28 Gennaio 2011

Le donne “Infinite o sfinite” della coppia Grimalda-Minaccioni convincono il pubblico triestino

Donne esagerate, che fanno troppo e di tutto, che amano troppo, mangiano troppo, corrono, annaspano, inciampano, destreggiandosi tra Happy Hour e pannolini. Donne alle quali si chiede troppo! Donne che chiedono troppo a se stesse. Fidanzate, madri, moglie, amanti, professioniste in lotta contro tutto e contro tutti. Donne che per vivere meglio hanno smesso di pensare, che cercano di fare miracoli e spesso ci riescono. Anche a costo di ammazzare qualcuno.

Emanuela Grimalda e Paola Minaccioni rappresentano in maniera convincente ognuna di queste figure, facendoci riflettere sulla condizione delle donne contemporanee. Lo spettacolo Infinite o sfinite, che in questi giorni sta andando in scena alla Sala Bartoli del teatro Rossetti, ha fatto il “tutto esaurito” sin dall’inizio delle prevendite.
Scritto e interpretato dalla triestina Emanuela Grimalda (Un medico in famiglia, Manuale d’amore) e da Paola Minaccioni (Cuore Sacro, Mine Vaganti), per la regia di Michael Margotta, lo spettacolo ci offre un affresco esilarante dell’universo femminile, un affresco che non rischia mai di essere “stereotipato”.

Si parte con un monologo della Grimalda. “Esco poco, mi si vede poco in giro, mi si vedrà una volta ogni morte di Papa,sto sulle mie, anche un poco me la tiro, sì! Mi piace farmi pregare, ecco, perché? Perché? Ma perché sono Dio! Sì, sono Dio, Dio? Lui! Lei! Eh sì, perché Dio è una donna! Sì, una donna, e neanche giovane! No, Dio è una signora di mezza età! Ce l’ho fatta, ve l’ho detto, era una vita che c volevo dirvelo e non avevo il coraggio, pensa, e sono Dio!”  Una scoperta sconvolgente e allo stesso il preambolo di un’ora e mezza, durante la quale, specialmente il pubblico femminile, sarà costretto a interrogarsi su tante cose. Dico costrette, perché sarà difficile restare indifferenti davanti a un Dio con sembianze femminili. Sarà difficile che  non ci si immedesimi nella donna in carriera, nella ragazza adolescente smarrita, nell’attivista nei movimenti femminili, oppure nella donna ossessionata dal proprio aspetto esteriore e in altri personaggi femminili che le due attrici portano sul palcoscenico.

Voglia di fare e allo stesso tempo lo sfinimento della vita di tutti i giorni: difficile essere donne al giorno d’oggi, ma soprattutto è difficile esserlo, quando l’ identità femminile è ancora così giovane e fragile. Un’identità che hanno iniziato a costruire le nostre nonne, poi le nostre madri e che è ancora in fase di definizione. In futuro le  donne saranno “infinite o sfinite”, entrambi, oppure qualcos’altro?

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