ costiere dell’istria comprese) si parlassero lingue riconducibili ad un unico sistema, quello del si’, quello italiano.

    il punto e’ che una lingua comune ancora non esisteva, tanto e’ vero che dante si pone il problema di trovarla, o di crearla. il secondo punto e’ che in quella stessa regione si parlavano anche lingue che non appartenevano al sistema italiano, e questo dante lo dice esplicitamente. il terzo punto e’ che dante parlava a una categoria ben precisa, cioe’ all’ elite culturale. intuiva chiaramente che le potenzialita’ espressive del volgare erano infinitamente superiori a quelle del latino ormai cristallizzato dell’ epoca. ma intuiva anche che non c’e’ letteratura senza una comunita’ linguistica di riferimento. aveva individuato questa potenziale comunita’ linguistica nelle genti che vivevano in italia, che parlavano lingue si’ diverse, ma non cosi’ diverse. si rendeva conto che questa comunita’ non esisteva ancora, a causa della frammentazione politica sul territorio italiano. ed era pessimista circa la possibilita’ che questa frammentazione potesse essere superata (di passaggio: riteneva che solo l’ imperatore avrebbe potuto ricomporre questa frammentazione, che e’ cosa ben diversa dal prefigurare un popolo che prende coscienza di se’ e decide di vivere unito dalle alpi alla sicilia). per questo attribuiva ai letterati il compito di distillare una lingua alta, che potesse diventare la lingua letteraria di una comunita’ di lettori che potremmo definire italiani. alla fine delle fini, dopo una disanima ricca di artifici retorici, dante individua questa lingua alta nel fiorentino utilizzato dalla cerchia di poeti di cui lui stesso faceva parte (e in questo c’e’ anche una certa dose di narcisismo e di superbia…). aveva ragione, perche’ all’ epoca era a firenze che si poteva trovare il meglio in fatto di produzione letteraria.

    comunque lo ripeto di nuovo. tutto questo ha certamente avuto un ruolo importante nella nascita di un’ identita’ nazionale italiana, identita’ che pero’ e’ il risultato di un processo storico durato secoli, non una realta’ trascendente e preesistente che andava (ri)scoperta e portata alla luce.

    quello che io contesto e’ la sovrapposizione di “frames” ottocenteschi a un dibattito di 700 anni fa.

  102. gropajaco ha detto:

    ma non e’ possibile che in una societa’ non scolarizzata, sostanzialmente analfabeta, dunque senza potenzialita’ di comunicazione strutturata, come quella del trecento, ci possa essere stata una coscienza nazionale italiana o di chichessia, fenomeno che necessita appunto di un sistema di comunicazione almeno un minimo strutturato- la scolarizzazione un pochettino piu’ diffusa, ed un strumento mediatico- letteratura&stampa. mancavano due fattori su tre.

    non e’ mica un caso che i moti nazionali siano avvenuti nel ottocento, in una societa’ sufficientemente permeata(massa critica) di idee perche’ sufficientemnte “mediatica”. ovviamente “l’analogico” non bastava, visto poi i riscontri empirici sul campo (fronte isontino durante la I ww.)
    per una vera e propria coscienza nazionale bisognava arrivare all’upgrade in “digitale”- mass media moderni e postmoderni.

    l’identita’ nazionale poi, un’altro paio di maniche, non ne parliamo, un affare liquido come l’alcol e scivoloso come un’anquilla. oggi piu’ che mai.

    da cio’ che scrive luigi, pare ci sia stato un demiurgo che in latino ha appogiato la coscienza nelle pecorelle smarrite un po’ come dio comanda;)

  103. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Per Dante l’imperatore avrebbe dovuto regnare sull’universo mondo.

    Oltre a ciò, mi preme segnalare che alla sue epoca esistevano già dei regni più o meno unitari (nel senso di “regni di nazioni”, sia pure ovviamente non intese in senso moderno), quali il regno d’Inghilterra o il regno di Francia (regno dei Franchi). Ma anche questi regni – secondo Dante – erano da ritenersi soggetti ad un’autorità sovraordinata imperiale.

    Questo per ribadire che l’idea di “impero” di Dante è un riflesso della sua concezione religiosa dell’universo, e non ha nulla a che fare con le “nazioni” o con gli “stati”. L’autorità viene da Dio, che ha i suoi rappresentanti in terra nel Papa e nell’Imperatore. I popoli, le nazioni, non si “sciolgono” nell’impero dantesco.

    Tagliando i concetti con una fantasmagorica mannaia, sarebbe come se oggi qualcuno dicesse che vuole, fortissimamente vuole un’autorità di governo europea, un Presidente dell’Europa, ma gli stati europei non vengono eliminati.

    Tornando alla lingua, mi tocca ripetere ciò che ho già detto:

    1. Dante ha chiaramente in testa un’idea “geografica” dell’Italia, che quindi preesiste all’Unità d’Italia. Ma questo è un dato indisputato, visto che è stranoto che l’ “idea geografica” d’Italia s’impose fin dall’epoca dei greci.

    2. Dante ha anche un’idea “linguistica” dell’Italia, visto che non inserisce TUTTE le lingue neoromanze nel gran calderone: c’è un “luogo” che si chiama “Italia” e ci sono gli “Italiani”, che non solo sono quelli che vivono all’interno dell’area geografica nominata “Italia”, ma – guarda caso – parlano pure delle lingue appartenenti ad uno stesso identico ceppo, che possono essere divise in due macrogruppi corrispondenti grossomodo alla parte ad occidente e alla parte ad oriente degli Appennini.

    3. Da Dante in poi abbiamo trecento anni di discussioni sulla “lingua italiana”, la quale lingua – se proprio non ci fosse stata una minimissima idea di “destino comune” dei popoli che vivono nello stivale – poteva benissimo continuare a rimanere indistinta e differenziata. E invece questi s’incaponiscono a cercare una lingua comune. Perché? Per comodità? O invece perché ritenevano che i popoli abitanti in quest’Italia fossero accomunati da un destino comune? E’ fior di dubbio che la risposta esatta è la seconda.

    4. Torniamo a Dante. Dante poteva anche fregarsene della frammentazione politica italiana, invece parte con la sua invettiva “Ahi, serva Italia…”. Perché, se non avesse avuto anche lui un’ “idea unitaria” della penisola? In realtà, Dante è un precursore – comunque la si voglia vedere – dell’idea di “unità italiana”. Favorita o no dall’imperatore, non è questo il punto.

    5. E’ un’idea solo dantesca, che lui s’inventò grazie alla propria particolare sensibilità? Di certo no, e clamorosa conferma ne viene dalla celeberrima canzone petrarchesca (Petrarca nacque nel 1304, quando Dante era ancora bello vivo e vispo):

    Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno
    a le piaghe mortali
    che nel bel corpo tuo sí spesse veggio,
    piacemi almen che ‘ miei sospir’ sian quali
    spera ‘l Tevero et l’Arno,
    e ‘l Po, dove doglioso et grave or seggio.
    Rettor del cielo, io cheggio
    che la pietà che Ti condusse in terra
    Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
    Vedi, Segnor cortese,
    di che lievi cagion’ che crudel guerra;
    e i cor’, che ‘ndura et serra
    Marte superbo et fero,
    apri Tu, Padre, e ‘ntenerisci et snoda;
    ivi fa che ‘l Tuo vero,
    qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.

    Voi cui Fortuna à posto in mano il freno
    de le belle contrade,
    di che nulla pietà par che vi stringa,
    che fan qui tante pellegrine spade?
    perché ‘l verde terreno
    del barbarico sangue si depinga?
    Vano error vi lusinga:
    poco vedete, et parvi veder molto,
    ché ‘n cor venale amor cercate o fede.
    Qual piú gente possede,
    colui è piú da’ suoi nemici avolto.
    O diluvio raccolto
    di che deserti strani
    per inondar i nostri dolci campi!
    Se da le proprie mani
    questo n’avene, or chi fia che ne scampi?

    Ben provide Natura al nostro stato,
    quando de l’Alpi schermo
    pose fra noi et la tedesca rabbia;
    ma ‘l desir cieco, e ‘ncontr’al suo ben fermo,
    s’è poi tanto ingegnato,
    ch’al corpo sano à procurato scabbia.
    Or dentro ad una gabbia
    fiere selvagge et mansüete gregge
    s’annidan sí che sempre il miglior geme:
    et è questo del seme,
    per piú dolor, del popol senza legge,
    al qual, come si legge,
    Mario aperse sí ‘l fianco,
    che memoria de l’opra ancho non langue,
    quando assetato et stanco
    non piú bevve del fiume acqua che sangue.

    Cesare taccio che per ogni piaggia
    fece l’erbe sanguigne
    di lor vene, ove ‘l nostro ferro mise.
    Or par, non so per che stelle maligne,
    che ‘l cielo in odio n’aggia:
    vostra mercé, cui tanto si commise.
    Vostre voglie divise
    guastan del mondo la piú bella parte.
    Qual colpa, qual giudicio o qual destino
    fastidire il vicino
    povero, et le fortune afflicte et sparte
    perseguire, e ‘n disparte
    cercar gente et gradire,
    che sparga ‘l sangue et venda l’alma a prezzo?
    Io parlo per ver dire,
    non per odio d’altrui, né per disprezzo.

    Né v’accorgete anchor per tante prove
    del bavarico inganno
    ch’alzando il dito colla morte scherza?
    Peggio è lo strazio, al mio parer, che ‘l danno;
    ma ‘l vostro sangue piove
    piú largamente, ch’altr’ira vi sferza.
    Da la matina a terza
    di voi pensate, et vederete come
    tien caro altrui che tien sé cosí vile.
    Latin sangue gentile,
    sgombra da te queste dannose some;
    non far idolo un nome
    vano senza soggetto:
    ché ‘l furor de lassú, gente ritrosa,
    vincerne d’intellecto,
    peccato è nostro, et non natural cosa.

    Non è questo ‘l terren ch’i’ toccai pria?
    Non è questo il mio nido
    ove nudrito fui sí dolcemente?
    Non è questa la patria in ch’io mi fido,
    madre benigna et pia,
    che copre l’un et l’altro mio parente?
    Perdio, questo la mente
    talor vi mova, et con pietà guardate
    le lagrime del popol doloroso,
    che sol da voi riposo
    dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
    segno alcun di pietate,
    vertú contra furore
    prenderà l’arme, et fia ‘l combatter corto:
    ché l’antiquo valore
    ne gli italici cor’ non è anchor morto.

    Signor’, mirate come ‘l tempo vola,
    et sí come la vita
    fugge, et la morte n’è sovra le spalle.
    Voi siete or qui; pensate a la partita:
    ché l’alma ignuda et sola
    conven ch’arrive a quel dubbioso calle.
    Al passar questa valle
    piacciavi porre giú l’odio et lo sdegno,
    vènti contrari a la vita serena;
    et quel che ‘n altrui pena
    tempo si spende, in qualche acto piú degno
    o di mano o d’ingegno,
    in qualche bella lode,
    in qualche honesto studio si converta:
    cosí qua giú si gode,
    et la strada del ciel si trova aperta.

    Canzone, io t’ammonisco
    che tua ragion cortesemente dica,
    perché fra gente altera ir ti convene,
    et le voglie son piene
    già de l’usanza pessima et antica,
    del ver sempre nemica.
    Proverai tua ventura
    fra’ magnanimi pochi a chi ‘l ben piace.
    Di’ lor: – Chi m’assicura?
    I’ vo gridando: Pace, pace, pace. –

    Qui addirittura abbiamo un “plus”, e cioè l’indicazione che le Alpi costituiscono la linea confinaria fra l’Italia e il mondo tedesco. Lo stesso identico tema che venne ripreso – fatte le debite differenze – dagli irredentisti del XIX secolo. Così come il tema dei “barbari” è già spiattellato qui, in un testo che è di seicento anni precedente il fascismo!

    Questo dicono i documenti, e questo riporto.

    L.

  104. chinaski ha detto:

    @luigi

    “Tagliando i concetti con una fantasmagorica mannaia, sarebbe come se oggi qualcuno dicesse che vuole, fortissimamente vuole un’autorità di governo europea, un Presidente dell’Europa, ma gli stati europei non vengono eliminati.”

    ecco, appunto, cerchiamo di non tagliare i concetti con la mannaja ( http://www.cinemacheblog.it/2010/05/18/dvd-mannaja/746 ). l’ unione europea e gli stati appartengono entrambi alla categoria delle costruzioni giuridiche, mentre popolo e impero appartengono a due categorie diverse. ai tempi di dante, “impero” faceva riferimento addirittura a una costruzione teologica, mentre “popolo” era un concetto legato ora al territorio, ora alla lingua, e senza precise funzioni simboliche.

    1. mi pare che su questo siamo d’accordo, per cui non capisco il tono polemico. il punto e’, semmai, riconoscere che anche la regione geografica chiamata italia, nella storia, si e’ a volte allargata e a volte ristretta.

