26 Maggio 2010

«Sono i poteri forti a decidere quando e come parlare dell’Alta velocità». Do’ ciacole sula Tav (e non solo) con Dario Predonzan

Dario Predonzan è il responsabile energia e trasporti del WWF Friuli Venezia Giulia. Oltre a occuparsi di ambiente, dirige da un anno il mensile gratuito Konrad.

Come mai in città non si parla di Tav da un po’ di tempo?

Semplicemente sono i poteri forti a decidere, quando e come parlarne, sulle testate locali. E spesso l’informazione offerta è volutamente inaccurata.

Ma a che punto dell’iter di approvazione siamo?

Innanzitutto è necessario distinguere fra i tre ‘lotti’ nei quali è stata suddivisa la tratta Venezia-Divaccia, ovvero la Venezia-Ronchi, la Ronchi-Trieste e la Trieste-Divaccia.

Per quanto riguarda la prima, non è stato raggiunto ancora l’accordo tra Regione Veneto e Regione Friuli Venezia Giulia, di conseguenza il progetto non esiste. I veneti propongono una soluzione ‘meridionale’ con il passaggio della ferrovia vicino alle località balneari, mentre la soluzione propugnata dalla nostra Regione è quella di costeggiare l’A4. I costi comunque sono stati valutati intorno ai 4,2 miliardi di euro. Ma è una stima del 2006, quindi quasi sicuramente è sottodimensionata.

Per il tratto Ronchi-Trieste nel 2003 era stata iniziata la procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) sul progetto preliminare, ma a fine 2005 quando la fase di valutazione era ancora in corso, il progetto è stato insabbiato perché giudicato inacettabile sia dal Ministero dei Beni Culturali sia dalla Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente. Il progetto prevedeva il superamento del Carso Triestino in tripla galleria (lunga circa 28 km) al livello del mare, con una diramazione per la futura stazione centrale di Trieste, sotto Roiano.

Infine, la tratta Trieste-Divaccia…

E’ quella studiata più recentemente, e che ha sollevato le maggiori polemiche. Lo studio di fattibilità risale a fine 2008. A scatenare le proteste, non solo delle associazioni ambientaliste ma anche dei Comuni di Trieste e Dolina, è stato il previsto passaggio sotterraneo della Val Rosandra, zona di rilevante pregio ambientale. Inoltre ci si chiedeva dove sarebbero finiti tutti i materiali di scavo; volumi giganteschi il cui solo trasporto sarebbe stato un problema rilevante, figuriamoci lo smaltimento.

E’ notizia di pochi mesi fa che il tracciato sarà sostituito da un raccordo, da realizzarsi in zona Villa Opicina, che da qui raggiungerebbe Divaccia. Non è ancora chiaro, però, se sarà tutto in galleria o parzialmente allo scoperto.

Ma ha senso progettare passaggi così vicini alla città?

Ovviamente no. E anche la serie di curve che costituiva il tratto Trieste-Divaccia non permetteva velocità sufficienti. Non si poteva quindi neppure parlare di Tav sulla Trieste-Divaccia. Va detto, peraltro, che in giro per l’Italia le linee TAV, oltre a creare impatti ambientali notevoli, non risolvono affatto il problema del trasporto merci e vengono utilizzate solo da pochi treni passeggeri.

Dunque non è un semplice problema no-Tav, sì-Tav…

Il problema è strutturale. In Italia l’85%-90% delle merci viaggia su gomma e il ruolo del trasporto ferroviario è in costante calo. Ciò non è dovuto alla mancanza di infrastrutture. Un esempio pratico: in Friuli Venezia Giulia la linea Pontebbana (Udine-Tarvisio) è usata sì e no a ¼ della sua massima capacità. E intanto sulla A23 i tir stanno in coda.

Quindi? Perché il trasporto ferroviario non è utilizzato?

I problemi sono cinque: innanzitutto i privilegi e le sovvenzioni (dirette ed indirette) del trasporto su gomma, poi i costi eccessivi del trasporto su rotaia dovuti alle inefficienze strutturali del gruppo FS, le normative penalizzanti, la mancanza di capacità organizzative, e infine – ma per ultimo – l’obsolescenza di alcune linee ferrate.

