5 Agosto 2010

Scampoli di Storia: Alma Vivoda – la prima donna italiana caduta nella Resistenza

Alma (all’anagrafe Amabile) Vivoda nacque a Chiampore, una località nei pressi della cittadina di Muggia, il 23 gennaio 1911. Iscritta al Partito Comunista, negli anni Trenta gestì assieme al marito Luciano Santalesa (anche lui comunista) l’osteria “La Tappa”, che divenne un punto di ritrovo per gli antifascisti della zona. Santalesa fu arrestato nel 1940 e l’anno dopo la polizia impose la chiusura del locale. A quel punto Alma Vivoda iniziò a tenere i contatti con le formazioni partigiane italiane e slovene. Alma, nonostante avesse frequentato soltanto le elementari, era una donna di vivida intelligenza. Attenta ai problemi dell’emancipazione femminile e dell’internazionalismo, aveva promosso la diffusione della stampa clandestina ed era arrivata a curare di persona la redazione del foglio “La nuova donna”. Anche per questo Alma era braccata dalla polizia fascista, che aveva posto sulla sua testa una taglia di 10.000 lire dell’epoca. Nel gennaio 1943, dopo la spiata di un delatore, fu costretta ad entrare in clandestinità; aiutò il marito ad evadere e a raggiungere le file partigiane in Istria dove sarebbe caduto combattendo di lì a poco. Alma fu uccisa il pomeriggio del 28 giugno 1943, mentre, assieme a Pierina Chinchio, si recava ad un appuntamento con la staffetta partigiana Ondina Peteani della “Brigata Proletaria” che raccoglieva fra le sue file centinaia di operai dei cantieri di Monfalcone (allora Cantieri Riuniti dell’ Adriatico).

Il battaglione Alma Vivoda

All’indomani della morte di Alma Vivoda, il nome della prima donna italiana caduta nella Resistenza fu assunto da un battaglione autonomo della 14. Brigata “Garibaldi Trieste”, composto da partigiani italiani, sloveni, russi, da marinai romagnoli e da diverse compagne di lotta di “Maria”. La brigata “Alma Vivoda” partecipò fra l’altro fra il 4 ed il 25 novembre 1944 alla battaglia di Kucibreg, nei boschi attorno alle località di Hrvojj in Slovenia e Kucibreg in Croazia, a pochi chilometri da Trieste.

Kucibreg manifestazione commemorativa

Gran parte dei centoventi caduti partigiani di quegli scontri, riposano oggi in una fossa comune in un piccolo cimitero in territorio sloveno, mentre i prigionieri vennero deportati nei campi di sterminio nazista, dai quali solo pochissimi ritornarono. Gli scampati prima si aggregarono alle altre formazioni italiane e jugoslave della zona, per poi ricostruire il battaglione “Alma Vivoda” inquadrato nella divisione “Garibaldi-Natisone” che giunse fra i primi reparti partigiani a Muggia il 1 maggio 1945.
Dopo la Liberazione, ad Alma Vivoda sono stati intitolati il Circolo di cultura popolare di Santa Barbara (Muggia) ed una strada di Chiampore. Nel 1971, nel luogo dove Alma fu colpita, è stato eretto un monumento a suo ricordo. Alma Vivoda non ha ricevuto nessuna medaglia alla memoria; a Trieste nessuna via le è stata dedicata; la lapide che ricorda il luogo del suo sacrificio è stata ripetutamente imbrattata.
Così Pierina Chinchio ricorda quel tragico pomeriggio del 1943.
“… Alma ed io salivamo per la via Pindemonte. Incontrammo un milite della Polizia Ferroviaria, voltammo il viso per non essere riconosciute. Scorgemmo allora, tra i cespugli, un carabiniere a noi ben noto, di servizio a Muggia. Tutto accadde repentinamente. Il carabiniere cominciò a sparare, per fermarci. Alma estrasse una pistola e una bomba a mano, forse per dare anche a me un’arma per difenderci. Il carabiniere continuò a sparare all’impazzata e colpì Alma alla tempia. Io ero a terra, insanguinata. Egli mi affrontò (forse per eliminare l’unico testimone). Gli gridai se fosse impazzito. Intervenne il milite della Polizia Ferroviaria; il carabiniere gli ordinò di tenermi sotto tiro. Arrivò la Croce Rossa. Ritrovai Alma all’ospedale. Fino all’ultimo le restai vicina, tenendole la mano. Il suo sguardo in quell’istante non era di odio verso il suo assassino, ma di profonda tristezza, come di una madre che vede un proprio figlio su una mala strada …”.
Il carabiniere si chiamava Antonio Di Lauro e fu insignito, per questa azione, della medaglia di bronzo al valore militare: ma non fu l’Italia di Mussolini a dargli questa onorificenza, bensì la Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, addirittura nel 1958.