    2. anche su questo mi pare che siamo d’accordo, nel senso che dante individua una zona geografica chiamata italia, riconosce che le lingue parlate dagli abitanti di quel territorio (cioe’ gli italiani), pur nella loro varieta’, hanno parecchi tratti comuni, e auspica che si sviluppi una lingua letteraria comune. nell’ auspicarlo compie una prodigiosa opera di creazione linguistica che di fatto dara’ avvio a questo processo.

    3. qui si entra nell’ opinabile. nel senso che quel dibattito si svolse all’ interno di elites che avevano un’ idea di popolo piuttosto diversa da quella attuale. questo non significa dire che il “vero popolo” (qualunque cosa significhi) fose contrario, o robe simili. vuol dire semplicemente che il 90% di chi viveva in italia era completamente estraneo a quel dibattito.

    4. “Favorita o no dall’imperatore, non è questo il punto.” e invece il punto e’ proprio questo, perche’ se quelle considerazioni non vengono inquadrate in quella precisa rappresentazione simbolica del potere, si opera una mistificazione.

    5. quanto ai versi di petrarca sui tedeschi, anche li’ non si puo’ fare un salto di 600 anni. petrarca, a differenza di dante, non credeva piu’ all’ universalita’ dell’ impero. vagheggiava un ritorno alle virtu’ classiche della roma repubblicana. se possibile, si tratta di posizioni ancora piu’ elitarie di quelle di dante, sicuramente niente a che vedere con una “presa di coscienza nazionale”.

  105. Fiora ha detto:

    Sebbene “aldilà del bene e del male” di questo thread, 🙂 Chinaski e Luigi, vi leggo con interesse, integrando e rispolverando ideuzze e cognizioni personali…
    Tra “impero” e “popolo” il concetto di “heimat” si attaglierebbe al secondo termine, no Chinaski?

  106. chinaski ha detto:

    @fiora

    mah, il concetto di heimat nacque in germania nell’ ‘800, non credo che si possa utilizzare con riferimento al 1300. il concetto di popolo e’ sfuggente, come quello di nazione.

  107. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Rispondo solo al punto 4.

    Quando ho scritto “non è questo il punto” intendevo dire “non è queto il punto che interessa a noi”, che siamo qui a discettare se esistesse l’Italia prima dell’Unità d’Italia, se esistesse un popolo italiano prima del 1861, e se esistesse una lingua italiana prima sempre di tale data.

    Aggiungo poi che il concetto di “presa di coscienza nazionale” è improponibile relativamente a tutte le nazioni sotto qualsiasi latitudine, prima del XIX secolo.

    Cionondimeno, come ho scritto, stati unitari di “nazioni” (per meglio dire: di “popoli soggetti ad un medesimo sovrano”) esistevano anche ai tempi di Dante, ed alcuni di essi sono giunti diritti fino a noi, come l’Inghilterra. Che è successo all’Inghilterra per unirsi già dal XI secolo? Hanno manifestato una “presa di coscienza nazionale”? Semplicemente uno più forte degli altri ha coalizzato sufficienti forze per sbaragliare la concorrenza, innalzando sé e la sua discendenza al rango di “re”.

    Questo non è successo in Italia, ma ciò non significa che l’Italia non preesistesse al 1861, né giammai che non preesistessero gli italiani. E sappiamo che un primo – incosciente – tentativo di unificazione italiana con le armi può essere individuato nel XVI secolo, con l’espansione in terraferma di Venezia. Se la battaglia di Agnadello fosse finita con una vittoria veneziana, probabilmente oggi ti scriverei dalla capitale d’Italia, visto che una volta fatti fuori i francesi, a Venezia si sarebbero spalancate le porte fino a Milano, Torino e poi Genova, costituendo un blocco unico del nord Italia che sarebbe diventato lo stato più ricco di tutta Europa, senza ancora varcare il Po.

    In quanto alla “lingua italiana”, essa era riconosciuta come tale (come ho già scritto) financo dai Cavalieri di Rodi. Elitaria o non elitaria, non importa ai fini di ciò di cui parliamo: d’altro canto, tuttora le lingue standard e le lingue letterarie sono elitarie: non esiste in nessun paese al mondo una lingua letteraria che sia contemporaneamente lingua di popolo: la “gente” usa delle lingue DIVERSE rispetto a quelle scritte sui libri. Eppure oggi nessuno mette in dubbio l’esistenza di una lingua standard inglese, di una lingua standard italiana, di una lingua standard francese, di una lingua standard tedesca.

    Lingue che all’epoca di Dante GIA’ ESISTEVANO: l’inglese s’è evoluto dall’anglosassone, è passato dall’inglese antico ed è approdato all’inglese moderno, ma nessuno mette in dubbio che *quella* fu ed è una lingua. Non *due o tre lingue*, ma UNA lingua, evolutasi nel tempo.

    Esattamente come la lingua italiana, nelle sue varianti, si è evoluta nel tempo: dall’epoca di “sao ke kelle terre” fino ad oggi.

    E’ superfluo che ricordi che questo è quanto appare in un qualsiasi testo di storia della letteratura italiana?

    L.

  108. Fiora ha detto:

    chiaro, Chi. non è del vocabolo che ti chiedo ma del suo contenuto. e quello non ha datazioni così ferree…

  109. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Fiora

    La parola “Heimat” – della quale non esiste un esatto corrispettivo italiano, venendo tradotta in genere come “Patria”, che però in tedesco si dice “Vaterland” – ha cambiato il proprio significato nel XIX secolo.

    Precedentemente, in tedesco aveva una valenza giuridica e geografica. Nei verbali di polizia o nelle carte notarili, con “Heimat” si indicava il luogo di nascita o di residenza.

    I primi che invece modificarono il senso di “Heimat” furono i fratelli Grimm, che in un loro scritto del 1877 indicarono che stava ad indicare sia il luogo in cui uno era nato o risiedeva da tempo che il luogo cui si era legati per motivi di legame familiare. Un concetto che in qualche modo divenne un po’ più simile a “terra dei padri” (Vaterland).

    La parola “Heimat” ha oggi quattro significati contemporaneamente: un significato localistico (indicativo di un luogo), un significato temporale, un significato sociale, un significato culturale.

    Per adesso mi fermo qui.

    L.

  110. chinaski ha detto:

    scusa luigi, poi la smetto anch’io. a dir la verita’, secondo gli storici della lingua si puo’ parlare di “lingua italiana” e non piu’ di “volgare fiorentino” solo a partire dal 1500, dopo che pietro bembo codifico’ i canoni della lingua. tutte le lingue che si parlano in europa hanno avuto un’ evoluzione simile. pensa al tedesco. e’ anche chiaro che la presenza di un potere politico forte su un territorio vasto facilita lo sviluppo di una lingua unitaria.

    detto questo, non si puo’ paragonare la distanza che c’e’ tra la lingua scritta e quella parlata oggi in italia, con la distanza che c’era tra la lingua letteraria del ‘300 e i volgari parlati allora dal “popolo” (inteso come “gente”).

    p.s. io non ho mai nominato il 1861. infatti ho parlato di processo storico durato secoli.

  111. Fiora ha detto:

    Grazie Luigi e ti pare che facevo sta domanda sul PROFONDO significato di Heimat se non ci trovassimo su questo topic era meno oziosa e più in tema di quanto possa apparire. Ciao ai due “duellanti”.
    Sarà stato anche prolisso, ma è stato un piacere leggervi

  112. Unidebit ha detto:

    Mi fa specie che si insista sull’indicare i veneti come dei “latini”. In realtà i veneti parlo oggi un dialetto di origine latina, ma sono degli slavi. Sono i primi slavi stanziatisi in questa zona d’Europa:

    http://en.wikipedia.org/wiki/Venedes#Relation_between_Veneti_and_Slavs

  113. monster chonjacki ha detto:

    ancora con questa storia?

    http://en.wikipedia.org/wiki/Veneti_%28disambiguation%29

    discorso gia’ affrontato mille volte. nebbia fitta. e una traccia che, passando per mosca, porta alla liga veneta e al ku klux klan.

  114. monster chonjacki ha detto:

    sarebbe interessante leggere questo:

    Zlatko Skrbiš “‘The First Europeans’ Fantasy of Slovenian Venetologists: Emotions and Nationalist Imaginings”

    in “POSTSOCIALISM Politics and Emotions in Central and Eastern Europe”
    Edited by Maruška Svašek

    http://www.berghahnbooks.com/title.php?rowtag=SvasekPostsocialism

  115. monster chonjacki ha detto:

    (chiaramente monster chonjacki = chinaski)

  116. monster chonjacki ha detto:

    qua si trovano anche i link ai files in pdf degli articoli che smontano questa bufala:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_veneta

  117. nono richeter ha detto:

    Scommetto che qualcuno comicerà a farsela sotto:

    “[…] Lincoln è stato eletto al Congresso nel 1846, Kennedy è stato eletto nel 1946, Lincoln è stato eletto Presidente nel 1860, Kennedy nel 1960. Entrambe le loro mogli hanno perduto un bambino mentre risiedevano alla Casa Bianca. Entrambi sono stati colpiti alla testa da un sudista di venerdì. Il segretario di Lincoln si chiamava Kennedy e il segretario di Kennedy si chiamava Lincoln. Il successore di Lincoln fu Johnson (nato nel 1808) e Lyndon Johnson, successore di Kennedy, era nato nel 1908.

    John Wilkes Booth, che ha assassinato Lincoln, era nato nel 1839, e Lee Harvey Oswald nel 1939. Lincoln fu colpito al Ford Theater. Kennedy fu colpito in un’automobile Lincoln prodotta dalla Ford.
    Lincoln è stato colpito in un teatro e il suo assassino è andato a nascondersi in un magazzino. L’assassino di Kennedy ha sparato da un magazzino ed è andato a nascondersi in un teatro. Sia Booth che Oswald sono stati uccisi prima del processo.
    Ciliegina (volgaruccia) sulla torta, che però funziona bene solo in inglese: una settimana prima di essere ucciso Lincoln era stato “in” Monroe, Maryland. Una settimana prima di essere ucciso Kennedy era stato “in” Monroe, Marilyn. […]”

    tratto da:

    http://espresso.repubblica.it/dettaglio/non-credete-alle-coincidenze/2154508/18

  118. nono richter ha detto:

    (chiaramente nono richter (e non richeter) = kapetan alkohol)

  119. Unidebit ha detto:

    Capisco che per i venetofoni “slavo” sia un’offesa. La peggiore. Ma veneti e slavi hanno una comune origine, mi dispiace per voi.

  120. chinaski ha detto:

    ma chi sei? un nazionalista sloveno? un nazionalista russo? un intellettuale organico della liga veneta? un nazionalista italiano che fa finta di essere un nazionalista russo? sei pavel toulaev? o piu’ semplicemente sei fdc?

  121. gropajaco ha detto:

    e’ fdc. spiacente per la tua teoria , ma gli sloveni nulla hanno a che fare coi veneti, e non perche’ per gli sloveni essere veneti sia un’offesa, ma perche’ lo dimostrano gli studi sugli aplotipi che accomunano gli sloveni ai polacchi, slovacchi, tedeschi dell’est russi e finlandesi. per nulla ai bosniaci, albanesi, italiani del nord, poco coi croati serbi e bulgari. questo e’ quanto di scientifico su tutte le cazzate che possono uscire dalla penna&bocca.

  122. abc ha detto:

    Pure io ho letto con molto interesse il dibattito fra Luigi (Ve) e Chinaski su Dante.

    In merito volevo chiedere lumi sul seguente passo del De Vulgari Eloquentia:
    “Post hos Aquilegienses et Ystrianos cribremus, qui Ces fastu? crudeliter accentuando eructuant”, tradotto in italiano da Sergio Cecchin: “Scartiamo poi la gente di Aquileia e dell’Istria, che dice, pronunciando crudamente le parole: Ces fas-tu?.”

    Secondo me si può sostenere che anche in Istria nel ‘300 si usasse dire “ces fastu”. Prima di leggere voi non sapevo che Dante fosse vissuto anche a Parenzo e Pola, ragion per cui immaginavo che egli volesse liquidare l’istriano accostandolo al friulano solo per tenerla corta.
    Cosa potete dire a riguardo?

    Per chi volesse leggere la traduzione in italiano del De Vulgari Eloquentia, ecco il link: http://www.classicitaliani.it/dante/prosa/vulgari_ita.htm

    Quanto poi alla figura dell’imperatore, a cui Dante si appella, come sapete era da secoli esclusivamente tedesco ed in molte occasioni aveva già combattuto contro una parte di italiani. Fino a che esistette quell’impero (1806), non si risolse mai la questione dell’unità politica dell’Italia. Del resto cosa poteva fare se nemmeno in Germania riuscì a fare nulla?

  123. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski 110

    Cito la prefazione – scritta da Alberto Asor Rosa – del primo volume della “Storia della letteratura italiana” Einaudi:

    “Noi intendiamo per letteratura italiana quell’immensa mole di testi, scritti in lingua italiana o nelle lingue supra- e subculturali legate all’evoluzione dell’italiano (il latino e ogni sorta di dialetti), che la sensibilità odierna è disposta a percepira e fruire come letterari”.

