11 Agosto 2010

Scampoli di storia: il turpiloquio nel dialetto triestino del trecento

Trieste nel 1300-ricostruzione da un disegno di Luigi Caprin del 1897


Come si parlava il volgare triestino del basso Medioevo, quello che precedette l’introduzione del “veneto d’importazione” dei secoli successivi? Gli Statuti, nella loro redazione del 1350, prevedono puntualmente le pene cui incorre il malcapitato denunciato in quanto “ingiurioso” e i quaderni del “Banchus Maleficiorum” raccolgono i processi penali secondo un preciso procedimento che inizia con la denuncia per finire alla condanna. In base a queste disposizioni, l’ingiuriato poteva ricorrere al “Banco dei Malefici” per ottenere giustizia e i quaderni riportano fedelmente le parole che furono la causa del processo e che sono spesso in volgare. Nel 1327 un tale si rivolge alla controparte con un bellissimo: “Ego scanabo te sicut unun castronum!” mentre una vittima dello stesso secolo constata, con stupore, la ricevuta offesa: “Tu dedisti un morsum in digito!” e qui il latino già comincia a venir meno. Nella Tergeste del 1335 un tale si rivolge con queste parole ad un altro: “Becho sutu, va mena tua mugler e tua fia in palasi del comun, io no vindi mai lo mio sangue si che hai fato tu”, sappiamo che il “palasi” era il bordello situato presso il palazzo del comune e a questo collegato mediante un passaggio… La risposta appare piuttosto confusa forse a cagione della difficoltà di riportarla per iscritto da parte del cancelliere: “Se io fosse becho sutu che io non volesse mandar per mia mugleir chen de ha che far nisun io non vindo mio sangue ne no voio vender”.

Statuti di Trieste

C’erano insulti ricorrenti che si incontrano lungo tutti i cento anni del XIV secolo. Uno dei più terribili era il seguente, tratto da un processo del 1327: “Vade et face scarigare culum a fratribus Sancte Marie sicut soror tua” (traduzione facilmente intuibile). Un’altra offesa usata ed abusata era la seguente: “Ego cacho te in gula, asinus stercoris!” tratta da un maleficio del 1327. Essa presenta delle varianti o delle semplificazioni come “Ego te incagho ne le cane de la gola”. E ci sono termini ben conosciuti anche oggi o meglio, diremmo, in ogni tempo: “Puttana, ruffiana vecchia…”, “Bruta putana”, “Fiol de un chan” che viene scritto con la h dopo la c di can. Nel 1352 un tizio, chiaramente alterato, così chiama un malcapitato: “Soç chan futu, veni cha!” che pare un rimescolio di vari dialetti ché il “veni cha” potrebbe persino essere meridionale. Soç sta per sozzo, ovviamente, e futu mi sembra termine alquanto trasparente. Nel 1354 mi sembra particolarmente pesante l’appellativo rivolto da una gentile signora alla vicina di casa per questioni di precedenza alla fonte del Comune, in piazza: “Tu e una bruta putana de burdel e de chani !” Le gentili madonne triestine non si risparmiavano certo quando si trattava di far valere i loro presunti diritti di precedenza e spesso venivano anche alle mani. Chiamare uno “Traditor março” era molto comune e molto offensivo. Vicina al nostro gusto appare l’ingiuria: “Tu sons figla de una bruta putana e putana tu istessa” dove appare la forma verbale sons tipicamente ladina. Anche dire ad uno che mente è insulto se non si può provare che ha mentito davvero. Perciò frasi come: “Bruta femina pleina de desonor et de vituperi, tu mensi per la gola” sarebbe ingiuriosa anche senza il desonor e i vituperi, come del resto quella più diretta: “Tu mentis per la gola”. Alcuni sono veri creatori di ingiurie e dimostrano un talento artistico degno di un mimo giullaresco: “Samara scuntigada et varte del vis et che tute affat remena de color de la galega e che li ducati te vein amein” (1360) tra l’altro la malcapitata viene accusata d’essersi per così dire accompagnata a tutti i marinai della galea (galega) che evidentemente in quei giorni era arrivata nel nostro Mandracchio. Cito ancora “Pota de sancta Chatarina!” (1384) ovvia origine della più recente “la mona de zia Katy”. Nel 1327 un oste denuncia una gentile signora di non aver pagato il vino bevuto e un testimone riporta la frase che ha sentito dire dallo stesso oste rivolto alla cliente: “Noli me teptar et solve vinum qui bibisti ! Accipe meretrix quia bene te noscho!” a quanto pare la signora voleva pagare in natura… Meraviglia come queste frasi siano spesso in latino, forse non ciceroniano, ma sostanzialmente corretto.

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72 commenti a Scampoli di storia: il turpiloquio nel dialetto triestino del trecento

  1. ser Paolo ha detto:

    Paolo Geri è un gigante!

  2. arlon ha detto:

    veramente super 😀

  3. omo vespa ha detto:

    grazie. bel, interesante. de ogi li mando tuti a “Vade et face scarigare culum a fratribus Sancte Marie sicut soror tua”.

  4. Ernst Wrakotonicz ha detto:

    Ahhh fantastici! Devo inserire queste locuzioni nel mio dizionario!

  5. mutante ha detto:

    sono quasi morto dal ridere

  6. Bibliotopa ha detto:

    Buona parte di queste espressioni si leggevano alla mostra sul Trecento a Trieste, e sono conservate nel catalogo

  7. Bibliotopa ha detto:

    leggetele, e ditemi poi che tipo di lingua vi sembra: vi sembra simile al friulano? a me mica tanto..
    per il latino, immagino che sia la trascrizione del chierico..
    come nella mostra del trecento:
    Bruta putana, vade stare cullos fratrum Sancte Marie Crucisferorum et eris meretrix sicut sorores tue et facturadresse.
    Vade ostende culum sororis tue fratribus Sancte Marie Crucisferorum
    Tu eris faturadressa sicut fuerunt sorores tue Bruneta et Laurençia.
    Vade et sterie culum fratrum Sancte Marie sicut fecit soror tua.

    ci sono sempre i frati Cruciferi in mezzo.. e la sorella..

  8. sindelar ha detto:

    Geri dà per scontate troppe cose:

    “sicut soror tua” sarebbe?

    “futu mi sembra termine alquanto trasparente” a me mica tanto…

  9. Srečko ha detto:

    sindelar

    “sicur soror tua” = “come tua sorella”

    Questo non e’ latino medievale ma classico

  10. Paolo Geri ha detto:

    @8 sindelar.
    Mi scuso, ma sinceramente non credevo che questo latino in gran parte “macheronico” richiedesse traduzione. Comunque:
    “sicut soror tua” = come tua sorella
    “chan futu” = cane fottuto

  11. sindelar ha detto:

    Grazie a voi! 🙂

  12. abc ha detto:

    Secondo me più che tergestino è latino maccheronico.

