5 Settembre 2010

Un triestino in Macedonia: al derby calcistico Pelister-Vardar

Quarta puntata del diario di Pietro Della Rocca, triestino 23enne che ha trascorso due mesi in Macedonia come insegnante di italiano all’Università di Prilep. Qui le puntate precedenti del racconto.

Settimo giorno 23 Marzo

Lo stipendio medio di un macedone xe circa 150€ al mese. Ma tanti che lavora nel tessile ga 100€. Comunque, aggiungi Marinela con saggezza, meio quel che disoccupadi. Come i genitori de Marinela, appunto.
La me disi che el problema xe anche le troppe tasse: la Macedonia sta ancora scontando el socialismo. Una transizione, specifica Darko. Tra el socialismo e un non se sa cosa. Putin questa transizione la fa molto bene. Un grande leader. Come la Merkel o Sarkozy o Zapatero. Berlusconi ai leader ghe fa bù dietro le colonne, el concludi ridendo.

Se ga sparso la voce nel dormitorio che ghe xe un italiano nella 127. E tutti vol veder come el xe fatto. Tutti parla solo macedone però. Solo uno sa l’inglese, se sforza almeno. Ivan. E così una volta che la ressa xe andada via el se ferma in camera. Xe anche grande amico del mio coinquilino: Stefan. Stanotte cavalchemo un cavallo el me disi, indicando l’etichetta della la bottiglia de birra Krali Marko. Un disegno stilizzado che mi me sembrava un toro, ma me fido. Non go ancora finido el mio bicer che lori ga za svodado el resto del litro e mezzo. Ma xe una birra leggera, come la dab dell’altra sera. Infatti i xe perfettamente sobrii. Ghe mostro la mappa della Macedonia che me ga disegnado Nikola. Xe uno schizzo rudimentale fatto a penna, difatti Ivan se metti a rider. Ma la xe interessante perché Nikola me ga segnado le varie zone e le città in base alla produzione. Così vizin a Prilep ghe xe scritto Tutun (tabacco), e a sud de Bitola, se vedi che Resen xe la zona delle mele. A ovest secondo Nikola ghe xe fagioli. Ma Ivan disi che là ghe xe solo mussulmani. E i mussulmani, ‘u pickumater’, xe la causa de tutti i problemi della Macedonia. Come Greci e Katolìki, intuisso che disi Stefan. Ivan non xe d’accordo. Greci e katolìchi xe assieme ai serbi e ai bulgari e a u pickumater quei che ga distrutto la Macedonia. Ma soprattutto i mussulmani. Mussulmani xe sinonimo de albanesi. E Ivan sa che al sud dell’Albania i disi de esser cattolici, come i croati. Ma el me giura che i xe pezo dei katolìchi – che capisso esser appunto i croati – i xe mussulmani anche lori. Cossa ghe interessa de Tetovo, cossa ghe interessa de u pickumater e cossa ghe interessa in Macedonia? Che i staghi là tra le montagne! (El spuda sul pavimento, con sodisfazion.) Come i Bulgari che ga ambizioni nell’est. O i serbi. ‘Broter: taz Balcans!’ (Fratello, questi sono i balcani. In un inglese molto balcanico) – e fa cenno con le man come de tutto capovolto. E i greci? U pickumater! E ancora i politici qua tratta coi greci per el nome. Neanche che el problema fossi veramente el nome. El problema xe el Pickumater. La Macedonia ga dado alla Grecia el 52% del suo territorio alla fine della seconda guerra balcanica. Tutta la zona de Solum e de pickumater. El me mostra una vecchia cartina de inizio ‘900. Adesso i disi Salonicco, ma xe Solum el vero nome. Quei ‘peder’ (gay) della Grecia i lo ga cambiado perché i xe ‘peder’, u pickumater. E così tutti i macedoni che iera là ga dovuto subir un esodo. El se ferma, u pickumater: ti te son europeo, te son italiano e mi te parlo de esodo. Figurarse se te sa cossa che vol dir. Ma, ‘Broter, taz Balcans’! Esodo vol dir che cambia la bandiera e la lingua. E o te va via o i te ammazza. E xe ovvio che dopo te odi lo stato che te portado via la casa e costretto a scampar. Sorrido sornione, el sa perfettamente dove xe Trieste: qua tutti conossi Trst per la sua storia recente. Ma evidentemente no i ghe ga ditto tutto. Pickumater i serbi? incalza Stefan. Quando iera la jugoslavia chi se ricordava della Grecia. Iera el passaporto rosso. Te podevi girar. Adesso ghe xe un muro attorno alla Macedonia. I genitori de Ivan e Stefan andava a far shopping a Trst. 24 ore de treno, sì. Fazeva tutti in Macedonia. Adesso pickumater…adesso anche solo andar a Skopje costa troppo. O anche andar a Bitola per studiar. E no xe miga scole in tutte le città: ‘Brother, Taz Balcans’. Cussì la gran parte della gente adesso no studia, perché come i fa a studiar se no i pol pagar el pickumater de autobus? Taz Balcans. No gavemo de magnar perché semo contadini, quindi no podemo andar a scola, e quindi anche un pickumater che adesso no xe contadin perché con Tito ga studiado fin alla fine, in futuro sarà contadin. Anche chi odia la Jugoslavia ama la Jugoslavia…se te vol capir la Macedonia ricorditela sta frase, pickumater!
Me la ricordo sì: anche Nikola me la ga ditta, e anche Marinela.
E, broter, ricorda anche che taz balcans!

