23 Giugno 2010

Bora.la alle Azzorre, viaggio enogastronomico nell’arcipelago atlantico

Sono reduce da tre settimane alle isole Azzorre. Dopo alcuni anni dedicati all’esplorazione di altre isole atlantiche, nella fatti specie isole Far Oer e Islanda. Quest’anno ci siamo spostati più a sud con conseguente clima più mite e temperato. Una delle grosse differenze rispetto ai miei ultimi viaggi è la possibilità di fare una full immersion soddisfacente anche nella cucina e nei sapori e odori di questi posti. Con tutto l’amore che nutro per il nord Europa, non si può dire che vi siano confronti se si parla di tavola.
Le Azzorre sono un piccolo arcipelago del Portogallo, situato ad un terzo di strada, o sarebbe meglio dire di mare, fra Europa e Stati Uniti; la latitudine è grosso modo quella di Lisbona. La cucina è inevitabilmente legata a quella portoghese, ma le ricette regionali non mancano, così come anche i prodotti tipici di queste terre.
Il clima mite e temperato e il sole che si alterna alle frequenti piogge fanno di queste isole un posto verde e rigoglioso dove i prodotti della terra sono abbondanti e quasi tropicali. Le banane sono diffusissime su tutte le isole, si tratta di quelle piccoline, però saporitissime. Sull’isola di Sao Miguel vengono coltivati gli ananas, inoltre si possono trovare con facilità l’anona, i limoni, le arance, l’avocado, il mango, la papaia e la maracuja. Sempre sull’isola di Sao Miguel ci sono le uniche piantagioni europee di tè, mentre sull’isola di Sao Jorge, presso la Faja dos Vimes, c’è una micro produzione di caffè, veramente piccola e che serve al sostentamento del piccolo bar del paese. Camminando per le isole ho visto, inoltre, una quantità spropositata di moreri e alberi di fichi, che nei prossimi mesi daranno i loro frutti.

Per quanto riguarda la produzione del vino, la tradizione è antica ed eroica. Soprattutto sulle isole di Pico e Terceira ci sono dei viticoltori che cercano strenuamente di portare avanti una viticoltura fatta seconda le tradizioni e nel modo più naturale possibile. L’ambiente in cui cresce la vite è letteralmente al limite. Le vigne crescono sulle rocce di origine basaltica in appezzamenti protetti da infiniti muretti a secco, sempre di rocce vulcaniche. Le vigne sono molto basse, si parla di altezze inferiori al metro, di modo che le viti possano assorbire più calore possibile dal suolo. Il vitigno tipico di queste zone è il Verdelho, da cui vengono ricavati vini bianchi da tavola, vini secchi da aperitivo o ancora vini liquorosi dolci e corposi, i migliori. Si dice che il Verdelho sia stato importato dalla Sicilia nel lontano 1500. Sull’isola di Terceira sopravvive una produzione molto limitata di questi vini, sulla costa settentrionale nei pressi di Biscoitos.