    Di conseguenza, un altro peso massimo della critica letteraria italiana – Ignazio Baldelli – inserisce quella che lui chiama “la letteratura benedettina dell’Italia mediana” come primo capitolo dell’opera, inserendo il “sao ke kelle terre…” a pag. 9.

    Idem con patate – più o meno – fanno le altre tre opere di storia della letteratura italiana che ho consultato (mia moglie insegna italiano a scuola dopo aver insegnato storia, e quindi a casa mia non mancano né libri dell’una, né libri dell’altra materia).

    Che tte devo di’ de più?

    L.

  124. abc ha detto:

    Sarebbe molto interessante approfondire la questione sollevata da Unidebit al post 112.
    Ricordo di aver letto sia sul Piccolo che sul Mercatino un articolo che sosteneva quanto asserisce Unidebit, ma molti storici sostengono come Chinaski che questa è una bufala.

  125. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ abc

    In realtà, nessun linguista né nessuno storico, né in Italia né in Slovenia, sostiene questa strampalata “teoria veneta”.

    Sulla questione del “ces fastu”, ne parliamo domani sera.

    L.

  126. abc ha detto:

    Interessante sapere che nessun linguista sloveno sostiene questa teoria. Ricordo di aver letto che furono comparate alcune iscrizioni nel museo di Este con parole slovene. Evidentemente anche il paleoveneto era una lingua indoeuropea. Resta da capire come mai lo sloveno sia così differente dall’attiguo croato e dalle altre lingue slave meridionali. Qualcuno asserisce che è più simile allo slovacco, non per niente la Slovacchia si chiama Republika Slovenska, ecco spiegato anche l’abbaglio di Clinton.
    Ne sai qualcosa? Potrebbe essere che gli Avari abbiano sospinto alcuni slovacchi dall’attuale Ungheria verso la Slovenia?
    Grazie

  127. Mauricets ha detto:

    Immediatamente dopo l’unificazione dell’Italia, la situazione dal punto di vista linguistico non era affatto positiva: l’italiano era in effetti appannaggio di una ristretta élite, composta esclusivamente da colti e letterati. La restate popolazione italiana, analfabeta, continuava ad utilizzare le diverse forme dialettali proprie delle differenti zone della penisola.

    Un problema sentito, quello della divisione linguistica, tanto che lo stesso Alessandro Manzoni, già prima dell’unificazione e precisamente nel 1806, si riferì all’italiano come ‘lingua morta’, poiché non condivisa e, soprattutto, non parlata dalla moltitudine. Un problema che il letterato toccò con mano durante la stesura dei Promessi Sposi, quando si accorse dell’inadeguatezza della sua lingua, non codificata in modo univoco e, soprattutto, intrisa di francesismi, lombardismi e toscano colto. Fu però all’indomani dell’unità che Manzoni, vicino alle problematiche del suo tempo, propose la diffusione del solo fiorentino colto, al fine di ottenere la tanto agognata unità linguistica.

    Per farci un’idea dello stato in cui verteva la situazione linguistica italiana, basti pensare che secondo De Mauro, illustre linguista italiano, all’indomani dell’unificazione la percentuale degli italofoni si aggirava intorno al solo 2,5% su 25milioni di abitanti, benché fosse più estesa la competenza passiva dell’italiano, ovvero la capacità di comprendere la lingua senza però saperla parlare.

    Come fare, quindi, per innescare un processo capace di far abbandonare i vari dialetti a favore dell’Italiano? Il primo passo intrapreso fu quello di rendere più capillare l’istruzione e l’alfabetizzazione lungo la penisola. Un processo che fu certamente utile, ma che non eliminò completamente il problema ma lo disgregò in due diversi fenomeni, ovvero la formazione dei diversi italiani regionali (esistenti ancora oggi nelle diverse zone dell’Italia) e l’italianizzazione del dialetto.

    Altra spinta alla nascita dell’italiano come lingua condivisa furono sicuramente le migrazioni interne dalle campagne alla città e da nord a sud.

    Ma a fare la differenza furono senz’altro la stampa e i mezzi di comunicazione di massa, allora rappresentati dalla radio e successivamente dalla TV. Ognuno di questi mezzi contribuì a creare non solo un’apparenza condivisa all’unità nazionale, ma anche la possibilità di apprendere la lingua italiana e diventarne ‘portavoci,.
    incredibile che ancora oggi c’è chi continua a non capire che l’italiano fu un dialetto imposto ad altri.

  128. Unidebit ha detto:

    Gropajco, non mi sono evidentemente spiegato bene: non è che gli sloveni abbiano più a che fare coi veneti che non con cechi, slovacchi, ecc. ecc.
    La lingua slovena è molto più vicina alle lingue slave occidentali (slovacco, polacco, ceco) che non a quelle meridionali (serbo-croato, macedone, ecc. ecc.).
    Il problema è capovolto: sono i veneti che hanno un’origine slava e non latina. Veneti, Vendi e Slavi sono la stessa cosa.

  129. Unidebit ha detto:

    Quanto a storici, linguisti, ecc. ecc. Da sempre dicono tutto ed il contrario di tutto, a seconda delle mode e dei regnanti del momento.
    Ratzinger ha definito “un illustre croato” R.Boscovich, un uomo che non ha nemmeno lo 0,01% di origini croate. Eppure il Papa lo ha definito così, nel silenzio complice delle associazioni degli esuli dalmati che ben sanno che il Boscovich era in parte bergamasco, in parte bosniaco. Eppure tanto è il timore reverenziale nei confronti del Papa che perfino i più agguerriti anti-slavi tra gli esuli hanno taciuto ed hanno digerito la definizione di “illustre croato”!

    Pensate un po’ se questa definizione per Boscovich l’avesse data non Ratzinger ma, che so, un Iztok Furlanic…

    Immaginate il timore reverenziale di storici e linguisti! Immaginate, in un clima generale di anti-slavismo galoppante che domina in tutta Italia, un linguista od uno storico che si azzardino a dire che i veneti sono “slavi” (e non, gropajco, che gli sloveni sono “veneti”, spero stavolta di esser stato chiaro)!

    Vi dò un po’ di link interessanti a proposito:

    http://www.youtube.com/watch?v=nFVD6sb2v_0&feature=related

    http://www.youtube.com/watch?v=_mC9-j0KKuc&playnext=1&list=PLE3F440C61A52EBBC

    http://www.domowina-verlag.de/hs

    http://www.serbske-nowiny.de/

    http://www.youtube.com/watch?v=rOGQHVkVjGs

    http://www.youtube.com/watch?v=sXVg606teqY&NR=1

  130. Maurice ts ha detto:

    forse intendevi la slavia veneta?
    http://www.venetolibero.it/paginastoria-93slavia.html

  131. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Unidebit

    Forse non hai notato due cose:

    1. La cosiddetta “teoria veneta” non è stata elaborata da un qualche linguista o da qualche storico, ma da tre dilettanti sloveni (un poeta, un prete e un laureato in economia). In Slovenia è stata recepita positivamente dall’ala ultranazionalista della classe politica, perché in quel modo si affermava che gli sloveni non erano uguali agli altri popoli della Jugoslavia.

    2. E’ evidente che tu non hai letto un tubo sulla questione (NB La voce sulla Wikipedia italiana l’ho scritta io), e adesso ti faccio un esempio di come hanno lavorato i tre dilettanti:

    Della lingua venetica rimangono una sessantina di vocaboli noti, ed esistono alcune frasi. Una di queste è sul manico di una brocca, e recita:

    EIK GOLTANOS DOTO LOUDERAI KANEI

    La traduzione in lingua latina – secondo i linguisti – è la seguente:

    HOC GOLTANOS ÉDOTO LIBERAE CARAE

    Che vuol dire:

    Questo Goltano diede alla Cara Libera (nome di dea)

    I tre linguisti dilettanti sloveni hanno così trascritto la frase:

    EJ K GOLTANOS DO TOLO UDERAJ KANJEJ

    Che secondo loro non ha corrispondente in latino, ma nell’antico sloveno:

    EJ KO GOLTNEŠ DO TU-LE, UDARI PO KONJIH

    Che tradotto è:

    Ehi! Quando ingurgiti sino a qui, colpisci i cavalli!

    Adesso sta a te decidere se tutto ciò ha un senso, caro Federico-alla-caccia-di-farfalle.

    L.

  132. Unidebit ha detto:

    Ma chi xe Federici? Ma cos te bevi de note?

  133. Luigi (veneziano) ha detto:

    NO Federici: Federico.

    E ti xe ti, vecio mio.

    Dai, prova a scriver un mesagio de vinti righe in dialeto, che me scocono dal rider…

    L.

  134. effebi ha detto:

    129 beh… se i vendi -veneti- hanno un origine slava bsogna dire che hanno imparato l’italiano molto bene… meglio di tanti altri… ma c’è tempo.

  135. effebi ha detto:

    el lo hanno imparato e se ne servono pure per dire boiate anche certi “occitani de roma….”

  136. chinaski ha detto:

    @luigi#124

    scusa ma non capisco. asor rosa scrive:

    “Noi intendiamo per letteratura italiana quell’immensa mole di testi, scritti in lingua italiana o nelle lingue supra- e subculturali legate all’evoluzione dell’italiano (il latino e ogni sorta di dialetti), che la sensibilità odierna è disposta a percepira e fruire come letterari”

    cioe’ asor rosa sta dicendo che nel suo trattato considera come “lettteratura italiana” anche testi scritti in ogni sorta di dialetti e persino in latino. immagino che il criterio per stabilire cosa sia “italiano” a questo punto sia geografico e temporale, cioe’: a partire dall’ epoca in cui comincio’ la decadenza del latino e cominciarono a svilupparsi le lingue romanze. mi sembra un criterio ragionevole: seguendo questo criterio ad esempio la letteratura provenzale rientra a pieno titolo nella letteratura francese, etc.

    comunque ripeto che secondo me il punto centrale della nostra discussione e’ se nel 1300 gli italiani (intesi come coloro che vivevano nella regione geografica “italia”, e che si esprimevano in uno dei volgari del sistema linguistico italiano) si percepissero o meno come appartenenti a uno stesso “popolo”. la risposta secondo me e’ no, perche’ questo tipo di autoidentificazione storicamente nasce nel diciannovesimo secolo. mi pare di capire che su questo sia d’accordo anche tu. pero’ mi par di capire che secondo te in realta’ lo erano, un popolo, solo che non ne avevano ancora preso coscienza. ecco, su questo punto io non sono d’accordo (e visto che tu citi il marxista asor rosa allora posso citare tranquillamente il marxista benedict anderson, senza temere che ti si rizzino i capelli). secondo anderson, le “nazioni” sono “comunita’ immaginate”

    http://en.wikipedia.org/wiki/Imagined_communities

    come estese nello spazio e nel tempo. essendo appunto “immaginate”, non possono esistere prima che qualcuno le immagini. pero’ il fatto che, nel momento in cui vengono immaginate, lo siano come temporalmente estese, crea un’ illusione di retrospettivita’, e porta a interpretare eventi del passato come parte della “storia della nazione” anche se nel passato la “nazione” in realta’ non esisteva perche’ nessuno l’ aveva ancora immaginata. quindi nell’ ottocento non si ebbe in realta’ una “presa di coscienza nazionale”. piuttosto si puo’ dire che nell’ ottocento prese forma quella costruzione sociale che noi chiamiamo nazione.

    va da se’ che questo discorso riguarda *tutte* le nazioni e non solo quella italiana.

  137. Mauricets ha detto:

    brutta bestia il nazionalismo. otenebra la mente. è il primo strumento per i nazionalisti è imporre la propia lingua.

  138. effebi ha detto:

    129 e non dimenticarti dei lombarrdi, che pure loro non hanno origine latina… ma da quando qualcuno di loro si è sistemato a roma caput mundi si è latinizzato non poco…

    ma che ci vengono a fare tutti qui ? che poi imparano sta lingua orribile… e si rovinano..

  139. effebi ha detto:

    faraguna… vorrei che l’occitano indagasse sulle origini “non latine” del faraguna… almeno si ritornerebbe un pò sul tema del post…

  140. chinaski ha detto:

    @mauricets

    lascia perdere, quel video appartiene al “periodo rosso”. qualche mese fa eravamo in pieno “periodo blu”. adesso non so.

  141. Mauricets ha detto:

    per 138: il discorso che tu fai è chiaro come la luce del sole, ma è dai dempi dell’unita, per poi proseguire con il nazionalismo fascista che la storia e la questione linguistica viene usata per plagiare le menti. fin dalle scuole elementari. a cominciare dalle retoriche di de amicis in cuore. ma chi ha la mente e il cuore libero non ci casaca.

  142. effebi ha detto:

    129Unidebit25 giugno 2011, 08:20 …non mi sono evidentemente spiegato bene…

    fossi in te non mi preoccuperei… non è impresa facile con alcuni… (ma forse sarà perchè “non parliamo la stessa lingua”)

  143. chinaski ha detto:

    bon, ‘sta storia della teoria venetica ha altri risvolti tragicomici. questa “teoria” e’ stata ripresa dal “linguista” russo pavel toulaev, organizzatore a mosca del congresso “The White World’s Future”. al congresso hanno partecipato anche silvano lorenzoni della liga veneta e david duke, del ku klux klan. questa teoria torna utile a costoro per prendere le distanze da un altro altro filone dell’ estremismo di destra, cioe’ quello “degli euroasiatici”.