27 marzo

Si va a Krushevo.
A Krushevo è stata fondata la prima repubblica balcanica e la cattedrale è un famoso monumento artistico. Ma, soprattutto, è la città natale di Toše Proheski.
Ci arriviamo con un vecchio furgoncino Mercedes. Costruito per esser agile, ma dopo tanti anni di servizio stantuffa tra le buche che riempiono le rampe verso la città che nei Balcani è la più alta sul livello del mare.
Veniamo accolti da torrenti di fanghiglia e operai con pompe intenti a crearli. Dimitar ride ‘Han saputo che vien un turista europeo e lavan le strade’. In effetti da là in poi saran pulitissime. Pulitissime e popolate da bambine con vestitino verde e fazzoletto bianco in testa. E’ giorno di festa del paese, mi spiega Marinela, e indossano l’abito tipico. E evidentemente voglion farlo vedere.

Saliamo le viuzze, fatte di scalini bianchi quando di colpo ci si apre la visuale sul campanile. Bianchissimo, con fregi rossi che richiaman quelli della cattedrale – anch’essa bianca – in cui entriamo. Darko, Dimitar e gli altri stampano un bacio sull’icona all’ingresso. Credo sia San Nikola. Sopra di lui, molto più grande e più solenne c’è la foto di Toše.
Pareti bianche, spoglie, con solo una greca rosso scuro a metà altezza che conduce dalla porta sino all’abside. E’ qua che si concentran tutti i decori, tutta la ricchezza e l’arte. Pannelli di legno intarsiato – sovrastati da aquile anch’esse in legno – fanno da base per gli opulenti dipinti dei santi e della madonna. Sfondo d’oro, disegno sovraccarico di particolari. Dettagliatissime le figure anche più minute nel paesaggio alle spalle. Volti vivissimi, figure che escon dai pannelli e vanno incontro ai fedeli. Chi con aria di rimprovero, chi – la Madonna – con amore. Iscrizioni, simboli e altre aquile dalle ali spiegate completano il capolavoro.
Intanto che son incantato Marinela sta accendendo candele sotto un’altra foto di Toše.

Usciamo e andiamo verso il monumento alla Repubblica dei Balcani. E’ durata solo 10 giorni, nel 1903, ma è stata la prima vittoria contro i turchi. E Nikola Karev, il presidente, è ovunque celebrato come eroe nazionale. E’ lui il sosia di Garibaldi che ho visto dipinto su tante case e raffigurato in tanti monumenti.
Il mausoleo è un po’ fuori, in cima. Un’enorme radura con nel mezzo un’imponente rampa di scale che porta all’ingresso di un UFO, una specie di bomba dei fumetti. Una enorme sfera da cui si diraman regolari protuberanze cilindriche che finiscon con un vetro rosso o giallo. Anche questo ecomostro, come tutto a Krushevo, è bianchissimo. Saliamo le scale e più mi avvicino all’UFO più son perplesso. Ma l’interno mi sorprende. Mi sorprende per luce e colori. Le pareti spoglie e bianche rifletton la luce gialla e rossa che entra dai vetri delle protuberanze. Luminosissimo. Quasi accecante la bandiera macedone nel mezzo. A fianco, un cubo di marmo bianco, con un incavo al posto dello spigolo destro. Sopra, in caratteri d’oro, NIKOLA KAREV. Ne han trovato il corpo senza il braccio destro, per questo la sua tomba manca di quello spigolo.
Tutt’attorno, bassorilievi con figure astratte.

Mi guidano poi alla tomba di Toše. Per la verità è in un cimitero. Un cimitero enorme. E ogni croce, bianca, ha sopra la foto di un viso giovane. Troppo giovane. Guardo cercando, ma non vedo la fine della distesa di croci, ma solo un orizzonte di marmo bianco e pochissimi fiori. Giro impressionato tra le tombe, pensando a quante famiglie tra l’inzio degli anni ’90 e il 2001 han perso tutto. Son il solo che fa questo giro. Gli altri si ferman all’ingresso, dove giace la migliore voce dei Balcani. Per lui i fiori abbondano. Anche i miei amici ne portano, e accendon altre candele, e si inginocchiano e pregano. E’ stata costruita una tenda che fa da basilica attorno alla tomba, contiene ex-voto e altari. Anche se ormai Toše canta allo stesso modo dei tantissimi altri giovani che gli sono attorno, sembra esser l’unico sepolto in quel luogo.

29 marzo

C’è Pelister-Vardar oggi, il derby di Macedonia: la squadra di Bitola in casa contro il Vardar Skopje.
Son da Darko quando Mitko mi chiama proponendomi di andarla a vedere. Alle 16, ho tempo per guardar con gli altri il primo tempo di Juventus-Atalanta. Brendon ha scommesso sulla Juve, Slatko sul pareggio: son concentratissimi e nervosi.

Trovo Mitko davanti al museo, da là 5 minuti e siam nell’arena degli ‘Ckembari’. Ckembari, mi spiega, è il nome dei tifosi del Pelister. Presto la strada si interrompe e, come al solito, proseguiamo calpestando fango ed erba. Un fuori pista in cui non siamo affatto soli: il baracchino che vende semi sta facendo affari d’oro, e anche Mitko si ferma al traballante tavolino. 10dn per un sacchetto che sgranocchieremo durante il match.
L’ingresso dello stadio è spartano. Niente tornelli ma un poliziotto davanti alla porta che controvoglia prende i 15dn e fa passar i tifosi, che vanno dai 15 ai 50 anni circa.