Tanto per rendere l’idea della mancanza di organizzazione nella gestione delle ferrovie: ho conosciuto un imprenditore che aveva intenzione di movimentare le sue merci (rottame di ferro) da San Giorgio di Nogaro ad Osoppo. Visto che una linea ferroviaria collega direttamente le due zone industriali, decise di scegliere il trasporto su ferro. Solo che le sue merci, nei primi viaggi, ci misero tre giorni ad arrivare a destinazione. Tre giorni per fare una cinquantina di chilometri! Ovviamente finì per ripiegare sui camion.

In cosa consistono i privilegi degli autotrasportatori?

Principalmente in sconti sul carburante e pedaggi autostradali irrisori. La categoria detiene anche un potere di ricatto non indifferente nei confronti del Governo: un loro sciopero bloccherebbe l’economia di un intero Paese. E così, a differenza dell’Austria e della Svizzera dove il trasporto su gomma è contingentato e si costringono i Tir a salire sui treni, noi dobbiamo sorbirci le code chilometriche sulla A4 e sulla A 23, senza contare il rilevante costo ambientale.

Tornando alla Tav, qual è il vostro rapporto con i partiti politici?

I nostri interlocutori non sono i partiti ma le istituzioni. L’Assessore regionale Riccardi, per esempio, alcune nostre obiezioni sulla Trieste-Divaccia, così come alcune proposte per lo sviluppo delle ferrovie in Fvg, pare averle accolte. Da altre istituzioni come il Comune di Trieste, Rete Ferroviaria Italiana e il Ministero delle Infrastrutture, invece, non abbiamo mai riscontrato un’apertura al dialogo.

(qui potete trovare lo studio alternativo del WWF per un sistema dei trasporti friulano e giuliano sostenibile)

Oltreconfine la Tav com’è vista?

La Slovenia nella sua Pianificazione dei Trasporti non prevede la Tav, bensì linee ferroviarie ammodernate con una velocità massima di 160 km/h, circa la metà della velocità Tav. E’ un progetto logico a differenza di quello italiano: la Tav può avere senso, infatti, se collega grandi città come la Parigi-Lione in Francia. Rispetto alle merci, inoltre, la Tav non risolve nulla, nemmeno in Francia.

In Italia c’è anche un certo ostruzionismo nei confronti delle ferrovie slovene. Anni fa le Slovenske železnice avevano predisposto un collegamento con un Pendolino sulla tratta Lubiana-Villa Opicina-Venezia. Prima dell’entrata della Slovenia nell’Ue il treno perdeva 40 minuti di tempo per il controllo dei documenti al valico. Dopo l’allargamento di Schengen Trenitalia obbligava il treno a fermarsi a Villa Opicina per cambiare il personale viaggiante e la locomotiva: un’inutile perdita di tempo, spiegabile solo come tentativo di rendere meno concorrenziale questo collegamento.

Insomma, pare che la concorrenza non faccia piacere a Trenitalia…

Eppure di concorrenza ce ne vorrebbe: i treni Trieste-Roma e Trieste-Milano sono più lenti di trenta-quaranta anni fa… Per decenni le Ferrovie dello Stato sono state gestite come un gigantesco carrozzone clientelare. Non è un caso che lo stesso ad di Trenitalia, Moretti, sia un ex sindacalista Cigl. E comunque, dopo le dichiarazioni scandalose di questo inverno, se ne sarebbe dovuto andare.

Siamo alla conclusione di questa lunga e piacevole chiacchierata. E concludiamola in bellezza, parlando di crisi. Una crisi che non è solo economica e finanziaria, ma anche ambientale. Non sarebbe ora di cambiare il nostro modello di sviluppo?

Il nostro sistema di sviluppo, basato sulla crescita esponenziale, genera delle irrazionalità strutturali, e mi spiego. Sempre per rimanere nell’ambito dei trasporti, in Sicilia mi può capitare di bere acqua minerale imbottigliata sulle Dolomiti, o negli Usa bottiglie provenienti dalla Francia. Anche l’agricoltura biologica non sfugge alle regole del mercato: capperi pugliesi possono essere confezionati in Germania per poi essere reimmessi nel mercato italiano. Per non parlare delle industrie che delocalizzano per seguire il minore costo del lavoro. Questo sistema di produzione ha un costo ambientale elevatissimo.