  13. bubez goriziano ha detto:

    Ma la gente del popolo parlava ancora in latino nel 1300? O è il verbalizzante che ha latinizzato le frasi? In ogni caso sono divertentissime!

  14. Srečko ha detto:

    bubez

    Nel 1300 c’era un certo poeta, tal Dante
    Alighieri, che scrisse un’opera in 3 parti chiamata Divina Commedia. Questa era in lingua vulgata, cioe’ allora parlata, alias italiano, non latino. Vero e’ che costui fu di Toscana, ma sta a dimostrare che il latino sulla penisola apenninica non si parlava piu’. Perche’ avrebbero dovuto parlarlo a est dell’Isonzo?

  15. Bibliotopa ha detto:

    quel medesimo signor poeta, oltre alla Commedia poi detta divina, scrisse anche diversi trattati in latino, fra cui un De vulgari eloquentia, proprio a difesa del volgare. Però secondo me le frasi riportate sono state in parte latinizzate dal verbalizzante. Non dimentichiamo che il latino venne usato come lingua per comunicare a lungo anche a est dell’Isonzo, rimase tale per esempio in Ungheria fino a metà dell’Ottocento, visto che i tedescofoni statali non conoscevano l’ungherese
    Per il “facturadressa” , non si riferisce alle fatture da pagare, ma “fattucchiera” insomma strega. Un epiteto che se ora è tuttora poco gentile, allora poteva avere anche conseguenze pesanti.
    Da adesso, quando passerete in via dei Crociferi ( dietro S Antonio vecchio), fateci un pensiero.. 🙂

  16. marisa ha detto:

    Scusate, ma siete certi che a Trieste si parlasse così nel 1300? Ho i miei sacri dubbi!

  17. bubez goriziano ha detto:

    Srecko, anch’io ho sentito parlare di Dante, ma mi riferivo in particolare a questa frase, che non è certo in volgare:
    “Noli me teptar et solve vinum qui bibisti ! Accipe meretrix quia bene te noscho!”

  18. sindelar ha detto:

    Saranno stati nobili e insultavano in latino. Mica che a imprecare devono essere sempre i poveri! (Anche se hanno più ragioni)

    http://www.youtube.com/watch?v=NUW3-fn0iqE

  19. Srečko ha detto:

    bubez & sindelar

    Era pratica comune nel medio evo avere una lingua parlata ed un’altra scritta. Cosi’ era in tante parti d’Europa, non solo nelle regioni che oggi fanno parte dell’Italia. E’ quindi chiaro che il tribunale aveva le udienze nella lingua parlata e poi il cancelliere “traduceva” il tutto in latino. E stava alla conoscienza piu’ o meno profonda che costui aveva, se cio’ che scriveva era un latino classico oppure maccheronico. A giudicare dalle frasi qui sopra il maccheronico era molto diffuso…

  20. Bibliotopa ha detto:

    credo che nel tardo medioevo nessuno, tranne qualche umanista ante litteram, usasse il latino classico, ma si usasse appunto un latino medievale, quello che a scuola non ci insegnano :del tipo in taberna quando sumus…

  21. sindelar ha detto:

    A proposito di scampoli di storia:

    oggi sono 60 anni esatti.
    Scrive Darko Bratina, intellettuale, senatore al Parlamento italiano, scomparso nel 1997: «Fu una domenica indimenticabile. Capii allora in modo definitivo la tragedia del confine»

    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/04/28/storie-di-confine-tra-paura-liberta.042storie.html

  22. bubez goriziano ha detto:

    …non curamus quid sit humus
    sed at ludum properamus
    cui semper insudamus…

  23. Bibliotopa ha detto:

    bibit hera, bibit herus
    bibit miles, bibit clerus
    bibit ille, bibit illa
    bibit servus cum ancilla…

  24. marisa ha detto:

    Quindi le frasi riportate…..non sono state scritte nel dialetto triestino del 1300 come si legge nel titolo del POST, titolo che quindi risulta errato!

    A me risulta che il passaggio dal tergestino (una sorta di friulano lo definiva il glottologo Ascoli – non proprio l’ultimo arrivato!) all’attuale dialetto triestino di tipo venetofono sia avvenuto a seguito della istituzione del porto franco: può andare bene verso la metà del 1700 o inizi del 1800?

    Quindi nel 1300 a Trieste (6.000 abitanti ?) si parlava in tergestino…..di cui per altro pare siano rimasti pochissimi documenti. E non sono certamente quelli riportati nel POST.

  25. Bibliotopa ha detto:

    devo dire che in altri documenti, riportati dal Kandler e che sono del Quattrocento, le frasi in volgare suonano abbastanza simili al veneto. Il tergestino di cui si parla, o meglio di cui tutti discettano ma non riportano quasi mai esempi, dovrebbe essere subentrato più tardi, fra il Cinque e il Seicento, in quel periodo di stagnazione che furono tali secoli per Trieste.

  26. marisa ha detto:

    BIBLIOTICA….mi risulta che nel 1400 nell’alto adriatico la lingua franca commerciale fosse una sorta di toscoveneto usato dalla Serenissima appunto come lingua franca (l’inglese o lo spagnolo di oggi).

    Cosa c’è di strano se si sono trovati a Trieste documenti scritti in questa parlata franca (l’inglese di oggi) tosco-veneta?

    Pensa, tra qualche secolo, nelle università italiane, quanti testi scientifici scritti in inglese si ritroveranno…..
    Allora in Italia si parlava in inglese?

    Riguardo al “tergestino” una domanda: c’è stata fin ad ora a Trieste una seria ricerca storica di documenti? O si preferisce ignorare questa realtà linguistica di Trieste? Se l’Ascoli – padre della glottologia italiana – scrisse che a Trieste si parlava una sorta di idioma che era affine al friulano…..ovviamente, essendo uno studioso serio, immagino avrà fatto delle indagini prima di scriverlo…..

  27. Bibliotopa ha detto:

    è proprio quello di cui son curiosa: Kandler, che non era uno sprovveduto. ha fatto proprio quella raccolta storica di documenti nei vari archivi, si chiama Codice Diplomatico Istriano, non lasciatevi ingannare dall’istriano, è roba che riguarda Trieste, l’Istria, il Patriarcato di Aquileia.. io ne possiedo una copia moderna (5 volumi)e me la son scorsa: nei documenti che riporta lui, la maggior parte in latino, e che vanno dal 50 d C al 1525, ho trovato frasi in volgare più o meno veneteggianti ma frasi in friulano non le ho trovate; sarò stata superficiale e frettolosa, e come ripeto, TUTTI, come te, mi citano l’Ascoli, ma gradirei che anche qua, in Bora.la mi riportaste esempi di questo tergestino che è come l’araba fenice che ci sia ciascun lo dice , con indicazione di fonte ed anno. Grazie a chi mi iluminerà. Aspetto..