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51 commenti a Scampoli di Storia: Alma Vivoda – la prima donna italiana caduta nella Resistenza

  1. jacum ha detto:

    grazie Paolo, pian pianino riusciremo ad avere una storia comune.

  2. effebi ha detto:

    ancora un post commemorativo di un combattente per il comunismo !?
    (buone vacanze…)

  3. sindelar ha detto:

    tacabanda.

  4. omo vespa ha detto:

    dai, effebi, per farte contento ghe domandemo de meter su un post comemorativo per topolino.

  5. arlon ha detto:

    L’ultima frase del articolo ga del allucinante. Ma per bon? O_o

  6. sindelar ha detto:

    [Cercando di imitare la voce(?) dell’admin]

    La redazione ha deciso di chiudere i commenti per questo post.

  7. sindelar ha detto:

    Scampolo di storia trovato ieri su digg.com : il soldato più cattivo della seconda guerra mondiale.
    http://en.wikipedia.org/wiki/Jack_Malcolm_Thorpe_Fleming_Churchill

  8. arlon ha detto:

    @sindelar: che fora questo..

    “In May, he was ordered to raid the German held island of Brač. He organised a motley army of 1,500 Partisans, 43 Commando and one troop from 40 Commando for the raid. […] After being strafed by an RAF Spitfire, Churchill decided to withdraw for the night and to re-launch the attack the following morning.[6] The following morning, one flanking attack was launched by 43 Commando with Churchill leading the elements from 40 Commando. The Partisans remained at the landing area. Only Churchill and six others managed to reach the objective. A mortar shell killed or wounded everyone but Churchill, who was playing “Will Ye No Come Back Again?” on his pipes as the Germans advanced.”

  9. matteo ha detto:

    5 soldati veri che fanno sembrare Rambo una femminuccia
    http://forum.mondoxbox.com/index.php?showtopic=56844

    e scritto da ridere pero sono confermate su internet

  10. arlon ha detto:

    @Matteo: però tien de conto che per 5 che xe rivai a far figade e sopraviver ghe ne xe altre migliaia che, con la stessa bravura e el stesso morbin.. ghe xe restai ben prima.

    Questo tipo de storie va viste come 5, su milioni de morti :-S

  11. effebi ha detto:

    Visto il titolo credo che Geri intendesse sottoporci l’argomento della donna nella resistenza- propongo degli spunti
    http://www.storiain.net/arret/num89/artic3.asp

    …E’ certo, comunque, che gli uomini non erano molto disposti a concedere alle donne riconoscimenti, cariche e poteri. Alla fine della lotta armata la stragrande maggioranza delle donne non si fece avanti per ritirare medaglie e riconoscimenti. Molte, vedendo come avvenivano le assegnazioni, si astennero deliberatamente dal chiederle per non confondersi con i partigiani del 26 aprile. Anche per questo, le statistiche che indicano la partecipazione femminile alla Resistenza sono così poco attendibili. Però, quando sfilavano i drappelli delle donne partigiane, esse avanzavano orgogliose ed impavide e si poteva scorgere sul loro volto, reso quasi duro dalla severa vita di montagna, la bellezza animata dal sorriso della vittoria.

