26 Aprile 2011

“L’altra testa de la galina”: curiosità e riflessioni di un triestino a Budapest

Con il completamento del passante di Maribor – parente abbastanza lontano di quello di Mestre – Budapest dista da Trieste poco piu’ di quattro ore e mezza. In macchina, ovviamente, perche’ per il treno le ore necessarie sono sempre 12 o 13 in condizioni da pre-caduta cortina di ferro: un convoglio al giorno, fermate di circa quaranta minuti ai confini nel cuore della notte, controlli di polizia e doganali piuttosto pervasivi, ritardi abbastanza frequenti. L’autostrada invece e’ una e unica, senza soluzione di continuita’ e consente di viaggiare senza fermate (nei limiti della vostra tenuta fisica, ovviamente) e senza controlli (di norma). Trieste – Lubiana – Maribor – Lendava – Budapest.
Molto meno environmental friendly d’accordo, ma un’ottima occasione per ammortizzare il costo della vinijeta annuale e una ragione in piu’ per visitare una capitale – anche in un fine settimana lungo – che ha molto da offrire, specialmente a chi si avvicina ad essa con una curiosita’ nostrana, frugando con lo sguardo e il naso all’insu’ fra case e palazzi, fra út, utca, tér, körút e körönd alla ricerca di qualcosa – siano essi saperi oppure sapori – che richiami quel filo conduttore che lega l’Ungheria con Trieste e dintorni.

Viva la Defonta!

E di elementi ce ne sono. Etimologici, ad esempio, per cui tanti nomi e cognomi che incontreremmo scorrendo l’indice su una a caso delle Pagine Bianche Trieste e Gorizia (tipo Lipot, Kossuth, Kelemen o Tóth) li leggi e trovi un po’ dappertutto: dalle insegne dei bar ai monumenti. Nella denominazione di toponimi noti e vicini, per cui “strada di Fiume” c’e’ e si chiama Fiumei út ed e’cosi’che gli ungheresi continuano a chiamare Rijeka quando discutono di vacanze o di accessi al mare della rimpianta “Grande Ungheria”. Chi visita la basilica di Santo Stefano e si sofferma a leggere le numerose stele e targhe nella stanza in cui e’ devotamente conservata la reliquia mano del re santo fondatore della nazione ungherese, si sorprendera’ a leggere di “Raguza es Dalmáciá”, molto piu’ frequentemente che in qualsiasi guida turistica italiana.

Chi si sente solo puo’ persino iscriversi al Circolo Giuliani nel mondo oppure al Fogolar Furlan – sezione Budapest – e incontrare tanti corregionali che hanno fatto fortuna e trovato casa proprio nella capitale sul Danubio. Persino il presidente e il segretario della Camera di Commercio Italo – Ungherese erano fino a qualche mese fa un greco – triestino e un friulano.

Qualcosa in comune…

In genere, Budapest e gli ungheresi vogliono bene agli italiani. Il reciproco riconoscimento degli sforzi per una patria unita e indipendente, nei moti del 1848, anche in funzione anti asburgica ne e’, forse, la motivazione principale. Ma – con un pizzico di paradosso – questo sentimento di curiosita’ ed affetto espresso dalla maggioranza dei magiari e’ ancora piu’ accentuato verso chi in qualche maniera ricorda loro di essere stati una grande nazione, ai tempi della monarchia bipartita. E quindi non e’ raro trovare persone che non appena apprendono che chi si rivolge a loro proviene da qualche citta’ “del litoral” non solo non hanno necessita’ di ulteriori “dritte” geografiche per localizzarle (tipo “you know, Trieste… near Venice”) ma si dimostrano assolutamente disponibili a chiacchierare di vecchie province, di tradizioni e cucina e dei fasti di un tempo, di quando “eravamo tutti sudditi di uno stesso imperatore”.
Certo, le cose si complicano quando si arriva alla Grande Guerra. Ma fino ad un certo punto. Per gli ungheresi e’ infatti notorio (forse piu’ che agli italiani!) che la maggior parte dei triestini sudditi dell’impero abbiano combattuto in Galizia e che sull’Iszonzo Front – difeso da molti bisnonni e nonni di cittadini dell’odierna Budapest – abbiano perso la vita italiani che provenivano da parti ben piu’ lontane di Trieste e che il collasso dell’Impero sia stato una questione politica molto piu’ che militare. Quel che e’ sicuro e che il successivo Trattato di Trianon, che avrebbe dovuto garantire il principio di autodeterminazione dei popoli ma che cosi’ facendo ha lasciato fuori dallo stato ungherese circa il 20% della popolazione e’ ancora oggi considerato il punto piu’ buio della storia nazionale e ancora pesa – drammaticamente – nelle relazioni con gli stati vicini.