Questo villaggio ospita praticamente tutte le vigne dell’isola e anche il museo del vino del signor Luis Brum, autentico eroe della viticoltura resistente, oltre che persona stupenda. Invece sull’isola di Pico ci sono più vigneti e la produzione è più corposa, oltre ai suddetti vini ci sono anche dei buoni rossi, a base di Merlot e Cabernet Sauvignon. Le vigne in tutte simili a quelle di Terceira sono state dichiarate patrimonio mondiale dall’UNESCO.
Oltre ai vini c’è anche una corposa produzione di grappe (aguardiente) alla frutta e liquori, il più famoso dei quali è l’angélica.
Ma veniamo alla tavola. La prima considerazione è che mangiare alle Azzorre è decisamente economico, nel senso che c’è sempre la possibilità di sedersi e saziarsi in modo dignitoso. Infatti dalla tavola calda più povera al ristorante più famoso tutti servono la minestra del giorno (sopa do dia) il cui prezzo varia da 1 a 2 €. Alle Azzorre questo piatto è una costante ed è una brillante soluzione per mangiare fuori e spendere poco. Le minestre che ho provato erano generalmente a base di cavoli, patate, blede e pane ed avevano quasi sempre un pezzettino di carne, generalmente un po’ di chouriço, sorta di salame leggermente piccante.
Fra le zuppe la più tipica su molte isole è senz’altro la Sopa do Espirito Santo. Si tratta di un brodo di carne servito con molto pane raffermo, un po’ di menta fresca e la carne del brodo. Questa è una tipica ricetta povera che ancora oggi viene servita nelle festività dello Spirito Santo fra maggio e giugno. Queste feste sono molto sentite e vengono organizzate da singoli “Imperio”, sorta di parrocchie parallele alla chiesa ufficiale. Una strada viene chiusa e i volontari dell’”Imperio” servono la sopa a tutti gratuitamente. La partecipazione è massiccia e molto colorata, la zuppa invece non è fra le cose migliori che ho mangiato.
In questo viaggio mi sono poi concentrato maggiormente sul pesce che non sulla carne, visto la variegata offerta e i prezzi assolutamente abbordabili. Le preparazioni sono diverse, ma personalmente per non incorrere in spiacevoli sorprese o salsine ammazza piatto ho preferito concentrarmi sulla griglia o in alternativa sulla frittura. Il pesce più diffuso è ovviamente il baccalà; si dice che ci siano 365 modi di prepararlo, ed è un classico.

Altri pesci molto diffusi sono la cernia, il tonno, il pesce spada, il boca negra, l’abrotea, il bagre, il barracuda, il pargo ed il chicarro. Fra i molluschi ho sentito molto a livello popolare la tradizione delle lapas, specie di cozza patella, che i locali strappano dalle rocce e le mangiano grigliate, fritte o crude. Io le ho mangiate crude e sembra di mangiare letteralmente il mare. Altra ricetta tradizionale è il polvo guisado, ossia il polpo cotto lungamente nel vino.
Le due cose migliori sono state l’espetada (spiedino) di cernia servita coi gamberi, eccezionale, e il boca negra alla griglia, pesce rosso velenoso di profondità, sorta di scarpena.
Mi aspettavo grandi cose anche dalla carne, visto la grande tradizione di allevamento di mucche. Infatti su certe isole si dice che ci siano più mucche che persone.
Molto diffusa è la bifana, fettina di maiale con spezie e fritta, mangiata da sola o nel pane. Poi oltre al chouriço, è molto diffuso il sanguinaccio (morcela), mangiato da solo, ma anche in abbinamento all’ananas. Immancabili i bife, sorta di costate di manzo, che rispetto a noi vengono tagliate più sottili e cotte un po’ di più.

Molto diffusi anche gli spiedini di carne (espetada). Anche la carne di pollo è presente su tutti i menù.
La carne a mio parere è meglio se cotta alla griglia, altrimenti si corre il rischio che venga presentata con strane salsette. La cosa migliore l’ho mangiata l’ultima sera alle Azzorre, l’alcatra, piatto tipico di Terceira, carne di manzo a pezzettini, speziata, stufata lungamente nel vino, e che poi viene servita in tradizionali stoviglie di ghisa. Un gusto veramente eccezionale. Altra menzione va al sanguinaccio. Io non ne sono appassionato, ma essendo una specialità tipica, l’ho provata.