Gradinata rozza, su cui, come rivela qualche brandello di plastica, un tempo dovevan esserci dei seggiolini verdi. Ma ora ci si arrangia con fogli di giornale per non bagnarsi sul cemento imbevuto della pioggia di stanotte. In generale è tutta la struttura dello stadio a colpirmi: 2 gradinate, una per parte. Dove mi aspetto di trovar le curve trovo un muro di cemento, alto 2 metri. Finisce giusto una ventina di centimetri sopra i caschi dei poliziotti – schierati in assetto antisommossa. Provo a contarli, ma son distanti: dietro alla gradinata che brulica di bandiere e dietro i loro giubbotti antiproiettile. Saran circa 30 da una parte e 30 dall’altra. Mi sembra esser un numero piuttosto elevato, considerando che in stadio (tutto esaurito per l’occasione) ci saranno in tutto 300 persone. Ma son 300 irriducibili che han studiato da Asterix, e si di dimenano per 1000, chiamando il cordone ordinato di poliziotti a vari movimenti. Deciso è il movimento a inizio primo tempo, quando in seguito a una rimessa laterale contestata a metà campo, lo stadio esplode in fischi e urla.

Al coinvolgimento del pubblico però non risponde la qualità del gioco, decisamente scarsa. Un po’ per il terreno pesante, ma soprattutto per evidenti limiti tecnici dei 22 in campo. Sulle 2 gradinate la gente si scatena e urla, salta e incita la squadra, insulta l’arbitro e avversari – un po’ per tifo, ma forse anche per scaldarsi: fa freddissimo oggi. Finita la partita andiamo a festeggiar l’1-0 del Pelister con un tè caldo in un bar là vicino. Mi sto preparando la mia difficile battuta “yas sakam eden cai”3 quando un “what would you like?” mi prende in contropiede: il primo che incontro che parla inglese, e fa il barista in un squallido bar zona stadio. Anche questo vuol dire ‘Balcani’.

Gustato il tè torniamo da Darko: devo recuperar il portatile che ho lasciato da lui.
Salite le scale del suo palazzo (uguale a quello di Ljupka a Skopje, e per proprietà transitiva anche a quello di Snezka a Capodistria) bussiamo. Ci apre la porta indossando una maglietta con la faccia di Tito stampata sopra. Intorno c’è una scritta, me la traduce ridendo “attento, Io ti guardo. E mi farò tua mamma”. Sarebbe un peccato rovinar la mamma di Darko. Son là che parlo con lui quando arriva: si presenta e mi piazza tra le mani un piatto di pasta fatta in casa. Condita col formaggio fresco della zona. Riesco a fermarla prima che ci versi sopra il ketchup. Inizio a mangiare, mi guarda aspettando un complimento. Inghiotto il primo boccone e la accontento:
-se mia mamma cucinava così bene a quest’ora ero a casa e non in giro per il mondo!
Ride e si illumina in viso, l’ho conquistata, non smette più di ridere e 10 minuti dopo, mentre il piatto è appena finito mi rifila una fetta di torta. Sempre fatta da lei. Sempre ridendo da prima mi dice orgogliosa ‘SECRETO DI DOMAKINKA’. Eh sì, parla qualcosina d’italiano. E’ nata a Pola.
-Mia mamma è istriana.
Si emoziona, e corre a prender un vecchio album delle foto di famiglia per mostrarmene una minuscola. E’ scattata in Istria, lo sfondo è un anonimo muro di mattoni, ma le dico di sì, che riconosco l’Istria, senz’altro.

di Pietro Della Rocca

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44 commenti a Un triestino in Macedonia: al derby calcistico Pelister-Vardar

  1. dimaco ha detto:

    iera ora. lo spetavo da setimane.

  2. arlon ha detto:

    Sempre meio!

    “Han saputo che vien un turista europeo e lavan le strade”
    😀 ma lori no i se considera europei??

  3. Eros ha detto:

    150 euro al mese uno stipendio?
    Allora ha ragione chi dice che si stava meglio con la Jugo di Tito!!!

  4. dimaco ha detto:

    Eros certi possono dire quello che vogliono, ma quando c’era la Yugo non stavano tanto male come qualcuno voleva far credere. Ildemonio del socialismo yugoslavo. Moltissimi stavano meglio di oggi. la maggior parte.

  5. dimaco ha detto:

    volevo aggiungere questo:
    ve lo immagina questo diario recitato (o letto) da marco paolini? Io penso che sarebbe grande.

  6. Flores ha detto:

    ciao Pietro, sono talmente contenta di ritrovarti che prima ti scrivo un cordiale “bentornato” a scatola chiusa in garanzia del pregresso e poi corro a leggerti!

  7. Flores ha detto:

    bravo Pietro!!!!
    El derby Pelister-Vardar no sarà Inter-Milan.
    Per quanto riguarda la Macedonia, la Sampdoria pol tignirse Cassano e el Manchester el ” ricco” Balotelli, però el tuo secondo reportage xè de scudetto!

  8. omo vespa ha detto:

    ah sti mazedoni, no i poteva meter pelisterini e vardarini falsi in foto…?

  9. dimaco ha detto:

    omo vespa questa no la go proprio capida.

  10. Eros ha detto:

    DIMACO, non devi dirlo a me, che viaggio per la Jugo da 26 anni, devi dirlo a quelli come Luigi Veneziano, che sostiene che in Jugo non avevano la lavastavoglie e vivevano nella miseria.
    A parte gli sloveni, TUTTI stavano meglio 20 anni fa.

  11. dimaco ha detto:

    io dico solo che tutti vivevano ben più di vent’anni fa. indebitarsi fino al collo non è vivere bene. moltissime famiglie sono indebitate oltremisura in slovnia.

