21 Dicembre 2010

E’ morto Enzo Bearzot

E’ morto Enzo Bearzot, aveva 83 anni. Nato il 26 settembre 1927 ad Aiello del Friuli, Bearzot giocò nell’Inter e fu alla guida della Nazionale dal 1975. Bearzot, il “vecio” detiene il record di presenze sulla panchina azzura: sono ben 104.

Qui la biografia di Enzo Bearzot, dalla maglia del Pro Gorizia al Mondiale del 1982

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8 commenti a E’ morto Enzo Bearzot

  1. capitan alcol ha detto:

    Mandi.

  2. chinaski ha detto:

    dedicato a enzo bearzot. sono sicuro che apprezzerebbe.

    —–

    Peregrino Fernàndez, el Mister

    (di osvaldo soriano)

    Peregrino Fernàndez lo chiamavamo el Mister perché veniva da lontano e perché diceva di avere giocato e di avere allenato a Cali, città colombiana che in quel paese della Patagonia risuonava misteriosa e suggestiva come Strasburgo o Istanbul.

    Dopo averci visto giocare una partita che perdemmo per tre a due o quattro a tre, non ricordo bene, mi chiamò da parte durante l’allenamento e mi domandò:

    – Quanto le danno per ogni goal?

    – Cinquanta pesos, – gli dissi.

    – Bene, da adesso ne guadagnerà altri duecento, – mi annunciò e il cuore mi balzò in gola perché avevo solo diciassette anni.

    – Molte grazie, – gli risposi. Cominciavo già sentirmi grande come Sanfilippo-

    – Sì, ma dovrà lavorare di più, – mi disse subito, – perché io la schiererò a terzino.

    – Ma come, a terzino? – gli dissi, credendo che fosse uno scherzo. Avevo giocato tutta la vita a centravanti.

    – Lei non è molto alto ma colpisce bene di testa, – insistette; – nella prossima partita giocherà a terzino.

    – Mi scusi, non ho mai giocato in difesa, – dissi. – Oltretutto così, finisce che perderò i soldi.

    – Lei scatti in contropiede e se colpisce di testa si coprirà d’oro. Ho bisogno di un uomo che si faccia rispettare in difesa. Quel ragazzo che ha giocato ieri è una mammoletta.

    La mammoletta a cui si riferiva era Pedrazzi, che in quel campionato si era già beccato tre espulsioni per gioco scorretto.

    Molti anni dopo, l’allenatore Juan Carlos Lorenzo mi disse che tutti tecnici che sono sopravvissuti hanno avuto fortuna. Peregrino Fernàndez non ne aveva ed era ostinato come un mulo. Mise in piedi una squadra insolita, con tre difensori in zona e un altro – io – che dovevo andare in avanti a rompere il gioco. A quell’epoca, questo era rivoluzionario e cominciammo a pareggiare zero a zero con i migliori e con i peggiori. Pedrazzi, che giocava arretrato, mi insegnò a far perdere l’equilibrio agli attaccanti per poi poterli bloccare meglio. «Toccalo!», mi gridava e io lo toccavo e subito dopo si sentiva l’urto contro Pedrazzi e il grido di dolore. A volte ci espellevano e perdevo soldi e così e così rovinavo la mia carriera di goleador, ma Peregrino Fernandez mi pronosticava un futuro nel River o nel Boca.

    Quando saltavo per colpire di testa sui corner o sulle punizioni, mi rendevo conto di come la porta risultasse diversa se uno è attaccante o difensore. Anche se si aspetta il pallone nello stesso posto, il punto di vista è diverso. Quando un difensore passa all’attacco è segretamente intimorito, pensa di aver lasciato la difesa indebolita e chi può dire se le marcature sono certe. Il tiro di testa del difensore è astioso, scaltro, sleale. Almeno io l’intendevo così perché non avevo l’animo del terzino e un brutto pomeriggio mi venne in mente di dirlo a Peregrno Fernàndez.

    El Mister mi guardò con tristezza e mi disse:

    – Lei è giovane e può sbagliare. Io non posso permettermi questo lusso perchè dovrei rifugiarmi nella foresta.

    Andò proprio così. Nel giro di poco tempo tutti si misero a giocare come noi e i migliori tornarono a essere i migliori. Una domenica perdemmo tre a uno e quella dopo due a zero e poi continuammo a perdere, ma El Mister diceva che stavamo acquistando esperienza. Non riuscivo a prendere la palla, non arrivavo in tempo sui cross e di continuo finivo a terra rotolando come un pagliaccio, ma lui diceva che la colpa era dei conterocampisti che giocavano come dame di carità. Li chiamava così: dame di carità. Quando perdemmo il derby del paese per tre a zero la gente voleva ammazzarci e i pompieri dovettero entrare in campo per difenderci.

    Peregrino Fernàndez scomparve da un giorno all’altro, ma prima di andarsene lasciò un messaggio, scritto sulla lavagna con una grafia pesante e abborracciata: «Quando Soriano giocherà in una squadra senza tante scamorze sarà un fuoriclasse». Più sotto, in caratteri piccoli, ripeteva che Pedrazzi era una mammoletta senza futuro.

    Io ero la sua creatura, la sua creazione immaginaria, e si rifugiò nella foresta o sulla cordillera piuttosto che ammettere di avere sbagliato.

    Non ho più avuto sue notizie ma sono certo che con il passare degli anni, non vedendomi in nessuna squadra importante, deve aver pensato che il mio fallimento fosse dovuto, semplicemente al fatto che non ero più tornato a giocare in difesa. Ma quello che deve avergli fatto più male dev’essere stato sapere che Pedrazzi andò a giocare nel Torino e diventò uno dei migliori difensori centrali d’Europa.

  3. viceversa ha detto:

    Tu ses lat ‘vant ma saras par simpri tal nestri cur. Mandi vecjo!!

  4. Pallinov ha detto:

    Ciao enzo !

    certo è che uno sforzetto in più potevate anche farlo almeno accennando all’inizio della sua carriera al Pro Gorizia in serie B, ma d’altronde in questa provincia non contano le personalità che offrono uno spunto di orgoglio. Bearzot ridotto un trafiletto, Petrosyan che sta vincendo tutto da anni ignorato; però per la signora che dava cibo ai cinghiali la prima pagina era d’obbligo (e si potrebbe continuare all’infinito). pazzesco!

  5. Italiano ha detto:

    R.I.P. Grande Mister!

  6. Pietro Bortolotti ha detto:

    Mandi mestri

  7. Michele ha detto:

    Ciao vecio e grazie!

  8. viafon ha detto:

    Mandi Enzo e GRAZIE

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