    ….Dopo la Liberazione la maggior parte degli uomini considerò naturale rinchiudere nuovamente in casa le donne. Il 6 maggio 1945 Tersilla Fenoglio non poté neppure partecipare alla grande sfilata delle forze della Resistenza a Torino. ‘Ma tu sei una donna!’, si sente rispondere da un compagno di lotta nell’estate del 1945 la partigiana Maria Rovano, quando chiede spiegazione dei gradi riconosciuti soltanto ad altri. Ed a Barge, il vicario riceve il brevetto partigiano prima di lei. E Nelia Benissone? Dopo aver organizzato assalti ai docks, addestrato gappisti e sappisti, lanciato bombe molotov contro convogli in partenza per la Germania, disarmato militari fascisti per la strada, anche da sola, e dopo essere stata nel 1945 responsabile militare del suo settore, non sarà forse riconosciuta dalla Commissione regionale come ‘soldato semplice’…..

  12. Srečko ha detto:

    effebi

    Gia’. Nel partito Nazionale Fascista invece le donne erano portate sugli scudi: Donna Rachele e poi Claretta Petacci ebbero un ruolo preminente nella vita politica e sociale dell’Italia di allora!

  13. Paolo Geri ha detto:

    @11 effebi.
    No. Intendevo parlare proprio della figura di Alma Vivoda e del battaglione partigiano che poi prese il suo nome. Cerco di trattare argomenti legati a Trieste e alla sua provincia, non temi generali.
    Quanto poi alla partecipazione delle donne della resistenza i dati forniti dall’ A.N.P.I. nazionale e che di seguito riporto sono evidentemente approssimati, ma per difetto. Basterebbe in proposito sentire l’ opinione di Stanka Hrovatin presidente dell’ A.N.P.I. provinciale di Trieste.
    Ecco i dati dell’ A.N.P.I. nazionale:
    35.000 le partigiane, inquadrate nelle formazioni combattenti; 20.000 le patriote, con funzioni di supporto; 70.000 in tutto le donne organizzate nei Gruppi di difesa; 16 le medaglie d’oro, 17 quelle d’argento; 512 le commissarie di guerra; 683 le donne fucilate o cadute in combattimento; 1750 le donne ferite; 4633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 1890 le deportate in Germania.
    In questo quadro generale triestina era la prima donna staffetta partigiana, Ondina Peteani e muggesana la prima donna partigiana caduta, Alma Vivoda. Mi sembra doveroso ricordarlo – poi ci possono essere punti di vista differenti rispetto al “doveroso” – considerato anche il silenzio quasi totale che regna a Trieste sulle vicende di queste due donne.

  14. sindelar ha detto:

    credo che Geri intendesse sottoporci l’argomento della donna nella resistenza

    Allora avrebbe scritto un titolo come La donna nella resistenza.
    Confessa Geri. Cosa volevi dirci in realtà?

  15. matteo ha detto:

    come se la donna a quei tempi era pienamente emancipata, il femminismo e le lotte della donna sono avvenute molto tempo dopo, in italia

    perche si cerca di sminuire i partigiani?

  16. arlon ha detto:

    perchè xe strumental calar una lieve nebbiolina de confusion in ogni discussion vagamente sensada. E xe chi che ghe sguazza.

  17. Paolo Geri ha detto:

    @5 Arlon.

    Vero. Ecco gli estremi della dedica:
    Nel Supplemento alla Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13/10/58 la motivazione di questa medaglia:
    “DI LAURO Antonio (…) classe 1920, carabiniere, legione carabinieri di Trieste. Con prontezza di spirito e repida (sic) decisione non disgiunta da coraggio, reagiva a reiterata azione di fuoco da parte di un pericoloso ricercato riuscendo ad ucciderlo ed a catturare, dopo averlo ferito, altro delinquente. Trieste, 28 giugno 1943”.