  12. omo vespa ha detto:

    dimaco, me riferivo ai finti tifosi a TS. la moda non xe ariva a skopje. fors emeio cosi 🙂

  13. omo vespa ha detto:

    eros ramazoti, stava tuti cosi ben che i faceva fila per comprar late e oio a TS. ah si, me go dimentica, tuti i lavoradori tedeschi e americani che andava lavorar in yugo – se no sbaio i li ciamava gastarbeiter. per quel ghe xe una grande colonia tedesca a zagabria e belgrado. i diseva in ultimi mondiali, che mesa nazionale dela serbia xe fioi de tedeschi, serbi de seconda generazion.

  14. Luigi (veneziano) ha detto:

    Eros, ti sfido a tirar fuori un mio qualsiasi messaggio in un qualsiasi luogo internettiano o non internettiano nel quale io dico che in Jugoslavia si viveva nella miseria e che non avevano la lavastoviglie.

    In caso contrario, si potrà dire che sei un provocatore raccontaballe.

    Certificato.

    Luigi (veneziano)

  15. capitan alcol ha detto:

    Ma Fini e Menia cosa pensano della Macedonia? E Frattini?

  16. capitan alcol ha detto:

    #9 dai non farcela spiegare. E’ bella, basta che guardi la prima pagina di bora.la odierna.

  17. Eros ha detto:

    14Luigi (veneziano)
    6 settembre 2010, 16:51
    Eros, ti sfido a tirar fuori un mio qualsiasi messaggio in un qualsiasi luogo internettiano o non internettiano nel quale io dico che in Jugoslavia si viveva nella miseria e che non avevano la lavastoviglie.
    In caso contrario, si potrà dire che sei un provocatore raccontaballe.
    Certificato.
    Luigi (veneziano)

    ——-

    Ah, perfetto, quindi anche tu sei tra quelli che AMMETTONO che si viveva meglio 20 anni fa. Visto che oggi si vive nella miseria con 150 euro al mese…

  18. Eros ha detto:

    OMO VESPA, no te ga capì un zoca!
    Ho ditto che stavano MEGLIO di oggi.
    Anche gli italiani negli anni ’50 e ’60 emigravano in Svizzera, Germania, ecc. ecc. Questo non vuol dire che oggi in Italia si stia peggio di allora. Mentre in Jugo, Slovenia a parte, si sta molto ma molto peggio.

    Viva la Democrazia che ha portato in Jugo i soldi a palate rispetto alla miseria che aveva portato Tito!

  19. omo vespa ha detto:

    no go capi no, ma no te ieri quel che vol cita privade senza quei parasiti statali che te ciucia i schei? sa, con tito l’economia iera tuta in man delo stato.
    bongiorno bela indormenzada, ti ga dormi 30 ani, ciol un bel nero e dopo parlemo –

  20. dimaco ha detto:

    eros ha comunque la capcita di stupirmi. è uno dei più accaniti sostenitori del capitalismo più liberalizzato mai proposto, ma ammira lostato sociale che permeava la comunita yugoslava. Io penso che se solo avresti pensato di proporre il tu modello economico in Yugoslavia cancellando i sindacati ti avrebbero mandato in vacanza su una nota località balneare in mezzo all’adriatico.
    Altra puntualizzazione: in yugoslavia non si pativa la fame, perchè come ho detto e scritto io la yugoslavia l’ho vissuta. Ci sono nato, ci ho passato gli anni spensierati della mia infanzia,ogni estate 3 mesi e mezzo e tute le vancaze di natale e igni qualvolta era possibile, nel luogo che mi ha dato i natali. Un piccolo paesino a una dicina di km da Gorizia. ho vissuto i primi maggio, ho vissuto i lgiorno della gioventù. Ho vissuto anche la brutta esperienza di venire a contatto, a muso duro con la milica. poi il muso lo hanno fatto a me, ma questa è un’altra storia.
    Vivendo a contatto diretto con il sistema yugoslavo io vedevo che non c’era questa frenesia che caratterizzava la vita in italia, il spasmodico bisogno di fare soldi per dimostrare di essere qualcuno, la vita che acceleravasempre e che impediva ai mie di genitori di passare il tempo con noi figli. le gite diventavano sempre più rare, le occasioni di uscire sscarse. le piccole cose che da bambino mi facevano felice8andre a raccogliere funghi e lamponi a Lokve erano prraticamente scomparsi. E confrontavo la mia vita con quelladei mei cugini che vivevano in Yugo, zia e zio sempre presenti le ferie estive a cui non rinunciavano mai perchè erano un loro diritto, ilrapporto tra mio padre e me (cagnesco) confrontato con quello di mio zio e mio cugino (da amici che condividevano tutto) e mi chiedevo come mai , acosa fosse dovuta quella serenità, nonostante non avessero tute le meraviglie teconlogiche che avevamo noi. Poi con gli anni l’ho capito, era il sistema stesso che permetteva queste cose dando ai yugoslavi un modello di vita che riusciva in qualche modo a compensare , a equilibrare i doveri verso lo stato e il diritto inalienabile di ogni individuo ad avere una famiglia e a prendersi cura di essa. un sistema che ti permetteva di avere puù figli, che questi figli avrebbero avuto un diritto a andare a scuola gratuitamente, grautitamente sarebbero stati trattai se avesso avuto bisogno di cure mediche. qualsiasi cura medica. Per quelli che pensano che si era nel medioevo rispondo che lubiano era uno dei migliori centrio clinici sportivi d’europa, evv.