E come si può cambiare questo sistema?

Un nuovo modello di sviluppo ovviamente è inviso a chi detiene il potere. Ma possiamo far valere i nostri diritti di consumatori, per esempio acquistando solo merci ‘chilometri 0’, ovvero prodotte vicino al luogo dove abitiamo. In questo modo possiamo incidere sul mercato.

Senza dimenticare che un elemento fondamentale della democrazia è il controllo dei propri rappresentanti. E in questo le associazioni dovrebbero svolgere – e svolgono – un ruolo fondamentale.

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72 commenti a «Sono i poteri forti a decidere quando e come parlare dell’Alta velocità». Do’ ciacole sula Tav (e non solo) con Dario Predonzan

  1. Luigi (veneziano) ha detto:

    Predonzani saprà anche il fatto suo, ma dovrebbe informarsi meglio sulle proposte venete relativamente al tracciato.

    In primis, è da dire che in Veneto le forze politiche non si sono ancora accordate sul tracciato che va dall’aeroporto Marco Polo fino al confine con la regione FVG. Alcuni (Chisso fra questi) propongono la cosiddetta “linea litoranea”), che passa alle spalle di Jesolo, Eraclea e Caorle. Altri – l’ex presidente della provincia di Venezia Zoggia fra questi, assieme ad esponenti anche del PDL – invece propugnano il tracciato parallelo alla A4.

    E’ da notare che anche il primo tracciato poi da Caorle devierebbe verso l’interno, raggiungendo Portogruaro.

    Ciò premesso, nessun veneto s’è mai permesso di dire ai friulani come dev’esser fatto il tracciato nel territorio della loro regione.

    La realtà è che al di là dei contrasti sul percorso della TAV in territorio veneto, ce ne sono anche in territorio friulano.

    E’ da notare che le associazioni quale Legambiente si oppongono strenuamente a QUALSIASI percorso della TAV, affermando che il nordest non ne ha bisogno.

    In pratica, a dare ascolto a Legambiente questa rimarrebbe l’unica zona sviluppata dell’intera Europa a non avere una linea ad alta velocità passante sul proprio territorio.

    La proposta poi di “un nuovo modello di sviluppo” con consumi “a chilometri zero” è sicuramente interessante, ma a mio modo di vedere totalmente inapplicabile in contesti di economia sviluppata quali quelli tipici dell’occidente.

    Non so se avete idea che questa cosa una volta si chiamava “autarchia”, e immaginate di tornare adesso a bere il caffé di cicoria, come nel 1940…

    L.

  2. Dario Predonzan ha detto:

    Consiglierei a Luigi (cognomi mai, vero? ma di cosa avrà paura, poi? boh) di leggersi con calma – sono sicuro che non avrà difficoltà a capirlo – lo studio di Andrea Debernardi sullo sviluppo delle ferrovie in Friuli Venezia Giulia, che si trova nel sito del WWF FVG (www.wwf.it/friuliveneziagiulia nella sezione “documenti”).
    Capirà così che il problema non è certo – secondo noi – se i veneti possano o debbano dire ai friulani, o i friulani ai veneti, dove far passare la TAV. Il problema è appunto un “nuovo modello di trasporto” (e anche di sviluppo, perchè no?), più razionale sostenibile di quello attuale.
    Cioè con più ferrovie e meno TIR e auto.
    Non è quindi solo Legambiente a dire che la TAV, in Italia, è una fesseria. Siamo anche noi del WWF. Del resto, basta guardarsi i dai Eurostat, per capire che anche chi prima e più di noi ha sviluppato linee TAV (Francia e Spagna soprattutto), continua a far viaggiare la stragrande maggioranza delle merci e dei passeggeri (e sì che i TGV francesi e l’Alta Velocidad spagnola sono pensate esclusivamente per i treni pesseggeri!) su gomma. Come l’Italia.
    Così come, dopo essersi riempiti di centrali nucleari, i francesi finiscono per importare più petrolio di noi…
    Dopo di che, se lui pensa che proporre consumi “a chilometri zero” equivalga a tornare all’autarchia degli anni ’40, faccia pure. Ma prima, per favore, spieghi come i “contesti di economia sviluppata tipici dell’occidente”, cioè la continuazione di questo modello di sviluppo – e di trasporto – possa reggere di fronte ad una crisi ambentale globale sempre più drammatica (gli dice niente quello che sta succedendo nel Golfo del Messico?).

