17 Gennaio 2011

Portopiccolo di Sistiana, firmato il contratto tra proprietà e Rizzani de Eccher

Ottimo inizio d’anno per Portopiccolo, il progetto immobiliare di valorizzazione turistica della Baia di Sistiana: le vendite non si sono fermate nemmeno nel periodo natalizio, e, proprio in questi giorni, si compie un nuovo, importantissimo passo verso la realizzazione dell’intervento. Con l’inizio dell’anno, infatti, è stata superata la soglia del 50% degli immobili venduti, mentre si è conclusa dopo mesi di lavoro e severe selezioni la procedura di gara che ha individuato  l’impresa di costruzioni che realizzerà il progetto, dando così avvio alla seconda fase operativa dopo la già conclusa realizzazione delle opere preliminari legate alle infrastrutture.

Per la gestione del complesso bando di gara, il Gruppo Valdadige spa, che ha il general management di Portopiccolo, ha voluto compiere una scelta di qualità e massima trasparenza, optando per un gestore esterno e di livello internazionale, coerentemente alle caratteristiche di Portopiccolo – alta qualità e internazionalità. L’incarico è stato affidato alla società anglo-australiana leader del settore, la Bovis Land Lease. Si è trattato di una competizione di altissimo livello: la gara prevedeva l’assegnazione sulla base di vari fattori legati alla capacità tecnica, alla solidità patrimoniale-finanziaria e ovviamente all’offerta economica che però diversamente dal consueto, visto il livello di eccellenza del futuro edificato, non è stato un fattore decisivo.

L’impresa risultata vincitrice tra i competitor di assoluto valore presenti è la Rizzani de Eccher, impresa di costruzioni con sede a Udine e filiali in tutto il mondo, tra le più affermate del settore a livello nazionale ed internazionale – che sarà quindi  il general contractor ed avrà “l’onere e l’onore” di realizzare Portopiccolo. 
Osserva Luca Giacomelli, Direttore Generale di Serenissima SGR, la società che gestisce il Fondo Rilke (fondo d’investimento immobiliare) proprietario di Portopiccolo: “Siamo orgogliosi di cominciare l’anno nel pieno rispetto della timeline del progetto: i lavori cominceranno a breve, la gara d’appalto è stata molto approfondita: ringrazio tutte le imprese partecipanti che con le loro proposte d’altissimo livello hanno contribuito a rafforzare il prestigio del nostro intervento, che continua a suscitare attenzione e interesse. La Rizzani de Eccher, inoltre, è una realtà del territorio: non possiamo che essere felici che sarà un’impresa locale a realizzare il progetto, che già a partire dalla sua costruzione, avrà ricadute di sviluppo sul territorio del Friuli Venezia Giulia.”

Per Marco de Eccher, Presidente della Rizzani de Eccher, l’incarico di general contractor è il successo di una competizione portata avanti con grande determinazione: “Come impresa, ci tenevamo moltissimo a svolgere un ruolo da protagonista in questo progetto, sia per la sua rilevanza e il suo respiro internazionale che ben si addice alla nostra impresa sia per l’altissima qualità delle realizzazioni che ci permetteranno di evidenziare le capacita tecnico-costruttive maturate dalla nostra azienda. L’assegnazione di quest’opera, che tra quelle interamente private è sicuramente una delle più rilevanti non solo a livello locale ma probabilmente a livello nazionale, ci inorgoglisce anche perché le imprese con cui ci siamo confrontati erano estremamente qualificate”

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18 commenti a Portopiccolo di Sistiana, firmato il contratto tra proprietà e Rizzani de Eccher

  1. matteo ha detto:

    xe talmente tanto malridoto el posto che spero i lo fazi bel

  2. kaiokasin ha detto:

    Oi oi, Bora.la, neanche il Piccolo fa articoli così melliflui su Sistiana. Magari era opportuno ricordare che il bosco che è stato fatto saltare a suon di mine era inserito nelle rete Natura 2000 della Comunità Europea per il suo pregio naturalistico e la sua funzione di corridoio biologico lungo la costiera triestina, tra la Riserva delle Falesie e la costa dei Barbari. E tutte le vicende politiche, i ricorsi al Tar, le proteste dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, la cancellazione di Castelreggio… neanche una riga?

  3. kaiokasin ha detto:

    Dietro a quell’alveare in stile rozzolmelara c’è scritto check point…

    http://www.cayoeffe.it/forum-trieste/topic.asp?TOPIC_ID=5015

    Check point Charlie, mi pare significativo…

  4. Milost ha detto:

    Quoto mille volte Kaiokasin!