  144. Unidebit ha detto:

    EFFEBI, lo so lo so… solo che diversamente da te penso che questi personaggi che non vogliono capire non sono solo tra gli sloveni ma anche tra gli italiani.

    CHINASKI, scusa ma non mi interessa chi ha fatto propria questa teoria. Mi interessano poche semplici cose:

    – in passato Venedi, Slavi e Veneti erano sinonimi per gli storici

    – da un certo punto in poi si è cominciato a distinguere tra Veneti e Slavi

    – c’è solo una regione in Italia in cui tra i cognomi i più diffusi sono quelli che indicano il nome del genitore, esattamente come succede tra i popoli slavi.
    Intendo dire che -IN e -IC sono modi di costruire il cognome assolutamente i-d-e-n-t-i-c-i

  145. chinaski ha detto:

    Unidebit, quella teoria e’ rigettata da tutti gli studiosi seri, prima di tutto in slovenia. si e’ trattato di un’ operazione puramente ideologica, come spiega bene Zlatko Skrbiš nell’ articolo che ho linkato.

    quindi l’ *unica* cosa che ha senso chiedersi a proposito di sta roba e’ quale uso ne venga fatto.

  146. Mauricets ha detto:

    146.credo sia importante considerare come i nazionalismi, costruiti per dividere i popoli, siano piu che mai vivi e pericolosi. e vengono usati tutti i mezzi disponibili.
    guardate che danni hanno fatto nella exyugo i criminali nazionalisti. e che argomenti usavano a suffragio delle loro idee. uno di questi era anche la lingua.

  147. Mauricets ha detto:

    è dobbiamo essere onesti, i nazionalismi beceri ci sono in ogni comunita. quindi anche in quella slovena. negarlo sarebbe ipocrita.

  148. matteo ha detto:

    Forse lonze benetk ignora l,ITALIANO glottologo Allinei, ed e questo che parla della teoria della continuità, lui parla dei veneti come sloveni

    Si smonta la teoria di lojze

  149. gropajaco ha detto:

    fdc, sei tu che non hai capito bene. tutte le comparazioni (incrociando i database disponibili ad oggi)inerenti gli aplotipi delle popolazioni europee, dimostrano il netto trend, nel caso specifico del tuo wannabe flame, che i veneti(del veneto) e gli sloveni non hanno origini comuni. certo, gli sloveni appartengono alla comunita’ degli slavi occidentali, ma questo nulla centra con i veneti del veneto. le pippe sulle interpretazioni lasciano il tempo che trovano.

    se vuoi, ancora piu’ chiaro(magari capisce anche qualche asppirante politico): i veneti(del veneto) non centrano con gli sloveni, ne’ con gli slavi.

  150. chinaski ha detto:

    matteo, da’ pace. non e’ la teoria di lojze, e’ la teoria accettata dal 99,99% della comunita’ scientifica, compresa ovviamente quella slovena.

    poi uno e’ libero di credere a cio’ che vuole, anche alle scie chimiche e ai rettiliani.

  151. Tergestin ha detto:

    Scuseme, ma ve se dimenticai de Iztok?
    Legendove me xe vegnu’ un brivido: par i discorsi sula purezza etnica che te trovi in certi siti neonazisti. Oltra che fora topic me par che se andai anca un poco fora de testa.

  152. matteo ha detto:

    No xe che se una teoria no la xe acetada vol dor che xe unente, pensa a Darwin o a schilleman, li gA ciolti per pazzi

  153. chinaski ha detto:

    @tergestin

    la “teoria venetica” e’ stata inventata negli anni ottanta da acuni nazionalisti sloveni, che volevano dimostrare che gli sloveni non c’entravano niente con gli altri slavi. in seguito e’ stata ripresa da esponenti della liga veneta in funzione antiromana. infine e’ approdata in russia, dove e’ stata usata per negare l’ origine indoeuropea delle popolazioni slave.

    scrive toulaev

    “Veneti are not modern Slavs but our ancient ancestors. And they are the ones from whom the genealogical line of the Slavs stems in its metahistorical aspect. The Veneti are neither Celts, nor Goths, Scythes, Germans, Scandinavians, Greeks, Phoenicians or any other but an independent historic community. This statement is of vital importance since we infer the ancestor Slavs were in no way “Indo-Europeans” or “Euroasians”. From the anthropological point of view they were Europeids, subjects of the white race and bearers of its civilization”

  154. chinaski ha detto:

    gli unici luoghi in cui queste teorie vengono prese sul serio sono i siti degli indipendentisti veneti, il forum di stormfront, i siti dell’ estrema destra russa…

  155. Fiora ha detto:

    @155 Chinaski a legerla sta roba col ocio storto e el dente invelenà vien de concluder what? nobody wants to mix with them, dei!
    🙂

  156. chinaski ha detto:

    @flora

    in realta’ guarda dove vanno a parare:

    http://www.stormfront.org/forum/t649781/

  157. Fiora ha detto:

    ah, Buyan, Buyan…. 🙁

  158. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Il latino si capisce benissimo, se solo pensiamo che Dante scrisse molto in latino. Non è che per la “Commedia” sia parte della storia della letteratura italiana, e per la “De vulgari eloquentia” di quella latina.

    Riguardo all’ “autocoscienza nazionale”, per la quinta o sesta volta mi scrivi che “nasce nel XIX secolo” e io per la quinta o sesta volta concordo, sempre con una piccola chiosa: “l’autocoscienza nazionale MODERNA nasce nel XIX secolo”.

    Precedentemente esisteva l’ “idea” di appartenere ad un gruppo, legato da comunanze familiari o di lingua o di qualsiasi altra cosa, che facesse ritenere il “sé collettivo” uguale o molto simile al “sé collettivo” di un certo gruppo, ma diverso dal “sé collettivo” di altri gruppi?

    Va da sé che esisteva una cosa del genere! Fin dai testi più antichi noi abbiamo notizia di ciò: è un fatto connaturato con la stessa natura umana, laddove l’uomo è notoriamente un animale sociale.

    Qualsiasi cronaca antica parla di “popoli” o “tribù” o addirittura di “nazioni”. Si pensi all’Antico Testamento. Come inizia il Libro dell’Esodo?

    “Questi sono i nomi dei figli d’Israele entrati in Egitto con Giacobbe e arrivati ognuno con la sua famiglia: Ruben, Simeone, Levi e Giuda, Issacar, Zàbulon e Beniamino, Dan e Nèftali, Gad e Aser. Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava già in Egitto. Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d’Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno. Allora sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. E disse al suo popolo: “Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese”.”

    E il libro dei Numeri?

    “Il Signore parlò a Mosè, nel deserto del Sinai, nella tenda del convegno, il primo giorno del secondo mese, il secondo anno dell’uscita dal paese d’Egitto, e disse: “Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, secondo le loro famiglie, secondo il casato dei loro padri, contando i nomi di tutti i maschi, testa per testa, dall’età di venti anni in su, quanti in Israele possono andare in guerra; tu e Aronne ne farete il censimento, schiera per schiera. A voi si associerà un uomo per ciascuna tribù, un uomo che sia capo del casato dei suoi padri. Questi sono i nomi degli uomini che vi assisteranno. Di Ruben: Elisur, figlio di Sedeur; di Simeone: Selumiel, figlio di Surisaddai; di Giuda: Nacason, figlio di Amminadab; di Issacar: Netanaeel, figlio di Suar; di Zàbulon: Eliab, figlio di Chelon; dei figli di Giuseppe, per E’fraim: Elisama, figlio di Ammiud; per Manasse: Gamliel, figlio di Pedasur; di Beniamino: Abidan, figlio di Ghideoni; di Dan: Achiezer, figlio di Ammisaddai; di Aser: Paghiel, figlio di Ocran; di Gad: Eliasaf, figlio di Deuel; di Neftali: Achira, figlio di Enan”.”

    Non vado avanti oltre, perché questa è un po’ la scoperta dell’acqua calda. Aggiungo solo che – sempre nell’antico testamento – esistono racconti terrificanti:

    “Così dice il Signore degli eserciti: Ho considerato ciò che ha fatto Amalek a Israele, ciò che gli ha fatto per via, quando usciva dall’Egitto. Va dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini.”

    Questi racconti parlano d’un’altra cosa, e cioè che lo scontro fra popoli (o “nazioni”), poteva condurre addirittura allo sterminio. Uno sterminio non “casuale”, ma voluto e pianificato.

    E allora la domanda corretta non è se esisteva un’idea di “nazione” prima del XIX secolo, ma *quanto* e *in che cosa* differisse dall’idea moderna.

    Per questo io dico che gli “italiani” esistevano ancor prima che Dante li chiamasse “Italiani”. Non nel senso che oggi diamo a questa parola, ma esistevano. Ed esisteva anche un luogo geografico definito in cui questi “italiani” vivevano.

    Luigi (veneziano)

  159. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ matteo 154

    Anche a me, sentendo parlare di “Schilleman”, vengono in mente degli epiteti…

    L.

  160. Mauricets ha detto:

    “Per questo io dico”
    esatto!
    Per altri motivi “io dico” non esistevano prima del’unita!

    « Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli italiani. »
    (Massimo d’Azeglio)

  161. Sergio Cadorini ha detto:

    Ovviamente ciascuno impara le lingue che vuole. Io riportavo l’opinione dei linguisti (inglese ed una lingua slava)in quanto si tratta di due tipi di costruzioni linguistiche che permettono di aggiungere due tipi di lingue “sorelle”.

  162. Mauricets ha detto:

    e molte volte ho scritto di come un regno arretrato si sforzo di evolversi in nazione moderna, lo doveva fare visto l’evoluzione dell’europa dopo la rivoluzione industriale.

  163. Unidebit ha detto:

    Nessuno che abbia risposto nel merito alle seguenti osservazioni, forse perché sono inconfutabili:

    – in passato Venedi, Slavi e Veneti erano sinonimi per gli storici
    – da un certo punto in poi si è cominciato a distinguere tra Veneti e Slavi
    – c’è solo una regione in Italia in cui tra i cognomi i più diffusi sono quelli che indicano il nome del genitore, esattamente come succede tra i popoli slavi.
    Intendo dire che -IN e -IC sono modi di costruire il cognome assolutamente i-d-e-n-t-i-c-i

  164. Mauricets ha detto:

    Venedi o Vendi erano tribu slave di area germanica, con le migrazioni dei popoli sono poi scesi fin in veneto.

  165. Tergestin ha detto:

    @ Chinaski

    Si’ ma ve ciava tanto discuterne? Da che TRIBU’ derive’ o pode’ derivar? Xe assurdo, qua legio i Veneti de pura razza, i popoli sloveni che no c’entra coi croati (perche’ un confin, artificiale, decidi tuto), Dante che lo gaveva sempre duro….tuto perche’ ognidun vol rafforzar soto soto un’idea de apartenenza o non apartenenza. No per altro.

    Allibisso. No te par normale?

  166. chinaski ha detto:

    @luigi

    che gli esseri umani tendano a vivere in gruppi e a riconoscersi in un qualche se’ collettivo credo sia un universale antropologico.

    il punto e’ capire su cosa si basi questa percezione di un se’ collettivo, quanto questo se’ collettivo sia numeroso, se questa percezione presupponga o meno il contatto diretto tra le singole persone, come questo se’ collettivo venga percepito in relazione allo spazio e soprattutto al tempo (e da questo punto di vista e’ fondamentale capire quale sia la percezione del tempo, quali metafore primarie siano legate al tempo, ecc. ecc.).

    tutto questo per dire semplicemente: noi non possiamo sapere se nel 1300 gli “italiani” (da trento a palermo) si percepissero come un se’ collettivo di qualche tipo.

    probabilmente e’ vera pero’ un’ altra cosa. una percezione di questo tipo c’era tra quelli che si spostavano di qua e di la’, commercianti e studiosi, che nel confronto con altri luoghi e altre lingue cominciavano a sviluppare un senso di appartenenza geografico e linguistico “italiano”. (ovviamente lo stesso discorso vale per tutti gli altri, tedeschi, francesi, ecc.)

  167. chinaski ha detto:

    @tergestin

    a mi no me ciava un klinz dele origini ancestrali. pero’ visto che con sta storia dela teoria venetica i neonazisti russi i zerca de far passar zerte idee camufandole de teorie scientifiche, un do parole per confutar la bufala secondo mi val la pena de dirle. te sa come xe: a furia de dir “xe solo folklore”, “tanto no ghe casca nissun”, e avanti cussi’, in ex yugoslavia i ga finido per scanarse. paolo rumiz diseva che i sarajevesi colti e cosmopoliti iera increduli quando la zente ga cominza’ a sbararse per strada. e predrag matvejevic, parlando del suo ritorno a belgrado dopo diese ani, contava alibido dei libri che se trovava in libreria nel 2000.