    Ok non avevano le golf tedesche, non avevno i mercedes o i bmw, venvano a comprare in italia ciò che la Yugo esportava, per poter sostnere il sogno del socialismo reale.una cosa che mi colpì molto fu il vedere la gente chesi aiutava l’un l’altra in qualsiasi cosa, se c’era una vigna da mettere su, una casa da fare venivano ad aiutari senza chiedere nulla. Il concetto di unita e fratellanza suonava a me in maniera strana perchè ero stato abituato a pensare solo per il mio culo, ero stato abituato a pensare che se uno non mi paga in moneta sonante non deve essere aiutato. Non si fa nulla per nulla mi dicevano, se non ti paga non ti girare neanche.

    Il mio mdod di intendre il benessere non è il conto in banca ma la qualità della vita che vio. Se ho un lavoro che mi permette di mantenere la mia famiglia e al contempo di togliermi qualche sfizio non ho bisogno di altro. Non ho bisogno ne del macchinone ne dellavilla da 600mquadri , mi basta una casa con 100 mq e un giardino . Io non ho bisogno di più.

  21. Eros ha detto:

    DIMACO, ti rispondo domani. Per ora, mi sono commosso. Ho le lacrime agli occhi, credimi. E sono sincere. Perché un mondo così idilliaco è stato DISTRUTTO da chi provava fastidio per questo mondo. Il capitalismo ed il comunismo c’entrano poco. Credimi.

    Ti spiegherò domani.
    Ora sono troppo coinvolto emotivamente

  22. chinaski ha detto:

    mah, dimaco, piu’ che altro mi sembra che oggi nei paesi della ex-yugoslavia profonda si stia male perche’ c’e’ stata una guerra che ha fatto centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati, ha distrutto il sistema produttivo, ha mantenuto o portato al potere il peggio che quei paesi erano in grado di esprimere, e come tutte le guerre ha prodotto una classe di profittatori e squali che si sono arricchiti con attivita’ illecite. last but not the least, la guerra ha avvelenato il dibattito culturale e politico e ha impedito lo sviluppo di una dialettica democratica.

    le responsabilita’ di quella guerra sono facilmente rintracciabili in pezzi di apparato del regime comunista in decomposizione, ma sarebbe disonesto sottovalutare il ruolo svolto dai cascami di altre ideologie precedenti al regime comunista stesso (quella dei cetnici e quella degli ustascia, tanto per citarne due). infine non va trascurato il cinismo misto ad inettitudine dimostrato dalle cancellerie europee.

    se la democrazia, come diceva primo levi (e come penso anch’io) e’ una tecnica e non una fede, direi che quel che e’ successo nei balcani a partire dal ’90 non e’ frutto della democrazia (come lascerebbe intendere eros), ma di un deficit di democrazia.

    p.s. tra le conseguenze nefaste di quella guerra, ci metterei pure la fascinazione per tutto cio’ che ha a che fare con l’ identita’ etnica, anche ben al di fuori dei balcani. a partire dal ’90, in tutta l’ europa, la “riscoperta” e la “difesa” delle radici etniche, vere o presunte (piu’ spesso presunte), ha cambiato completamente le coordinate del discorso politico, che si e’ come avvitato su se stesso.

    p.s.2 indipendentemente da cio’ che ognuno pensa del comunismo, bisogna ben dire che l’ ideologia prodotta dai vari milosevic, tudjman & co, che pure provenivano tutti dall’ apparato comunista, e’ qualcosa di molto diverso dall’ ideologia comunista. nella loro ideologia il conflitto etnico ha completamente soppiantato la lotta di classe. non c’e’ traccia di “rivoluzione”, non c’e’ il “terrore rosso”. c’e’ al contrario il richiamo alla “tradizione”, e c’e’ la “pulizia etnica”. il laboratorio perfetto per gli ideologi “rosso-bruni”. ma questa e’ un’altra storia.

    p.s.3 se riesci a procurartelo, ti consiglio di leggere “maschere per un massacro” di rumiz.

  23. dimaco ha detto:

    chiansky non metto in dubbio quello che dici.Anzi la tua disamina è molto corretta, ma lasciami dire una cosa:
    la Yugoslavia è stata distrutta da coloro che non hanno mosso un solo dito per crearla. E stata distruta da coloro che non hanno mai fatto nulla per lo stato in cui vivevano ma hanno fatto di tutto per distruggerlo.Perchè pensi che abbiano aspettato 10 anni prima di poter fare una cosa simile’ perchè se lo avessero fatto subito dopo la morte di tito li avrebbero appesi per le palle al primo albero dispobibile. Negli ani 80 c’erano ancora troppo reduci della NOB, quelli che veramente avevano combattuto (non quelli che si sono definiti partigiani dopo la firma dell’armistizio e credimi se ti dico che c’è nerano aprecchi), quelli che avano creato un paese lottando e spargendo il loro sangue per qualcosa in cui credevano. Quelli si sarebbero ribellati e avrebbero fatto il macello.
    Lo stesso ,mi dispiace farlo notare, sta succedendo in italia. la contrapposizione nord sud, le aprole d’ordine che arrivano dalla lega, sud ladri, mantenuti ecc, mi ricordano qullo che dicevano i nazionalisti nei confronti di una parte della Yugo. Sono sulla stessa strada. ed è una strada che porta a un capolinea parecchio inquietante.