    Per capirci, vi riporto, libro alla mano, come esempio questo documento: n 1127, Archivio capitolare di Trieste:
    Anno 1463

    Questa e la comission secreta data per el capitolo ai sindici e procuratori canonici de Trieste, Missier lo degan Miss. pre Michiel Sutta, Missier pre Piero de Vrem.
    Et primo che se debia insister più che se po chel sia posto ducati 50 sopra quele tre pieve zoe Dornech, Tomai, Jelsan, senza nominar Cossana e Sanoxeza. Et in caso che non se potessono mai otignire senza nominar Cossana e Senoxeza, alora se debia condesender non manchando al partita… la qual avemo…
    Item che se debia insister in quanto se porà de far unir la capela che è in piench.. con la pieve de Cossana.
    item nel censo dele tre prime pieve insistere che i paghi quei ducati XXV de San Zorzi che e passado. Et in caso che i no voj pagar a San Zorzi, che sia messo a San Zuane Baptista proximo che die vegnir.
    [..] continua così..

    Anno 1464 Archivio diplomatici di Trieste
    Saggio di lingua volgare scritta in Trieste

    comincia in latino, In Christi nomine.. e dopo: Davanti de voi Spectabili et Egregii Signori Misier lo capitanio, Misier Piero de Paduin,.. [..] dignissimi et benemeriti Sognori Coretori de la Magnifica Comunità de Trieste e del so Governo, e al vostro Mazor e menor Consej humelmente compareno li vostri fidelissimi e humili citadini emericus quondam Floreto e Pero de malgranolo fradei, causamo, narano et exponono che za circha ano doi proximi passadi sia sta compro per la antedita benevola et Magnifica Comunità una caxa de esopero suprascripto metuda in la cità de Trieste in la contrada de marchà apresso la caxa del dito Floreto [..]
    C’è pure un testo di Bonomo, del 1498..più o meno dello stesso stile..

    Resta la domanda di com’era e quando si parlava questo misterioso Tergestino, visto che nei testi fino al 1500 non lo trovo. O forse c’era chi lo parlava, ma nessuno lo scriveva.. la mia impressione è che Ascoli lo trovasse come ricordi di lingua parlata ai primi del Settecento..

    vi sembra friulano? a me mica..
    Ah per Marisa, la lingua franca del 90% dei documenti citati è il latino. Verso la fine ne compaiono alcuni imperiali in tedesco.

  28. sindelar ha detto:

    Ivan Crico ne sa sicuramente qualcosa. Ho assistito tempo fa ad una sua lettura di poesie in tergestino.

  29. Bibliotopa ha detto:

    Dimenticavo: Graziadio Isaia Ascoli nei blog e forum triestini viene sempre citato in due soli casi:
    1 da rispettare, per il riconoscimento del tegestino
    2 da rigettare per la creazione del nome Venezia Giulia.

    Insomma, io ancora non ho capito bene ancora quanto ci si può fidare di lui…

  30. Eros ha detto:

    Venezia Giulia è un’invenzione nazionalistica fatta a tavolino, di stampo puramente irredentista, come del resto “Alto Adige”

  31. Bibliotopa ha detto:

    appunto, quando fa comodo, Ascoli è un maestro, quando non fa comodo, va ignorato.

  32. Eros ha detto:

    Era una fascio-irredentista che non fa mai comodo. Per me.

  33. Pietro Bortolotti ha detto:

    Da wikipedia

    http://it.wikipedia.org/wiki/Dialetto_tergestino

    Parte di un dialogo in tergestino pubblicato nel 1828.

    « Bastian – Quand che ti avaràsto imparà plui bem l’architetura, cognossaràsto mièi, e no favelaràsto cussì.

    Jaco – Aimò impar malapèna i set ordim architetònich.
    Bastian – Zà che imparisto i set òrdim de architetura, dìme, da ze òrdim xem stis colònis?
    Jaco – Del òrdim Corintìo scanelà.
    Bastian – Come cognossisto che lis sèis del òrdim Corintìo?
    Jaco – Dai chiapitièi, che ham lis fòiis come chela planta che se clama acànto.
    […]
    Jaco – Ze xe scrit intòl pedestàl?
    Bastian – Lèj, e po savàrastu ze che xe scrit.
    Jaco – Numine… Me par che sìis paràulis latìnis, mi no capèss.
    Bastian – Va là, va là, zuss. Lejerài mi. Nùmine sub nostro felìces vìvite cives; arbìtri vestri quidquid habètis, erit.
    Jaco – Ze vol dì?

    Bastian – Aimò te disarài par taliàm. Sòta i nuèstri auspìzj podarèi vive contiènti Tristini, chel che ghavèi sarà uèstro, de podè fà chel che volèi.

  34. marisa ha detto:

    BIBLIOTECA – commento 31

    L’Ascoli è stato un grandissimo linguista, il padre della glottologia in Italia. Per cui quando si parla di glottologia, di linguistica, sicuramente l’Ascoli è “un grande”. Ma non possiamo dimenticare che gli studi universitari li ha compiuti in una Milano dove stava nascendo un forte movimento ideologico nazionalista. E fece suo questa ideologia. Ma era figlio del suo tempo (l’ottocento che ha inventato il nazionalismo) e di Milano. Non possiamo fargliene una colpa o per questo diminuire la sua grandezza come glottologo. Possiamo solo distinguere in lui questi due aspetti e tenerne conto.

  35. Bibliotopa ha detto:

    # 33 pubblicato nel 1828.. esatto! e a che periodo attribuisce il dialogo?
    perchè corrisponde perfettamente con la mia ipotesi che ai primi dell’ottocento vi fossero ( in estinzione)alcuni che lo usavano.. ma assolutamente non prova DA QUANDO fosse in uso.
    Dire che alla fine del Settecento lo parlavano è un conto, ma affermare che era in uso già nel trecento è un’estensione arbitraria.

    Per Ascoli, ringrazio e vedo conferma dei due pesi e due misure nel giudicarlo.

  36. Eros ha detto:

    Io non faccio sconti a nessun nazionalista. Figlio del suo tempo o meno, in quella Milano c’erano anarchici e socialisti internazionalisti fulgidamente anti-nazionalisti. Quindi Ascoli avrebbe potuto tranquillamente aderire a correnti anti-nazionaliste. Al contrario, scelse la via dell’irredentismo e del nazionalismo, una via che anni dopo si scagliò ferocemente contro il suo popolo e la sua religione.