  168. Mauricets ha detto:

    chinaski, concordo su tutta la linea, non capisco come non si riesca a comprendere quanto scrivi. mi viene da ridere a pensare uno servo della gleba (verso gli inizi del secolo XIX, con la liberazione dei contadini, cominciò labolizione della servitu)aveva coscenza di nazione! ma è storia da terza media!

  169. Unidebit ha detto:

    chinaski,dunque tu non indaghi su una cosa per il suo valore intrinseco, ma la giudichi in base a chi la fa sua?
    Magari quella cosa è giusta. Però siccome la propaganda Fiore di Forza Nuova, tu la confuti a priori?

  170. chinaski ha detto:

    unidebit, non hai capito. questa “teoria” e’ considerata *falsa* dalla comunita’ scientifica.

    quindi, come ho gia’ detto sopra, l’ unica cosa che vale la pena prendere in considerazione, parlando di questa “teoria”, e’ l’ uso politico che ne viene fatto.

  171. Unidebit ha detto:

    La comunità scientifica (rotfl) è la stessa che parla della “foiba” di Basovizza, quando tutti sappiamo che è un pozzo ed un deposito di detriti e cadaveri della 1^ guerra mondiale…
    La comunità scientifica (sic) è la stessa che parla di 20.000 infoibati (tra cui donne e bambini!) quando tutti sanno che le PROVE ci dicono che si tratta di meno di 1.000, non sono MAI stati recuperati corpi di bambini … Ed è tutto da dimostrare che fossero tutti italiani.

  172. Mauricets ha detto:

    171 ma parli di Roberto Fiore?
    quello dei NAR?

  173. chinaski ha detto:

    unidebit, la glottologia e la linguistica non c’entrano un cazzo con la foiba di basovizza

  174. Fiora ha detto:

    @173 Unidebit, porca miseria, ma quanno ce vo ce vo!…almeno oggi che ricorre il ventennale dell’indipendenza della Slovenia…dall'”altra parte” si commemora e si prova a guardare avanti
    e tu ti metti a riesumare e far la conta dei soliti poveri scheletri???

  175. chinaski ha detto:

    @fiora

    lascia perdere, il #173 era dedicato esclusivamente a me. non so per quale motivo, ma unidebit-fdc cerca sempre di stuzzicarmi. e’ come mio figlio di tre anni quando butta le robe in giro e poi mi guarda di sottecchi per vedere come reagisco.

  176. Fiora ha detto:

    La differenza è che il bimbo crescerà, Chinaski…

  177. Pierpaolo ha detto:

    Nessun post su Bora.la sull’importantissima e fondamentale delibera della giunta Cosolini? La prima, con la prima conferenza stampa ufficiale nella quale si mettono bene i puntini sulle i e si comincia ad affrontare i veri problemi di Trieste: il bonus bebe alle famiglie rumene!

    Chi iera che diseva che se vinzeva Cosolini el dava i contributi ai stranieri?

  178. Mauricets ha detto:

    mi sembra bene, o facciamo discriminazione tra bambini? e poi sono residenti. saranno i triestini del futuro.

  179. chinaski ha detto:

    sono perfettamente d’accordo con l’ estensione del “bonus bebe'” a tutti i bambini senza distinzioni di razza.

  180. Mauricets@tiscali.it ha detto:

    come si puo dire che un bambino nato a trieste è straniero? dovrebbe essere automaticamente cittadino italiano.

  181. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    C’è anche chi ha parlato di “nazionalità soggettiva” e di “nazionalità oggettiva”.

    Nelle epoche precedenti il nazionalismo ottocentesco, in tutta Europa l’appartenenza era più locale: uno si diceva veneziano o triestino o ferrarese o triestino. C’erano anche le appartenenze – per così dire – “regionali”: Boscovich (che qui è stato citato da Degni), quando nei suoi scritti si autodefinisce, parla di sé in primo luogo come “raguseo”, ma in una celebre nota di un suo saggio in lingua francese segnala due cose:

    1. Di non essere “italiano” (e quindi al suo tempo esisteva – ed è abbastanza ovvio, visto che la cosa esisteva da secoli e secoli – l’idea di “italianità”, intesa per lo meno come appartenenza geografica).
    2. Di essere invece “dalmata di Ragusa”.

    Questa sua autodefinizione – fra l’altro – è molto più simile a ciò che Tommaseo propugnò, e cioè l’esistenza di una “nazione dalmata” costituita da un misto di slavi e latini.

    Tornando al punto, però, è da notare che anche coloro i quali dicevano di sé d’essere “veneziani”, avevano perfetta contezza del fatto d’essere “italiani”. Il Bembo (1470-1547) – veneziano – fin dall’inizio del suo celeberrimo “Prose della volgar lingua” fa capire come si ritiene:

    ” (…) maravigliosa cosa è a sentire quanta variazione è oggi nella volgar lingua pur solamente, con la qual noi e gli altri Italiani parliamo”.

    Hai notato? “Noi e gli altri italiani”, egli scrive: non “Noi e gli altri che abitano queste plaghe”.

    Bembo quindi aveva perfetta contezza del fatto d’essere “italiano”.

    Ma come lui ce ne sono a bizzeffe, per cui non vorrei stressare ulteriormente questo punto.

    Passo direttamente ad un altro celebre pezzo di storia italiana, citando direttamente un lungo pezzo:

    “Sono nelle città le botteghe del caffè ciò che sono nella umana macchina gl’intestini: cioè canali destinati alle ultime e più grosse separazioni della natura, ne’ quali ordinariamente per qualche poco tempo quelle materie racchiudonsi, che se in porzione qualunque obbligate fossero alla circolazione, tutto il sistema fisico si altererebbe. In queste botteghe adunque si digeriscono i giuocatori, gli oziosi, i mormoratori, i discoli, i novellisti, i dottori, i commedianti, i musici, gl’impostori, i pedanti, e simil sorta di gente, la quale se tal vasi escretori non ritrovasse, facilmente nella società s’introdurrebbe, e questa ne soffrirebbe un notabile pregiudizio. Tale però, almeno in alcune ore del giorno, non è la bottega del nostro Demetrio, in cui se talvolta qualche essere eterogeneo vi s’introduce, per ordinario di persone di spirito e di colto intelletto è ripiena, le quali scopo delle loro meditazioni e de’ loro discorsi si fanno la verità e l’amore del pubblico bene; che sono le due sole cose, per le quali, asseriva Pitagora, che gli uomini divengono simili agli Dei.

    In questa bottega s’introdusse ier l’altro un Incognito, il quale nella sua presenza e fisonomia portava seco quella raccomandazione, per la quale esternamente lampeggiano le anime sicure e delicate; e fatti i dovuti offizi di decente civiltà, si pose a sedere chiedendo il caffè. V’era sfortunatamente vicino a lui un giovine Alcibiade, altrettanto persuaso e contento di sé quanto meno persuasi e contenti sono gli altri di lui. Vano, decidente e ciarliere a tutta prova. Guarda egli con un certo sorriso di superiorità l’Incognito; indi gli chiede s’era egli forestiere. Questi con un’occhiata da capo a’ piedi, come un baleno squadra l’interrogante, e con una certa aria di composta disinvoltura risponde: “No Signore”. “E’ dunque Milanese?” riprese quegli. “No Signore, non sono Milanese”, soggiunse questi. A tale risposta atto di maraviglia fa l’interrogante; e ben con ragione, perché tutti noi colpiti fummo dall’introduzione di questo dialogo. Dopo la maraviglia e dopo la più sincera protesta di non intendere, si ricercò dal nostro Alcibiade la spiegazione. “Sono Italiano”, risponde l’Incognito, “e un Italiano in Italia non è mai forestiere come un Francese non è forestiere in Francia, un Inglese in Inghilterra, un Olandese in Olanda, e così discorrendo”. Si sforzò in vano il Milanese di addurre in suo favore l’universale costume d’Italia di chiamare col nome di forestiere chi non è nato e non vive dentro il recinto d’una muraglia; perché l’Incognito interrompendolo con franchezza soggiunse: “Fra i pregiudizi dell’opinione v’è in Italia anche questo; né mi maraviglio di ciò, se non allora che abbracciato lo veggo dalle persone di spirito, le quali con la riflessione, con la ragione e col buon senso dovrebbero aver a quest’ora trionfato dell’ignoranza e della barbarie. Questo può chiamarsi un genio mistico degl’ltaliani, che gli rende inospitali e inimici di lor medesimi, e d’onde per conseguenza ne derivano l’arenamento delle arti, e delle scienze, e impedimenti fortissimi alla gloria nazionale, la quale mal si dilata quando in tante fazioni, o scismi viene divisa la nazione. Non fa (seguitò egli), certamente grande onore al pensare italiano l’incontrare, si può dire ad ogni posta, viventi persuasi d’essere di natura e di nazione diversi da’ loro vicini, e gli uni cogli altri chiamarsi col titolo di forestieri; quasicché in Italia tanti forestieri si ritrovassero quanti Italiani”.”

    Questa citazione mi è particolarmente cara, perché chi pubblicò queste parole nel “Caffè” (la rivista di Pietro Verri), nell’anno 1756, fu un capodistriano di nome Gian Francesco Calvi.

    L’Italia era ancora divisa in stati e staterelli, Venezia viveva l’ultimo mezzo secolo della sua millenaria storia d’indipendenza, la rivoluzione francese era di là da venire.

    Luigi (veneziano)

  182. Luigi (veneziano) ha detto:

    Ops: “Gian Rinaldo”, non “Gian Francesco”…

    L.

  183. Pierpaolo ha detto:

    Le fette di prosciutto non vi fanno vedere che non c’entra la razza ma la residenza.

    Comunque evviva, 2 famiglie rumene hanno avuto il contributo per prime.

    Bravo Cosolini!

  184. chinaski ha detto:

    luigi, pero’ siamo gia’ a meta’ del 1700. gli orologi esistono gia’ da un bel po’ (insisto su questa faccenda del tempo, perche’ il modo in cui si percepisce il tempo e’ fondamentale nell’ autorappresentazione come nazione in senso moderno; eppure, a ben vedere, nel passo che riporti tutto il discorso e’ incentrato ancora solo sulla spazialita’…), cosi’ come la stampa. le costruzioni sociali mica compaiono istantaneamente.

  185. Luigi (veneziano) ha detto:

    Carli è della metà del ‘700, ma Bembo è di duecento anni prima.

    L.

  186. Servolier ha detto:

    Roberti no la staghi a cominzar, la prego, la lassi perder rumeni, bulgari, rom e pedoci in tecia. La fazi anca ela un do’ fioi e ghe dara’ contributi come a tuti i altri.

  187. giorgio (no events) ha detto:

    Cosa ne sarebbe, di Trieste, se dal 1700 non avesse accolto genti da tutto il mediterraneo?

  188. chinaski ha detto:

    luigi, guarda che bembo l’ho citato io per primo un centinaio di commenti fa, proprio come colui che fisso’ il canone della lingua italiana….

    considerazione della sera. i primi moti per l’ autodeterminazione nazionale avvennero in sud america, dove non c’erano tradizioni millenarie o ancestrali a cui fare riferimento. il che, se vogliamo, dimostrerebbe che il concetto di nazione come lo intendiamo oggi e’ veramente qualcosa di legato alla modernita’, piu’ che lo sviluppo di qualcosa di precedente.

  189. Mauricets ha detto:

    ma è stato j.g heder a teorizare la nazione come fatto oggettivo. dove esenziale erano il sangue, il territorio e la lingua. l’esaltazione del blut und boden impernia gran parte della cultura tedescaanca liberale f. meineck, descrivendo i caratteri nazionali sostiene che non è detto che una nazione debba possederli tutti ma che essa debba avere un nocciolo dato dalla razza. principio diventato poi la base del razzismo e imperialismo nazista.

  190. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Su Bembo. Certo, ma qui il punto non era quello riguardante la lingua, ma l’ “autocoscienza di appartenenza”.

    Perché uno in teoria può pure fissare un canone di una lingua (il che fra l’altro significa che questa lingua pre-esiste alla fissazione del canone), fregandosene di dirsi “italiano”.

    Invece Bembo dice d’essere italiano. Anzi: parla di “noi Italiani”.

    Siamo in pieno Rinascimento.

    L.

  191. Fiora ha detto:

    pensare che da brava gossipara del Bembo io mi ricordo solo per il flirt con l’ammaliante coniugatissima Lucrezia B.
    Diamine un minimo di privacy, no?! 🙂

  192. Mauricets ha detto:

    ops! J.G Herder.

  193. Mauricets ha detto:

    sto bembo diceva noi, noi chi? te lo dico io a chi: ai borghesi e quei quattro gatti di nobili acculturati. o preti istruiti. e sempre su testi provenienti dalla lingua toscana. non sapendo cosa fare alla sera codificava il volgare toscano. sempre li siamo. se fosse andato in giro a parlare il suo idioma non lo avrebbe capito nemmeno sua madre.

  194. Unidebit ha detto:

    Quindi, caro Luigi, siamo d’accordo che Ratzinger abbia detto una castroneria nel definire Boscovich un “illustre croato”?

    O visto che l’ha detto il VOSTRO Papa non si può obiettare nulla?

