16 Giugno 2010

Scampoli di storia: Antonio Freno, un fatto di sangue nella Trieste del 1904

Rubrica a cura di Paolo Geri

La fotografia più antica dovrebbe raffigurare il luogo dell’omicidio – indicato dalla croce – avvenuto in via Crosada o il luogo del ritrovamento del cadavere del poliziotto in via punta del Forno, in Cavana (Città Vecchia). Il fatto di sangue è citato nell’“Ulisse” di James Joyce. Antonio Freno, nato a Trieste il 4 dicembre 1876 da Rocco, un “musicante” di sangue meridionale e da Maria Mladinovich, uccise per motivi sempre rimasti sconosciuti la sera del 24 settembre 1904 una “guardia de pattuglia”. Fu dapprima condannato a morte, poi, graziato, all’ergastolo. Passò lunghi anni in carcere, a Capodistria e a Marburgo (Maribor) . Nel 1922 la condanna all’ ergastolo gli fu commutata in 30 anni di carcere e successivamente, nel 1924, in 22. Messo il libertà nel 1926, visse in miseria a Trieste sino al 1936, anno in cui morì. L’ omicidio della “guardia” e il processo che ne seguì non solo occupò per mesi le pagine del quotidiano locale “Il Piccolo” che fece di Antonio Freno un autentico “personaggio”, ma rimase tanto impresso fra i triestini che diede luogo ad una nota canzone popolare dedicata al fatto di sangue, canzone che a me risulta di autore anonimo e il cui testo riporto alla fine. Ma vediamo come “Il Piccolo” dei tempi narra quanto accaduto. “Iersera in via di Crosada avvenne un grave fatto di sangue: una guardia di pubblica sicurezza, Giacomo Nagode, fu ucciso a colpi di coltello. Ecco il fatto: Verso le 11 e mezzo, l’operaio Rodolfo Oblach, passando per la via di Crosada, s’ imbatte nel Nagode, suo buon conoscente, il quale pattugliava insieme al suo collega Desiderio Botus. L’Oblach offerse al Nagode un bicchiere di birra, invitando perciò ad entrare nell’osteria “Agli Americani”. La guardia però, essendo di servizio, non potè accettare l’offerta e, salutando il compiacente amico, si allontanò insieme al collega. L’ Oblach entrò nell’osteria accennata, sedette ed ordinò un bicchiere di birra. Quando stava per portarlo alle labbra, nell’ osteria entrò un giovanotto che esclamò: “Qui fuori hanno ucciso una guardia!”. L’Oblach corse subito col pensiero al suo amico Nagode e, deposto il bicchiere sul tavolo, uscì di corsa. Giunto che fu dinnanzi la casa n° 4 di via di Crosada, e precisamente dinanzi all’entrata dell’osteria “Al pozzo d’oro”, vide una guardia distesa a terra in una pozza di sangue. Chinatosi, riconobbe il Nagode. In quel momento si avvicinarono altri tre operai, Antonio Ippaviz, Giovanno ZontaK e Giusto Petelin, e col loro aiuto l’Oblach s’accinse a sollevare il ferito, che non dava segno di vita, per trasportarlo all’ambulatorio dell'”Igea”. Nello stesso tempo giunse sul luogo il dott. Monti dell’ Igea, il quale, di ritorno dall’essere stato ad assistere una signora abitante in via dell’ Asilo, avendo notato l’ assembramento, aveva voluto vedere di che si trattasse. Il medico constatò subito che il Nagode era già morto, ma non di meno invitò i giovanotti presenti a trasportarlo nell’ambulatorio. L’ Oblach poi si recò a portare la notizia all’ispettore delle guardie del posto di via Tigor e poi ritornò sul luogo. L’ispettore Naidich mandò subito fuori tutte le guardie disponibili e poi avvertì telefonicamente la Direzione di Polizia ed il comando delle guardie di Pubblica Sicurezza. Fu pure avvertita la commissione agli istantanei e poco dopo si recò sul luogo il dottor Poliack con il suo cancelliere uditore giudiziario dott. Jerouschek. All’ambulatorio il dott. Monti visitò il morto e constatò che aveva una gravissima ferita alla testa, denudante l’osso, una al collo con recisione della carotide sinistra ed una alla regione sottoclavicolare corrispondente”. …..……. omissis …….”Un testimone dichiarò che mentre passava per la via di Crosada insieme a due amici, era stato avvicinato da un uomo sui 25 anni, a lui sconosciuto, vestito alla foggia dei facchini, il quale gli aveva detto: “Adesso go mazà una guardia. Iero con i mii amizi e cantavimo, ela ne gà dito de taser e mi ghe go dà. Go dà un colpo sula testa, uno al colo e uno al peto !” Detto ciò, il tizio si è allontanato frettolosamente”. ….. omissis ……”Furono interrogati i proprietari dell’osteria “Al pozzo d’oro”, alcuni avventori dell’esercizio e parecchie inquiline delle case di via di Crosada. Nessuno seppe indicare chi fosse stato a colpire il Nagode, ma da certi indizi i sospetti della Polizia si concentrarono su un noto individuo, sottoposto alla speciale sorveglianza, il quale, arrestato tempo fa dal Nagode, gli avrebbe detto; “Va là. moscardin, che se vedremo !” Esaminata la sciabola dell’ucciso, si constatò che era lorda di sangue e da ciò si arguì che la guardia si fosse difesa e che anche il suo feritore fosse stato ferito. Perciò si telefonò immediatamente all’Ospedale e alla Guardia Medica, ordinando di fermare tutti quelli che si fossero presentati per farsi medicare delle ferite e di avvertirne la Polizia. Però nessuno si presentò nè all’Ospedale nè alla Guardia medica. “Tutte le guardie disponibili si misero alla caccia dell’assassino che fu ritrovato la notte seguente nascosto in una casa di tolleranza dei paraggi.
(Fonte: “Il Piccolo” del 25 settembre 1904 – testo riportato da “A Trieste”- atrieste.org).

