13 Settembre 2010

Gorizia ospita il primo Festival vegetariano in Italia: l’intervista all’ideatore Massimo Santinelli

Gorizia ospita la prima edizione del Festival vegetariano (qui il programma completo della manifestazione). Per l’occasione abbiamo intervistato l’ideatore dell’evento: Massimo Santinelli.

Il 19 settembre Gorizia ospiterà il Festival vegetariano: il primo per la città, anche il primo in regione?

In Italia c’è il “vegfestival” che si tiene a Torino proprio in questi giorni. È una manifestazione che viene fatta da un po’ di anni e dura più giorni. Sposa la cultura vegana (molto simile alla cultura vegetariana ma priva di prodotti derivanti dallo sfruttamento animale come latte, uova, formaggi).
La nostra potremmo definirla una proposta simile ed unica non solo in regione ma anche a livello nazionale.

In che cosa consisterà il festival?

Il festival consisterà in una grande festa, che farà incontrare i vegetariani e, spero, in non vegetariani, per portare a loro le conoscenze della scelta che oggi in Italia molte persone stanno facendo (dati Istat 2009: 7.000.000 di vegetariani, primo paese in Europa). Ci baseremo su tre aspetti importanti:
il primo gastronomico, dove i nostri cuochi prepareranno cibi vegetariano di vario tipo gustoso e saporito, dimostrando che non si mangi solo insalata.
Il secondo aspetto è quello ludico, dove ci saranno attività per i bambini e artisti di strada per attirare l’attenzione della famiglie, inoltre abbiamo già 40 adesioni da parte di associazioni di vario tipo, artigiani e commercianti che proporranno i prodotti più svariati rispettando il tema del festival, per l’appunto il vegetarianesimo.
Il terzo aspetto alla quale ho seguito e stilato personalmente il programma è l’aspetto culturale. Verrà creato uno spazio di discussione con una serie di conferenze dove ci saranno vari ospiti che parleranno degli aspetti legati al vegetarianesimo e nel mondo del biologico.

Io che non sono vegetariana mi sentirò un pesce fuor d’acqua?

Nessun pesce fuor d’acqua, ci mancherebbe. La nostra idea parte dal voler aprire un mondo nuovo alle persone senza forzature e obblighi. Credo che la conoscenza possa portare le persone ad una scelta che può anche abbracciare un rapporto con l’alimentazione dove si limiti il consumo della carne, cosi facendo porteremmo un grosso miglioramento dal punto di vista ambientale. Basti pensare che per produrre 1kg di carne si necessita di 20.000 litri di acqua: sarà uno dei problemi che le future generazioni dovranno affrontare.
Quindi le scelte sono personali e rispettabili. Il nostro compito è quello di fare cultura.

Pensa che partecipando al festival potrei decidere di “convertirmi”?

Non c’è una conversione, ma una presa di coscienza e poi la scelta diventa personale.

Immagino che l’idea di organizzare questo tipo di evento nasca da lontano, dall’azienda di cui è titolare…

La Biolab che ho fondato nel 1991 il prossimo anno compie 20 anni. È maggiorenne. L’idea è nata un paio di anni fa, dove volevo creare un evento parallelo all’azienda per fare cultura, attraverso il nostro lavoro. Nelle mie convinzioni vive la certezza che nel fare l’imprenditore ci sia la necessità e volte l’obbligo (quando le cose vanno bene) di creare un valore e che lo stesso vada a beneficio della collettività e del territorio. Il mio desiderio è stato proprio quello di creare un evento esattamente al di fuori della mia azienda e nella mia città , che reputo un città dove “si può fare e si deve fare”.
Il tutto è stato possibile grazie all’enorme aiuto e collaborazione con l’associazione “veganima” di Gorizia dove alla mia proposta del “fare” si sono subito offerti e cosi abbiamo creato un gruppo di lavoro, entusiasta, partecipe e ricettivo. Grazie a loro credo che la manifestazione non avrebbe raggiunto questi numeri di adesioni e di personaggi di prestigio. Ora vogliamo scoprire se la gente sarà ricettiva. Gli indicatori ci dicono si sì.

