«Una delle più felici scoperte della pittura nostrana di questo ultimo dopoguerra». Con queste parole il professor Giuseppe Bergamini tratteggia la pittura e la scultura di Anita Baldissera (Udine, 1914-2008), artista alla quale è dedicata la rassegna organizzata dalla Provincia di Udine con il sostegno della Regione Fvg e dalla Fondazione Crup. Venerdì 11 febbraio alle 18, nella chiesa di Sant’Antonio abate (Udine), l’inaugurazione alla presenza del presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini, dell’assessore alla cultura Elena Lizzi, dell’assessore alla cultura del Comune di Udine Luigi Reitani, di Giuseppe Bergamini, di Roberto Baldissera figlio dell’artista e di Lionello D’Agostini (Fondazione Crup). Già dal titolo “Anita Baldissera. Tal incjant dal colôr – Nell’incanto del colore”, l’evento espositivo svela i suoi tratti essenziali: la moltitudine di colori. Il mondo di quest’artista, infatti, è una festa di colori stesi con rapide pennellate di gusto quasi impressionista, liquide trasparenze che si fondono in un insieme armonico e caratterizzano ogni tema trattato: ameni paesaggi collinari e fluviali, ninfe e morbide figure femminili, ritratti, marine e vedute urbane, fiori, ben un centinaio di tele destinato a questo classico tema. Anita eseguì anche una settantina di delicatissime terrecotte patinate di piccole dimensioni. Scrive però Bergamini: «Anita Baldissera fu essenzialmente pittrice, di paesaggi, fiori e figure umane, per lo più femminili, riprese dal vero in atteggiamenti di serena quotidianità o idealizzate che furono il soggetto di alcuni suoi quadri più belli…Questa ci sembra la parte più sentita, più vera della pittura di Anita Baldissera, quella in cui meglio riuscì ad esprimere, e a trasmettere il suo credo artistico».
Donna dinamica e coraggiosa, Anita Scoziero Baldissera fin da giovanissima si interessò all’arte, si diplomò nel 1933 all’Accademica di Venezia acquisendo una salda preparazione soprattutto nella raffigurazione del corpo umano e nella padronanza delle tecniche. Dopo un avventuroso soggiorno in Tunisia durante la seconda guerra mondiale, l’artista ritornò in Friuli dove si divise tra insegnamento, attività artistica e famiglia. Ricoprì un ruolo discreto, ma continuo nel cenacolo artistico che seppe creare anche nel soggiorno della casa udinese. Iscritta alla Famiglia Artisti Cattolici Ellero e al Centro Friulano Arti plastiche, partecipò a numerose collettive (solo tre le personali) dove apponeva dei bollini rossi che vietavano la vendita dei quadri a lei più cari, di cui si circondò fino agli ultimi anni, cambiandoli continuamente di posto e intessendo con loro un rapporto emotivo e sentimentale.
Il catalogo, curato come la mostra da Giuseppe Bergamini, è la prima monografia sull’artista con una biografia stilata dal figlio Roberto, da lei indirizzato alla critica d’arte, uno scritto corposo di Licio Damiani che inserisce il percorso artistico di Anita nello sviluppo dell’arte regionale del secondo Novecento, un saggio di Gabriella Bucco dedicato alle presenze femminili dell’arte del Novecento, l’inventario completo dei dipinti, cinquecento circa per lo più a olio su diversi supporti, e delle sculture curato da Elisa Cristin. Il volume, stampato da Arti Grafiche Friulane, si avvale delle splendide fotografie scattate da Riccardo Viola e della grafica di Ferruccio Montanari. Importante è stato il contributo offerto dal Centro Friulano Arti Plastiche, che festeggia proprio quest’anno il suo cinquantenario.
La mostra resterà aperta fino al 13 marzo con ingresso gratuito nei seguenti orari: 10 – 12.30/16.30–19, lunedì chiuso. Ogni domenica alle 11 si svolgerà una visita guidata gratuita a cura della Cooperativa Arteventi. Durante l’apertura della mostra verranno organizzati anche appuntamenti con esponenti dell’arte al femminile.
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