  18. Paolo Geri ha detto:

    @14 sindelar.
    Mi ripeto e “confesso”.
    Intendevo parlare proprio della figura di Alma Vivoda e del battaglione partigiano che poi prese il suo nome. Cerco di trattare argomenti legati a Trieste e alla sua provincia, non temi generali. Triestina era la prima donna staffetta partigiana, Ondina Peteani e muggesana la prima donna partigiana caduta, Alma Vivoda. Mi sembra doveroso ricordarlo – poi ci possono essere punti di vista differenti rispetto al “doveroso” – considerato anche il silenzio quasi totale che regna a Trieste sulle vicende di queste due donne conosciute invece in tutta Italia quando si parla di storia della Resistenza.

  19. effebi ha detto:

    Quello che mi manca, non na trovo traccia su nessun testo fu la condanna subita, seguentemente al fatto, da Pierina Chinchio.

  20. Paolo Geri ha detto:

    19. effebi.
    Fu arrestata, ma si difese sostenendo che era solo conoscente di Alma Vivoda e che questa le aveva semplicemente chiesto di accompagnarla. La Chinchio non era armata, non aveva opposto resistenza, nè le trovarono nulla di compromettente addosso. Pur essendo la moglie di Giovanni Postogna, antifascista muggesano arrestato ancora nel 1940, fu pertanto rilasciata dopo alcuni giorni. Questo almeno in base alla sua diretta testimonianza pubblicata se non ricordo male nei “Quaderni di storia” dell’ Istituto Regionale della Storia del Movimento di Liberazione.

  21. bonalama ha detto:

    come sempre grazie a geri, è vero però che a trieste parlando di certi fatti si suscitano vespai incredibili. Matureremo mai?

  22. asem ha detto:

    effebi, concordo (n.2) ….ancora un post commemorativo di un combattente per il comunismo !?
    (buone vacanze…)

    fidati non c’è speranza per questi nostalgici, sempre ad inculcare la propria dottrina

  23. bonalama ha detto:

    n.22: CVD

  24. effebi ha detto:

    Quindi ricapitolando:
    In pieno regime FASCISTA, a Trieste, dove il fascismo era dei più duri, in tempi di GUERRA, la signora Chinchio, moglie di un noto ANTIfascista arrestato già nel ’23 e poi nel ’31 (o nel ’40 ?) si ritrova in compagnia della comunista Alma Vivoda (ricercata dalle forze dell’ordine) …rimane coinvolta in questa sparatoria (venendo ferita) …(la Vivoda tenta di passarle forse alcune armi) ma viene dapprima salvata da un milite (fascista) che la sottrae alla reazione violenta del(eroico)carabiniere e poi se la cava con una semplice dichiarazione di estraneità …dopo aver avuto inoltre il permesso di assistere l’amica morente fino alla fine.

    rileggo perchè non vorrei creare vespai, ma qualcosa non mi convince… dunque “in pieno regime FASCISTA, a Trieste dove il fascismo…”
    mah… forse è meglio andare a leggere meglio anche nei “Quaderni di …storia”
    Magari chiederei a Geri se mi fa la cortesia di pubblicare il testo corretto.

  25. Paolo Geri ha detto:

    @24 effebi.
    La testimonianza della Chinchio relativa alla morte di Alma Vivoda e ai fatti successivi è presente, oltre che sul periodico “La Nuova Alabarda” anche nel libro “Battaglione Alma Vivoda” di Paolo Sema e Claudia Bibalo. Quanto alle fasi successive – che effebi mette in dubbio – la testimonianza della Chinchio – purtroppo oggi deceduta e quindi non in grado di rispondere a effebi, cosa che da viva avrebbe fatto assai volentieri – è stata resa pubblica in numerose occasioni ed anche il sottoscritto l’ ha ascoltata personalmente nei primi anni Ottanta. Effebi è libero di non “essere convinto” ed è libero di “riscriversi” i fatti accaduti e testimoniati dai protagonisti come meglio gli pare.