    Pertanto: nessuno sconto. Era un nazionalista ed un irredentista, quindi un complice del male assoluto del XIX e del XX secolo. Questo male assoluto è il nazionalismo, che ha generato 2 guerre mondiali e milioni di morti

  37. marisa ha detto:

    Non si tratta di “due pesi e due misure”. E’ stato un grandissimo studioso……figlio della Milano del suo tempo! E di questo si deve tener conto. Tutto qua.

  38. Eros ha detto:

    Ripeto : nella Milano del suo tempo c’erano anche anarchici ed anti-nazionalisti. Se scelse irredentismo e nazionalismo è quindi perché ci credeva. Deve risponderne.

    Anche gli intellettuali dell’ACCADEMIA DELLE SCIENZE E DELLE ARTI di Belgrado erano grandi studiosi, ma stilando nel 1989 il MANIFESTO DELLA GRANDE SERBIA, si sono resi complici del sangue voluto da MILOSEVIC

  39. marisa ha detto:

    ….ma nonostante tutto questo, l’Ascoli rimane pur sempre il padre della glottologia italiana, un grandissimo in questo campo!

    Le sue scelte idelogiche favorevoli al nascente nazionalismo non fanno venir meno la sua grandezza di glottologo.

    Si può parlare di “contraddizioni” intellettuali visto che ha sancito l’individualità della lingua friulana rispetto al sistema linguistico italiano (mettendo in evidente imbarazzo il nazionalismo italiano!), e contemporaneamente (dando così una mano al nascente nazionalismo italiano) inventando i nomi Venezia Giulia, Venezia Propria e Venezia Tridentina che cancellavano realtà storiche come Friuli, Trieste, Istria, Carniola e Tirolo del sud….

    La perfezione non è di questo mondo…..

  40. Eros ha detto:

    Gande intellettuale? Peggio ancora! Gli intellettuali dovrebbero avere una funzione di GUIDA per il proprio popolo e per il proprio tempo. Scusa, Marisa, ma non faccio sconti a chi si è reso complice di milioni di morti

  41. Pietro Bortolotti ha detto:

    Eros secondo me stai esagernado sull’Ascoli…io ho grande stima del personaggio, al quale per altro è dedicata la Società Filologica Friulana, fondata a Gorizia nel 1919 (anche se per me poteva risparmiarsi la creazione del termine Venezia Giulia)

  42. marisa ha detto:

    L’Ascoli, oltre che un grandissimo studioso, fu un nazionalista moderato. Furono ALTRI ad usare la sua invenzione “Venezia Giulia” in maniera tutt’altro che moderata. E lo stesso Ascoli si rammaricò di questo. Riferendosi all’articolo da lui scritto e in cui aveva inventato anche il nome Venezia Giulia, scrisse che l’articolino del 1863 “fu dipoi ricopiato e ristampato più volte, ma sempre in modo più o meno scorretto.
    Lui inventò un nome, altri strumentalizzaro questo nome in chiave irredentista.

  43. sindelar ha detto:

    marisa ma cosa vuoi stare a spiegare le cose a uno che non usa la stessa logica a ben peggiori personaggi della storia recente.

  44. abc ha detto:

    Leggo nel commento 29 di bibliotopa che perfino a Trieste i blog e forum rigettano l’Ascoli per la creazione del nome Venezia Giulia.

    A mio avviso, prima di condannare questa decisione, bisognerebbe esaminare la situazione quale era nel momento in cui fu inventato questo nome (1863).

    Con l’armistizio di Villafranca del 1859 si ipotizzava la creazione di una confederazione italiana comprendente anche la Venezia (come anche si chiamava il Veneto di allora). In pratica si considerava italiano di diritto solo l’ex Lombardo Veneto, ma non quella parte del territorio del Litorale e del Trentino di etnia neolatina, ormai da secoli gravitante nella sfera austriaca.

    Con il nome Venezia Giulia penso che l’Ascoli intendeva far presente che ad oriente della Venezia comunemente detta, esiteva un’altra ‘Venezia’, che ricalcava grosso modo i confini della regione augustea “Venetia et Histria”.

    Scrisse in quella occasione: “Trieste, Roveredo, Trento, Manfalcone, Pola, Capodistria, hanno la favella di Vicenza, di Verona, di Treviso; Gorizia, Gradisca, Cormons, quella d’Udine e di Palmanova.” Si badi bene non citò Bolzano, Merano, Bressanone, Tolmino, Aidussina, Idria, Postumia e nemmeno la città di Fiume un po’ lontana dalle terre istriane di etnia italiana.

    L’Ascoli, pur essendo di religione israelita, si sentiva friulano come la maggior parte degli abitanti della Gorizia di allora.

    Il Friuli, inteso come territorio in cui si parlava friulano, era ormai da più di 4 secoli suddiviso fra il Veneto e l’Austria, nonostante ciò, aveva saputo mantenere la propria unità linguistica.

    All’interno dell’allora Contea di Gorizia, erano ufficialmente definiti “friulani” (per non chiamarli italiani) tutti i neolatini, quindi, piaccia o non piaccia, anche i bisiacchi e gradesi. Non mi risulta che ci fossero avversioni a tale classificazione.

    In definitiva con il nome Venezia Giulia si intendeva raggruppare i territori abitati da friulani, triestini ed istriani facenti parte del land del Litorale.

    Molto dopo furono inglobati anche territori non etnicamente italiani, in qualche caso addirittura situati anche al di là dello spartiacque alpino, che secondo taluni avrebbe dovuto essere il “sacro” confine della patria.

    Il termine Venezia Giulia, come si vede, non fu creato in antitesi al Friuli, ma per unificare con un nome solo i territori del Litorale.

    Ma nel momento in cui il Friuli veneto venne staccato da quella regione, mi sembra naturale che la regione storica o quanto meno quella in cui si parla o si è parlato friulano, riprenda il nome che ha avuto per secoli.

    L’Ascoli non ha colpa delle strumentalizzazioni che si sono fatte dopo.

    Questo è il mio parere.

  45. ufo ha detto:

    @44 Dici che all’origine la Venezia giulia finiva a San Giacomo, e che solo “molto dopo furono inglobati anche territori non etnicamente italiani”, tipo Servola?

  46. milost ha detto:

    Il dialogo al 33 mi ricorda tanto il Ruzante…( Veneto, 1500).

  47. Pietro Bortolotti ha detto:

    Grazie abc per la tua precisione…per curiosità, dove hai trovato tutte queste informazioni?

  48. abc ha detto:

    @Pietro Bortolotti,
    ringrazio te per l’apprezzamento.

    Ho trovato le informazioni che ho pubblicato in parte in rete in parte leggendo libri sull’argomento.