  24. capitan alcol ha detto:

    E se la Yugo fosse collassata perchè mancava qualcosa al suo sistema che permetteva di mettere in discussione le degenerazioni dei vari milosevic e compagnia? Qualcosa che permettesse alle persone di formarsi liberamente delle idee su chi li governava?
    Perchè a leggere le cronache di quegli anni prima della guerra mi pare che a Belgrado non si respirasse la stessa aria che si respirava dopo. C’erano manifestazioni in piazza contro i politici. Cosa è successo dopo?

  25. omo vespa ha detto:

    ma, save, me par che fin el 85 ghe iera bastanza credito per far viver ben tuti, dopo xe anda in malora l URSS, i americani no ghe interesava piu de tanto la yu, e iera finidi i dinari. e alora el mito del socialismo reale xe casca –

  26. omo vespa ha detto:

    ah, per tornar in tema – Pietro Della Rocca: che colori ga Vardar e Pelister? con qual dei vizini i xe in raporti boni…se go cpai ben i labanesi no ghe garba, lori n ghe garba ai greghi, coi bulgari no geh va ben…insoma, i xe poveri disgrazia soli o almeno un vizin de casa ghe imprestaria mezo chilo de farina se ghe manca?

  27. Luigi (veneziano) ha detto:

    Dimaco, tu hai vissuto per anni le tue vacanze in Jugoslavia. Credo tu parli degli anni ’70 e ’80, che venivano dopo quelli del boom economico jugoslavo della metà degli anni ’60.

    Nei giorni festivi jugoslavi – ma feriali per l’Italia, come il 29 novembre – a Trieste arrivavano fino a 250.000 persone da oltre confine (traggo il dato dal saggio di Bozo Repe “Confini aperti e stile di vita in Slovenia dopo la seconda guerra mondiale”, apparso su “Qualestoria” del giugno 1999).

    Che venivano a farci?

    A comprare ciò che non si trovava in Jugoslavia o ciò che si trovava, ma di bassa qualità: vestiti, generi alimentari, elettrodomestici “di marca” (la Candy era la più gettonata)… di tutto e di più.

    Contribuivano a permettere questi acquisti vari fattori:

    1. La Jugoslavia confinava con due paesi capitalisti (Austria e Italia), grandi produttori – soprattutto l’Italia – di beni di consumo. Di sicuro gli sloveni non se ne andavano in Ungheria o in Bulgaria a comprare i jeans.

    2. Il governo jugoslavo fin dal 1962 aveva acconsentito l’acquisto legale in divisa. All’epoca c’era il limite di 15.000 dinari (circa 50 dollari), ma poi le guardie confinarie jugoslave capirono l’enorme business che ci poteva stare sotto, e chiusero entrambi gli occhi, “aiutati” da qualche regalino. E quindi nacque il nuovo sport: come nascondere tutti gli acquisti fatti in Italia, dichiarando però “nulla” alla milizia confinaria.

    3. Il governo jugoslavo aveva permesso l’emigrazione per motivi di lavoro, e quindi la Jugoslavia era l’unico paese dell’Europa orientale a godere delle rimesse degli emigrati. Solo fra il 1964 e il 1969 (in cinque anni!) emigrarono dalla Slovenia 62.347 cittadini: un numero enorme (3,89%) se si pensa che all’epoca la Slovenia aveva all’incirca 1,6 milioni di abitanti.

    4. Fin dagli anni ’50 la Yugoslavia aveva goduto di un flusso enorme di finanziamenti da parte occidentale. In pratica, per motivi di politica internazionale si permetteva alla Yugoslavia di ottenere credito facile o addirittura gratuito, ad un’unica condizione: che rimanesse fuori dal Patto di Varsavia. La collocazione geopolitica della Yugoslavia le permise però anche un altro “miracolo”: quello di superare meglio di tutti i paesi dell’europa occidentale il periodo dello shock petrolifero, visto che in quanto “paese non allineato” ricevette il petrolio arabo a prezzo ridotto, purché non lo rivendesse poi agli europei.

    Tutto questo produsse un effetto riassumibile come segue: gli jugoslavi hanno vissuto per oltre vent’anni al di sopra dei propri mezzi. Essi lavoravano meno degli occidentali, producevano beni di minore qualità, ma utilizzavano in parte proprio i soldi occidentali per pagarsi (a debito) il loro regime di vita!

    La morte di Tito (1980) non ha aperto le danze, ma non è vero – come dice dimaco – che gli jugoslavi hanno dovuto aspettare dieci anni per iniziare a scannarsi perché altrimenti i vecchi combattenti avrebbero messo tutti in riga: quei dieci anni sono stati necessari perché tutti i nodi venissero al pettine, ma soprattutto in quei dieci anni il sistema sovietico è crollato, e quindi il ruolo geopolitico jugoslavo nello scacchiere mondiale è andato letteralmente a farsi friggere.

    Dimaco dimentica di ricordare che già negli anni ’70 Tito aveva dovuto ricorrere al bastone per sedare il risorgente nazionalismo croato: migliaia di persone schiaffate in galera (fra le quali il futuro presidente Franjo Tudjman), chiusura di giornali, decine di migliaia di epurazioni o di persone sottoposte a discreto controllo da parte degli apparati polizieschi, qualche omicidio all’estero da parte dell’UDBA.

    E quindi abbiamo tutti gli elementi per iniziare a giudicare:

    A. Un paese con un enorme debito estero, ma con i creditori non più disposti a chiudere entrambi gli occhi.

    B. Un paese che non raggiungeva gli standard produttivi minimi occidentali, e che quindi in caso di apertura del mercato e di libera concorrenza delle merci sarebbe stato in gran parte spazzato via. Dimenticavo di dire che gran parte dei beni prodotti dalla Jugoslavia veniva esportata nei paesi del blocco sovietico e nei paesi non allineati, per pure motivazioni politiche e non economiche: quando questi paesi furono politicamente liberi di scegliere da chi comprare, comprarono dalla Germania, dalla Francia, dall’Italia eccetera eccetera, e non più dalla Jugoslavia.

