11 Maggio 2011

Trieste come Troia. Basta una donna a scatenare una guerra?

Trieste come Troia. Basta una donna a scatenare una guerra? Omero aveva le idee chiare, e lassù in alto a destra oggi troverebbe di che divertirsi. Marina Monassi, presidente di ritorno del porto giuliano, è il convitato di pietra di questa stranissima campagna elettorale. In suo nome la destra triestina s’è spaccata e lacerata, mettendo a nudo le debolezze di uno dei sistemi di potere più granitici d’Italia.

Dire Monassi significa dire Giulio Camber, suo compagno, e a Trieste il nome del senatore Pdl è uno di quelli da non pronunciare invano. Lo chiamano il “Sottomarino” perché è impossibile avvistarlo. Non va in televisione, non ha il telefonino e non fa campagna elettorale. Però è dal 1987 che bazzica fra Montecitorio e Palazzo Madama. Quando Marina è stata nominata alla presidenza del porto giuliano, nello scorso dicembre, ben più di qualcosa s’è rotto. Roberto Dipiazza, sindaco in scadenza di mandato e in cerca di futuro, ambiva per l’appunto alla stessa poltrona, e si aspettava il supporto dell’amico Giulio. Ma si sa come vanno certe cose.
Dipiazza, personaggio di per sé incontenibile, è furibondo. «Rompere con Giulio Camber è l’ultimo regalo che ho fatto alla città» dice al Riformista. «Per anni c’è stato rispetto, i ruoli erano chiari: “Io amministro e tu fai politica”. Poi s’è messa in mezzo lei, che è pure amica di Gianni Letta».
Il risultato è una maionese impazzita. Lega e Fli, che a Trieste rasentano l’irrilevanza, alle amministrative hanno scelto di correre da sole; la Destra e Forza Nuova seguono il ciclone Bandelli, vero outsider della campagna; e un Pdl esangue presenta tre liste in guerra fra loro a sostegno di Roberto Antonione, già coordinatore nazionale di Forza Italia. Il centrosinistra per una volta si schiera compatto con Roberto Cosolini (Pd), e sogna il colpaccio in una città che, tolta l’eccezione Illy, ha sempre votato conservatore.

La campagna elettorale del 2011, per certi versi, è cominciata quarant’anni fa, quando Camber e Antonione erano compagni di classe al liceo. Pare che i due filassero d’amore e d’accordo, fino a una misteriosa rottura che i bene informati attribuiscono a ragioni personali. La candidatura di Antonione è una sfida intollerabile per l’autorità del Sottomarino. Al punto che per vincere le resistenze del Pdl locale, ovviamente camberianissimo, è servito l’intervento di Berlusconi.
«Silvio mi ha detto: “Ti accontento, ma questa volta è stata davvero dura”» racconta Dipiazza. Per ingoiare l’amaro boccone, Camber ha ottenuto la possibilità di scegliere i candidati al Consiglio comunale del Pdl. Mossa a cui Antonione e Dipiazza hanno risposto presentando ciascuno una propria lista di fedelissimi. Lo stesso partito, in poche parole, corre diviso in tre gruppi, e almeno uno di questi preferirebbe vedere il suo candidato passare il tempo ai giardinetti di via Giulia, anziché alla guida del municipio. Arma devastante, il voto disgiunto sta lì a pendere sulla testa dell’ex amico del senatore.

«Camber controlla degli uomini chiave» prosegue il sindaco Dipiazza. «È un sistema pazzesco, esteso anche a sinistra». Se restiamo al solo ambito familiare, il potere del Sottomarino non passa certo inosservato. Di lui, s’è detto. La compagna, Marina Monassi, è presidente del porto e direttore generale di Acegas, la principale erogatrice di servizi della città. Il fratello, Piero, è consigliere regionale e capogruppo del Pdl al Comune. La compagna di Piero, Raffaella Del Punta, è presidente dell’ IstitutoTriestino per Interventi Sociali. «Solo in termini di stipendi pubblici, i Camber hanno il fatturato di una piccola-media azienda» ironizza qualcuno. E poi ci sono gli amici: come Massimo Paniccia, collezionista di presidenze (da Acegas a Mediocredito Fvg, fino alla Fondazione Cassa di Risparmio), e Antonio Paoletti, numero uno della Camera di Commercio che per primo ha sponsorizzato la bionda Marina all’Authority portuale.