  3. Dario Predonzan ha detto:

    Una piccola correzione nel post iniziale: non sono “responsabile del WWF Trieste”, ma responsabile energia e trasporti del WWF Friuli Venezia Giulia.

  4. Luigi (veneziano) ha detto:

    Io leggo all’interno dell’intervista le seguenti espressioni, a te attribuite:

    “I veneti propongono una soluzione ‘meridionale’ con il passaggio della ferrovia vicino alle località balneari, mentre la soluzione propugnata dalla nostra Regione è quella di costeggiare l’A4”.

    Questo ho letto, e questo continuo a dire che non è vero.

    Il “nuovo modello di trasporto” in pratica dice che bisogna utilizzare più ferrovie e meno gomma.

    Benissimo: nessun problema ad essere d’accordo.

    Gli è però che la TAV è una ferrovia, e che – ribadisco ancora una volta – tutte le regioni sviluppate d’europa e pure quelle meno sviluppate hanno ritenuto di dotarsi di TAV, all’interno di un mastodontico piano di interconnessione delle varie aree geografiche del nostro continente. Questo incontrovertibile fatto trova qui da noi delle legittimissime prese di posizione totalmente contrarie. Io ovviamente apprezzo tutto ciò che porta discussione ed approfondimento, ma mi domando come sia possibile pensare ad un sistema alternativo che ruoti attorno al “chilometro zero”, che dia da mangiare tutti i giorni ai sei/sette milioni di persone che abitano il Veneto e il FVG.

    Proviamo a soffermarci un secondo sugli oggetti che ci circondano. Io sto usando un computer fabbricato in Cina, la camicia che indosso è invece fabbricata a Napoli, siedo s’una sedia fatta in Finlandia e sto bevendo un succo di arance siciliane imbottigliato in provincia di Parma, mentre un quarto d’ora fa ho mangiato un amaretto morbito fatto in provincia di Cuneo. Per fare la bottiglia di plastica del succo di arance, è stato utilizzato un derivato dal petrolio probabilmente pompato da un paese arabo.

    Ebbene: se vogliamo applicare rigidamente e in modo significativo il criterio del “chilometro zero”, non so cosa di tutto ciò potrebbe essere qui con me. Credo nulla. Perché se “chilometro zero” significa semplicemente andare dal contadino per il latte, la carne e le verdure, la cosa non modifica d’un millimetro il problema generale che tu denunci.

    Detta brutalmente: non esiste un “chilometro zero” che regga, e che possa anche lontanamente essere socialmente accettato. Anche perché milioni e milioni di persone qui in Italia lavorano grazie al fatto che non esiste il “chilometro zero”.

    La mia è una semplice constatazione di tipo socio-economico, che se vogliamo contiene in sé una visione pessimistica dell’animo umano, poco o per nulla propenso ad accettare una diminuzione radicale (o semplicemente un mutamento radicale) del proprio regime di vita.

    Ciò premesso, io credo e spero che sia la tecnologia a trovare una soluzione. L’idrogeno, il solare, il vento, vattelapesca: una fonte energetica pulita che faccia girare il mondo riducendo brutalmente le emissioni nocive.

    Il che semplicemente non risolverà la questione del “modello di sviluppo” basato sull’economia di mercato, e che allo stato attuale a me pare il modello che funzioni meno peggio di altri – che pure sono stati tentati.

    Almeno allontaneremo per un po’ il giorno in cui la razza umana sparirà dalla faccia della terra.

    Perché prima o poi anche la razza umana finirà.

    Per lo meno qui sulla terra.