  26. effebi ha detto:

    Il fatto di ripetere o di ritrovare sempre la stessa versione non fa diventare più credibile storia raccontata, comunque non mettevo in dubbio il racconto, e non l’ho “riscritto” ma solo ricapitolato mettendo in evidenza alcune particolarità. poi appunto ognuno è libero di credere quello che gli pare e/o di portare nuovi e diversi elementi (se ci sono).
    La storia “raccontata” -lo confermo persino anch’io- è quella (ma è una storia davvero particolare)

  27. niemand ha detto:

    ecco un’ altra storia… questa volta e’ paolo rumiz che la racconta:

    http://www.repubblica.it/rubriche/camicie-rosse/2010/08/09/news/partigiano_grozni-6166039/

  28. abc ha detto:

    Belli ed interessanti questi articoli di storia locale di Paolo Geri.

    In qualsiasi modo si voglia riscrivere questa storia, resta il fatto che Alma Vivoda fu uccisa a 32 anni.

    Meraviglia la medaglia al suo assassino.

    Da notare che il fatto avvenne prima del 25 luglio 1943: ciò documenta che la resistenza nella nostra regione è iniziata prima di tale data.

    Da segnalare che la brigata proletaria invece non si era ancora costituita.

  29. niemand ha detto:

    e questo e’ un altro che teneva cojones: dante di nanni.

    Il 17 maggio 1944, insieme ai compagni Pesce, Bravin e Valentino, effettuò un attacco ad una stazione radio sulla Stura, che disturbava le comunicazioni di Radio Londra; prima di farla saltare, il commando gappista, disarmò e graziò i nove militi che la presidiavano con la promessa che non avrebbero dato l’allarme. I gappisti tuttavia vengono traditi e sono sorpresi da un intero reparto nemico. Nello scontro vengono tutti feriti, Bravin e Valentino verranno catturati ed in seguito impiccati, il 22 luglio a Torino insieme a Vian, nel frattempo anch’esso catturato. Tuttavia Pesce riuscì a portare in salvo Di Nanni, ferito gravemente da sette proiettili al ventre, alla testa e alle gambe, portandolo prima in una cascina e poi nella base di via San Bernardino 14 a Torino. Qui verrà visitato da un medico antifascista che ne consiglierà l’immediato ricovero in ospedale. Pesce, allontanatosi per organizzare il trasporto, al suo ritorno vide la casa circondata dai fascisti e dai tedeschi, avvertiti da una spia.
    Nonostante le ferite subite, Di Nanni si asserragliò nell’appartamento ed ingaggiò un lungo scontro a fuoco con le truppe nazifasciste, supportate pure da un’autoblindo e da un carro armato. Dopo essere riuscito ad eliminare numerosi soldati nemici, riuscì anche a mettere fuori uso i due veicoli corazzati lanciando cariche di tritolo e bombe a mano dal suo balcone. L’assedio durò quasi tre ore ed una volta terminate le munizioni, pur di non consegnarsi vivo, si trascinò verso la ringhiera del balcone e, dopo aver salutato la folla col pugno chiuso e col grido “Viva l’Italia”, si gettò nel vuoto.

    racconta pesce:

    « Ora tirano dalla strada, dal campanile e dalle case più lontane. Gli sono addosso, non gli lasciano scampo. Di Nanni toglie di tasca l’ultima cartuccia, la innesta nel caricatore e arma il carrello. Il modo migliore di finirla sarebbe di appoggiare la canna del mitra sotto il mento, tirando il grilletto poi con il pollice. Forse a Di Nanni sembra una cosa ridicola; da ufficiale di carriera. E mentre attorno continuano a sparare, si rovescia di nuovo sul ventre, punta il mitra al campanile e attende, al riparo dei colpi. Quando viene il momento mira con cura, come fosse a una gara di tiro. L’ultimo fascista cade fulminato col colpo. Adesso non c’è più niente da fare: allora Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano. È in quell’attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte nella strada stretta, piena di silenzio. »

    (Giovanni Pesce, Senza tregua – La guerra dei GAP, pag.144-145, Feltrinelli, 1967, ristampa 2005)

  30. ufo ha detto:

    @29 Ti meravigli per la medaglia al Di Lauro? Ben poca cosa rispetto alla medaglia (d’argento) conferita nel 54 a Gaetano Colotti, il torturatore in capo di Villa Triste, oppure la medaglia “L’Italia ricorda (quel che le fa comodo)” al criminale di guerra Vincenzo Serrentino. Nel 2007.