    L’ipotesi di creare tre grandi stati confederati in Italia era stata concordata a Plombieres http://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_di_Plombi%C3%A8res.

    Ma fu con l’armistizio di Villafranca che Francesco Giuseppe accettò che la Venezia (cioè il Veneto) dovesse far parte della confederazione italiana, pur rimanendo all’Austria: http://it.wikipedia.org/wiki/Armistizio_di_Villafranca

    Con il trattato di Zurigo si dette seguito all’armistizio di Villafranca http://cronologia.leonardo.it/storia/a1859g.htm. Qui è anche spiegato come mai la Lombardia fu ceduta alla Francia anziché al Piemonte. Nell’art. 18 trovi scritto quanto sostenevo. Poi in realtà le cose non andarono così, insorsero l’Emilia e la Toscana e chiesero l’annessione al Piemonte. Poi Garibaldi consegnò a Teano anche il sud allo stato unitario.

    Tornando al Friuli, dal 1420 in poi, fu spaccato in due ed era destinato a rimanere diviso anche dopo il 1859. Tanto più che Gorizia, Trieste, Trento e le zone limitrofe erano parte della confederazione germanica, quindi oltre che Austria erano anche Germania, tanto è vero che la Prussia, pure essa parte della confederazione germanica aveva minacciato di entrare in guerra assieme agli altri stati tedeschi a fianco dell’Austria se i Franco-piemontesi fossero entrati in Trentino o nel Litorale, cioè in Germania. In sintesi, dopo il 1859 Udine: Austria ma anche Italia; Gorizia e Trieste: Austria ma anche Germania. In questo contesto nasce il nome Venezia Giulia.

    Per non farla troppo lunga, continua prossimamente.

  49. abc ha detto:

    @Pietro Bortolotti,

    Scrive Luigi Tavano in “La diocesi di Gorizia 1750-1947” Edizioni della Laguna, a pagina 139 nota 12:
    “nel linguaggio del tempo – specialmente in ambito sloveno – il termine ‘friulano’ tendeva ad indicare tutta la parte della diocesi non slovena, compresi quindi gli abitanti del Monfalconese e di Grado. Tale uso si giustifica non tanto per la preminenza dell’etnia friulana in tale parte: ma per l’esigenza di evitare possibili equivoci sul termine ‘italiano’, che tendenzialmente suonava di accento irredentistico. ‘Friulano’ non aveva così la valenza nazionale che appariva implicita nei termini con cui erano indicati, ad esempio, i triestini gli istriani i trentini.”

    Scrive Carl von Czoernig in “Gorizia ‘la Nizza ausriaca’ * il territorio di Gorizia a Gradisca” nella traduzione di Ervino Pocar edita a cura della Cassa di risparmio di Gorizia, a pagina 831:
    “Nazionalità: … Dei 16.659 abitanti che risultano dal recente censimento del 1869 circa 11.100 sono italiani, la maggior parte di essi di stirpe friulana che costituisce il ceto inferiore: si tratta di circa 10.000 persone mentre le rimanenti 1.100 appartenenti al ceto superiore sono italiani ma non friulani. Il numero di tedeschi residenti ammonta a circa 1800 unità, mentre gli sloveni, insediati per lo più nella parte più lontana dell’area cittadina, cioè a Oriente e appartenenti alla classe dei domestici sono in numero di circa 3.500. A questi vanno aggiunti circa 300 israeliti. … possiamo asserire che la nobiltà, i funzionari e i militari (insieme coi forestieri) e gli addetti all’industria si servono di preferenza del tedesco, mentre in tutto il mondo degli affari, le autorità e i servizi pubblici in genere usano l’italiano, ma nella conversazione familiare perfino degli italiani colti e degli sloveni che abitano in città insieme con tutto il ceto inferiore si usa il dialetto friulano, mentre lo sloveno è parlato soltanto nelle parti esterne dell’area cittadina. In ogni caso ci sono certamente poche città nelle quali come a Gorizia la classe colta è in grado di esprimersi in due o tre, anzi perfino in quattro dialetti e di usarli.”

    Da tenere presente che l’autore era di origine boema, e che il comune di Gorizia allora non comprendeva Lucinico, né le altre frazioni oltre l’Isonzo, ma si spingeva ad est fino al torrente Lijak, in territorio sloveno.

    Continua.

  50. abc ha detto:

    “Gorizia ‘la Nizza austriaca’ * Il territorio di Gorizia e Gradisca”.
    Corretto

  51. marisa ha detto:

    Forse si sta dimenticando qualcosa nei commenti di ABC, o meglio questa è una delle interpretazioni storiche. E’ una interpretazione che dimentica ad esempio il vescovo di Gorizia Luigi Faidutti. Ma non solo lui.

    Ricopio dalla rubrica La CJACARADE, quotidiano il Gazzettino di Udine, dell’11 aprile 2010: ” (…)il 25 ottobre del 1918, il vescovo di Gorizia, Luigi Faidutti, eletto per il Friuli al parlamento di Vienna, concluse il suo intervento in marilenghe con la richiesta di autoderminazione per il popolo friulano. (…)”.

    Dunque un parlamentare goriziano, nel 1918, nel parlamento di Vienna, parlò in lingua friulana chiedendo l’autoderminazione per il popolo friulano. Se c’era all’epoca, tra la classe dirigente friulana, chi inventava il termine “Piccola Patria” riferito al Friuli che finiva così subordinato agli interessi della “grande Patria”, c’era, soprattuto nel Friuli austriaco, una classe dirigente friulana che aveva idee diverse e ben chiara la piena consapevolezza della sua storia, della sua identità e della sua lingua. E non è stata questa classe dirigente a fondare la Società Filologica friulana. SFF che ha fatto suo il termine “Piccola Patria” e inventato il falso stereotipo del friulano “salt, onest e lavoradôr”.

    Poi si sa che fine ha fatto il vescovo di Gorizia Luigi Faidutti, quando arivò l’Italia e il fascismo….

  52. Bibliotopa ha detto:

    25 ottobre 1918… era il momento in cui le componenti dell’Austria Ungheria si staccavano e proclamavano l’indipendenza una alla volta.. vedo che anche mons Faidutti fece la sua parte nella disgregazione dell’Impero AU.

  53. Luigi (veneziano) ha detto:

    @abc

    Bravo!

    Aggiungo anche un altro motivo contingente che spinse Ascoli ad inventarsi il nome “Venezia Giulia”: qualche anno prima gli austriaci si erano inventati il nome “Litorale austriaco” (utilizzato a livello ufficiale), di conseguenza lui tenne a far rilevare – senza alcuna intenzione irredentista, come alcuni blaterano – il legame di questa regione con le regioni dell’Italia del nord.