Fedele a uno stile per certi versi andreottiano, Camber alterna battute elusive a stoccate risolute. Cosa pensa delle accuse di Dipiazza? «Troppo onore. Una volta si bestemmiava il nome dell’Altissimo» risponde al Riformista . Il sindaco dice che rompere con lei è stato un regalo alla città. «Conosciamo il suo temperamento guascone. Ne abbiamo sentite tante: a Trieste abbiamo vini semplici ma con una gradazione accettabile».
In molti hanno denunciato l’esistenza di una cupola. «Ho l’impressione che si sia creata una coalizione eterogenea che ha trovato in me un punto d’intesa. Il diverso è sempre stato oggetto di attacco, pensiamo ai neri o ai gay». Il sistema Camber è fantasia? «Mi fa molto piacere che parlino di me. Certo, a parlare di altri ce ne sarebbero da raccontare…».
Si è scritto che lei controlla un pacchetto di migliaia di voti. «Non voglio fare discorsi proto-leghisti, ma se lo intendiamo in chiave napoletana, il pacchetto di voti è estraneo alla cultura di Trieste». La sua compagna è presidente del porto e direttore generale di Acegas: crede che la cumulazione delle cariche sia coerente con questa cultura efficientista? «Io guardo ai risultati, nessuno ha mai potuto dire nulla al riguardo».

A dire il vero, i risultati operativi di Marina Monassi sono stati contestati eccome. La compagna del senatore è già stata presidente del porto, fra il 2004 e il 2006. Su nomina del ministro Lunardi, che fece il suo nome anziché indicare una terna di candidati, come previsto dalla legge. In quei due anni, i traghetti dell’Anek Lines lasciarono lo scalo triestino. 25 milioni destinati all’acquisto di gru per lo scarico merci furono dirottati sulla ristrutturazione di un magazzino ancora inutilizzato. Ma, soprattutto, 37mila metri quadri del porto vecchio furono dati in affitto per un canone irrisorio, 296 euro all’anno per un lustro. Beneficiario della concessione quasi secolare, la Greensisam di Pierluigi Maneschi, agente Evergreen che controlla anche il Molo VII, vero polmone del porto triestino.
Secondo un parere del Demanio, il valore di quell’area sarebbe di 700mila euro l’anno. Marina Monassi, processata dalla Corte dei Conti per il danno erariale, è stata «assolta per difetto dell’elemento soggettivo della gravità della colpa». Ovvero: è fuori discussione che ha sbagliato, ma non ne era consapevole. La stessa Corte ha commentato che «andava indiscutibilmente adottata una maggior prudenza e perizia nei rapporti con Greensisam». Ecco perché, giusto per citare un esempio, il suo ritorno alla Torre dell’Orologio suona come minimo curioso.

Intanto, la città langue, ed è così ormai da decenni. Dimenticata da Roma, trascurata nella sua stessa regione e dilaniata in lotte intestine, Trieste è priva di un indirizzo di sviluppo. Il piccolo porto di Capodistria, che si vede nitidamente dalle colline del Carso, ha superato per volume di traffici lo scalo giuliano, che pure avrebbe un bel po’ di assi da calare. Un dato, ricordato da Alberto Statera su Repubblica vale per tutti: 1.800 miglia marine in meno rispetto ad Amburgo sulle rotte per l’Oriente, che significa 500mila dollari di risparmio per gli armatori. Lo sbocco naturale del centro Europa rassegnato al piccolo cabotaggio.
Dopo cinquant’anni di immobilismo, l’ex presidente Boniciolli aveva approvato il nuovo piano regolatore portuale, uno strumento essenziale per il rilancio della città. Ma il piano è bloccato a Roma da più di un anno.