Ricordo ancora quando passavo in bicicletta in via Grabizio e leggevo l’insegna Biolab se non sbaglio su un capannone che prima ospitava una carrozzeria. Cos’è cambiato da allora?

Nella vecchia sede ho creato le basi attraverso mille difficoltà che ho affrontato con l’aiuto di mio padre che mi ha dato un grande aiuto e purtroppo quest’anno è venuto a mancare. Buona parte dei frutti di oggi li devo anche lui che mi ha insegnato a credere e impegnarmi per ottenere qualcosa nella vita.
Cos’è cambiato? Tutto. Da piccole pentole siamo passati a una ottima capacità produttiva e molta professionalità. I nostri prodotti sono presenti su tutto il territorio nazionale sia nel mercato dello specializzato (negozi bio) che nella grande distribuzione.

Ci svela i numeri della sua azienda: dipendenti, fatturato,…?

15 dipendenti (il maggiore valore della mia azienda), 1,2 milioni di fatturato in crescita costante, nel 2005 fatturavo 500.000. ora stiamo puntando all’estero dove i consumi del prodotti biologico e vegetariano è molto più elevato, forse per la maggior sensibilità legata all’ambiente e alla natura. L’Italia è il primo Paese europeo come produttore bio e il terzo nel mondo, l’ultimo nei consumi.

Infine, com’è fare l’imprenditore a Gorizia?

Malgrado ci sia questo “sport” diffuso, di denigrare la nostra città, io ho la sensazione inversa. Se critichi va bene ma portami la tua idea o la tua proposta innovativa, poi ne discutiamo.
Nel 2002 quando mi sono insediato nel nuovo stabilimento alle Casermette, avevo avuto la possibilità di insediarmi fuori dalla nostra città, ma ho sempre rifiutato, perché Gorizia mi piace e voglio dire la mia attraverso la mia espressione imprenditoriale.
Questo non toglie che c’è molto da fare, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista istituzionale. L’imprenditore da questo punto di vista spesso si trova solo a dover affrontare tutto quello che spinge a portare avanti un’azienda.
Sono convinto che l’aiuto parte da se stessi e dalle proprie capacità di sapere mettersi in discussione e poter cambiare a seconda delle esigenza e richieste.

Se Biolab oggi è una delle realtà più importanti del settore a livello nazionale lo deve proprio alla sua forte flessibilità acquisita negli anni.
Finirei con un frase di W. Churchill che dice: “Alcune persone vedono l’impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito,altri come una mucca da mungere. Pochissimi la vedono com’è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante”.

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9 commenti a Gorizia ospita il primo Festival vegetariano in Italia: l’intervista all’ideatore Massimo Santinelli

  1. giorgio ha detto:

    Bella iniziativa, mi lascia solo un po’ perplesso la location.

  2. marco ha detto:

    complimenti a Massimo Santinelli sia per la sua attività che per l’ottima idea…

  3. milost ha detto:

    Apprezzo moltissimo ma…ho una domanda cui nessuno risponde mai: che senso ha il vegetariano e il biologico chiusi nella plastica,già predisposti per la cottura se non precotti, confezionati con imballi non riciclabili e non biodegradabili…Mi auguro ci sia un’evoluzione anche in tal senso, io se posso ( ed è difficile potere!) non mangio roba che sta chiusa da settimane o mesi nella plastica, e solo parzialmente mi consolo quando riesco a trovare prodotti confezionati in materbi!