    Più in generale, è anche da notare che la parola “irredentismo” nacque 14 anni dopo l’invenzione del nome “Venezia Giulia”. Pensare ad un Ascoli irredentista prima ancora che nascesse l’idea di “Italia irredenta” fa venire il capogiro, per non dire di chi lo chiama “fascio-irredentista”, anticipando il fascismo di sessant’anni…

    Infine, è anche da notare che il nome “Litorale” (Primorska), oggi utilizzato ufficialmente in Slovenia, deriva direttamente dal nome austriaco, e quindi è anch’esso di nascita ottocentesca.

    L.

  54. arlon ha detto:

    Luigi, te pensavo più intelligente.

    “Litorale” xe el nome più neutro che possi esister, in un paese che no ga mar (come Austria o Slovenia) xe semplicemente sensado, e su base geografica.

    “Venezia Giulia” xe inventado de sana pianta, in un periodo storico segnado da nezionalismo & dintorni, e come tale mi e tanti altri no lo accettemo come nostro!

    Questo xe del tutto indifferente se lo ga inventado sior Ascoli, Popovic’, o Müller, o in che periodo: per el nome in sè – e tantopiù per el significato che el ga/ga avudo, resta un nome imposto. De conseguenza, poco “nostro”.

  55. Bibliotopa ha detto:

    Arlon, no se pol pretender che le propie prefernze sia valide per tutti:
    per mi presempio Litorale xe estremamente comico, visto che ingloba tantissima parte che sul mar no ghe sta ( guardilo ben!)
    Po se per ti xe nostro anche perchè forsi te son affezionado al Primoski Dnevnik,, a mi el me ricorda una assai poco bella occupazion, mentre Venezia Giulia xe el nome ufficial de un toco dela nostra region e come tal ghe tegno assai e ga significati storici ( tuti i nomi che finiva in iulium e iulia; so che a qualchedun ghe dà fastidio, perchè credi che qua la vita xe nata con quei che lori ciama “autoctoni” e che i primi xe rivai nel VI secolo d C.e i ultimi, a Trieste, ala fin del Ottocento, co se ga popolado i rioni periferici).

    Stemo deviando alquanto OT, ma ve conterò che ghe xe stado un periodo un
    Banato del Litorale nel Regno de Jugoslavia fra el 1929 e el 1939, ma … el comprendeva la Dalmazia e territori interni fin Mostar!!!

  56. omo vespa ha detto:

    poso capir bibliotopa,
    “a mi el me ricorda una assai poco bella occupazion”,
    ma come ti disi sovra, xe question de percezion. anche mi venezia giulia no me disturba, anzi, meio che litoral, foneticamente. ma capiso che quel che iera liberazion/unita del paese per noi, iera ocupazion per altri.

  57. Eros ha detto:

    Bibliotopa, gli italiani ‘iuli’ hanno sterminato celti ed illiri. A che bella tradizione di popoli prepotenti e sterminatori ti richiami… Complimenti!

  58. sindelar ha detto:

    perchè venezia giulia viene fuori in un post dedicato al torpiloquio nella trieste del ‘300 ?

  59. marisa ha detto:

    Sindelar…questa volta non c’è alcun Troll. Spontaneamente, per caso, parlando di dialetto triestino….si è finiti per parlare del nome Venezia Giulia. Tutto qua!

  60. Pietro Bortolotti ha detto:

    Secondo me il termine Venezia Giulia è utile per descrivere un insieme di territori eterogenei (Friuli Orientale, Bisiacaria, Trieste, Istria), ma non bisogna identificare tutti questi territori come appartenenti ad un’unica cultura, una cultura “giuliana” che non è mai esistita…ognuno di questi territori ha una propria specificità, e Gorizia, nonostante in città oggigiorno si parli un dialetto simile al triestino, è ascrivibile alla Venezia Giulia secondo la definizione dell’Ascoli, ma è senz’altro parte del Friuli…e non esistendo a mio parere una cultura “giuliana”, Gorizia è per la sua storia una città dii cultura friulana, pur con caratteristiche proprie.

  61. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ arlon

    Lascia perdere il ragionamento sulla mia intelligenza, che qua non c’entra nulla e che inserito da te in tale contesto non fa altro che squalificarti. Cerca – se ne sei capace – di rimanere sul punto.

    Ciò che ho scritto io è “de plano” esattamente ciò che accadde.

    1849: gli austriaci si “inventano” la definizione geografica di “Litorale Austriaco” (Österreichisches Küstenland). Tale nome non esisteva prima d’allora, e agli occhi degli italiani del luogo non apparve consono per quella sorta di “appropriazione austriaca” di terre nelle quali l’elemento tedesco era sostanzialmente la quarta etnia in ordine di grandezza (dopo italiani/sloveni/croati messi nell’ordine che più piace e senza voler considerare tutte le varie classificazioni e sottoclassificazioni etniche che Czoernig attribuiva all’area, vieppiù interessantissime), con percentuali infime.

    Dalla nascita di questo nome iniziarono delle discussioni, la conoscenza delle quali evidentemente ti è totalmente ignota.

    E’ strano invece che tu non abbia notato che il nome non fu semplicemente “Litorale”, bensì “Litorale austriaco”. Fatti un nodo al fazzoletto, per cortesia.

    Nell’ambito di queste discussioni, Ascoli s’inventò di sana pianta nel 1863 il nome “Venezia Giulia”, in un articoletto smilzissimo che io ho inserito nella voce “Venezia Giulia” di Wikipedia.

    Lo copio anche qui così anche chi non l’ha mai letto avrà la possibilità di farlo:

    “Noi diremo “Venezia propria” il territorio rinchiuso negli attuali confini amministrativi delle province venete; diremo “Venezia Tridentina” o “Retica” (meglio “Tridentina”) quello che pende dalle Alpi Tridentine e può avere per capitale Trento; e “Venezia Giulia” ci sarà la provincia che tra la Venezia Propria e le Alpi Giulie ed il mare rinserra Gorizia, Trieste e l’Istria. Nella denominazione comprensiva “Le Venezie” avremo poi un appellativo che per ambiguità preziosa dice classicamente la sola Venezia Propria, e perciò potrebbe stare sin d’ora, cautamente ardito, sul labbro e nelle note dei nostri diplomatici. Noi ci stimiamo sicuri del buon effetto di tale battesimo sulle popolazioni a cui intendiamo amministrarlo; le quali ne sentono tutta la verità. Trieste, Roveredo, Trento, Manfalcone, Pola, Capodistria, hanno la favella di Vicenza, di Verona, di Treviso; Gorizia, Gradisca, Cormons, quella d’Udine e di Palmanova. Noi abbiamo in ispecie ottime ragioni d’andar sicuri che la splendida e ospitalissima Trieste s’intitolerà con gaudio orgoglio la Capitale della Venezia Giulia. E non ci resta che di raccomandare questo nostro battesimo al giornalismo nazionale; bramosi che presto sorga il dì in cui raccomandarlo ai Ministri e al Parlamento d’Italia e al valorosissimo suo Re”.

