19 Settembre 2010

Acegas Trieste: fantasmi e alibi, imperativo…. fare quadrato!

Alibi veri o presunti, fare quadrato per l’obiettivo prefissato

La stagione 2010/11 della Pallacanestro Trieste 2004 assomiglia molto ad un quadro metafisico di De Chirico, dove un elemento classico come la squadra allenata da coach Dalmasson si staglia in un esteso deserto di sabbia esemplificante la società del Presidente Dipiazza e del consulente operativo Matteo Boniciolli.
Spazziamo subito il campo da pailettes ed effetti speciali, chi ancora crede (e sono tanti), che Matteo Boniciolli sia il silente ma edotto dirigente illuminato alla guida della società giuliana si sbaglia di grosso; l’uomo venuto dal freddo (della “caverna” irpina), la panacea possibile di tutti i mali cestistici triestini, ha abdicato con metodi inversamente proporzionali al suo insediamento coi fuochi d’artificio, cioè come una specie di fantasma di pirandelliana memoria, senza lasciare traccia fisica o memoria del progetto varato un paio di anni fa (con l’imbarazzo e lo scoramento di chi ha collaborato), praticamente passando il testimone (dalle sinistre sembianze di una bomba a mano) a coach Eugenio Dalmasson.

I vertici tacciono, confermano anche loro di chiudere l’esperienza sotto le volte del Palatrieste (possibile nuovo organigramma ma sponsor Acegas confermato?), impongono senza mezzi termini al nuovo gruppo e al proprio timoniere la entrata fra le 8 squadre che avranno accesso diretto alla lega unica (la celeberrima e fantasiosa “A3”…più che una categoria, un autostrada!). In questo “mercatino dell’alibi possibile”, quale migliore occasione per fare quadrato e dimostrare di poter vivere una stagione da protagonisti?

Coach Massimo Bernardi aveva già capito questo assunto (magari esercitato con metodi per qualcuno un po’ rivedibili) , nessuno ti regala niente e soprattutto nessuno è parte fattiva della costruzione di imprese sul campo, se non staff e giocatori. Il deserto metafisico sopra descritto getta quintali di polvere negli occhi ad ogni passaggio dei “soliti noti”, i miraggi incontrati nel percorso rimangono tali, per cui meglio tralasciarli in partenza.
C’è senz’altro una componente non di poco conto che può spostare sensibilmente l’ago della bilancia: il pubblico. Per l’ennesima volta la coperta di Linus di ogni squadra che deve lottare con le sole proprie forze, può spingere oltre i limiti Bocchini e compagni, magari adoperandosi in un  pizzico di criticità (giusta ndr.) in meno e un po’ di passionalità in più, soprattutto essendo parte integrante di quell’identità scritta a caratteri cubitali da tutti gli allenatori, che fonde squadra e città.
Stesse condizioni dei giocatori, nessuno ha fatto niente in questi anni per coinvolgere gli appassionati triestini, l’eredità storica dello zoccolo duro del Palatrieste ha impigrito il già debole impianto organizzativo …in questi casi l’unione può far la forza!
Nessuno parla di “sanatoria sportiva” a prescindere, quello che si vuole focalizzare è l’importanza dell’esistenza di un inscindibile blocco fatto di staff-squadra-pubblico che è garanzia per il futuro, è l’elemento positivamente fastidioso (mi si conceda l’ossimoro) che obbliga chi governa il basket triestino a prendere in considerazione, e chissà che a novembre-dicembre si possa vivere un nuovo, e si spera duraturo, Rinascimento cestistico giuliano (della serie… “ricostruzione della pallacanestro triestina” – parte 150).

Raffaele Baldini

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