    Luigi (veneziano)

  5. alpino ha detto:

    quoto Luigi, la carta si lascia scrivere e le tastiere digitare, bene o male tutti hanno in bocca le espressioni kilometro zero, incentivare il trasporto su rotaia energie alternative ecc ecc anche Ennio Doris nella sua nuova pubblicità 🙂 ma alla fine sono proprio DO’ ciacole..perchè? bhe basta un’analisi della disposizione delle nostre aziende nel nord est sparse ovunque in distretti interamente immersi nelle campagne e così via…se vai in una zona zona industriale noti quartieri fatti capannoni con via vai di camion..come riesci a gestire il rifornimento e partenza merci dei prodotti finiti, semilavorati da un’azienda verso l’esterno? spesso la stazione più vicina è lontana e anche se c’è non è un punto internodale per carico e scarico..quindi devi andare presso interporti attrezzati, padova est il più grande del Nord Est poi cervignano ecc ecc tra pd est e cervignano corrono circa quanti…100km? ma se io da Borogoricco (PD) grande zona industriale mando i miei semi lavorati anche solo verso le aziende del pordenonese che giro devo fare? oltre alle parole non ci sono progetti di piattaforme logistiche sarebbero altresì complicatissime..
    Non abbiamo un tessuto aziendale basato unicamente sulla distribuzione delle stesse attorno a grandi agglomerati, ma sono sparsi un po’ ovunque e quasi con accesso abbastanza facilitato all’A4..se io preparo un tir con diversi prodotti con diverse destinazioni organizzate dalla più a nord alla più meridonale come posso effettuare le consegne con un treno? forse e dico forse si dovrebbe parlare di più con spedizionieri magazzienieri ingegneri gestionali insomma gente che lavora di logistica prima di parlare e riparlare di trasporto su ferro…che comporta tempi eterni.
    E’ facile prendere ad esempio la Svizzera e L’austria e tante grazie paesi più diversi da noi no?? estensione, geografia del territorio, diffusione industriale e mille altre variabile, solo la Lombardia da sola mangia quasi in testa all’Austria la prossima volta facciamo il paragone con il principato di Monaco..

  6. ciccio beppe ha detto:

    Bisognerà pur dare da mangiare alla mafia ogni tanto.

  7. marisa ha detto:

    L’opposizione alle linee ferroviarie ad alta velocità è a livello europeo e esiste anche un cordinamento europeo dei Comitati.

    I “corridoi europei” non sono sinonimo di TAV come in Italia si vuol far credere, ma sono solo dei corridoi dove le infrastrutture viarie vengono riviste e migliorate. Questo significa che si può ristrutturare l’esistente senza fare “grandi opere = grandi affari”.

    http://www.notav-valsangone.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=432:delegazione-no-tav-a-strasburgo&catid=19:appuntamenti&Itemid=29

    Per quanto ne so io, nella regione Veneto, la piccolissima industria ha ormai “mangiato” gran parte del terreno agricolo, tanto è vero che ora questa regione ha grossi problemi per il rilancio dell’agricoltura proprio perchè….non c’è quasi più terreno agricolo disponibile!

    E sempre più, ad esempio in agricoltura, si cerca di realizzare “acquisti a chilometri 0” per abbattere costi e dare un reddito all’agricoltore. Ovvio che questo non è possibile in tutti i settori merceologici, ma in agricoltura sicuramente si.

    Detto questo, ricordo che ai tempi in cui frequentavo all’Università il corso di “economia dei traporti”, il docente già allora ci diceva: “in Italia i trasporti ferroviari sono stati distrutti perchè a livello politico è stato scelto di far decollare l’industria automobilistica”.