  4. omo vespa ha detto:

    e alora gnente persuto o luganiga in pasta e fasoi…

  5. Marino ha detto:

    Ottima osservazione, Milost! La condivido in pieno, ma ci ho riflettuto e penso di aver trovato un po’ di quel senso che cercavi, pensando alla mia esperienza personale.
    Io e mia moglie, non molto tempo fa, siamo stati vegetariani per un paio d’anni, poi, pur senza rinnegare i principi che ci avevano spinti a fare questa scelta, pian pianino abbiamo ripreso a mangiare carne (anche se mia moglie pochissima ed io molto molto meno di prima).
    Penso che la causa principale sia stata la pigrizia, perché preparare un buon piatto vegetariano non è una cosa così immediata. È molto meno laborioso preparare un buon piatto di carne, e non sempre si ha il tempo e la voglia di passare ore in cucina per farsi qualche pietanza vegetale che sia gustosa e nutriente (una piàdina de radicio e fasoi se fa subito e xe una goduria, ma dopo diese minuti te ga de novo fame :-).
    Ben vengano, quindi, secondo me, dei preparati che aiutino a essere o diventare vegetariani. Certo non possono e non devono costituire la totalità del proprio nutrimento, ma possono ad esempio essere un buon ausilio per una fase transitoria conoscendo nuovi gusti.

  6. Giuliana ha detto:

    Sono d’accordo con Milost. Anche il packaging dovrebbe impattare al minimo sull’ambiente: niente impiego di carta/catone e uso di involucri biodegradabili ridotti all’essenziale. In Germania nei bar e nelle mense universitarie hanno eliminato i bicchierini di plastica e usano solo quelli in ceramica o vetro.

  7. milost ha detto:

    Condivido, ovviamente, ma insisto sul fatto che vorrei vedere un passo in avanti sulla strada della coerenza: un biologico convinto come si sente dopo aver aperto la confezione di plastica dei tortellini, la confezione di plastica dei grissini, la scatola dei pomodorini, il sacchetto dei limoni, l’involucro dell’affettato…? A parte che il cibo chiuso nella plastica secondo me non è un cibo “felice” ontologicamente, ma ci si lascia alle spalle una quantità di “cattivi” rifiuti ( certo, li smaltiremo in modo corretto…ma se il biologico e il vegetariano avessero una commercializzazione che tenesse conto anche di questi aspetti, riducendo plastica e confezioni mi piacerebbero di più. Se poi è impossibile commercializzare certi prodotti se non a prezzo di costosi ( in termini ambientali) imballaggi, bene, possiamo anche farne a meno probabilmente: credo dovremmo far capire questo ai produttori.

  8. Max ha detto:

    Spero di riuscire ad esserci.Ad ogni modo complimenti per la valida iniziativa. Max

  9. Gigliola Mingozzi ha detto:

    Vorrei innanzitutto fare i complimenti a Massimo per aver organizzato il Festival a cui io purtroppo non posso partecipare per via della distanza e del poco tempo libero a mia disposizione. Grazie anche per il lavoro svolto da Biolab che da tempo mi permette di consumare gustosi pranzi e cene, che contengono tutte le sostanze nutritive necessarie e non provengono da nessuna sofferenza, da nessuna morte di animali, bensì dal rispetto per la vita. E’ veramente bello che ci sia qualcuno che prepara e confeziona questi cibi per chi, come me, svolge un lavoro con turni allucinanti e non potrebbe permettersi di trascorrere ore e ore in cucina a preparare piatti elaborati. Per quanto riguarda le discussioni sulle plastiche e imballaggi, io vorrei far presente che il vegetarianesimo non è un diritto che appartiene solo ai fortunati che hanno tanto tempo libero a disposizione per stare in cucina. Anche un’operaia turnista dalla vita complicata e impegnata ha il diritto/dovere di rispettare la vita degli animali, e di mangiare cibi nutrienti pronti in 5 o 10 minuti. Se Biolab dovesse trovare il modo di usare imballaggi biodegradabili e provenienti dal riciclo, ben venga l’idea. L’importante è che a noi persone impegnate a lavorare non manchi mai il lusso di trovare un piatto vegetariano pronto velocemente.

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