Pubblichiamo la segnalazione ed il video del Wwf Friuli Venezia Giulia
Costruite da privati su suolo demaniale, in aree di rilevante pregio ecologico, con grave inquinamento delle acque e del suolo. Le Autorità intervengano per ripristinare la legalità.
Il WWF Friuli Venezia Giulia considera non più rinviabile la soluzione del problema dell’edificazione abusiva all’interno della Riserva naturale delle Foci dell’Isonzo (Sito d’Importanza Comunitaria dell’Unione Europea), lungo le sponde dei canali della Quarantìa e Brancolo morto.
Si tratta di edifici più o meno precari, impropriamente definiti “casoni”, costruiti negli anni ’60-’70 da privati cittadini in buona parte su suolo demaniale dello Stato e della Regione, completati da terrapieni che modificano la linea di costa e pontili per l’approdo delle imbarcazioni: tutto realizzato in spregio alla legge, in aree destinate alla fruizione pubblica e di rilevantissimo pregio ecologico.
Sotto il profilo giuridico la questione è di una chiarezza lampante, che non si presta alla minima discussione: ordini di demolizione si sono susseguiti nel tempo, prima da parte del Genio Civile di Gorizia poi dal Comune di Staranzano, i cui rispettivi ricorsi al TAR sono sempre stati respinti. Per la demolizione degli abusi e il ripristino del sito sono stati persino stanziati fondi pubblici da parte della Regione, rimasti inutilizzati. Per fortuna, nulla hanno potuto — in termini di “sanatoria” degli abusi — nemmeno i tre sciagurati condoni edilizi degli anni 1985, 1995 e 2003.
Degli iniziali 148 edifici abusivi oggi ne rimangono circa un centinaio, tra demolizioni volontarie e strani incendi, mentre sussistono gli approdi e le modifiche della sponda, ottenute anche con materiali di riporto (molto dannosi per la flora) e contenimenti in materiali quali traversine ferroviarie, calcestruzzo ed eternit.
È evidente l’impatto degli insediamenti abusivi per l’ecosistema. Oltre al disturbo provocato dalla massiccia fruizione dell’area e dal traffico di imbarcazioni a motore, vi è anche la manutenzione delle stesse barche, con sversamenti di combustibile e olii. Molti cosiddetti “casoni” sono dotati di pozzi neri perdenti che inquinano il suolo e le acque, praticamente ferme e con limitato ricambio idrico. Il degrado si propaga anche attorno agli edifici, dove si estendono spazi cementati o variamente pavimentati, orti e giardini, che provocano un grave impatto sulla vegetazione, in particolare per le alofite presenti sulle sponde.
Il WWF chiede a tutte le istituzioni coinvolte nella vicenda (Sindaci dei Comuni di San Canzian d’Isonzo e Staranzano, Assessori regionali alla Pianificazione territoriale, al Patrimonio e alle Risorse naturali, Agenzia del Demanio, Magistrato delle Acque, Ministero per i beni culturali e dell’Ambiente, Magistratura) di attivarsi con decisione per ripristinare la legalità su due livelli: da un lato la qualità ambientale dei siti abusivamente edificati, dall’altro la restituzione alla fruizione pubblica di zone che alcuni hanno voluto trasformare in proprietà private di fatto.
Profonda preoccupazione desta poi il Piano di Conservazione e Sviluppo della Riserva regionale delle Foci dell’Isonzo. Se da un lato questo strumento prevede ovviamente l’eliminazione delle edificazioni illegali e il ripristino dei pregiati siti, dall’altro si vorrebbe consentire la costruzione di alcuni casoni e di tre pontili: uno in Brancolo Morto, uno in Marinetta e uno in Punta Barene, quest’ultimo (in realtà una vera e propria darsena) per oltre 400 posti barca, una previsione che appare addirittura peggiorativa rispetto allo status quo. Se si considera che la costruzione di tali nuove edificazioni e dei moli andrebbe ad aggiungersi ai cantieri per il ripristino dei pesanti danni ambientali provocati dagli abusivismi, si può immaginare lo sconvolgimento che ne verrebbe ad una parte consistente e particolarmente pregiata della Riserva.
Il WWF ritiene che per la valorizzazione della Riserva non servano altre costruzioni. Si ricordi il triste esempio del Caneo in Comune di Grado, abbandonato da anni e ormai in degrado, o la presenza di edifici storici abbandonati quali le Case Rosse o altri, che si potrebbero recuperare senza nuovo consumo del suolo. Gli attracchi vanno realizzati nelle aree vocate, già presenti in Comune di Grado e Monfalcone, per le quali si prevedono nei prossimi anni consistenti ampliamenti, dotate di servizi adeguati e aree per la manutenzione. La presenza di centinaia di imbarcazioni a motore che penetrano fin nel cuore della Riserva naturale costituisce un’anomalia che in futuro non deve essere perpetuata.
Ci rendiamo ben conto che le scelte da fare sono impopolari e molti politici sono più propensi ad inseguire il facile consenso piuttosto che applicare la legge e impegnarsi per la tutela del nostro ambiente, tuttavia questo è il momento di mostrare la capacità di amministrare con lungimiranza e nell’interesse del bene comune.
e sono anche coperte di eternit o no?