  195. chinaski ha detto:

    @maurice

    il fatto e’ che esistono diversi modi di intendere la nazione. in genere quel modo li’ (blut und boden, la stirpe, la tradizione) e’ tipico di quelle nazioni che sono nate politicamente non attraverso una rivoluzione (quindi non attraverso un moto dal basso, che implica tra l’ altro una rottura del tempo), ma attraverso una autorilegittimazione delle dinastie regnanti. queste ultime, non potendo piu’ invocare dio per giustificare la loro permanenza al potere, avevano bisogno di inventare una “tradizione nazionale” (proiettando in un passato remoto le radici del loro potere e autoproclamandosi artefici del destino della nazione).

  196. Unidebit ha detto:

    nessuno che risponde in merito a Ratzinger… un po’ come se nella Jugoslavia di Tito avessi posto una domanda scomoda su una dichiarazione di Josip Broz…

    E’ proprio vero che l’Italia è un paese a sovranità limitata… per anni limitata dagli Usa e da Gladio, ora limitata dallo strapotere vaticano!

  197. Mauricets ha detto:

    è ovviamente il caso italia. li dove la lingua è stata imposta alle varie popolazioni dopo l’unita. una lingua fatta a tavolino, non una lingua di popolo ma una alchimia inventata per omologare e soggiogare la penisola. ormai è chiaro a tutti. primo, e non unico, seme di quel nazionalismo che porto le genti italiche a soffrire privazioni e angherie da parte dello stato centralisata voluto dai savoia e il loro conte. come disse manzoni di un italiano letterario che si sovrapponeva agli idiomi regionali: l’italia “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor” (marzo 1812)era un programma politico-culturale che si presentava ambiguamente anche come la constatazione di una realta.

  198. Unidebit ha detto:

    Mauricets, l’italia è un paese etno-centrico e fortemente nazionalista. Pensa che in Italia la famiglia ODESCALCHI, quella per intenderci dei Castelli di Bracciano (matrimonio Tom Cruise), Santa Severa e Santa Marinella, è considerata facente parte della “Nobilità italiana”. Peccato che gli Odescalchi fossero dei nobili di origine in parte polacca (come ricorda il cognome) ed in parte croata. Una delle perle della Slavonia, infatti, è il Castello Odescalchi di ILOK, al confine con la Serbia.
    La città di Ladispoli, vicino a Roma, fu fondata da LADISLAV ODESCALCHI, croato.
    Ma prova a chiedere a qualche italiano… ti dirà che gli Odescalchi sono ITALIANISSIMI!!!!

  199. Mauricets ha detto:

    ma è evidente che le genti si spostavano, si mischiavano. cercare la razza pura ha gia portato al disatro. è altresi noto che popolazioni friulane emigrarono in bosnia per lavoro durante gli anni dell’impero.

  200. Mauricets ha detto:

    è oggi continuano a spostarsi, mi sembra chiaro come il sole.

  201. chinaski ha detto:

    @luigi

    possiamo andare avanti all’ infinito. il problema e’ proprio quel “noi”. quanti ci stanno dentro a quel “noi”? che rapporti sociali sono sussunti da questa autorappresentazione?
    (per inciso: farei le stesse obiezioni a marisa a proposito dell’ autoidentificazione dei friulani nel 1300, o a un pugliese che mi parlasse di autoidentificazione per i pugliesi del 1300)

    mi e’ anche venuta in mente questa cosa. hai presente florian geyer, il cavaliere che combatte’ insieme a thomas muentzer dalla parte dei contadini e dei minatori nella guerra contro lutero e i signori feudali? engels ne fa un precursore della lotta di classe. cent’ anni piu’ tardi hitler rilegge geyer in chiave nazionalista, e ne fa una specie di simbolo dell’ unita’ del popolo tedesco.

  202. chinaski ha detto:

    @unidebit

    ma che gente frequenti?

  203. Unidebit ha detto:

    Chinaski, quindi la gente che frequenti tu conosce le origini croate e polacche della famiglia Odescalchi?

  204. chinaski ha detto:

    la gente che frequento io non conosce l’ esistenza della famiglia odescalchi

  205. Mauricets ha detto:

    ma sul “noi” sono d’accordo tutti gli storici seri. poche persone, una lingua letteraria, non parlata. quanti sapevano leggere e scrivere nella penisola? di questi quanti capivano quello che leggevano? dove erano le scuole che la isegnavano? non c’era mica l’istruzione pubblica! su dai usiamo il cervello!

  206. Fiora ha detto:

    non conosci gli Odescalchiiiii? tagliato fuori dal jet set, Chinaschi ! 🙂

  207. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Quel “noi” intanto ha un senso per il Bembo, e sta ad indicare gli abitanti della penisola italiana. Su questo non ci piove: è lo stesso Bembo ad affermare che lui la pensa così.

    Quindi – in prima battuta – mi permetto di consigliare di riconoscere ed accettare ciò che ci dicono i documenti: è una semplice questione di rispetto delle fonti.

    Le quali fonti, ahimè per quelli come mauricets che si basano sulle proprie pippe mentali, sono tutte quante univoche: abbiamo letteralmente “migliaia” di testimonianze scritte a partire dal medioevo per giungere ai nostri giorni, nelle quali si parla di “Italia” e di “Italiani”.

    Te ne cito qualcuna, presa realmente a casaccio:

    1250 ca.: Vincenzo di Beauvais scrive lo “Speculum maius”: un’enciclopedia nella quale parla anche della storia d’Italia e degli “Italici”.
    1321-1337: Guido da Pisa scrive una storia universale in volgare, dal titolo “Fiore d’Italia”.
    1471: Il cardinal Bessarione scrive una serie di orazioni “Ai principi Italiani”.
    1482: Flavio Biondo scrive la “Storia d’Italia”. In essa si parla degli “Italiani”.
    1495: Antonio de Nebrija (uno spagnolo considerato “L’Erasmo di Spagna”), nelle sue “Introductiones Latinae” parla ampiamente di varie città come roma, Bologna, Firenze, chiamandole “Italiane”, e i loro abitanti “Italiani”.

    Di Petrarca, Dante, Bembo, Carli eccetera eccetera ho già detto. E non abbiamo mai parlato del Guicciardini o del Muratori!

    Anche qui devo concludere che più di così non so che dire: nel primo volume della Storia d’Italia Einaudi un celebre storico di nome Giulio Bollati dedica un centinaio di pagine all’analisi dell’italiano, inteso come “topos”, e della storia di questo “topos”.

    E’ interessante notare come nel secondo paragrafo del suo trattato affronti la tematica “l’italiano non esiste”, che – anche se uno che brancola nel buio come mauricets non lo saprà mai – è stata affrontata fin dalla fine del XVIII secolo. E’ perfino divertente rileggere tramite le pagine del Bollati come vengano rovesciati completamente i termini “classisti” della questione: l’affermazione per cui solo la classe superiore si considerava e poteva esser considerata “italiana”, mentre i villici erano delle sorti di cavernicoli, per lo storico in realtà non è altro che un vizio dell’occhio dell’interprete lungo la storia: il ricco, benestante e acculturato osservatore o storico o letterato, indicano per sé e per la propria cerchia d’essere “italiani”, mentre i pezzenti non hanno diritto di nomarsi: ladri, maliziosi, astuti, furbi, assassini, senza coscienza né ragione, essi costituiscono “un’altra razza”.

    “Questa traccia” – afferma Bollati – percorre nitida e continua tutta la storia d’Italia, segnandola di ovvietà “naturalistica” nel Medioevo comunale (…); di sentenzioso moralismo padronale nei trattatisti del buon governo della casa e della dattoria; di distanza platonica nell’età dell’ottimo cortigiano”.

    Nel Settecento invece nasce addirittura una sorta di “genere letterario”, che potremmo definire “di confutazione”: nel corso del “grand tour” che i ricchi rampolli della nobiltà europea fanno in Italia, nascono decine di libercoli o pamphlet, nei quali i visitatori discettano delle miserande sorti dell’Italia, i cui abitanti vedono tanto distanti dalle vette delle epoche passate. E così – di converso – ecco il Calepio o il Baretti, che prendono la penna in difesa del volgo italiano.

    Così, di decennio in decennio e di secolo in secolo, finiamo per trovarci anche noi qui, a ragionare sull’esistenza di questo popolo italiano, che – com’è noto – tuttora mena gran scandalo in varie menti, che mal sopportano quel tanto d’anarchia che ci rende – e dico “ci” perché mi ci ritrovo perfettamente – del tutto peculiari e diversi rispetto ai grandi popoli del ceppo anglo-sassone (più i francesi), che si ritengono da qualche secolo i depositari del “verbum” rispetto a come può o non può comportarsi una persona o un popolo.

    Ma non solo loro: vi sono anche tutti i reggicoda, che anche qui abbondano: chi nel nome della vecchia Austria, chi invece nel nome d’un vero e proprio razzismo appena appena velato da una sottile patina, nei confronti di ciò che proviene dall’italico suolo, perennemente ritenuto di carattere intrinsecamente inferiore.

    Notazione finale con digressione: tempo fa ho trovato un libretto d’un inglese dei primi del ‘900, che con soverchio disprezzo giudicava il gesticolare degli italiani.

    Perché consideriamo più dignitoso – per esempio – un composto silenzio di fronte ad un lutto, che non le alte urla delle prefiche?

    Eppure queste hanno una storia plurimillenaria, e già nei libri d’Omero si parla dei pianti disperati finanche degli dei.

    Ebbene: è solo una questione di approccio culturale: il dignitoso silenzio è un portato di un’altra cultura, che ovviamente non può e non deve essere considerata “superiore”.

    Evviva l’Italia e gli Italiani, quindi!

    Luigi (veneziano)

  208. effebi ha detto:

    ma sto faraguna… no podeva far de meno de scriver quele robe su iZtoK… !!??
    vara che kasin…

  209. Fiora ha detto:

    @208 “STRAQUINDI”, Luigi e ci dispiace per gli altri!

  210. matteo ha detto:

    Fiora

    ma te prego, qualsiasi pol risponderghe a rima, no basta butar su un paio de citazioni e girarle come te vol

  211. plupieri ha detto:

    Luigi sè omo de cultura ciò..I ghe demo il premio de l’Academia…como se cjama, ah si de la “Crusca”..

  212. Fiora ha detto:

    de cos’te me “preghi” Matteo?!
    Le citazioni bisogna saverle utilizar. Nisun inventa gnente ( a parte le mie monade de ” se vinzi Cosolini…” ahahah! 🙂 ) quel che conta xè asimilarle e farle propie.
    Penso che sia el caso de Luigi.

  213. Fiora ha detto:

    …Però onestà e assoluta mancanza de faziosità me detta: Zercando Pietro Bembo se semo persi IZTOC FURLANIC e propio el giorno del ventennal della Slovenia!
    ciò de sto flirt de Bembo co’ Lucrezia Borgia no xè mai sta apurà se i gaveva saltà el fosso… 🙂

  214. chinaski ha detto:

    ma diobono luigi, se e’ da 200 commenti che abbiamo gia’ convenuto (senza nessun problema, peraltro) sul fatto che la parola italia fosse usata fin dal tempo dei greci antichi per indicare lo stivale, e la parola italiani per indicare i suoi abitanti.

    sull’ immaginario delle classi subalterne, richiamo ancora ginzburg: ci sono tracce di una rappresentazione simbolica autonoma nelle classi popolari. e’ li’ che bisognerebbe scavare, se possibile, per capire come si autorappresentassero ad esempio i contadini. altrimenti si tratta sempre di costruzioni culturali delle classi superiori, che eventualmente possono essere calate paternalisticamente dall’ alto su quelle subalterne.

    ancora: gonfiare il petto e gridare viva l’ italia, prendersela coi francesi perche’ sono spocchiosi, non aiuta a capire ad esempio le cause di un fenomeno come il brigantaggio post-unitario.

    e per concludere: tra “liberté, égalité, fraternité” e “dio patria e famiglia” (motto mazziniano, non fascista), a costo di farmi dare dello spocchioso filofrancese, io preferisco la prima.

  215. matteo ha detto:

    guarda che xe facile trovar dati e meterli insieme, specialmente co se scrivi

  216. Mauricets ha detto:

    è evidente che fisicalmente la penisola esisteva è tuttora noi la calpestiamo. come è evidente che “conteneva” delle persone. ma non è altretanto lapalisiano se 700 anni fa esisteva la nazione e lo spirto nazionale italiano. come lo intendiamo oggi.se nella la penisola vi era un senso di appartenenza in tutti i suoi elementi a una sola lingua, cultura e popolo. cosa dubbia visto che persino i padri fondatori si resero conto che non esisteva nemmeno un idioma comune. e che bisogna costruire letteralmente da zero una coscienza nazionale. evoluzione necessaria, come lo è ora l’abbandono degli stati- nazione. perche è in quella direzione che si muove la storia. l’europa non è altro che il superamento dello sterotipo degli stati nati dopo la rivoluzione industriale. ed è chiarissimo questo propio li dove la ue impone la difesa delle minoranze e delle lingue minoritarie. l’opposto del nazionalismo che ha sempre schiacciato le componenti non omologate al potere centrale.