  31. ufo ha detto:

    @29 É solo in Italia che hanno aspettato il permesso della mezza cartuccia coronata per resistere (e a quello c’è voluta la guerra sotto le finestre perché si rendesse conto della disgrazia che aveva causato). I primi Caduti partigiani del Litorale risalgono all’aprile del 42 ( http://i38.tinypic.com/xgckyx.jpg ), mentre è del 13 maggio 1941 il primo scontro con l’occupatore a Mala Gora presso Ribnica, in cui cadde il comandante militare del TIGR Danilo Zelen.

  32. abc ha detto:

    @ ufo

    Grazie delle informazioni, effettivamente la medaglia al di Lauro è poca cosa rispetto alle altre due.

    Concordo con te nelle valutazioni su sciaboletta. Se non fosse stato per il voto del gran consiglio, non si sarebbe mosso nemmeno il 25 luglio.

  33. Marco ha detto:

    Ara che robe che trovo su google! Zercavo una pizzeria e trovo sta sbrodolada politica inquietante su Alma Vivoda. Che Dio ghe brazi l’anima, povara dona, ma una precisazion: esisti ecome una via Alma Vivoda. La xe a Muia, località Ciampore, dove che sta apunto la pizzeria Perla Bianca.

  34. Sandi Stark ha detto:

    Paolo Geri conta la nostra storia, e i neri tira fora el fapunte per farghe la tapun al zostron. Solito, no esisti un altro paese al mondo dove la Storia xe una succursale de la politica come in Italia. I faria mejo ad abolir le lauree in Storia, tanto per quel che le servi.

    La Storia dovessi diventar un esame de Scienze Politiche, inserì nella materia “Retorica” che xe una delle poche vere eredità che i ‘taliani ga ciapà dall’antica Roma.

    Ne la Patria de Pinocchio no xe vero niente, tutto xe opinabile, anche la Storia diventa question de opinioni e discussioni da bar sport.

    In nissun altro posto al mondo esisti la “Storia di destra” e la “storia di sinistra”, provè a dirghe una roba compagna a un austriaco, tedesco, inglese. I ve varderà come i marziani.

    Distrutta la Storia, la memoria familiare e la storia popolare no conta più niente. Tutto xe opinabile.

    E visto che niente xe vero e niente xe falso, i ghe la cazza a tutti e tutti xe più o meno contenti, tanto che i se lassa far de tuto.

  35. Mauricets ha detto:

    37

    Sandi Stark
    e io invece ti dico che proprio in nome di Amabile grido W L’ITALIA!!!!

    W l’Italia democratica e repubblicana.

    e chi la odia mi ciucci il c…

  36. hobo ha detto:

    il fatto che qualcuno trovi *inquietante* che si racconti la storia di alma vivoda (marco#36), significa che bisogna continuare a raccontarla. quella, e mille altre storie di resistenti di tutta l’ europa.

  37. Paolo Nanut ha detto:

    @22 e chi vorresti commemorare, chi ha tradito l’Italia. Già a Gorizia ogni occasione è buona per intitolare scalinate o pezzi di strada a qualche irridentista o infoibato, vero o presunto. a quando una via da intitolare a Darko Bratina?

  38. Giangi ha detto:

    Erano scontri e vittime fra ideologie totalitarie entrambe perdenti. Non è necessario alimentare queste diatribe al mondo di oggi.

  39. hobo ha detto:

    #41

    sono sicuro che per questo commento prenderai il pulitzer.

  40. Giangi ha detto:

    un abbraccio hobo. Voi siete migliori di quello che volete apparire. Non siete dei duri.

  41. hobo ha detto:

    #43

    fa caldo, uh?

  42. Marco ha detto:

    @Hobo e Sandi Stark: Neri? 😀 Mi nero? Ahahahaha… Meno segoni mentali: go zercà l’indirizzo su google de la Perla Bianca in via Alma Vivoda perché no me ricordavo el civico e me xe saltà fora sta strafaniciada.
    No trovo inquietante che se conti la storia de Alma Vivoda, cari lole stropoleti, anche perché la conosso ben: la mia familia iera là a far iutar la resistenza. 🙂
    Trovo inquietante el stile pseudo-storico come che la xe contada qua.
    E ripeto che a Muia ghe xe la strada a Vivoda, celebrada e stracelebrada.