  8. Dario Predonzan ha detto:

    E quindi ci rassegnamo ad una gestione del territorio “governata” (si fa per dire) dall’ideologia dello sprawl sistematico? Quello che ha assassinato il territorio del Veneto – e di buona parte del Nord Italia – paesaggio compreso?
    Siccome sindaci e presidenti di Regione (grazie Galan, ma anche i predecessori DC) hanno fatto proliferare capannoni e fabbrichette dappertutto nella campagne, continuiamo così?
    Gli diamo anche il premio con il “piano casa”, come in FVG dove la legge regionale ammette incrementi volumetrici perfino per gli edifici artigianali e industriali?
    Certo è più comodo: non ci si mette in conflitto con nessun interesse costituito e organizzato.
    Tranne quello alla vivibilità dell’ambiente e alla sostenibilità a lungo termine degli ecosistemi, ma tanto chi se ne importa (mica si possono misurare in Euro)? Sono ubbìe di quei quattro ambientalisti esaltati.
    Poi è chiaro che i “chilometri zero” da soli non risolvono: infatti occorrono altri interventi, organizzativi, normativi e anche infrastrutturali (ma non la TAV, ribadisco, bastano miglioramenti mirati sui “colli di bottiglia” e su alcune tratte ferroviarie, oltre alla creazione di infrastrutture intermodali, ecc.).
    Certo, si può ripetere all’infinito – per consolarsi – lo slogan che “tutta l’Europa sta facendo linee TAV”, salvo dimenticare di andare a vedere i dati su quali effetti questo produce
    I dati Eurostat che citavo mi pare dimostrino che l’investimento nella TAV non modifica affatto la ripartizione modale tra gomma e ferro: e allora di cosa stiamo parlando?
    Certo, non sono queste materie che si possano sviluppare adeguatamente in un blog. Tanto meno con chi non ha neppure il coraggio di dire chi è:-))))

    P.S.: ribadisco che il progetto TAV a Nord Est è incagliato (e io ne sono felice) anche, forse non solo, per la diversità di opinioni – tradotta in delibere di Giunta regionale – tra Veneto e FVG. E’ emerso ampiamente anche dalle dichiarazioni ai media dei politici di entrambe le Regioni. Il Governo, stando così le cose, non prende nessuna decisione (viviamo in tempi di “federalismo”, com’è noto) ed i tecnici di RFI attendono direttive dall’alto, che come sempre seguiranno pedissequamente.
    Di una seria pianificazione, che forzatamente dovrà essere nazionale e non “federalista”,del sistema dei trasporti, non si parla neppure, ovviamente.

  9. ciccio beppe ha detto:

    Il terreno agricolo se lo stanno mangiando anche le amministrazioni di sinistra. Il discorso è trasversale.
    La cosa triste è che questi non sanno che per ogni metro quadro di campo che ti mangi a favore dell’edilizia o dell’industria devi recuperarlo da qualche altra parte.
    E dove lo recuperi se non in importazioni dall’estero degli stessi beni primari?

  10. alpino ha detto:

    non dico che dobbiamo lasciar fare dico che dobbiamo guardare alla realtà e non sognare, ora questa è la geografia industriale del Nord est tra l’altro molto delicata attualmente, fatta questa considerazione chi promuove e vuole incentivare il trasporto ferrato presenti porgetti concreti fatti di strade svincoli punti internodali cose concrete che tutti imprenditori compresi toccano con mano, i proclami hanno fatto da mò il loro tempo, abbiamo fatto la muffa a suon di sentire gente ripetere !incentiviamo il trasporto su rotaia e poi sparire” magari montando in auto..
    Tutto è lecito tutto si può fare è il tempo della concretezza non delle do’ ciacole

  11. Riccardo Laterza ha detto:

    “Il terreno agricolo se lo stanno mangiando anche le amministrazioni di sinistra”.

    Appunto per quello (e per molti altri motivi) molti stentano a definirla sinistra…

  12. claudio urban ha detto:

    IO SONO DI VERONA , LA MIA CASA VERRA’ ABBATTUTA SECONDO IL PROGETTO PRELIMINARE APPROVATO NEL 2006.LA CSA ORA NON SI PUO’ VENDERE E QUESTO CI COSTA . VORREMMO CHE QUALCUNO DECIDA . SE PASSERA’ L’ALTA VELOCITA’ DI FARLA PASSARE IN FRETTA E PROCEDERE AGLI ESPROPRI, CONTRARIAMENTE DIRE CHIARAMENTE CHE NON SI FARA’

  13. marisa ha detto:

    A proposito di “terreno agricolo”, per TERNA pare non avere alcun valore e infatti propaganda che l’elettrodotto AEREO passerà sopra la “campagna”, lontano dai centri abitati, e dunque è tutto O.K. La “campagna”? Non ha alcun valore!

    Peccato che sotto un elettrodotto aereo e vicinanze, per legge non si possa lavorare per più di 4 ore al giorno…..