Ecco di seguito il testo della canzone popolare (nella versione raccolta da Noliani: trattandosi di canzone popolare possono esistere versioni leggermente differenti)

ANTONIO FRENO

Iera un sabo de sera
quando Antonio Freno,
vegnudo fora de un’osteria
de via Capiteli,
apena imbocà la via Crosada,
una guardia lo ga fermà.
– Lei Freno la vegni qua –
lu ghe xe andà vizin
e che ga dito cussì…
– La scusi siora guardia,
che mi no go fato gnente,
in mezo a tanta gente
la me fa vergognar. –
– Sta zito, o bel moscardin!
Te ciapo pel cupin
e te meto in preson! –
‘lor andai a casa
e presi il coltello
e feci il macello di quel traditor.

Un sabato de sera
le diese za sonade,
vignia comeso un fato
de grande serietà:
‘na guardia de patulia
de posto in Via Crosada,
vigniva asasinada
da un nostro zitadin.
Tuti lo conosemo:
se ciama Antonio Freno
e col coltelo in seno
girava la cità.
In punto a mezanote
la man insanguinada,
con l’anima turbada,
girava la cità.
Dopo comeso ‘l fato
a Isola el xe andado
e là i lo ga arestado
pasando in criminal.
Tuti lo conosemo,
se ciama Antonio Freno
e col coltelo in seno
girava la zità.