  217. Fiora ha detto:

    graazie Mateteo ,giuro che no savevo!
    evidentemente un lavor de ricerca presupponi passion e anche nozioni de base de partenza per farlo! benedeto internet, strumento utilissimo ma ovviamente privo de intelligenza propria.
    una barca ma el timonier fa la differenza.
    Ma ti te parli per amor de virtute e conoscenza o…de polemica? 🙂

  218. Fiora ha detto:

    “MATTEO”, con bon rispeto ! ah ste tastiere…che vivi de vita propia!

  219. Mauricets ha detto:

    forse luigi dovrebbe capire che non si puo misurare il passato con il metro del presente. sarebbe come misurare una superficie in litri. nessun storico lo fa. ma come viceversa fanno i politici, sopratutto se ideologizati. e il nostro commentatore e bravissimo a utilizare i fattori per ottenere il risultato che a lui aggrada di piu.

  220. Fiora ha detto:

    @221hai ragione Maurice. la lunga tenzone Luigi vs Chinaski mi appare come quella tra Dante e Forese Donati ( Mateo giuro che me son ricordada cussì de sola sensa gugl!). interessante ma accademica, però questa, quanto vivace e d’attualità trecentesca quella tra il Poeta e il Guelfo.
    Per me ” La vita è adesso !” ,possibilmente rifacendoci al massimo ad una generazione…UNA ho detto! trent’anni o giù di lì. altrimenti avanti non si va. Sempre che lo si voglia.
    E cercasi Iztok disperatamente…

  221. Mauricets ha detto:

    un pochino di storia per chi non la conosce “E’ noto che, a partire dall’Alto Medioevo (discesa dei Longobardi, 568 AD), la penisola non è più stata un’unica entità politica. Lo stato della Chiesa, al centro, ha separato l’Italia del Sud (occupata, a partire dall’VIII secolo, dagli Arabi, dai Normanni, dagli Angioini di Francia e dagli Aragonesi di Spagna) da quella del Centro e del Nord, dove sono fioriti i Comuni (Milano, Firenze, Venezia, Genova, Ferrara, Mantova, ecc.), trasformatisi poi in Stati regionali. Dopo il 1559 (pace di Cateau Cambresis fra Spagna e Francia), anche gli stati del Centro-Nord finiscono, in parte, sotto il dominio spagnolo; nel ‘700, sotto il dominio austriaco.
    Sono le truppe di Napoleone a far rinascere, presso gli intellettuali, il senso di appartenenza ad una comune identità italiana. Non abbiamo, in Italia, un’opera paragonabile ai Reden an die deutsche Nation di Fichte, ma poeti e scrittori come Foscolo e Manzoni esprimono il dissenso o la delusione degli Italiani nei confronti di Napoleone.
    L’Italia viene unificata nel 1861, grazie all’alleanza fra la dinastia piemontese dei Savoia e la Francia di Napoleone III, che conducono una guerra vittoriosa contro l’Austria (l’effettivo completamento dell’unità si avrà in tre tappe successive: 1866 e 1870, con l’aiuto della Prussia; 1918, dopo la prima guerra mondiale). Nel 1861 prevale, rispetto al progetto repubblicano e democratico di G. Mazzini, la strategia liberale e moderata del conte di Cavour, primo ministro piemontese. Cavour, diversamente da Bismarck, prende a modello il sistema parlamentare inglese; malgrado qualche tentazione autoritaria da parte del governo negli anni ’80 e ’90, il sistema parlamentare italiano sembra solido, eppure si dissolve rapidamente, dopo la prima guerra mondiale, lasciando spazio alla dittatura fascista.”

  222. Paolo Geri ha detto:

    179. Pierpaolo

    Sui bonus bebè il provvedinento della Giunta Cosolini è un salutare schiaffone in faccia ai deliri razzisti della serie “prima di tutto gli italiani” (con variante “prima di tutto i triestini). Mi risulta che si sia voluto scegliere appunto come primo provvedimento questo che è di alto contenuto simbolico anche se riguarda a quanto dice “Il Piccolo” solo 5 famiglie di cui tre rumene.
    Peccato non si sia potuto estendere i bonus bebèanche ai bambini extracomunitari. Ma fra un po’ ci riusciremo.

  223. ufo ha detto:

    @223 Ma cos’aveva di piemontese la dinastia dei Savoia francofoni? Oltre ai sudditi, intendo. A me sembra che fossero piemontesi tanto quanto Kublai Khan era cinese e Bernadotte svedese…

  224. Mauricets ha detto:

    piemontesi perche vivevano nel “contenitore” piemonte… un giorno (forse)si dira che senza la francia noi a questa ora eravamo come la exyugoslavia. e quel mariuolo di mussolini sparo alle spalle dei francesi il 10 giugno 1940.

  225. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ mauricets

    Fonte: una certa Caterina Albana di Grosseto, che premette:

    “Le seguenti osservazioni non hanno naturalmente alcuna pretesa scientifica”.

    Chi è questa Caterina Albana?

    Una studentessa del Liceo Linguistico, Sociopsicopedagogico e delle Scienze Sociali “A.Rosmini” di Grosseto. Una che deve avere l’età di mio figlio: sui diciassette anni.

    Complimenti!

    L.

  226. Mauricets ha detto:

    “deve avere” li ha ?

  227. Mauricets ha detto:

    confuta i fatti non l’eta. quanti anni aveva alessandro magno quando fu incoronato? a soli sedici anni, durante una spedizione del padre contro Bisanzio, gli fu affidata la reggenza in Macedonia. faccio come fai tu, ora ne abbiamo le prove. spulci internet ed estrapoli quello che ti piace. se vai a scuola ti bocciano perche copi.

  228. Luigi (veneziano) ha detto:

    Caterina Albana di Grosseto è come Alessandro Magno.

    Ri-complimenti!

    L.

  229. Mauricets ha detto:

    confuta i dati storici. senza copiare.

  230. Mauricets ha detto:

    e io spero nei giovani. credo in generazioni che crescano senza la mente offuscata dalla propaganda nazionalista. credo in una italia libera e democratica. che rinasca su basi diverse da quelle su qui poggia. sui veri ideali di liberta. quelli promessi e non mantenuti.

  231. Unidebit ha detto:

    Luigi, ci stai quindi dicendo che tuo figlio è poco affidabile?

  232. Unidebit ha detto:

    224. GERI, lo spero proprio. Solo gli extra-comunitari posso salvarci da una crisi previdenzial-demografica di dimensioni inimmaginabili!

  233. Unidebit ha detto:

    212. Matteo. Luigi me par el re del copia/incolla….

  234. Mauricets ha detto:

    ma è un bel articolo secondo il mio punto di vista quello di Caterina Albana.
    leggetelo, merita.

    http://win.rosminigr.it/attivita_doc/pdf/Albana_Annotazioni_Identit%C3%A0_italiana.pdf

  235. Luigi (veneziano) ha detto:

    Federico: per raccontare la storia d’Italia e la storia del sentimento nazionale degli italiani, mio figlio è poco affidabile.

    Preferisco citare – come ho citato – la “Storia d’Italia” dell’Einaudi.

    Purtroppo – conoscendoti – parlarti di queste cose è come invitarti ad un’escursione sull’Everest, e tu ti presenti in ciabatte.

    L.

  236. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski
    Conveniamo quindi sul fatto che i due concetti di “Italia” e “Italiani” preesistono all’unità d’Italia.

    Conveniamo anche sul fatto che il concetto di “Italiani” non era – e non poteva essere – di tipo nazionalistico-moderno, visto che quest’ultimo tipo nasce nel XIX secolo.

    A questo punto, un passo in più: popoli con una storia simile alla nostra esistono. Primi fra tutti i tedeschi, che addirittura si riunirono in stato solo dopo la guerra franco-prussiana del 1870, e quindi addirittura nove anni dopo l’Italia.

    Anche i tedeschi non potevano avere nei secoli passati la stessa idea nazionale del XIX secolo.

    Il discorso su quello che tu chiami “immaginario delle classi subalterne” (quanto marxismo e strutturalismo c’è, in questa definizione!) può comunque essere applicato paro paro anche ai tedeschi. Che sappiamo dell’ “immaginario” delle classi subalterne tedesche nel XVI secolo?

    Dirò di più: la lingua tedesca è divisa in mille dialetti forse addirittura più dell’italiano, ed i primi grammatici tedeschi sono più o meno coevi del Bembo, e di qualche decennio successivi del Fortunio (Valentin Ickelsamer, “Teutsche Grammatica”, 1534; Johannes Clajus, “Grammatica Germanicae Linguae”, 1578).

    Eppure riguardo ai tedeschi nessuno ha mai espresso gran dubbi sulla loro esistenza prima del 1870, o sulla loro “artificialità”.

    Forse la cosa deriva – chissà! – dal fatto che i tedeschi negli ultimi duecento anni hanno pestato durissimo sulle teste di tutti quanti, e quindi non sarebbe elegante affermare che un popolo senza storia t’ha preso a calci sugli stinchi. Sto scherzando…

    Certo: le persone semplici come mauricets possono anche credere che in Italia non esiste un parallelo dei “Reden” di Fichte. Che ci vuoi fare: la studentessa di Grosseto non ha mai letto Gioberti, e quindi rotola dalle scale senza rete.

    Ma uno come te – che mi pare alquanto “studiato” – deve a mio modo intendere lo studio senza pre-concetti. E riconoscere quindi “de plano” che un’idea di “Italia”, di “Italiani” e di “popolo italiano” è di gran lunga anteriore rispetto al 1861. Idea elitaria quanto si vuole (ma non più di quanto fosse elitaria l’idea di “tedeschi”), ma comunque esistente e ben testimoniata nella storia.

    Tutto qui.

    L.

  237. Unidebit ha detto:

    Luigi, cos’hai contro le persone ‘semplici’?

  238. Mauricets ha detto:

    ma guarda che è una prof, forse hai un po di confusione. o non sai usare facebook.

    http://www.facebook.com/group.php?gid=40550786773#!/group.php?gid=40550786773&v=wall

  239. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ mauricets
    Devo avertelo già chiesto, ma non mi ricordo che m’hai risposto e quindi te lo richiedo: ma tu quanti anni hai?

    @ FD
    Tu sai che io so, e quindi è meglio che lasci perdere.

    E adesso vado in spiaggia.

    L.

  240. Mauricets ha detto:

    adesso il problema non sono io, ma l’autrice che non conosci. se leggi questo link vedrai la posizione della “studentessa” anche sulle foibe

    http://www.isgrec.it/pubblicazioni/guerre_civili.htm

  241. Mauricets ha detto:

    per chi interessa, ogni punto di vista è utile.

    “A cura di Caterina Albana e Paolo Carmignani
    Editrice “Il mio Amico”, Roccastrada 1999

    Indice:
    Introduzione – Caterina Albana e Paolo Carmignani
    Le guerre civili in Europa – Claudio Pavone
    Il caso della Spagna – Gabriele Ranzato
    Una guerra civile in Germania tra le due guerre? – Gustavo Corni
    La Jugoslavia: una guerra civile lunga un secolo – Teodoro Sala
    Guerra civile e conflitto etnico: italiani, croati, sloveni– Raoul Pupo
    Cinema e guerra civile: un confronto scomodo – Pierre Sorlin

    Il volume raccoglie gli atti del convegno Guerre civili nell’Europa del Novecento, tenutosi a Grosseto dal 21 al 23 febbraio 1997 e organizzato dall’Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea, in collaborazione con istituzioni scolastiche e Comune di Grosseto. Si riporta l’introduzione al volume, a cura di C.Albana e P.Carmignani.

    “Si riporta l’introduzione al volume, a cura di C.Albana e P.Carmignani:
    Il tema delle guerre civili è, nella storia del XX secolo, fra quelli che possiedono la caratteristica di produrre concatenamenti, relazioni e interconnessioni con una tale serie di eventi e questioni, da configurare, una volta che sia stata elaborata la rete degli intrecci, una storia complessiva dell’epoca. Non si tratta quindi propriamente di un tema, ma di una chiave interpretativa, di una prospettiva per mezzo della quale si tenta di interpretare la storia del novecento.”

    i link sono sopra.

  242. chinaski ha detto:

    @luigi

    1) io non ho mai parlato di 1861.
    2) non ho mai parlato di artificialita’. ho parlato di “comunita’ immaginate”, espressione che si riferisce a qualunque nazione. “immaginate” perche’ in senso stretto una comunita’ e’ formata da persone che si conoscono (una famiglia, un villaggio). una nazione invece e’ una proiezione, contiene un elemento utopico, presuppone uno sviluppo nel tempo, un’ idea di futuro e un racconto del passato.
    3) quel che dici sui tedeschi (sulla gran quantita’ di dialetti, sulla frammentazione politica…) e’ assolutamente vero. ne’ ho mai affermato il contrario. anzi, parlando di florian geyer ho anche mostrato un esempio di come un evento in cui elementi di lotta di classe facevano irruzione in una guerra di religione, sia poi stato stravolto e riletto in chiave nazionalista.
    4) credo tu non abbia capito una cosa. io non sto facendo una critica dell’ italia come nazione. io sto facendo una critica del modo in cui una costruzione sociale sette-ottocentesca come la nazione venga proiettata retrospettivamente nel passato, e diventi pressoche’ l’ unica chiave di lettura della storia (ogni guerra, ogni scontro di potere viene visto come una tappa del processo di formazione della nazione).
    5) per curiosita’: perche’ tra le varie citazioni non hai inserito anche la parte finale del principe? quel passo e’ stato letto da molti come un’ altra prefigurazione del risorgimento. anche li’ pero’, secondo me, siamo piuttosto lontani da un’ idea di “autodeterminazione”. siamo piuttosto nel campo delle lotte di potere per il predominio politico e militare in italia.

