21 Luglio 2010

Scampoli di storia: la congiura di Marco Ranfo

Ricorderete forse la piece teatrale intitolata “Marco Ranfo” ideata da Edda Vidiz e Renzo Arcon che fu presentata nel 2005 alla Sala Tripcovich in collaborazione con l’Associazione Tredici Casade con la regia di Ugo Amodeo. Ma chi era Marco Ranfo, che fu definito “traditore della patria”? Già difensore in più occasioni del Comune di Trieste, console, ambasciatore del Comune e plenipotenziario alla Pace di Treviso, fu mandato a morte nel 1313 insieme ai suoi figli maschi; le donne della famiglia furono bandite e le case rase al suolo. Furono distrutti anche gli atti del processo, sicché fino a noi è arrivata solo la dura sentenza di condanna, ma senza la motivazione. Per spiegare l’ episodio c’è chi parla di tradimento a favore di Venezia, chi afferma al contrario che Ranfo volesse riavvicinare la città al Patriarcato di Aquileia e chi, ancora, sostiene che intendesse restituire il potere ai Vescovi in quanto era uno dei principali vassalli del vescovo e da questi era stato anche deputato a presiedere la curia feudale. L’ipotesi più accreditata è tuttavia che il patrizio volesse proclamare la propria signoria sulla città (versione accreditata dal Tamaro). Anche nella città di Trieste come in altre città italiane, il Maggior Consiglio del Comune era in mano a poche potenti famiglie. La paura che una famiglia prevalesse sull’altra incombeva sulla città poichè la tentazione era forte, e sicuramente fra le famiglie tergestine primeggiava la casata dei Ranfi: non a caso furono i Ranfi a tenere a battesimo il primo statuto del libero comune. Nel 1290 Marco Ranfo è Rettore, nel 1293 Delegato del Comune, nel 1304 viene nominato dal vescovo di Trieste suo luogotenente nella Curia dei Pari. E come crescevano il potere e la ricchezza dei Ranfi, così crescevano il timore e l’invidia nelle altre famiglie. Agli inizi del XIV secolo la politica del Comune oscilla tra Venezia e il patriarcato di Aquileia, che è in lotta con il conte di Gorizia per il controllo del Friuli. Queste oscillazioni contribuiscono non poco a rinfocolare le continue tensioni interne alla città, con eccessi di violenza e di rapine, lamentati ripetutamente nei documenti dell’ epoca. La storia della “congiura dei Ranfi” ignorata dallo Scussa e da Ireneo della Croce, fu riesumata dal Rossetti e dal Kandler ed ebbe un’ampia diffusione popolare a Trieste nell’Ottocento su giornali e riviste. Pochi sono i documenti certi e diverse le interpretazioni: si sa solo che al suo rappresentante più influente, il “traditore” Marco Ranfo, ed ai suoi eredi e seguaci per mezzo secolo (dal 1315 al 1365) gli statuti comminarono pene durissime. Ma non dovettero essere i soli ad incorrere nell’ira di quelli che allora detenevano il potere: un documento del 1311 testimonia che a quel tempo le terre del Friuli erano già piene di esuli triestini, fuggiti o espulsi dalla città in seguito alle continue lotte interne. Nel frattempo i rapporti con l’Istria, che poco alla volta stava cadendo sotto il dominio veneziano e a cui Trieste geograficamente e storicamente era appartenuta, si attenuavano sempre più. Sulle colpe e sulla “congiura dei Ranfi” permane e permarrà probabilmente un grande mistero. Secondo Lino Monaco la famiglia dei Ranfi fu arrestata nel suo palazzo di Cavana mentre -pare – stesse tentando di rifugiarsi nel vicino convento dei padri Minoriti. Secondo Fabio Calabrese in “Cronache moderne del Friuli celtico XXXV” Marco Ranfo mori avvelenato prima di presentarsi davanti ai giudici, forse da un complice che aveva voluto tappargli la bocca: non ho trovato peraltro altre conferme a questa versione ed anzi Lino Monaco parla dell’ esecuzione della sentenza per Marco Ranfo e i figli Giovanni e Pietro nel settembre 1313. Un’altra versione ancora – che francamente trovo fantasiosa – ipotizza che Marco Ranfo fosse un Templare: la data – il 1313 – è perfetta ma non risultano templari a Trieste all’ epoca.
Nell’Archivio Diplomatico del Comune, è custodito un antico codice su un’ingiallita pergamena ornato di lettere iniziali nelle quali si vedono i tergestini del Trecento con le loro colorate vesti. Sulla prima carta di questo codice sta scritto: “Statuta civitatis Tergesti de anno 1350”. Sono le leggi antiche della nostra città. Alla Rubrica XXV del secondo libro leggiamo: “Rubrica de Ranfis et eorum sequacium” qui di seguito tradotta. “Decretiamo e ordiniamo che chiunque tratterà di dar aiuto, consiglio e favore ai Ranfi e ai loro seguaci banditi dal comune di Trieste o manderà lettere agli stessi Ranfi e ai loro seguaci o riceverà dagli stessi qualche lettera che non presenterà al dominio oppure al comune di Trieste, che perda tutti i suoi beni e la libertà e se il tale o il talaltro contrafacente non si potrà catturare, sia bandito in perpetuo dalla città di Trieste e tutti i suoi beni pervengano al comune.