    C. Un paese con enormi problemi di coesistenza fra le etnie (non dimentichiamoci anche la questione albanese in Kosovo, già esplosa all’inizio degli anni ’80).

    D. Un paese con un enorme divario fra le repubbliche: fra la Slovenia e certe zone della Macedonia o della Bosnia non c’era la stessa differenza che passa – per esempio – fra la Lombardia e le zone più depresse della Calabria: era come passare da una situazione di economia e di società più o meno avanzata ad una situazione di fine ‘800. I ricordi di certi sloveni o croati dell’Istria, spediti negli anni ’60 e ’70 a fare il militare nelle regioni più lontane della Federativa, sono assai interessanti: parlano di una realtà che ai loro stessi occhi pareva medievale.

    E. Per non parlare poi di un altro aspetto: la Jugoslavia era e rimaneva un regime non democratico, dove vigeva il monopartitismo e il reato d’opinione era perseguito dal codice penale. Ve la vedete voi una Jugoslavia socialista oggi nel quadro europeo? Una follia anche solo il pensarlo, tanto che oggi non c’è più nessun paese socialista nel nostro continente: in alcuni casi la nomenklatura comunista s’è prontamente riciclata, ripitturando la propria facciata con i concetti occidentali; nei casi peggiori invece s’è instaurato un regime dispotico finto-democratico, come in alcune ex repubbliche sovietiche oggi indipendenti.

    Resta però un aspetto, da non dimenticare: mentre prima era vietato per un privato anche solo pensare di essere proprietari di un’industria, decidendo cosa e come produrre, adesso chiunque può fondare un partito che preveda al primo punto la ricostituzione di un’economia e di un regime di tipo social-comunista.

    Si presenti alle elezioni sull’onda del ricordo jugonostalgico proponendo di riportare un nuovo Tito al potere, e vediamo quanti voti porta a casa.

    Semplice, no?

    L.

  28. omo vespa ha detto:

    un poco lungheto, ma ga ragion el doge.

  29. Eros ha detto:

    Me par anche a mi che gabi ragion

  30. dimaco ha detto:

    luigi la risposta te la do solo in maniera parziale, sto cucinando quindi non ho tempo di scrivere. Vorrei però ricordarti che il caso da te citato, la repressione, è stata la risposta a un tentativo di colpo di stato.Ora gli anni non me li ricordo bene. più tardi ripsondero a tutto.

  31. capitan alcol ha detto:

    gli jugoslavi hanno vissuto per oltre vent’anni al di sopra dei propri mezzi.

    Ma se dopo dici che stavano ancora al medioevo. Scusa ma chi è che viveva al di sopra dei propri mezzi?

    in caso di apertura del mercato e di libera concorrenza delle merci sarebbe stato in gran parte spazzato via

    Come la comunistissima Cina?

  32. capitan alcol ha detto:

    Poi un ‘mercato aperto’ e la ‘libera concorrenza delle merci’ devo ancora trovarla in occidente, figuriamoci.

  33. capitan alcol ha detto:

    Forse un paio di esempi li ho trovati ma sono mercati illegali.

  34. dimaco ha detto:

    omovesta io credo inveceche siani in pieno thread. Il ragazzo ci da uno spaccato di vita in una repubblica ex yugoslava. Ci permette di vedere come vivono quelle repubbliche che non hanno avuto la forutna della Slovenia e ci permett di leggere ciò che loro pensano di questa nuova situazione in cui si sono trovati al giorno d’oggi. Aldilà della aprtita di calcio. So discute in maniera civile esprimentdo le proprie opinioni in maniera pacata.

  35. omo vespa ha detto:

    dimaco, no iera colpo di stato, iera comunisti ex partigiani che voleva piu autonomia, el tito li ga fati fora per no gaver ombra, ma dopo el ga praticamente adota quel che voleva lori con la costituzion del 74 – sa republica federale, regioni autonome,e robe varie.

    comunque, per tornar in tema, i mazedoni ga qualche vizin con el qual ghe vadi ben? non so, montenegro, serbia?

  36. dimaco ha detto:

    omo vespa me par che i vadi d’accordo con il montenegro. magari ogni tanto ghe manda una cassa de pedoci freschi.

  37. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ capitan alcol

    Ho scritto che “alcune zone” della Jugoslavia erano ancora al medioevo, non tutta la Jugoslavia. La Slovenia – ad esempio – era economicamente già paragonabile ad alcune regioni dell’allora CEE.

    In generale si viveva al di sopra dei propri mezzi, nel senso che la Jugoslavia – nel suo complesso – non aveva le risorse per pagare i debiti, e spesso utilizzava il debito per aumentare la spesa corrente invece che ristrutturare.

    La comunistissima Cina non c’entra nulla e non è paragonabile con la Jugoslavia, a meno che non si pensi che alla morte di Tito gli jugoslavi avrebbero potuto accettare di abbattere i propri stipendi a 30 dollari al mese spostando tutta la popolazione nelle fabbriche, aperte dai capitalisti occidentali sfruttando a costo semi-zero la manodopera locale.

    Il mercato aperto non esiste in occidente? Evidentemente non sei mai stato in un supermercato e non hai mai dato un’occhiata alle etichette delle cose che sono sugli scaffali.