  14. ciccio beppe ha detto:

    Quindi quelli dell’Enel quando tornano a casa inseriscono indice e medio nella spina e immettono energia in rete?

  15. marisa ha detto:

    Perchè i dipendenti dell’Enel hanno gli uffici sotto i fili ad alta tensione? Non mi risulta…..

  16. marisa ha detto:

    …e gli addetti dell’Enel alla riparazione delle linee….lo fanno, ovviamente, con la corrente elettrica staccata!
    E anche nel caso di un guasto in una cabina, intervengono a corrente staccata…ovviamente!

  17. ciccio beppe ha detto:

    No quelli come questo tipo

    http://www.youtube.com/watch?v=-s8x2efUY5c

  18. marisa ha detto:

    Comunque Terna pare avere contenziosi un po’ ovunque dove vuole imporre elettrodotti aerei. Provate a cercare in internet. Qui sotto un piccolo esempio: una azienda vitivinicola a cui costruiranno un bel pilone nel mezzo dell’azienda….

    http://www.coratolive.it/news/news.aspx?idnews=9311

  19. ciccio beppe ha detto:

    Fatto sta che qui si parla di TAV/TAC.
    Opera a cui sono contrario.

  20. marisa ha detto:

    E’ vero, qui si parla di TAV….ma il problema sono le GRANDI OPERE = GRANDI AFFARI.

    TAV, Elettrodotti, autostrade dove non servono, ecc. …il discorso non cambia!

    Che tu parli di TAV o di elettrodotti, o rigassificatori, ti trovi sembra davanti alla omertà dei politici che impongono e sposano gli interessi di pochi…

  21. Luigi (veneziano) ha detto:

    Io capisco tutto, ma non amo che si parli in maniera ideologica.

    Dice: il paesaggio veneto è stato devastato, e non esiste la possibilità di rilanciare l’agricoltura perché non esiste più terreno agricolo.

    Chi pensa questa cosa a me fa sinceramente paura. Perché oramai – volenti o nolenti – non esiste nessun paese industriale che possa pensare di puntare sull’agricoltura per qualsiasi idea di sviluppo.

    L’agricoltura in Europa è un settore che nel complesso mangia più risorse di quante ne produce, dà da lavorare a pochissime persone e non risulta appetibile per i giovani. Quindi – concretamente – di che cosa stiamo parlando?

    Faccio un esempio che conosco abbastanza bene: la piccola cittadina di Casale sul Sile vent’anni fa era un borgo agricolo della bassa trevigiana. Progresso economico praticamente pari a zero, e sempre meno persone impiegate. Da quando il territorio comunale ha avuto la ventura d’essere all’incontro delle due direttrici autostradali VE-TS e VE-BL, al posto del terreno agricolo è stata costruita una zona industriale/logistica. La popolazione di Casale sul Sile è raddoppiata e la gente ha aumentato enormemente il proprio reddito. Questo è capitato – ripeto – in meno di vent’anni. Se avessimo puntato sull’agricoltura, dove sarebbe andata a parare questa località? Perché non stiamo parlando delle crete senesi, che nessuno deve pensare di trasformare in zona industriale visto che possono tranquillamente prosperare col turismo, coll’olio DOC venduto a 15 Euro al litro e col vino venduto a 50 Euro al litro. Stiamo parlando di una località che se dovesse vivere delle stesse cose farebbe la fame. Qual è il modello si sviluppo alternativo che si propone? Tornare alla pellagra degli anni ’50? Perché – cari signori – la mia regione sessant’anni fa viveva in buona parte d’agricoltura, aveva le pezze al sedere e la gente emigrava in giro per il mondo. Io ho parenti nelle Americhe, in Europa e in Australia, andati via al tempo in cui le industrie non esistevano, e lavorando sui campi si faceva letteralmente la fame. Si pensa di convertire un paio di milioni di lavoratori dell’industria e del terziario in lavoratori agricoli?

    Sarà anche da aggiungere che la più povera provincia dell’intera regione Veneto – nonché una delle province più povere del nord Italia – è quella di Rovigo: esattamente la provincia che in percentuale vive più delle altre sull’agricoltura. Adesso si pensa di rivitalizzarla inserendola nel circuito della logistica del porto di Venezia e porti limitrofi, visto che lungo la provincia di Rovigo passa il Po, unica via d’acqua interna italiana. L’idea è quella di sviluppare un sistema logistico/portuale che da Venezia arrivi fino a Mantova. Esattamente l’opposto di ciò che è il “chilometro zero”.