    Dopo di che, ognuno è liberissimo di pensarla come crede su Ascoli fascio-irredentista: il mondo è bello perché è vario.

    Non mi venire però a dire che non sai che l’attuale nome sloveno “Litorale” (Primorska) deriva dal precedente nome austriaco, come ho scritto!

    Che pensi, che sia un nome caduto dal pero? E quando sarebbe nato nella mente degli sloveni, di grazia?

    Interessante però sarebbe capire *dove* storicamente stavano i confini “storici” del “Litorale sloveno”, secondo gli stessi sloveni: confini a nord, sud, est e ovest.

    Giacché questo “Litorale” venne richiesto – nei suoi confini cosiddetti “storici” – sia alla fine della Prima che alla fine della Seconda Guerra Mondiale…

    Luigi (veneziano)

  62. marisa ha detto:

    Nel testo incollato dal “nostro maestro” Luigi, l’Ascoli, relativamente al nome Venezia Giulia, elabora un concetto fondamentale. Infatti si può leggere: “…appellativo che per AMBIGUITA’ PREZIOSA….”.

    Dunque, mentre l’Austria Ungheria nell’ambito di una ristrutturazione amministrativa crea una regione AMMINISTRATIVA a cui da un nome neutro (Litorale austriaco), l’Ascoli inventa una “AMBIGUITA’ PREZIOSA”.

    Dunque l’Ascoli è cosciente che il nome Venezia Giulia non è un nome neutro. Infatti nel suo articoletto anche lo precisa che questo nome è una….”ambiguità preziosissima”.

    Il nome Litorale, invece, è neutro e fa riferimento ad un elemento geografico: un territorio che si affaccia sul mare (Adriatico).

    Provate a pensarci su questo diversità di fondo dei due nomi….

    Ma non andate su wikipedia (voce Venezia Giulia) a cercare questo fondamentale concetto dell’ambiguità preziosissima: lo hanno scordato!

  63. santacruz ha detto:

    Marisa, credo che in maniera “CAUTAMENTE ARDITA” te ga colpì il nostro Lojze (benečan ) leggermente sotto la cintura! 😉

  64. Eros ha detto:

    64, ma no, santacruz, ma che dici? Alojz è infallibile. Ora, come sempre fa quando cade in fallo, cambierà discorso, vedrai.

    Certo che se pure lui inserisce articoli su Wiki, questa pseudoenciclopedia è diventata davvero inaffidabile…a posto semo…

  65. abc ha detto:

    Grazie Luigi per l’apprezzamento.

    Tuttavia io sono fra quelli che considera superato il nome Venezia Giulia, sia perché l’Istria non fa più parte dell’Italia, sia perché il Goriziano è stato ufficialmente chiamato Friuli austriaco fino alla prima Guerra mondiale. Il nome Venezia Giulia aveva senso di esistere solo se accoppiato a Venezia Euganea, essendo stato il Friuli parte di ambedue queste superate regioni. In definitiva, di Venezia Giulia-Venezia Giulia rimane solo Trieste. Tanto vale chiamare la nostra regione Friuli-Trieste.

    Condivido il commento 61 di Pietro Bertolotti.

    Quanto a Luigi Faidutti mi meraviglia che il Gazzettino lo faccia vescovo di Gorizia, carica che non ha mai ricoperto. Fu, oltre che capitano provinciale, deputato a Vienna per la circoscrizione di Cormons-Gradisca, mentre il collega Bugatto fu eletto in quella di Monfalcone-Cervignano. Questi due deputati del partito popolare cattolico proponevano un’ampia autonomia del Friuli, nell’ambito della confederazione austriaca prospettata dall’imperatore Carlo I. Nella seduta del parlamento del 25 ottobre 1918 parlò Giuseppe Bugatto per esporre la proposta e concluse il suo discorso in friulano con le parole: “Se duc’ nus bandonin, nus judarin bessoi. Diu che fedi il rest: no uarin che nissun disponi di nò, senza di nò”. Ma in questa loro proposta erano ostacolati dai deputati sloveni e croati che volevano lo sbocca al mare fra l’Isonzo e la Dalmazia. Il parlamento non approvò la proposta di confederazione avanzata dall’Imperatore e di lì a pochi giorni ci fu il crollo. Ma a Natale, in base al principio di nazionalità di Wilson, i due deputati rivolsero a tutti i Friulani (anche agli Udinesi)un nuovo appello per una autonomia di tutto il Friuli in ambito italiano.
    Quindi si comportarono in modo opposto a quanto scrive Bibliotopa nel commento 52. (Non si può dire lo stesso dei deputati liberali e di tutti i parlamentari trentini, fra cui Alcide De Gasperi.) Per quanto sopra furono minacciati di morte e brutalmente discriminati dallo stato italiano.

  66. Fabio27 ha detto:

    Venezia Giulia non fu un’invenzione da zero dell’Ascoli, ma l’adattamento del termine “Marca Giulia” usato dai geografi tedeschi per definire un’area della quale già allora non si capiva un accidente, più o meno come adesso. Per quanto riguarda il tema del tergestino, vorrei far notare come le parlate ladine siano sempre state legate al mondo rurale. Così è ancora nei territori che circondano Udine, Pordenone e Gorizia, mentre nelle città sono sempre state correnti le parlate venetofone. Non è impensabile ipotizzare una Trieste medievale a più strati: venetofona nella città in cui si praticava il commercio e lo scambio; parlante il tergestino o lo sloveno nelle campagne circostanti, che allora arrivavano dove adesso è città. Con, più tardi, un sottile strato germanofono per gli ambienti legati alla curia e all’amministrazione.

  67. Bibliotopa ha detto:

    #52 temo non ci siamo capiti: se è vero che i deputati il 25 ottobre 1918 al Parlamento di Vienna ( ed io mi fido delle vostre citazioni, perchè nei libri di storia più generalisti non non vengono riportati tutti i discorsi dei singoli parlamentari) chiesero l’autonomia della regione friulana, lo vedo nel contesto della storia di quei giorni: una settimana PRIMA , il 16 ottobre, l’Imperatore Carlo aveva GIA’ concesso ( troppo tardi!)una forma di autonomia alle etnie dell’Impero, per cui una successiva richiesta non poteva che essere nel senso delle proclamate autonomie degli ultimi giorni di ottobre, (mi riferisco a quelle di Praga e Zagabria) che praticamente smembrarono l’Impero. Con ciò non mi son minimamente permessa di insinuare, come sembra aver dedotto abc, che avessero fatto una scelta annessionistica all’Italia, anzi. La dissoluzione dell’impero austroungarico venne anzi da gruppi etnici che non avevano alcun interessa all’unione con l’Italia.