  5. Sandro ha detto:

    C’è chi preferisce il bosco e chi una marina nuova, secondo me vanno rispettate entrambe le opinioni.
    Purtroppo va sottolineato come comitati, raccolte di firme, associazioni etc.. possono nulla e che le decisioni vengano prese arbitrariamente senza interpellare chi poi deve subire quotidianamente le conseguenze di un intervento così massivo.

  6. stefano ha detto:

    difficile pensare se el non se pol sia meglio di un’altra Porto San Rocco,gli unici a guadagnare a parte i soliti noti saranno le maestranze e in un periodo di crisi questo non è male

  7. marisa ha detto:

    Qualcuno si ricorda come anni fa la pubblicità presentava il progetto immobiliare di Porto san Rocco a Muggia?

    Ecco…leggere l’articolo di redazione se eravate troppo piccoli per ricordarlo!

  8. brancovig ha detto:

    come mai sempre Rizzani de Eccher vinzi tutte ste gare ?

    non esisti altre imprese capaci?

    comunque un ulteriore parte nella costa non sarà più fruibile per i cittadini (del territorio e dintorni) ma solo ai ricchini capaci di tirar fuori i soldi per acquisti a 5000 euri/mq.

    almeno che il fisco controlli che non i sia nullatenenti

  9. kaiokasin ha detto:

    # 5 mi dispiace ma non sono d’accordo, bosco e marina (fosse solo un marina…) non sono la stessa cosa. Il bosco non è sostituibile, a parte la sua bellezza (il paesaggio è un valore sancito dalla Costituzione) ha delle funzioni ecologiche fondamentali. E’ vero che in generale i boschi sono in espansione a causa dell’abbandono del territorio, ma sono boschi poveri, mentre quello era un bosco costiero di grande pregio, macchia mediterranea, formatosi in migliaia di anni e fatto fuori in un baleno.
    # 6 Stefano, non possiamo pensare di passare la crisi distruggendo il territorio. Poi la crisi passa e il territorio resta sputtanato.
    # 8 non è vero che vincono sempre gli stessi, la manutenzione della Scala dei Giganti l’ha presa Riccesi (ops).
    Sistemati tutti, un saluto.

  10. viceversa ha detto:

    @ kaioskin

    perdonime l’ignoranza, ma spieghime sta storia del chek point: cioè te vol dir che tuta sta menada xè un “meraviglioso” parco gioghi esclusivo recintado co guardie armade e file de fero eletrico e all’ingreso ghe sarà i cavai de frisia??

  11. kaiokasin ha detto:

    Sul messaggio n. 3 gò messo un link che mostra tre pupoli. Sul secondo, drio el casermon (in alto a sin), xe scrito apunto check point. No savessi cossa che xe esatamente, solo no me sona ben. A ocio dirìa che no sarà proprio una roba ultrapopolare, anche perchè la spiagia davanti i la ciama “beach club”!
    (anche el terzo pupolo no capisso, perchè drio le case dovessi esser quele falesie alte, dove nidifica i rondoni, inveze se vedi un boscheto verde, mah?).

  12. chinaski ha detto:

    check point, beach club… istro-veneto patoco “made in milano2”

  13. capitan alcol ha detto:

    Anche il senso di ‘piscina top’ (oltre a quello di ‘check point’) mi sfugge.

  14. chinaski ha detto:

    in realta’ c’e’ un errore, quello e’ livornese patoco: “piscina topa”. serve a rinfrescarsi prima del bunga-bunga.

  15. arlon ha detto:

    Sto punto xe sai importante, per quanto me riguarda: sarà una zona “serada” o un semplice borgo costoso, come Piccolo & co ne lo ga contado fin deso?

    No se pol che eser contrarissimi a una chiusura del teritorio, specialmente se sul mar!

  16. brancovig ha detto:

    tutto il terriorio sul mare dovrebbe essere accessibile (a parte le aree portuali) ai cittadini

    anche perchè se è limitato al sollazzo di pochi privilegiati il gettito in termini di reditto che può generare (bar, ristorantini, stabilimenti, noleggi vari e turismo indotto) si riduce drasticamente.

    l’accesso libero dovrebbe essere una priorità economica.

    per non parlare di altre zone della nostra cosa off-limits per inquinamento o per anacronisti privilegi (polizia e forze armate)

  17. veritas ha detto:

    per kaiokasin che scrive “quello era un bosco costiero di grande pregio, macchia mediterranea, formatosi in migliaia di anni e fatto fuori in un baleno.” rispondo che potrà ingannare chi non è mai stato ma quello che verrà speriamo trasformato in marina era una ex cava, ridotta a landa desolata di pietrisco, con orridi arbusti spinosi, merda e preservativi abbandonati.