Cacciata dei Ranfi

Chi del Ranfo sia maschio che femmina e gli eredi dagli stessi discendenti e i loro seguaci ed i loro eredi, siano banditi in perpetuo dalla città di Trieste, e se quelli che sono stati banditi o altri di essi in qualsiasi momento dovessero cadere nella forza del comune, che il dominio di Trieste presente in quel tempo sia tenuto a tagliare la testa a quello o a quelli che avrà potuto catturare in modo che questa sia separata dal busto e che muoiano, e la donna che sia bruciata. E se qualcuno ucciderà uno dei Ranfi abbia dal cameraro del comune di Trieste 400 lire di piccoli veneti e se presenterà qualcuno di questi vivo al comune di Trieste e tra i seguaci loro, abbia 200 lire di piccoli dal comune di Trieste, e se qualcuno dei banditi dal comune di Trieste per qualsiasi bando eccetto che per omicidio, tanto tra i seguaci dei Ranfi quanto altri banditi, ucciderà qualcuno dei Ranfi, o da questi discendente che possa liberamente venire a Trieste e stare non ostante quel bando e sia libero e assolto dal detto bando e ciò sia compreso specialmente per i Ranfi maschi. E che Ranfa e Clara, sorella e figlia del fu Marco Ranfo sia radiata e bandita dal comune di Trieste e che Agnese loro sorella moglie di Almerico Galina non possa mai venire a Trieste e che per altro tutte le donne che seguissero o avessero seguito i loro mariti, ossia gli stessi Ranfi e i seguaci dei Ranfi, siano bandite dal comune e non possano venire a Trieste e i beni loro tutti pervengano al comune. E qualsiasi Podestà nel tempo del suo regime faccia leggere questa disposizione due volte nell’Arengo pubblico sotto pena se non lo facesse di cento lire di piccoli per ognuno di quei podestà che non lo facessero”
La casa di Marco Ranfo era in Cavana. Fu distrutta con successivo spargimento di sale e con la riserva di non poter più edificare in quel luogo. Nel 1365 la confratemita di San Sebastiano fabbricò in quel sito la propria chiesetta dedicata pare prima San Paolo e successivamente a San Sebastiano. Lasciata cadere in abbandono, attorno alla metà del secolo seguente venne riedificata sullo stesso sito per volere dell’allora vescovo di Trieste Enea Silvio Piccolomini ma poco tempo dopo fu abbattuta, probabilmente perché, adibita a ricovero di malati, era rimasta infetta.

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15 commenti a Scampoli di storia: la congiura di Marco Ranfo

  1. fluido ha detto:

    ma la casa in via tigor (quella con le statue in androna) non iera della famiglia ranfo?

  2. cagoia ha detto:

    ma i Ranfi xe più dei Camber?

  3. arlon ha detto:

    “un documento del 1311 testimonia che a quel tempo le terre del Friuli erano già piene di esuli triestini, fuggiti o espulsi dalla città in seguito alle continue lotte interne.”

    Desso vien fora che i furlani xe triestini, adoro sti risvolti a sorpresa!

  4. sindelar ha detto:

    Finalmente l’autor gà centrà l’argomento. Qui no podemo tirar fora storie de foibe o Tito.

    I Borgia de Cavana. Forti sti qua.

  5. Srečko ha detto:

    E chi erano i guelfi e chi i ghibellini triestini? Peccato che sia mancato anche un Dante…

  6. piero vis'ciada ha detto:

    4 …e chi ga dito ? 🙂

  7. Bibliotopa ha detto:

    Ala fin qualche Ranfa ga rivado a tornar, dopo anni. leger Kandler e trovè tuto.

    Ma mi qualchedun me diseva “Ai tempi de Marco Caco, traditore dela città” sugerindo cussì un’dentificazion per Marco Caco con Marco Ranfo ( e de conseguenza.. una datazion per l’epoca de Marco Caco).
    E no dimentichemo i templari! anno 1313, cacciata de Marco Ranfo e processo ai templari. Volè che qualchedun no ghe gabi ricamado sora? coincidenze? dietrologia? xe pena vegnudo fora un libro “il templare Marco Ranfo” o un titolo simile, tuta la verità svelata dopo 700 anni..

  8. sindelar ha detto:

    7: A cura de Giacobbo?

  9. matteo ha detto:

    Una casetta con segni misteriosi
    Tracce Templari

    Nel 1911 il Professore Alberto Puschi nella sua relazione al Consiglio Comunale di Trieste riferisce di aver trovato un bassorilievo raffigurante la Madonna con il Bambino “… nella cantina di una vecchia casetta attigua alla casa parrocchiale di Santa Croce…” e che “… in passato era collocato sul lato della stessa casetta prospiciente alla strada che passa davanti alla curia…”.
    A seguito della scoperta egli propose che la pietra fosse rimessa nella nicchia, o almeno affidata alla custodia di una struttura museale: il bassorilievo, invece, fu collocato nel 1912 nel Museo di storia e Patria di Villa Basevi e, dopo la sua distruzione a seguito di un bombardamento aereo, nel cortile delle Milizie nel castello di San Giusto.