Che prendano una ruspa e che buttino giù tutto.Punto, che srvefaretantidiscorsi? Sono su suolo demaniale e in un parco nazionale? sitirano giù a spese di quelli che le hanno fatte. c’è ben poco dadiscutere.
dimaco ha ragione.
Ma che ruspe e ruspe.
Come bersagli per le esercitazioni navali vanno benissimo.
Se non hanno ancora demolito due sono i casi:
o la terrificante lentezza operativa della Regione (è poi di sua competenza ? io credo spetta al (ai) sindaco emettere l’ ordinanza di demolizione; l’ hanno fatto ?)
oppure ci sono interessi e “protezioni” che impediscono di spianare tutto
Immagino sarà peraltro difficile individuare i “proprietari” e non solo esigere da loro i costi della demolizione ma anche perseguirli penalmente.
Giù tutto e anche alla svelta!!!
Certo che ci sono state protezioni (soprattutto dal Comune di Staranzano, anche gli abusivi votano…), dagli anni ’60 ad oggi.
Per tacere degli enti statali competenti per la vigilanza sul Demanio, che si sono sempre voltati dall’altra parte.
Le prime denunce degli ambientalisti risalgono ad almeno un quindicennio fa. Qualche baracca è stata nel frattempo demolita dagli stessi abusivi, ma il “nocciolo duro” resiste, a suon di ricorsi al TAR, campagne di stampa (l’edizione locale del PICCOLO li ha sempre spalleggiati, anche gli abusivi comprano il giornale…), ecc.
Per la fine di novembre, però, è attesa una sentenza del Consiglio di Stato che dovrebbe finalmente chiudere la vicenda una volta per tutte. Se andrà come dovrebbe, con la sconfitta degli abusivi, non mancheranno certo le proteste, ma almeno non ci sranno più alibi per gli enti inadempianti.
ma quelli non sono i casoni che una volta venivano usati dai pescatori?
tempo fa sono andato a camminare da val cavanata infondo dove finisce la pista ciclabile sul mare e i casoni, ecco li arrivi al isonzo e una volta hanno costruito una sopecie di ostello ristorante visite con passaggi su palafitte, non è male il posto di per se, ma è abbandonato, cioè il ristorante bar ostello è chiuso, le palafitte sono coperte da rovi e non si riesce a camminare, se si va infono per vedere la foce del isonzo si finisce nel nulla e d è un bel posto, fatto molto bene, ma è lasciato a se stesso
Quello e’ il centro visite Caneo, sarebbe un posto bellissimo se fosse tenuto in ordine.
Il pontile in riva al fiume con relativo osservatorio e’ ancora meglio, peccato che per arrivarci c’è un tragitto su palafitte con qualche trave rotta qua e la’….
La politica della regione sembra essere: lasciamo che le cose belle si demoliscano da sole col tempo, quelle brutte e abusive invece non le demoliremo mai…
No, i “casoni” in zona Quarantìa e dintorni non c’entrano nulla con i pescatori. Sono “seconde case” (se case si possano chiamare…) e basta, per di più abusive
non so come hanno potuto costruire li in mezzo alla palude su palafitte, ora come ora sta andando a pezzi, sarebbe meglio che lo demolissero
ma il problema non è lasciare li o demolire ma far si che poi cresca qualcosa e poi mantenere, avere una giungla verde non porta giovamento alla fauna e nemmeno alla flora
Vedi Matteo oggi tu ci parli di ciò che hai visto durante una tua gita alle foci dell’isonzo, qualche giorno fa su questo blog si pubblicavano i lamenti di una città e provincia quella di Gorizia saltata dal turismo, ora possiamo fare 1 + 1
Beh,
da un certo punto di vista hanno il loro fascino però…
http://www.vimeo.com/3130100
Ci sono 2 ordini di demolizione (3 per quelli su suolo demaniale, che sono la maggioranza): il primo già alla fine degli anni ‘70 da parte del genio Civile di Gorizia, un secondo nel 1994 dal Comune di Staranzano, un terzo dello scorso anno, sempre del Comune di Staranzano. Le prime due ordinanze sono precedenti all’istituzione della Riserva regionale – avvenuta nel 1996.
I ricorsi al TAR che ne sono seguiti sono sempre stati respinti, così come le richieste di “sanatoria” degli abusi in occasione dei tre sciagurati condoni edilizi degli anni 1985, 1995 e 2003.
Come diceva Dario a fine mese arriverà la sentenza del Consiglio di Stato e si potrà abbattere tutto. Però il Piano di Conservazione e Sviluppo della Riserva regionale delle Foci dell’Isonzo – dopo l’eliminazione delle costruzioni abusive – vorrebbe consentire la costruzione di alcuni casoni ad uso collettivo e di tre pontili – uno in Brancolo Morto, uno in Marinetta ed uno in Punta Barene – con quest’ultimo che costituirebbe in realtà una vera e propria darsena, per oltre 200 posti barca. Una previsione che trasformerebbe il cuore della Riserva in una zona di turismo intensivo con elevatissimo traffico di imbarcazioni, relativi scarichi, disturbo, ecc.
Le protezioni politiche sono fortissime e trasversali (Comune di Staranzano ma anche Regione FVG), per questo è importante che l’opinione pubblica (cioè noi) stia in guardia e non lasci passare questa vergogna sotto silenzio.