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10 commenti a Scampoli di storia: Antonio Freno, un fatto di sangue nella Trieste del 1904

  1. effebi ha detto:

    ma l’antonio freno “fu ritrovato la notte seguente nascosto in una casa di tolleranza dei paraggi” o fu arestato a Isola (come disi la canzon “a Isola el xe andado
    e là i lo ga arestado”)

  2. effebi ha detto:

    dal piccolo de quel periodo

    L’ARRESTO

    L’arresto del Freno avvenne la notte scorsa ad Isola. Ecco quanto ci scrive in proposito il nostro corrispondente isolano:

    La notizia dell’uccisione di una guardia di p.s. avvenuta a Trieste, appresa stamane dal “Piccolo”, indusse il comando delle nostre guardie comunali ad ordinare uno speciale servizio di vigilanza all’arrivo dei forestieri. Fu perciò che le guardie civiche Nicolò Degrassi e Francesco Degrassi vennero a sapere che presso l’affittaletti Domenica Bressan al n° 585, era arrivato un forestiero ferito. Le due guardie si portarono dalla Bressan e vi trovarono l’individuo, ferito. Gli dissero subito a bruciapelo: “Siete voi che avete assassinato una guardia di polizia, a Trieste!” L’individuo
    impallidì, ma poi finse di cadere dalle nuvole. Le guardie però insistettero sull’accusa dicendo che a Trieste già lo si indicava come l’autore del misfatto. Allora lo sciagurato cominciò a confondersi, ad ammettere di aver ferito, non ammazzato una guardia, e finì col confessar tutto.
    Disse poi di essere Antonio Freno, fu Rocco, bracciante, d’anni 28, e di essere padre di tre creature. Dichiarato in arresto, fu perquisito e gli si
    rinvenne un coltello a serramanico ancor lordo di sangue. Dichiarò che con quello aveva colpito la guardia. Fu subito telegrafato dell’arresto fatto,
    alla polizia di Trieste.

    ——————

  3. Bibliotopa ha detto:

    trovate qua la sequenza: http://www.atrieste.eu/Forum3/viewtopic.php?f=65&t=4070&hilit=antonio+freno l’avea riportata una forumista che l’aveva copiata da un testo in suo possesso. Geri l’ha presa da quel topic.

  4. Fiora ha detto:

    @3 interessante la ricerca, Bibliotopa! dal puntuale resoconto e dalla nota canzone popolare,che ha consegnato l’antieroe Antonio Freno all’immortalità, si evince che fatti di sangue così truculenti non erano all’ordine del giorno a differenza di oggi, in cui non passa giorno al punto che ci stiamo quasi mitridatizzando 🙁

  5. Sandi Stark ha detto:

    Manca el finale:

    adio amici cari
    adio conoscenti
    in mezo a sti tormenti
    me toca de morir

  6. Sandi Stark ha detto:

    Interessanti i cognomi dei protagonisti:

    Freno
    Oblach
    Botus
    Nagode
    Ipaviz
    Zontak
    Petelin
    dr. Monti
    Naidich
    dr. Poliack
    dr. Jeorovscek

    Adesso i discendenti se ciamerà:

    Freno
    Oblati
    Botta
    Naccari
    Ippoliti
    Zonta
    Gallo
    Monti
    Nadalin
    Polla
    Gerbini

  7. effebi ha detto:

    i degrassi da isola xe sparidi… nisun li ga nianche modificadi…. sparidi proprio…

  8. Giulia ha detto:

    Anche mi go fato oservazion de i cognomi: go pensà a Salvemini che scrivi che ne la nova provincia de Trieste xe el 27% de no taliani. La storia cambia la gente gira. Chi va e chi vien. Mi son via de Trieste de 50 ani e so che no tornerò più. La storia de Antonio Freno me la contava mia nona ma pensavo che i lo gavessi impicà.

  9. Arvio ha detto:

    Molto interessante e piacevole.

  10. Eufemia Giuliana ha detto:

    Sta storia dei cognomi la ga stufado. Tuta l’Istria e anca la Dalmazia e Fiume xè piena de cognomi italiani scritti con la grafia slava o intieramente canbiadi. Soto el fassismo almeno bisognava far domanda e non iera automatico come adeso che pochi dei rimasti sa leger e scriver in italian. Però el dialeto ancora tanti lo parla e xè propio un miracolo.

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