  18. Dario Predonzan ha detto:

    @ veritas (che bel nome…)

    kaiokasin si riferiva al bosco (più di due ettari) che stava SOPRA l’ex cava ed era compreso nel SIC. Bosco distrutto dai lavori di “rimodellamento” della cava, preliminari alla costruzione di “Portopiccolo”. Cosa non nuova e su cui si è discusso, polemizzato e lottato a lungo: strano che “veritas” non lo sappia (o lo abbia dimenticato).
    A parte ciò mi pare interessante riprodurre un articolo recente (v. sotto). Mi scuso per la lunghezza, ma credo valga davvero la pena di leggere. Chissà se anche “Portopiccolo” finirà così?

    Da la Repubblica 20 gennaio 2011:

    Nei quartieri blindati
    di Jenner Meletti

    Sembra lontano, il mondo degli altri. È là in fondo, oltre il muro di cinta, oltre la nebbia. Questo è «un luogo magico e nascosto», un rifugio scelto da chi vuole «cambiare vita e proteggere i propri figli». Piazza del Duomo è appena a quindici chilometri, ma sembra in un altro continente. «Qui ci sono sicurezza assoluta, tranquillità, silenzio», dice Stefano Fierro, che cura la vendita di 146 case e appartamenti in questa cascina Vione, gated community – ovvero comunità chiusa da cancelli – sulla strada che porta a Pavia. «Ci sarà vigilanza armata, ci saranno telecamere sul muro di cinta e sensori elettronici antintrusione. Potranno entrare solo i residenti e gli ospiti dei residenti, dopo l’identificazione».

    Stanno nascendo anche in Italia, le città blindate. Vione aprirà il Primo Maggio, con la consegna delle chiavi di casa (elettroniche) a medici, avvocati, manager, impresari… Età compresa fra i 35 ed i 50 anni, tutti con famiglia, quasi tutti con bambini. Spenderanno almeno 4.200 euro al metro quadro per appartamenti che vanno dagli 80 ai 250-300 metri quadri.

    Dovranno poi pagare forti spese «condominiali» per vigilanti, giardinieri, custodi. Le vendite vanno bene perché «Vione – è scritto nel sito che propone l’investimento – non è solo un luogo ma un modo di pensare e di vivere». Le promesse sono impegnative. «Si potrà, come una volta, vivere tranquilli lasciando aperta la porta di casa». «Potrai passeggiare come faresti a Portofino o Capri, ma senza il turismo».

    Certo, il panorama non è lo stesso. Attorno ci sono le risaie che offrono nebbia in inverno e zanzare in estate. «Ci saranno zanzariere ovunque. Il “panorama” sarà dentro la cascina stessa, perché stiamo ristrutturando edifici secolari, che sono tutelati dalla Soprintendenza ai Beni culturali, e lo facciamo con ogni cura. Questa “grangia”, che è un borgo fortificato, era abitata già nel 1300 dai monaci cistercensi. Oltre a quelli privati, ci sarà anche un grande giardino storico, del ‘700». Pollai, stalle e case dei braccianti sono già diventati appartamenti di lusso, appena meno prestigiosi di quelli ricavati nella villa padronale. Chi arriva qui – lo ha ripetuto cento volte prima di firmare il rogito – ha chiesto prima di tutto la sicurezza e ha avuto risposte esaurienti.

    Non saranno tenuti lontano solo ladri o rapinatori ma anche gli «indesiderati». «In città – annuncia la pubblicità della cascina – ci sono traffico, inquinamento, aggressività, violenza e soprattutto troppe persone con origini e abitudini diverse». Qui non rischi di trovarti accanto il migrante che cucina con aglio e zenzero. «Verranno ad abitare qui persone con background culturale e lavorativo comune, ci sarà quel buon vicinato ormai perduto in città». L’asticella del reddito è posta ben in alto: chi vuole mettersi sopra il capo un tetto con antiche travi a vista deve infatti ripagare un investimento di almeno 60 milioni di euro per un «condominio» di circa 500 abitanti.

    Un mulino diventerà una sala per mostre e convegni del Comune di Basiglio, ci sarà pure un ristorante con le stelle, ma chi li frequenterà non potrà entrare nella gated community. La strada provinciale che passava qui accanto è stata spostata: il rumore delle auto – il residente si infila in garage sotterranei poi si presenta a piedi davanti ai guardiani – non deve ricordare che fuori esiste una vita meno patinata. «Per quanto possa essere stata dura la tua giornata, quando sarai a casa nessuno ti disturberà e il resto del mondo resterà fuori dalla tua vita».

