29 Settembre 2010

Scampoli di storia: il problema dell’acqua a Trieste attraverso i secoli e le sorgenti naturali

Trieste è una città che nella sua storia ha dovuto sempre confrontarsi con un grave e complicato problema: l’ approvvigionamento idrico. L’ argomento è a mio avviso affascinante – ma molto ampio, per cui mi riprometto di affrontarlo in più articoli, anche per non risultare troppo pesante.
La particolare conformazione geologica del territorio triestino comporta la quasi totale mancanza di fiumi e torrenti che scorrono in superficie cd i pochi corsi d’ acqua esistenti sono distanti vari chilometri.

Resti dell' acquedotto romano in Val Rosandra

Per questo motivo, durante l’ epoca romana, furono realizzati ben tre acquedotti per fornire d’ acqua potabile la città di Tergeste ed il suo porto. Poi, nel VI secolo, queste condutture vennero progressivamente abbandonate e gli abitanti dovettero adeguarsi all’ uso di pozzi e cisterne. Tale situazione si protrasse per lunghi secoli, finché l’ Imperatrice Maria Teresa d’ Austria fece realizzare un nuovo acquedotto, ricalcando il percorso di uno di quelli precedentemente costruiti dai romani. E’ l’ “Acquedotto Teresiano” costruito fra il 1749 e il 1751 . Anche questa realizzazione, pero, si rivelò ben presto insufficiente ed i pozzi e le cisterne continuarono ad essere di fondamentale importanza, in attesa di nuove soluzioni. Nel 1857 iniziarono i lavori per l’ allacciamento delle sorgenti di Aurisina dove la maggior parte dell’ acqua estratta era utilizzata dalle locomotive a vapore della linea ferroviaria Trieste-Vienna, ma una piccola quantità veniva convogliata in città tramite tubature. Nonostante vari lavori di miglioramento per incrementare la resa di queste sorgenti, il volume d’ acqua si rivelò comunque insufficiente alla città e quindi, dopo lunghe esitazioni, l’ amministrazione comunale decise finalmente la costruzione di una nuova tubazione che andasse a captare le risorgive del fiume Timavo.

L' Acquedotto ai primi del Novecento

Si realizzò così l’ acquedotto provvisorio del Mulino Sardos (1922), che fu quasi subito sostituito dalle condutture definitive dall’ acquedotto Randaccio (1929). Negli ultimi anni, si completarono infine i lavori di prolungamento delle tubature fino alla pianura alluvionale isontina, allacciando alcuni pozzi artesiani che intercettano una falda profonda alimentata dal fiume lsonzo. Solo nel XX secolo, quindi, si può ritenere risolto il problema del rifornimento idrico cittadino, disponendo finalmente di sufficienti quantità d’ acqua potabile, di buona qualità, ad uso della popolazione e delle industrie. Dalla sintetica storia dell’approvvigionamento idrico della città emerge chiaramente come, parallelamente alle realizzazioni più importanti, Trieste abbia sempre dovuto usufruire d’opere minori che, anche se singolarmente di scarsa resa, hanno in ogni caso permesso la sopravvivenza e lo sviluppo del centro abitato.
Sono ben poche le sorgenti naturali presenti in ambito urbano che sono state citate in diversi documenti storici. Sono ricordate, infatti, solamente la “Fonte Ustia”, sul colle di Scorcola, la “Sorgente in Contrada dagli Artisti” e la “Sorgente in località Tor Cucherna”, sul colle di San Giusto. Se si allarga l’area di riferimento, includendo la periferia della città, è possibile ritrovare cenni relativi alle sorgenti della “Valle delle Sette Fontane”, a quella del “Bosco Marchesetti”, a quella sotto il colle del “Farneto” ed alle fonti di “Barcola”. Le ricche sorgenti presenti nel rione di San Giovanni vengono tutte captate dalle estese canalizzazioni dell’ “Acquedotto Teresiano”. Sul colle di Scorcola come dicevo è stata identificata la “Fonte Ustia” dopo l’ esplorazione di una galleria drenante di sviluppo ridotto, formata da un ramo principale e da due brevi cunicoli laterali. In un cantiere edile in via degli Artisti ci si è imbattuti in un forte getto d’ acqua che è stato collegato alla presenza in questo luogo della “Sorgente in Contrada degli Artisti” (o “Sorgente Sotto il Monte”), citata in più documenti. Analogamente sono state localizzate in anni recenti le sorgenti del “Bosco Marchesetti” e del “Colle Farneto”. Non sono state ancora localizzate, per il momento, le sorgenti della valle delle Settefontane, quella in località Tor Cucherna e quelle di Barcola. A proposito di quest’ ultima zona, è opportuno ricordare anche le fonti retrostanti il piccolo porto di Cedas. Queste sorgenti sono citate in molti documenti: nell’ estate del 1868 il Comune organizzò trasporti di acqua che partivano da quest’ area e si dirigevano verso la città e potenziò due ulteriori sorgenti, nel luglio 1899 venne previsto l’ ulteriore prolungamento delle gallerie di captazione, negli anni 1907 e 1909 vennero effettuati alcuni esperimenti di tracciatura delle acque del Timavo sotterraneo, con riscontri positivi anche presso le sorgenti di Cedassamare, nel febbraio del 1917 si ipotizzò un acquedotto che avrebbe dovuto collegare le sorgenti di Cedas con l’ abitato di Barcola. Il Kandler, descrivendo il porticciolo di Cedas, scrive “il rivolo puro scorre dall’ alto fino alla marina; e non è il solo, altro zampillo sgorga ivi presso, da dirsi incanalato, altri ve ne hanno alla marina, cosi che il Municipio di Trieste vi fè costruire or sono parecchi anni un Castello d’ acqua, per le navi di Trieste.”
Le notizie riportate sono tratte dagli Atti dell’ VIII convegno Regionale di speleologia del Friuli-Venezia Giulia del 1999. Ringrazio per la fotografia dell’ Acquedotto Romano in Val Rosandra “ATrieste” – sito:atrieste.eu).