  243. gropajaco ha detto:

    ne hai di pazienza….

  244. Mauricets ha detto:

    ed è questa costruzione basata su un proggetto fallace che ci porta a essere una nazione incompleta, una anomalia nelle grandi democrazie. ma la gente onesta non se lo merita. non ci meritiamo il nano con la testa d’asfalto. nella mia ignoranza la penso cosi.

  245. maja ha detto:

    #245

    potrpljenje je božja mast 😉

  246. Mauricets ha detto:

    la pazienza è la virtu dei forti?

  247. Unidebit ha detto:

    241, immagino che spiagge pulite e cristalline abbiate a Venezia… :-))) io ho appena prenotato a Polače, dubito che tu sappia dove si trovi…

  248. gropajaco ha detto:

    247. jest mam chinaskija na sumu, da cilja lih na to: da mu uspe napravit en čudež in da ga proglasijo za blaženega;)

  249. maja ha detto:

    se bojim, da mu ne bo ratalo. misija: nemogoče!

    (maurice#248, sì.)

  250. ufo ha detto:

    Sej ni težko – č’ so l’hko anga Stepinaca n’rdile za blažn’ga, l’hko tude vsakga ud nas, vre zrad t’ga d’ trpimo tje moneže.

  251. maja ha detto:

    ma ne rat’t blažen, dej. tu pej res nej teško. n’rt čudež s’z lojskot’n. tu, tu je vredno samga sizifa!

  252. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski
    Scusa, ma mi pare che tu continui a cercar di sfondare porte aperte.

    Ripeto i punti:

    1. E’ assolutamente improprio parlare di “nazione italiana” per i secoli precedenti il XIX secolo, proiettando nei secoli precedentei l’idea che NOI abbiamo di “nazione”.

    2. Non è improprio solo per l’Italia, ma per qualsiasi nazione esista al mondo.

    3. Cionondimeno, i concetti di “Italia” e di “Italiani” erano stati già individuati. Il nome “Italia” per indicare uno specifico luogo geografico è uno dei più antichi dell’intera Europa, e la cosa interessante è che – a differenza di altri nomi come per esempio “Croazia” – è rimasto praticamente sempre quello (adesso non smeniamoci per le terre di confine: non è quello il punto)! Nazioni come la Russia si sono spostate, espandendosi letteralmente per migliaia e migliaia di chilometri quadrati, mentre l’Italia – grossomodo – è rimasta TALE E QUALE (geograficamente parlando) come quella suddivisa da Augusto!

    E il nome di “Italiani” (o anche “Italici”) è allo stesso modo uno dei più antichi dell’intera Europa. L’avrò scritto venti volte: ti prego di non farmelo ripetere la ventunesima.

    4. Che significa ciò? Significa che lungo la storia abbiamo queste “idee”, questi “concetti” che hanno percorso i secoli, e ben prima che nascesse – per esempio – la parola stessa di “Francia”, o ben prima che i popoli slavi arrivassero sulle sponde orientali dell’Adriatico, detti “concetti” erano ben noti.

    5. Lungo tutti i secoli che vanno dall’alto Medioevo fino a noi, abbiamo *migliaia* (letteralmente *migliaia*) di fonti, di documenti, di trattati, di mappe geografiche, di ciò che vuoi, che affermano che *quel luogo lì* è “Italia” e *quelle persone che abitano quel luogo lì* sono “Italiani”.

    Vogliamo un’altra evidenza documentale?

    Cerca la mappa di Fra’ Mauro: guarda in che modo è denominata l’Italia: forse “Ausonia”?

    Non solo è definita “Italia”, ma nel cartiglio a fianco Fra Mauro scrisse: “De questa nobilissima Italia non ne dico qui altro per esser cossa notissima et celebrata da tutti prestantissimi scriptori (…)”

    E secondo te, i contemporanei di Fra’ Mauro pensavano che in Francia vivessero i Francesi, in Inghilterra gli Inglesi, e… in Italia? Gli “ausoniani”? I Veneti, Lombardi, Siciliani i Vattellappescaiani… tutto quanto, tranne che gli “Italiani”?

    6. Vogliamo dire che il volgo non sapeva nemmeno di vivere in Italia? E allora ti dico che a noi è pervenuto perfino il canto di un anonimo cantastorie, che percorse le campagne venete fra il 1494 e il 1525. Questo canto è stato poi trascritto e pubblicato a Venezia nel 1535, e s’intitola “Guerre horrende de Italia”. Immagina adesso la scena: questo cantastorie che gira per i borghi della campagna veneta, canta dell’ “Italia”… e secondo te nessuno capiva di che posto stava parlando?

    NOTA PER MAURICETS: Purtroppo non ne trovi il testo in internet: è riportato in parte in un saggio di Corrado Vivanti, uno dei più famosi storici italiani contemporanei, che ho sotto gli occhi.

    Morale della favola: tu critichi il modo in cui uno trasporta idee ottocentesche nei secoli precedenti. E allora ti domando: chi lo sta facendo? Chi, a tua conoscenza, scrive queste cose? Chi ne ha parlato, anche qui dentro? A chi ti stai riferendo?

    Io ho detto che anche in epoche precedenti al XIX secolo s’è parlato di “nazione italiana”, e che è il concetto di *nazione* ad essere mutato, ma quella parola lì GIA’ SI USAVA, e si usava ANCHE per l’Italia e gli Italiani.

    Mi chiedi di Machiavelli. Fin troppo semplice, quella citazione: ho trattato anche il Guicciardini semplicemente citandolo di nome, anche se tutti noi sappiamo come s’intitola la sua opera principe.

    Insomma: di fronte a *migliaia* di citazioni scritte di tutti i tipi (ne ho appena riletta una del Ruzante, che non trascrivo perché è lunga, ma che sostanzialmente dice che Venezia è uno “stato Italiano”), come posso interpretarle tutte quante esattamente all’opposto?

    Luigi (veneziano)

  253. Luigi (veneziano) ha detto:

    Celeberrima battuta di Orson Welles, per intender meglio come la penso io:

    http://www.youtube.com/watch?v=4vT3Y6CmBYo

  254. chinaski ha detto:

    @luigi

    ma dove avrei detto che non si usava la parola “italia” o “italiano”? in questo modo diventa difficile discutere. la questione che io ho sollevato e’: che cosa intendeva dire un italiano (sei contento?) del 1300, quando diceva di essere italiano? attribuiva a questa parola un valore identitario? come ho gia’ detto sopra, io credo che questo fosse vero solo per chi viaggiava: studiosi e mercanti.

    spero almeno che tu non abbia difficolta’ ad ammettere che “noi” (io, te, bepi s’cinca…) non abbiamo niente a che fare con italo, re degli enotri, che secondo il mito diede il nome a questa benedetta penisola.

  255. gropajaco ha detto:

    si’, pero’ devi ammettere almeno che la gioconda non l’ha dipinta uno svizzero! e nemmeno uno spocchioso francese!

  256. Mauricets ha detto:

    ma è evidente che esistevano gli italiani nel senso di abitanti della penisola italica. io penso solo che omologarli tutti sotto un unico idioma ed una unica idea di patria o etnia, prima che si fosse cementata una nuova coscienza largamente diffusa di nazione unitaria, sia ardito. è evidente che gli abitanti sapessero che si trovavano in un luogo denominato italy, ma ne avevano, e una mia teoria, piu o meno la considerazione che ne abbiamo noi dell’europa come è ora. magari tra 300 anni non sara così, i nostri fgli avranno un senso nazionale (stile USA) di questa UE. so che sono baggianate, ma è una mia idea. speriamo solo che il futuro ci risparmi le guerre e gli odi del passato.

  257. Unidebit ha detto:

    Luigi, per te Marco Polo era:

    – italiano
    – croato
    – dalmata
    – veneziano

    E ancora: come mai il Milione fu scritto in langue d’Oil e non in italiano e/o croato e/o veneziano?

  258. Fiora ha detto:

    @255 e meno male che l’ha detta Orson Welles, ah Luigi?!
    …pensi che diranno che è stata doppiata male? 🙂

  259. L'equidistante ha detto:

    Fiora e Lugi, perché non vi preoccupate degli schiaffi che l’Italia sta prendendo dalle agenzie di rating e della fine greca che sta per fare il vostro paese, quello della MUNNEZZA di Napoli, invece di offendere la Svizzera?

    Siete una repubblica delle banane travolta da munnezza e debiti che andrebbe espulsa da Euro ed UE!

  260. Fiora ha detto:

    @263ho apprezzato la battuta di O.W.e non vi ho trovato nulla di offensivo nei confronti della Svizzera, semmai una dichiarazione di simpatia per l’Italia, il che pare seccarti…per essere equidistante ti trovo piuttosto di parte!

  261. chinaski ha detto:

    @luigi

    “tu critichi il modo in cui uno trasporta idee ottocentesche nei secoli precedenti. E allora ti domando: chi lo sta facendo? Chi, a tua conoscenza, scrive queste cose? Chi ne ha parlato, anche qui dentro? A chi ti stai riferendo?”

    lo facciamo tutti, senza rendercene conto. e’ inevitabile, perche’ il concetto di “nazione”, a meno che non si tratti di una nazione che nasce attraverso un evento rivoluzionario, e’ legato necessariamente a un certo racconto del passato.

  262. Mauricets ha detto:

    a seguito di una serie di sfortunati eventi. si potrebbe dire. parafrasando il titolo di un film.

  263. Mauricets ha detto:

    una mia considerazione chinaski: non pensi che ora viviamo in un contesto simile? nel senso che da una europa divisa e guerregiante si vada verso una entita statale univoca. certo con mezzi diversi, politici ed economici, ma similmente a quanto avvenne al’italia che era divisa e dilaniata da conflitti. anche perche in prospettiva futura gli stati europei nella vecchia forma verrebbero stritolati dalla competizione mondiale.

  264. chinaski ha detto:

    @maurice

    eh, mica ho la sfera di cristallo. comunque bisognerebbe cercare di non essere troppo eurocentrici nelle proprie analisi.

  265. chinaski ha detto:

    @luigi

    non l’ ho letto, ma secondo me e’ fondamentale per decostruire molte cose dei discorsi che si fanno su bora.la

    http://en.wikipedia.org/wiki/Imagined_geographies

  266. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Tu dici che tutti trasportano l’idea di “nazione” del XIX secolo in realtà precedenti: lo fanno tutti.

    Ma – benedettiddio – in questa nostra lunga discussione non mi par proprio che sia stato fatto questo: in pratica – se ho ben capito – hai continuato a ragionare con me come se parlassi con quest’ipotetica persona che “trasla” concetti da un secolo all’altro.

    Il tutto mentre le varie reincarnazioni del pluribannato romano saltellano allegramente, fra una bojata e l’altra.

    L.

  267. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Fiora 264
    E’ noto che questa celeberrima battuta di Orson Welles sia stata inserita dallo stesso grande attore e regista, aggiungendola al copione, che era nientepopodimenoche di Graham Greene.

    L.

  268. chinaski ha detto:

    @luigi

    hai capito male. tutto quel che ho scritto va nella direzione di contestualizzare il concetto di italia, di italiano (ma puoi anche scrivere: germania, tedesco). perche’ c’e’ poco da fare, le parole non hanno significati assoluti, hanno significati in relazione alle altre parole e al contesto complessivo in cui vengono usate. per cui se uno scrive: “dante dice che l’ istria e’ italia”, e’ necessario spiegare bene che *oggi* la frase “l’istria e’ italia” assume un significato molto diverso da quello che poteva avere ai tempi di dante. se queste cose non vengono spiegate, si creano (magari involontariamente) dei cortocircuiti semantici che producono effetti, diciamo cosi’ sgradevoli. persino la nozione di “regione geografica” andrebbe sottoposta a critica, perche’ spesso serve a occultare le ragioni dei conflitti sotto un’ apparenza di oggettivita’.

    p.s. ti faccio notare che il primo a stoppare fdc sulla “teoria venetica” sono stato io, sotto il nome di monster chonjacki

    p.s.2 qui c’e orson welles con la sua voce http://www.youtube.com/watch?v=dv1QDlWbS8g#t=0m3s

  269. effebi ha detto:

    273 …nessuno può stoppare fdc su nessun argomento..

    tra qualche settimana ricompartirà lui e la sua teoria 🙂
    (alien gli fa un baffo…)

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