In pochi dubitano del fatto che la guerra del centrodestra sia cominciata a causa di Marina e del porto, di quella che Paolo Rumiz ha definito «bulimia di potere». Il Piccolo, storico quotidiano cittadino che fa parte del Gruppo Espresso, è sceso nella battaglia, dedicando una serie di articoli infuocati alla «cupola triestina». Lo scontro senza quartiere, che appare sempre più difficile da comporre, ha reso fluida una situazione ghiacciata ormai da anni. Due fronti un tempo alleati sono entrati in conflitto e il risultato è l’emersione pubblica del tema. In queste elezioni Trieste si gioca ben più dei seggi comunali. È in atto un riposizionamento cruciale, da cui dipenderà in larga parte il destino di una città ormai abituata a viversi addosso.

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19 commenti a Trieste come Troia. Basta una donna a scatenare una guerra?

  1. Julius Franzot ha detto:

    Per restare alla Guerra di Troia: Elena ha portato sfiga a tutti i coinvolti

  2. hozaka ha detto:

    L’esilio è previsto dalla costituzione italiana? Lo vogliamo introdurre?

  3. alpino ha detto:

    ma poi qualcuno narrerà le vicende di questa moderna Troia? qualche nuovo Omero è pronto a raccogliere la sfida…dubito

  4. Paolo Geri ha detto:

    Da Elena di Troia a …… Marina di Trieste. Decisamente viviamo in anni bui.

  5. Lorenzo Battista ha detto:

    per questa biologa parlano i fatti, non ha dato nessun rilancio al porto all’epoca del suo primo mandato interruptus e tanto meno accadrà adesso. Stesso discorso vale per il suo mandato in Acegas che ha un indebitamento di oltre 400 milioni di euro.

  6. Paspartù ha detto:

    sono d’accordo con Paolo: sinceramente mettere la Monassi allo stesso livello di Elena di Troia, lo trovo un po’ ardito; di Elena parliamo ancora oggi (grazie a tutti quelli che l’hanno resa immortale) ma della Marina, fra qualche anno, chi se ne ricorderà?

  7. Bastafurti ha detto:

    Giulio Camber è un senatore condannato in via definitiva per millantato credito, è indecoroso solo il fatto di intervistarlo, oltre a non dimettersi da senatore continua a piazzare personaggi dove vuole… questo la dice lunga sulla serietà e affidabilità di questo figuro.

  8. Fiora ha detto:

    né Elena né lady Machbeth ma condivido l’opinione riduttiva di Lorenzo Battista e tra il duo Camber-Monassi e Bandelli -Rosolen ho maggior simpatia per la seconda coppia e maggior fiducia nell’operato della seconda dama.

  9. Fiora ha detto:

    opsssss MACBETH !
    Troppo impavonita dell'”ardito” paragone con l’eroina di Shakespeare , mi sono lasciata scappare un acca di troppo nel cognome 🙁

  10. Luigi (veneziano) ha detto:

    Un plauso al titolista, anche se per aumentare il gradiente avrebbe dovuto inserire la parola “Monassi”.

    Una roba più o meno come: “Elena sta a Troia come Trieste sta a Monassi”, ma forse faccio confusione fra i fattori…

    L.

  11. René ha detto:

    In effetti, il titolo è azzeccato, proprio perché la storia degli ultimi anni di Trieste, per certi versi è una grande tragedia greca.

    Tragedia greca, condita pure da baruffe di goldoniana memoria, e lampi di becero avanspettacolo di serie Z.
    Un caleidoscopio di indecorosi teatrini, più o meno giocondi, più o meno incredibili!

    Non per niente, Trieste è anche la capitale dell’Operetta.

    A Trieste, abbiamo sì vini semplici e di tutti i tipi: da quelli DOC a quelli finti, preparati con acqua colorata e polverine varie. Questi ultimi, nonostante la bella colorazione esteriore, con tanto di ottima presentazione atta a fregare la plebe ignorante (nel senso di ignorare), al momento dell’assaggio rivelano tutto il loro ineffabile sapore di mediocrità anche all’abituale consumatore di un mero vinaccio cartonato da discount.
    Purtroppo, come ben sappiamo, c’è sempre chi preferisce anche il vino finto.. poiché in fondo basta bere!
    Ed i produttori, ringraziano!