  68. marisa ha detto:

    FABIO27,

    non conosco quanto riferisci della “Marca Giulia”, ma ritengo che l’Ascoli non si sia per nulla ispirato a questo nome. E questo per il banale motivo che, con più grande probabilità, l’Ascoli, nell’inventare il nome Venezia Giulia, fece riferimento ai due grandi miti del Risorgimento italiano sulla sponda adriatica: la Repubblica di Venezia e la romanità. Miti consolidati nell’ambiente intellettuale italiano. E devi tenere presente che l’Ascoli questo nome lo inventa a Milano che all’epoca (1863) era un importante centro del nascente nazionalismo italiano. Che l’Ascoli fosse un nazionalista moderato non fa venir meno l’ambiente intelletuale in cui questo nome vide la nascita. Anche se c’è da dire che questo nome iniziò ad essere usato in maniera massiccia solo dopo il 1918, prima il suo uso era molto limitato e altri erano i nomi preferiti dagli irredentisti.

  69. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ marisa

    Il concetto di “ambiguità preziosa” non c’è nell’articolo di Wikipedia? Ma se c’è nero su bianco nel brano che io ho inserito nella voce e che ho pure inserito qua dentro! Sulla qualità delle voci wikipediane, essa varia molto da voce a voce: è una cosa risaputissima.

    Riguardo alla presunta “neutralità” del termine “Litorale austriaco”, allora con altrettanta “neutralità” possiamo pensare ad un Ascoli che lo chiama “Litorale italiano”, senza alcuna ambiguità? Un nome perfetto, nevvero?

    Per capire l’Ascoli – la cui opera ti è evidentemente ignota – il ragionamento che fai è di una rozzezza incredibile: lui sarebbe giunto a Milano e lì sarebbe stato traviato dal nazionalismo locale! Pensa un po’ te: uno come l’Ascoli, che nazionalista non fu mai, che fu autodidatta senza mai entrare in una classe scolastica e che arrivò a Milano uomo fatto!

    E’ bene poi ricordare che Ascoli fu moderatamente filopiemontese ed antiaustriaco anche per un motivo assai contingente: lui era ebreo, e nel Piemonte del 1848 gli ebrei erano già pienamente emancipati, mentre nell’impero A/U no. Quindi un ebreo di Torino poteva all’epoca intraprendere tutto quanto come un gentile, mentre un ebreo del Lombardo-Veneto e del Litorale – regioni soggette all’Austria – aveva delle limitazioni sia politiche che civili.

    A Fabio 27 dirò invece che la sua ricostruzione non è corretta: come afferma la studiosa slovena Petra Svoljsak, il nome tedesco “Julische Mark” (Marca Giulia) deriva dallo sloveno Julijska Krajina e venne utilizzato – in parte – solo nel secondo dopoguerra. Gli sloveni infatti rifiutarono fin da subito l’utilizzo del nome ascoliano “Venezia Giulia” (letteralmente sarebbe “Julijska Benecija”), proprio per l’uso della parola “Venezia”, da loro non accettato: iniziarono quindi ad usare “Julijska Krajina”, e da qui nacquero sia l’inglese “Julian March” (anche se in ambito anglosassone si usa prevalentemente “Venezia Giulia”), sia il francese “Marche Julienne”, sia il tedesco “Julische Mark”.

    La parte del nome “Giulia” (derivante da Caio Giulio Cesare) invece è accettato da tutti quanti, senza particolari problemi.

    L.

  70. arlon ha detto:

    Le repliche de Luigi tendi sempre a:

    – no considerar el tono/ambito in cui un se poni

    – coverzer de dati (anche giusti, eh) spostando l’argomento su dove ghe fa più comodo

    – fazendo finta de no capir dettagli intrinsechi comprensibilissimi, banalizzando el tutto

    Merita discuter, con ste premesse? No.

    @ Bibliotopa: “mi e tanti altri” no vol dir “tutti”, oviamente. Savemo ben che “i triestini” come pensiero unico no xe mai esistidi, e mai esisterà.. e da un certo punto de vista xe un ben.

    Dopo:
    – Cossa c’entra el “Primorski Dnevnik” (specialmente quel del 2010)? Me par un colegamento bastanza gratuito con la parola “Litorale” (per italian, po’)

    – Sai più del “Iulia” (che però no me par una carateristica preponderante del territorio, nè deso nè nel 1800.. e quindi un atimin arbitrario) a mi me ruga el “Venezia”, con cui TS ga ben poco a che veder e – quel si, a mio parer – ga risvolti nazionalistici.

  71. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ arlon

    Posso anche considerare tutti i toni che vuoi, ma quando uno dice del proprio interlocutore che lo credeva “più intelligente”, allora ha semplicemente sbracato di brutto. Punto e a capo.

    E’ vero che io tendo ad inserire dei dati nei miei messaggi.

    La storia è proprio una materia particolare: mentre nessuno parlando di fisica o di matematica prescinderebbe dai dati, per la storia alcuni pensano che sia sufficiente dar sfogo alla tastiera e alle proprie idee – anche quelle balzane – per dire cose corrette.

    Capirai…

    Riguardo al nome della regione, ho l’impressione che allo stato attuale sia impossibile trovarne uno che vada bene a tutti, per cui mi sa che ci terremo “Venezia Giulia” ancora per molto tempo, a meno che non si tiri fuori un coniglio dal cilindro.

    La roba che “ruga” veramente alcuni è che questo nome di “Venezia Giulia” è stato dato non da un inveterato nazional-fascio-irredentista tricolore, ma da un suddito goriziano dell’Imperial e Regio Governo, ebreo e friulano, che lungo tutta la sua vita politicamente fu sempre assai moderato e non nazionalista. Da ciò il tentativo di raccontare la storia di Ascoli in un modo sostanzialmente ballistico, come se fosse una sorta di precursore dell’irredentismo più becero.

    In pratica, non può esistere un normale “patriota italiano” in queste terre: è quasi una bestemmia. Qui i “patrioti italiani” devono sempre essere per alcuni “italianissimi al limone”, per altri “fascio-irredentisti”. Ascoli invece non fu né l’uno né l’altro: fu semplicemente uno che riteneva che la sua terra d’origine avesse un nesso principale (prevalentemente storico-culturale) con altre regioni italiane invece che con l’Austria, e quindi scrisse che “Venezia Giulia” era un nome più consono rispetto a “Litorale Austriaco”.

    L.

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