  43. Marco ha detto:

    E per favor Stark, prima de ndar vizin de un pc ciol un tè caldo e fa un do’ passi che xe ssai bel clima.

    Se no vien fora sempre sti stramboti sul Porto Franco e i TEU, su la “Storia” (ma che maestra te gavevi? minuscole e maiuscole no te sa usar?), sui cari ricordi de l’Austria.

    Xe anche una bona maceta, però dopo un poco stanca.

    Giusto per la cronaca, in Germania domandighe cossa che xe stà l’Historikerstreit: altro che storia no de destra e no de sinistra.

    Tanti cari saluti dalle vecchie provincie.

  44. hobo ha detto:

    @marco#45

    credi di aver fatto chissa’ quale scoop scoprendo che a muja c’e’ una strada intitolata ad alma vivoda. ma se tu avessi letto attentamente quel che ha scritto geri, avresti trovato questa frase:

    “Dopo la Liberazione, ad Alma Vivoda sono stati intitolati il Circolo di cultura popolare di Santa Barbara (Muggia) ed una strada di Chiampore. Nel 1971, nel luogo dove Alma fu colpita, è stato eretto un monumento a suo ricordo. Alma Vivoda non ha ricevuto nessuna medaglia alla memoria; a Trieste nessuna via le è stata dedicata; la lapide che ricorda il luogo del suo sacrificio è stata ripetutamente imbrattata.”

    quindi geri dice che ad alma vivoda e’ deicata una strada di muja, e fa notare che a trieste (dove e’ stata ammazzata) no.

    quindi mi sa che hai piantato su tutto ‘sto casino solo per il gusto di piantare casino.

    spero almeno che la pizza fosse buona.

  45. Marco ha detto:

    Ostia, te ga ragion! Iera scrito, fazo amenda. Int’el popò de linguagio de esaltà fasciston de sinistra no lo gavevo visto. Fazo amenda, ma te ga de scusarme: zercavo un indirizo su una strada, trovo glave fora come balconi e me distrago. Iera la fame, capissime.

  46. capitano ha detto:

    Comunque grazie per aver rispolverato un post interessante e finito quasi nel dimenticatoio.
    Mi stavo stufando di commentare solo balòn.

  47. Sandi Stark ha detto:

    Per i saputelli:

    http://www.librimondadori.it/web/mondadori/scheda-libro?isbn=978880457561

    Ricerca esemplare, che dimostrava che oltre el 75% dei tedeschi iera al corrente de l’olocausto. Digo cussì perchè quel libro me lo son comprà, come alcuni altri.

    Xe stade polemiche politiche in Germania?

    Qualchidun ga ditto che quei ricercatori iera de “sinistra” o anti patriottici o anti tedeschi?

    Qualchidun ga tentà de “sdoganàr” la Hitlerjugend disendo che comunque iera poveri muleti patriottici che amava la Germania?

    No me risulta, i tedeschi se ga ciucià la ricerca, i ga visto crollar alcuni loro miti auto assolutori e fine del discorso.

    Devo far confronti co’ l’Italia?

  48. Fabrizio ha detto:

    Nefandezze sono state commesse da entrambe le parti. Le atrocità maggiori però sono state commesse proprio dai partigiani e, quel che è peggio, a guerra finita. La storia va studiata TUTTA, non solo quella scritta dai vincitori.
    Leggetevi questo articolo sui crimini dei partigiani contro le donne colpevoli solo, in alcuni casi, di aver LAVORATO per i fascisti per poter portare qualcosa da mangiare a casa.
    Qui il link : http://www.qelsi.it/2012/non-chiamateli-eroi-lelenco-delle-ausiliarie-uccise-dai-partigiani-dopo-che-si-erano-arrese-2/

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