  12. aldo ha detto:

    Un passerotto (anzi, una passerotta) mi ha detto che ieri sera Paolo Rovis ha abbandonato molto presto il padiglione delle Fiera, dove si svolgeva la nazional-popolare COLESTEROLO NIGHT di Giulio e Marina per andare alla Bottega del Vino, al Castello di San Giusto, dove si è tenuta la modaiola FASHION NIGHT delle modelle triestine, con buffet a base di Bollicine.

    ciò: miga mona el mulo Rovis… dal 23-2 al 90-60-90 !!!

  13. Danilo Ulcigrai ha detto:

    Ah, interessante questo paragon, la Baba del porto e ‘sta storia de Troia…..

  14. isabella ha detto:

    Situazione alquanto triste, ma articolo esilarante. Sembra quasi un romanzo 😉

  15. mutante ha detto:

    http://www.triestefreeport.org

    per capire a che stato di illegalità siano le cosa

  16. giovanni ha detto:

    OProprio in questi giorni il porto è paralizzato. le associazioni dei trasportatori turchi, anch’essi riuniti da giorni, pare abbiano trovato un accordo con il porto di capodistria, in attesa che sia pronto il terminal di venezia. e trieste poi cosa farà? resteranno solo i containers. bravi !!!!!!! e poi dicono che non c’è lavoro !!!!!!!

  17. giovanni ha detto:

    Un recente articolo che parla di trieste: “””5 maggio 2011 – 10:30 – Trieste, il suicidio di una città benestante
    Paolo Stefanini
    L’occasione l’ha avuta vent’anni fa, con l’improvvisa caduta della Cortina di ferro. Ma Trieste, città ricca e soddisfatta, ha continuato per la sua strada, con le sue chiusure e le sue lentezze. Con il suo immobilismo. Ora rischia di essere tagliata fuori dal Corridoio 5, dalla Tav, dal traffico portuale (sempre più attratto dalla più dinamica Capodistria, in Slovenia) e di diventare del tutto marginale e non strategica. La città è vecchia e forse stanca. Un cittadino su due è pensionato e tutti i progetti più importanti sono bloccati dalle faide interne al Pdl, con un centrodestra che arriva polverizzato al voto amministrativo. Ma con un centrosinistra che potrebbe comunque mancare lo sprint per lo storico sorpasso.”””””
    Di tutto cuiò bisogna ringraziare gli attuali amministratori politici?

  18. giovanni ha detto:

    altro articolo “””Porti: Trieste, sindacati proclamano sciopero fino a lunedi’
    ‘Mercato delle braccia’ nello scalo, chiesto unico soggetto 22 maggio, 22:12 – ANSA) – TRIESTE, 21 MAG – I sindacati Filt-Cgil, Fit-Cisl, Ugl Mare, Uil Trasporti e i lavoratori delle imprese cooperative hanno proclamato uno sciopero generale al Porto di Trieste da oggi fino alle ore 8.00 del 23 maggio.

    Le motivazioni della protesta – informano oggi i sindacati – sono gli eccessivi carichi di lavoro, il mercato del lavoro portuale da regolamentare, tariffe troppo basse e inadeguate e l’esasperata flessibilita’ d’orario imposta ai lavoratori.

    I lavoratori ritengono ”che non sia piu’ accettabile che nel Porto di Trieste ci sia una frammentazione del mercato del lavoro che porta ad una sfrenata concorrenza al ribasso tra le societa’ cooperative, creando di fatto un ‘mercato delle braccia’ all’interno dello scalo giuliano” e chiedono ”di poter operare tutti assieme in un unico soggetto imprenditoriale con le garanzie e i diritti previsti dalla legge”.
    I sindacati chiedono infine un tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati. (ANSA).””””

  19. Stufo ara! ha detto:

    Invece Rovis ieri sera iera in baredine de soto.. galeria d’arte domacia… gnanca il kgb saveva tute ste robe… 😀

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