Cucina

Per fortuna, non c’e’ solo la storia o la politica. Echi nostrani risuonano anche in molte delle cucine magiare, siano esse casalinghe oppure commerciali. Con qualche differenza. Mentre il gulyás nei menu’ di Budapest e’ una minestra, piuttosto liquida (gulyásleves), il noto gulash alla triestina e’ in realta’ il marhapörkölt (letteralmente stufato di manzo). Gli gnocchi di gries nel brodo (una specialita’ di tante nonne giuliane) possono essere ordinati come daragaluska leves. Fra i dolci imperdibile la Palacsinta (nome familiare, vero?) nelle sue diverse varianti. Su tutte, la Gundel a base di noci. Con queste premesse, ci si aspetterebbe dunque una sorta di orgoglio locale verso il marchio Illy, il cui successo tutto triestino trova radici nella figura del capostipite ungherese Ferenc (Francesco) Illy nato a Temesvár, l’odierna Timisoara. Paradossalmente cosi’ non sembra essere e l’origine del brand di eccellenza del caffe’ non e’ assolutamente nota, almeno su vasta scala. Sul perche’ e per come ci sono varie ipotesi. Ma ci sara’ tempo di approfondirlo, assieme ad altre curiosita’, in… una prossima puntata.

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15 commenti a “L’altra testa de la galina”: curiosità e riflessioni di un triestino a Budapest

  1. Antonio Zanolin ha detto:

    Leggendo il suo articolo, mi è venuta voglia di tornare nella splendida Budapest!

  2. Diego Manna ha detto:

    xe vera quela del treno. me ricordo al confin croazia-ungheria un polizioto calandronon che svidava el sofito del treno senza gnanca dover montar sui sedili. un omo enorme, te fazeva passar in 1 secondo qualsiasi voia

  3. arlon ha detto:

    Bel, grazie!
    (e veramente vergognosi i trasporti…)

  4. enrico maria milic ha detto:

    grande articolo, grazie davvero

  5. Tergestin ha detto:

    Forte, saria bel che te ne zonti anca le foto se te ga!

  6. annalisaturel ha detto:

    Aspetto con ansia le prossime puntate

  7. Cristiano ha detto:

    bello, grazie!

  8. GiovanniB. ha detto:

    estremamente interessante

  9. Ivan Curzolo ha detto:

    @1,4,5,8,9: grazie

    @2 porte sempre aperte per Zanna&friends

    @3 Diego, xe vero! E le manade sulla porta per sveiarte e che te ghe mostri el passaporto?

    @tergestin: me stago atrezando, foto rivera’

    @annalisa: in produzione! :o)

  10. effebi ha detto:

    consiglio una visita alla cattedrale dove, nello spazio dei souvenir, ci sono due grandi carte (d’epoca) dell’impero… ungarico…
    con i nomi delle località istriane tutti in italiano (isole comprese).

    p.s. visto che si cita la “defonta”: la defonta era defonta già allora vista la difficile convivenza tra ungheresi e austriaci

    sempre dalle stesse carte è interessante rilevare come in mezzo secolo (due guerre entrambe perse) l’Ungheria ci abbia rimesso non poco del suo vecchio territorio

    sul secondo conflitto poi, per quel che riguarda l’ungheria, ci sarebbe molto da dire… e non certo di romantico.
    (consiglio una visita alle “scarpe” lungo la riva del danubio)

  11. Cristiano ha detto:

    Lo spirito di rivendicazione per quello che hanno perso in termini territoriali e’ fortissimo, piu’ di quello che abbiamo a Go/Ts qui su entrambe le parti del confine.

    Solo che per loro “il confine” e’ l’intero perimetro del paese!

    Una delle prime cose che mi mostravano, quando mi raccontavano del loro paese, era la mappa della “Grande Ungheria” su Internet, ed effettivamente ogni stato circostante se ne e’ preso un pezzett-ino/-one.

  12. ivan curzolo ha detto:

    @11 effebi

    in realta’ a me risulta che il territorio sia stato perso tutto dopo la I guerra. Durante la II c’e’ stato un tentativo di recuperarne una parte (reggenza di Horthy) ma l’intervento sovietico e la sconfitta della germania hanno riportato i confini al dopo Trianon

    @12 cristiano
    vero. i confini attuali sono sentiti come “profondamente ingiusti” dal piu’ del 70% della popolazione dell’ungheria attuale.

  13. Maurice ts ha detto:

    tanto romanticismo, ma anche li il nazionalismo divora i cuori.

  14. Cirry ha detto:

    “Gli ungheresi vogliono bene agli italiani”. Anche a Napolitano?

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