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24 commenti a Scampoli di storia: il problema dell’acqua a Trieste attraverso i secoli e le sorgenti naturali

  1. Italiano ha detto:

    Molto interessante.

  2. Luigi (veneziano) ha detto:

    Ma concretamente, voi a casa bevete l’acqua del sindaco o quella comprata al supermercato?

    L.

    PS Io solo l’acqua del sindaco.

  3. Bibliotopa ha detto:

    sempre e solo acqua di rubinetto.

  4. Paola ha detto:

    Molto interessante, sono in attesa del seguito.
    Da parte mia, cartina tabacco alla mano, mi sono messa a mappare i rivi rimasti visibili (quando non interrati – link) e gli stagni (qua il link), che di recente sono stati ri-valorizzati come zone umide, ma che in precedenza potevano anch’essi avere il ruolo di “opere minori che, anche se singolarmente di scarsa resa, hanno in ogni caso permesso la sopravvivenza e lo sviluppo del centro abitato” (o meglio, della frazione locale di villaggio d’altopiano)

  5. chinaski ha detto:

    solo acqua di rubinetto

  6. Srečko ha detto:

    solo teran

  7. capitan alcol ha detto:

    Se c’è l’acquedotto è da stupidi bere acqua in bottiglia.

  8. Srečko ha detto:

    capitan

    A volte l’acqua dell’aquedotto e’ imbevibile, altre volte non potabile…

  9. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ capitan alcol

    Strano: pensavo tu bevessi la Bertier

    http://www.youtube.com/watch?v=N8_YR80fPeU

    L.

  10. capitan alcol ha detto:

    Io bevo dalla bottiglia ma è acqua…vite.

  11. Ciano ha detto:

    8@ srecko

    ma quando l’acqua de rubinetto no xe potabile?

  12. Tergestin ha detto:

    Come bona parte dei mii concittadini, l’acqua la bevo co’ la missio col bianco.

  13. Luigi (veneziano) ha detto:

    Pensate che ogni volta che dalle vostre parti bevete acqua San Benedetto, Guizza, Coca Cola, Pepsi, Fanta, Sprite, Schweppes e similia, in realtà bevete l’acqua di rubinetto di casa mia.

    Infatti è tutta roba prodotta – per l’intero nordest Italia – a Scorzè e dintorni, con le stesse risorgive della bassa trevigian/padovan/veneziana che servono anche a rifornire Venezia.

    L.

  14. Srečko ha detto:

    Ciano

    In certe zone o in certi periodi l’acqua degli acquedotti e’ inquinata, quindi non potabile (ti ci puoi lavare, ma non la puoi bere…). Non e’ il caso di TS e zone limitrofe oggi.

  15. Mato col muf ha detto:

    Rigorosamente Acquadespina DOC

    Pal spritz, Radenska, che par eser nata per missiarse co la Malvasia.

  16. Paolo Geri ha detto:

    Una volta in local co se voleva acqua de spina se domandava un “Aurisina lisia”

  17. Ciano ha detto:

    Xe anca bastanza vergognoso che in ristorante se te chiedi acqua i te porta acqua in butilia…

  18. mato col muf ha detto:

    Ben Ciano, deso no stemo dir monade. Un local ga de guadagnar se no come i vivi?

  19. brancovig ha detto:

    @Luigi
    quell’acqua in bottiglia è di peggior qualità della nostra del rubinetto, basta verificare la concentrazioni di Nitrati (indice di contaminazione organica in particolare dalle concimazioni dei campi), che credo una volta mettevano sull’etichetta ed ora stanno ben attenti a non includerle più

    Se non ricordo male l’acquedotto teresiano che riforniva le tre fontane (incluse quelle del ponterosso e piazza della borsa) non ruisciva a soddisfare le richieste della città anche perchè molti cittadini si facevano delle derivazioni in proprio.

  20. capitan alcol ha detto:

    A Ts c’è un depuratore?

  21. omo vespa ha detto:

    mi me xe gia capita che i me domandi in osteria se me va ben acqua de spina – me go meraviglia. i la fa pagar, un poco de meno che quela in fiasca. e me par ben, in fin dei conti el mato te la mete in broca, te la porta in tavolo te porta el bicier.

    radenska – xe vero, anche da mi la me piasi per misciarla col bianco. inveze la jamnica proprio no. bruto sengo se discutemo de bonta del acqua e no del vin!

  22. giorgio dp ha detto:

    con la scusa della rete idrica in cattivo stato mettono un più di cloro nell’acqua di rubinetto,col risultato che tocca ber acqua di bottiglia o metter quella de spina in frigo.
    Credo sia una scusa bella e buona, per far guadagnare le marche di minerale.

  23. Ciano ha detto:

    @mato col muf

    vendendo vin. Deso no stame dir che no poso magnar una de gnochi col sugo che devo anche pagarme l’acqua che vojo de spina… Dime che te son oste, dei…

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