    Cascina Vione, con le sue mura antiche, è a un tiro di schioppo da Milano 3, con centinaia di palazzine, parchi e una City di uffici e banche. Tanti altri quartieri, come l’Olgiata a Roma, sono stati costruiti come pezzi autonomi di città. «Insediamenti come questo, e soprattutto come Milano 2 – dice Agostino Petrillo, docente di Sociologia urbana al Politecnico milanese – più che gated communities sono definiti neighdourhood, ovvero quartieri, zone di vicinato. Sono piccole enclave urbane, non vere città indipendenti. Ce ne sono anche a Londra, ad esempio nella zona dei Docks. Sono “blindate” solo in certe ore, alla sera, e non c’è dunque un’auto segregazione completa. Milano 2, inoltre, più che come città chiusa nasce come città giardino e da un punto di vista architettonico è una piccola utopia. La sicurezza non è al primo posto, come nelle gated communities. Voleva essere una città modello, per famiglie, quadri, dirigenti. Ma la piccola utopia non si è realizzata. Le famiglie con figli sono oggi sempre meno presenti, e gli appartamenti sono occupati soprattutto da professionisti che lavorano in città e hanno trasformato Milano 2 in una città dormitorio. Gli spazi comuni, come i prati e i parchi, restano spesso deserti».

    Fabrizio Rossitto, architetto, nella sua tesi di laurea ha raccontato le nascenti gated communities milanesi. «In particolare – dice – ho analizzato la Viscontina di Buccinasco. Settanta famiglie, di ceto medio alto, in 29 ville singole, 10 ville bi – familiari, 20 abitazioni a schiera. Quasi tutte le famiglie hanno figli, ci sono anche anziani ma non giovani coppie e tantomeno single. C’è una portineria con custode e telecamere di sorveglianza. In caso di visite, l’inquilino ospitante deve recarsi all’ingresso per ricevere e permettere di entrare all’ospite. I confini sono ben segnati da muri di cinta alti tre metri oppure da una fitta siepe di rovi. Si vive nello stesso spazio protetto ma non c’è vita comune: non vengono mai organizzate ricorrenze o festeggiamenti. Caratteristiche principali sono la tranquillità e la cura del verde: non a caso è stato girato qui uno spot del Mulino bianco della Barilla».

    L’ex studente ha analizzato anche un altro complesso di Buccinasco, il Rovido. «Qui ci sono 380 famiglie, anche con giovani e single. Più che una gated community questo è un “vicinato difeso”, con cancelli elettrici e telecamere e tanti cartelli. “Stop. Proprietà privata. Non sostare e non passare”. “Area video – sorvegliata”. C’è chi ha installato telecamere – a volte finte – anche davanti alla propria porta. Ma la voglia di sicurezza a volte è a doppio taglio. Anche un malvivente può cercare in un “vicinato difeso” il rifugio ideale. E proprio al Rovido è stato arrestato un latitante della ‘ndrangheta calabrese».

    Una notizia, questa, che non meraviglia certo il professor Agostino Petrillo. «Negli Stati Uniti, dove le gated communities e gli insediamenti protetti ospitano oggi un americano su otto, si è scoperto che la criminalità all’interno di queste comunità con cancello non è diversa da quella che c’è fuori. Negli Usa le gated sono vere e proprie città costruite dalla metà degli anni ‘80 in poi. Con la crisi dell’agricoltura, ad esempio, sono stati abbandonati gli aranceti attorno a Los Angeles e in quelle grandissime aree vuote sono state costruite le città protette. A favorire questi nuovi insediamenti è stata, negli anni ‘90, anche la possibilità di poter lavorare a casa, con il computer.

    Ma anche quelle comunità sono in declino, perché ci si è accorti che vivere con persone “uguali” a te è rassicurante ma anche noioso. E con la crisi si è capito che le città offrono più occasioni di lavoro. In Italia questi spazi ampi non ci sono, l’urbanizzazione è già altissima. Ma i nuovi progetti raccontano che anche da noi sta avanzando la voglia di cercare un’isola, un rifugio. C’è un’idea di salvezza personale che non passa più da una dimensione collettiva urbana. A spingere sono l’insicurezza e la paura, che sono il marketing di queste città blindate».
    Alla cascina Vione c’è una chiesa, dedicata a San Bernardo. Anche questa è di proprietà dei nuovi abitanti. «È ancora consacrata. Si potranno celebrare matrimoni e battesimi. Pagando il servizio, magari si potrà chiamare un sacerdote la notte di Natale. Sarà bellissimo».

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