    Sta di fatto che la “vecchia casetta” altro non era che l’edificio della Vecchia Scuola o Scuola Parrocchiale, cioè della prima scuola elementare di Santa Croce.
    La nostra costruzione però riserva altre sorprese: murata come architrave, all’entrata della cantina, c’è una pietra inscritta con inciso un rosone sulla parte destra. Delle tre iscrizioni che vi si notano, la prima sembra non essere mai stata decifrata, mentre la seconda dovrebbe portare inscritta la frase: “Hoc opus magister Georgyus Fecit”. Queste prime due sono state scolpite contemporaneamente e si possono far risalire all’epoca dei Templari. Inoltre, visto che la Chiesa di Grignano esistette veramente, si può verosimilmente ritenere che questa pietra provenisse proprio da lì.
    La terza iscrizione MCCC89 (1389) indica presumibilmente la data di costruzione della vecchia casetta del Puschi, essendo diversa dalle altre due, molto più antiche.
    Non basta.
    Dando un’occhiata più attenta alle pareti della casa non possono sfuggire alcuni disegni simbolici: un uccello, un conchiglia, uno stiletto e altri segni minori.
    Ricostituendo la storia dell’edificio, è possibile identificare il 1389 come l’anno di costruzione, poi il vuoto fino alla data di fondazione della “vecchia scuola”, che rimase in servizio per anni.

    Da quel momento in poi sembrerebbe rimasto in stato di abbandono finché,una ventina d’anni or sono, vi giunsero le suore che l’adottarono a scuola di musica per bambini del luogo.
    Tutte le pietre incise, inserite nella costruzione, seguono una certa logica: come tuttora ricordano i vetri del posto, era usanza, nell’edificare una casa, di utilizzare non solo la pietra bianca del Carso, ma anche tutti i materiali di recupero possibili. Ne consegue che non sia affatto strano non aver usufruito anche delle pietre un tempo appartenenti alla Chiesa di Grignano, tanto più che esse erano di ottima qualità e, tutto sommato, anche decorative.
    Altra piccola curiosità: per la cementificazione delle pietre venivano utilizzate anche rifiuti, paglia e tutto ciò che poteva essere ridotto in poltiglia e poi solidificare.

    Anche in questa casa sono state trovate tracce del misterioso ordine dei Templari, dei quali ben poco si conosce pur essendo stati lungamente presenti in città.
    http://www.unafinestrasutrieste.it/curiosita/tracce_templari.htm

  10. ufo ha detto:

    Il consiglio comunale “era in mano a poche potenti famiglie”. Era?

  11. Bibliotopa ha detto:

    se cercate tracce di templari, anche sullo stipite della Cattedrale ci trovate una croce incisa, detta di tipo templare.

  12. Paolo Geri ha detto:

    @1. Fluido.

    Se ti riferisci alla cosidetta “Casa del Mascheroni” di via tigo 12, la risposta è negativa. La casa fu realizzata tra il 1907 e 1908, opera dell’ architetto Giovanni Maria Mosco. Vi morì il grande campione di lotta libera e greco-romana Giorgio Calza.

    Da “Trieste Antica e Moderna” di E. Generini

    “La casa domenicale dei Ranfi era sita ove ora sta lo stabile recante il n. 207 di via San Sebastiano, rasata al suolo e sparsovi su quel fondo il sale, venne decretato espresso divieto di mai più alzarvi sopra edificio.
    Sul fondo dannato e vacuo dei banditi Ranfo una confraternita votata a San Sebastiano avea eretto nel 1365, col permesso del Comune, una modesta chiesetta dedicata al loro santo.
    La chiesetta cadde ben presto in rovina, successivamente venne riedificata ed ampliata dal Piccolomini, anche questa durò poco poichè venne decretata la sua demolizione (maledidione dei Ranfi ?), appena nel 1543 venne edificata la chiesa dedicata ai Santi Rocco e Sebastiano sul fondo n. 507”.

  13. Bibliotopa ha detto:

    qualcuno suggerisce che la casa dei Ranfi si trovasse dove c’è la casa dipinta di giallo in Piazza Cavana, mi sembra sia quella con Avanzo e Zampolli, e che ha un frontone triangolare, segno di una sua possibile originale destinazione a cappella. Non la chiesa di san Sebastiano/San Rocco che continua ad attendere un restauro.

    La casa di via Tigor, come giustamente ci ricorda Paolo Geri, è una casa liberty ( arch. Mosco) e fra le tante curiosità mi dicevano che ci furono girate scene di Senilità, immagino la versione con Claudia Cardinale.

  14. cagoia ha detto:

    Un version disi che sto Marco Ranfo se gaveva trovado una mula e per farla contanta la gaveva fata presidente dal’autorità portuale.

  15. matteo ha detto:

    bibliotopia me ga messo la pulce nel oreca e go guarda ingiro, sembreria che trieste iera una importante via dei templari

    ma che libro te ga leto?

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