    Ti faccio due esempi di cosa ha significato l’apertura del mercato per la ex Jugoslavia.

    In Jugoslavia c’era una serie di cantieri navali, principalmente a Pola, a Fiume, a Spalato e in altre località della costa. Gli operai dei cantieri e in generale gli operai dei porti erano una delle figure “mitiche” della Jugoslavia socialista, e quindi si trattava di un lavoro appetito.

    Dal crollo della Federativa, i cantieri si sono avvitati in una crisi generale: le commesse che arrivavano dai paesi del blocco sovietico sono sparite, e le repubbliche ex jugoslave non avevano più i soldi per creare nuovo lavoro. Oltre a ciò, i ritmi di lavoro estremamente blandi erano improvvisamente divenuti incompatibili con gli standard mondiali, così come la qualità del lavoro era incompatibile con quanto usciva ed esce dai cantieri europei, asiatici e nordamericani.

    Per fare un piccolo esempio: forse avete letto sui giornali che la Repubblica di Croazia avrebbe partecipato alla Biennale di Architettura di Venezia con un progetto innovativo e spettacolare: un padiglione costruito interamente s’un pontone di 10×20 metri, alto tre metri, disegnato da 14 architetti croati. L’intero progetto veniva affidato, per la sua esecuzione ai cantieri navali di Portorè (Kraljevica, immediatamente a sud di Fiume).

    Ebbene: mentre questo pontone – secondo il piano di lavoro – veniva trainato da un rimorchiatore del Servizio marittimo adriatico di Fiume – in condizioni di mare assolutamente normali – si è letteralmente sfasciato, tanto che il suo ingresso trionfale nella laguna di Venezia non è nemmeno avvenuto. All’inaugurazione, i croati hanno potuto presentare solo i disegni del progetto, mentre il pontone – semiaffondato – è stato ricoverato a Fiume.

    Ero all’inaugurazione della Biennale, e non vi dico i commenti…

    Il secondo esempio riguarda invece la slovena Gorenje (elettrodomestici, ma non solo), che nonostante la pesantissima recessione dovuta allo sfaldamento della Federativa è riuscita con un enorme sforzo a ristrutturare completamente la propria catena produttiva, arrivando in vent’anni ad essere l’ottavo produttore d’Europa.

    Solo che mentre prima produceva cucine in ghisa e robe francamente improponibili per una casalinga francese o tedesca, adesso le cucine se la fa disegnare da Pininfarina e la qualità è di standard superiore.

    Fra l’altro, hanno anche investito da noi, fondando la Vitales Energie Biomasse Italia Srl, con sede a Gorizia.

    L.

  38. capitan alcol ha detto:

    Quello del debito è un gioco che usano tutti a est e ovest di Gorizia. In Italia ne sappiamo qualcosa.

    Poi la storia dei 30 dollari al mese regge poco dato che un grosso produttore di auto italiano fa investimenti in Serbia dove la manodopera costa poco di più.

    Non capisco il paragone del rimorchiatore.
    Ti racconto la storia della Ferrari 458 Italia che prende fuoco?
    A me pare che con la cultura dell’autogestione forse i cantieri croati riusciranno a cavarsi da soli dalla crisi senza delocalizzare o importare manodopera bengalese pur di tenere i prezzi bassi. Ma questa è una mia opinione personale.

  39. capitan alcol ha detto:

    A proposito di Gorenje chi si ricorda nomi come Sèleco, Phonola, Mivar?

  40. dimaco ha detto:

    io visto che ho un tv mivar in cameretta di mia figlia

  41. omo vespa ha detto:

    eh no doge, dai, volemo i comenti dela bienale! almeno due, dai, el piu sarcastico e el piu simpatico.

  42. capitan alcol ha detto:

    40: è vero Mivar produce ancora, ma Sèleco e Phonola ?
    La storia è costellata di fallimenti che hanno dell’incredibile ricordo la Commodore per aver avuto il mio primo computer, un colosso americano dell’informatica finita a scatafascio.
    Chi si è salvato? I giapponesi, ma qui bisognerebbe aprire una parentesi troppo grande che darebbe da pensare a qualche difensore del ‘libero mercato’.
    Meio ciacolar del balòn in Macedonia.

  43. arlon ha detto:

    OT: La gorenje fazeva ottime stue in ghisa 😀 e anche altro.

    Deso in Belgio, per esempio, come marca la go vista in vetrina in tutti i negozi de eletrodomestici: no pensavo, perchè de noi no se la vedi.. ma in Europa penso proprio che i stia vendendo – e vignindo aprezai – un casin.

  44. dimaco ha detto:

    Pertiamo con ordine:la yugonostalgija mom è la nostalgia della Yugoslavia ma del sistema sociale che allora esisteva.
    Io non ho detto che era un paradiso o che era il sistema migliore(lo era per me) e anche non impongo la mia opinione la esprimo liberamente, ma non la impongo a nessuno.
    Io ho visto il sistema Yugoslavo con gli occhi di bambino, di adolsescente e di persona adulta e dalle mie esperienze de da quello che ho visto ho tratto le mie personali conclusioni. secondo me il sistema yugoslavo era all’avanguardia per conquiste sociali.
    Il solo nomiare il scoialismo in certi paesi e come bestemmiare in chiesa. E questo perchè il socialismo al differenza del capitalismo, pone l’accento sulla moltitudine, sulla colettivita, mentre il capitalismo idolatra il singolo, l’egoismo e il totale disprezzo per la collettività, intesa come impegno sociale e sacrifico per il bene comune. Queste ultime cose sono praticamente l’antitesi del sistema capitalistico

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