La prima volta ad una festa rurale, e mi è andata male, la seconda nello stesso ristorante dell’alcatra. Bè, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. Una consistenza ed un gusto incredibili, fra il dolce ed il salato e cotto al punto da essere croccante, assai speziato, buonissimo, ho svuotato il piatto in un attimo. C’è da dire che l’unico ristorante dove ho mangiato carne veramente buona era l’unico a produrla in proprio…
Con tutte le mucche che ci sono ogni isola ha il proprio formaggio. I caseifici sono un po’ ovunque e mattina e sera tutti portano il latte ai centri di raccolta. Il trasporto del latte avviene con ogni mezzo possibile, ancora oggi è frequente vedere carretti carichi di latte trainati da cavalli, o meglio ancora persone anziane a dorso di mulo con un paio di contenitori di latte. Il formaggio migliore l’ho mangiato sull’isola di Sao Jorge, dove producono l’unico formaggio DOP dell’arcipelago, dopo 7 mesi di stagionatura, buona consistenza e gusto leggermente piccante. Questo formaggio l’ho mangiato anche grigliato e servito con della marmellata di more, una preparazione veloce, ma assolutamente gustosa. Altrimenti ho mangiato del buon caprino leggermente grigliato e servito con miele riscaldato e varie spezie, buono, ma forse un po’ troppo ricercato.

Fra i dolci dominano delle torte buonissime e coloratissime. Sempre presente è la torta di cioccolato o quella al limone. Molto diffuse sono le marmellate di frutta locale e frutta come l’ananas o l’avocado, serviti con cioccolata, gelato o miele. Durante le festività religiose si è soliti consumare un pane dolce, incredibilmente simile alla pinza ed il riso dolce con la cannella. Infine una segnalazione speciale va fatta per la Laranjinhas, deliziosi dolcetti a base di zucchero e bucce d’arancio macerate, che ci sono stati offerti al museo del vino di Biscoitos, a Terceira.

Questa è la mia esperienza gastronomica alle Azzorre, è solo un “assaggio” ed è stato tutto filtrato dai miei gusti. Sicuramente le isole offrono anche molto di più, e quindi non ci resta che pensare ad una prossima volta!
Buon appetito!
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8 commenti a Bora.la alle Azzorre, viaggio enogastronomico nell’arcipelago atlantico

  1. arlon ha detto:

    super 😀 come al solito, finisso l’articolo che go fame.

  2. pepe ha detto:

    Splendido articolo e splendide foto!

  3. Konte ha detto:

    Giacomo Cecotti patrimonio mondiale dall’UNESCO! Bravissimo, te ghe fazesi venir l’acquolina in bocca ad un anoressico!

  4. giacomo cecotti ha detto:

    grazie muli!

  5. marghecoslo ha detto:

    i lapas te li magni anche se no te vol: no me dimenticherò mai del lapas che la baba me ga generosamente fracà in bocca in spiaggia a Sao Joao!

  6. marghecoslo ha detto:

    ah ah.. la me puntava con un cazavide in man..

  7. António ha detto:

    Parabéns pela brilhante narrativa!

  8. Emanuele Frati ha detto:

    Ho scoperto solo oggi questo articolo molto interessante e mi permetto qualche aggiunta, derivante dalla mia vacanza in agosto 2012 sull’isola principale di Sao Miguel.

    Innanzitutto confermo che (allora, ma immagino pure oggi) i pasti anche nei ristoranti buoni sono economici.

    Il pesce è in generale molto buono, ad eccezione dei molluschi tipici locali (di cui non ricordo il nome) che sono in generale troppo duri e gommosi.

    Non ho visto menzionato il Cozido!
    Tipico di Furnas, uno stracotto (un poco simile alla Cassoeula) cotto nella roccia vulcanica è strepitoso, almeno per me.
    Verdure e carne con il sapore del vapore termale… ancora mi viene l’acquolina!

    E come dolce non si può non menzionare il Bolo de Maracujá, overo una torta di latte condensato e maracuja, diffusa anche nel Portogallo.

    Gli ananas locali sono molto buoni, anche se non strepitosi, grazie al fatto che in genere si riescono a mangiare quando sono maturi. Mentre in Italia arrivano “cose” acerbe che si lasciano maturare ma con minore acquisizione di sapore.

    Infine una curiosità: nei ristoranti la gente locale è piuttosto tranquilla. Quando senti schiamazzi sono in genere italiani o spagnoli. Il turismo è molto importante per le Azzorre, ma anche nelle stagioni migliori non è così frequente incontrarne altri!

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