    Capisco perfettamente uno come Carlo, che a causa della follia di parlare di TAV e poi stare lì senza decidere quando farla non riesce più a vendere casa sua.

    Non si vuole fare più la TAV? Benissimo: ci si presenti alle elezioni con un movimento che coordini l’opinione pubblica in questo senso. Se la maggioranza darà la fiducia a questa scelta, la TAV non si farà. In alternativa, la si faccia senza ulteriore indugio.

    Aggiungo che chi afferma che la TAV non c’entra o c’entra poco con i corridoi europei, non ha proprio l’idea di cosa si sta parlando.

    E concludo ricordando che il benedettissimo corridoio 5 che dovrebbe passare nel nordest non è l’unica via attraverso la quale possono passare le merci. Se un produttore lombardo o veneto (a proposito: la Lombardia ha un PIL – dati 2008 – di 326 miliardi di Euro, mentre l’Austria nello stesso anno aveva un PIL di 281 miliardi: la Lombardia già da tempo mangia in testa all’Austria!) non trova conveniente spedire le proprie merci per Trieste/Lubiana, sceglierà il Brennero, e quindi per TS non passerà un fico secco.

    Ripeto: se questo è ciò che si vuole, si decida in fretta e si illustrino i piani alternativi per lo sviluppo dell’area.

    Luigi (veneziano)

  22. ciccio beppe ha detto:

    Si emigrava anche dal Friuli Venezia Giulia e prima del terremoto se ti facevi un giro per la Carnia e il Gemonese avresti visto scenari non troppo diversi dal mezzogiorno.

    Parliamo di capannoni? Bene. 1 ettaro di capannoni chiusi non produce niente. 1 ettaro di “grano duro italiano” sarà pur sempre meglio.
    Cosa abbiamo adesso? I capannoni chiusi e neanche un piatto di “grano duro italiano” da vendere ai prossimi nuovi ricchi. Gli abbiamo in compenso regalato le fabbriche e il know how che nel corso degli anni abbiamo acquisito. Adesso i cinesi fanno i motorini italiani e ce li vendono arrivando qui con una nave. Non con la TAV.

    Tanto per non uscire troppo dal seminato. Conosci la blave di Morteàn? Ecco cos’è secondo me il colpo di genio di qualcuno che non ha svenduto il territorio per un capannone in più.
    L’aglio di Resia lo sai a quanto lo vendono a chilo?
    Lo sapevi che esiste una malavita specializzata nel furto di ulivi?
    In Alto Adige con le mele ci hanno creato un’industria. Con le mele!

    Se vuoi mangiare hamburger sintetici nati sull’asfalto di zone industriali dismesse in giro per il Veneto fallo pure.
    Io mi auguro solo che le amministrazioni pubbliche che decidono di intraprendere certe strade poi non abbiano a pentirsene.

  23. Riccardo Laterza ha detto:

    @21
    Un piano alternativo per lo sviluppo dell’area (seppur limitato al Friuli Venezia Giulia) è quello dell’ing. Debernardi, citato appunto nel mio articolo.

    Rilinko: http://www.wwf.it/UserFiles/File/AltriSitiWWF/Friuli%20Venezia%20Giulia/Rapporto%20Debernardi%20WWF-FVG.pdf

  24. marino ha detto:

    @ 4 Luigi VE
    “Io sto usando un computer fabbricato in Cina, la camicia che indosso è invece fabbricata a Napoli, siedo s’una sedia fatta in Finlandia e sto bevendo un succo di arance siciliane imbottigliato in provincia di Parma, mentre un quarto d’ora fa ho mangiato un amaretto morbito fatto in provincia di Cuneo. Per fare la bottiglia di plastica del succo di arance, è stato utilizzato un derivato dal petrolio probabilmente pompato da un paese arabo.
    Ebbene: se vogliamo applicare rigidamente e in modo significativo il criterio del “chilometro zero”, non so cosa di tutto ciò potrebbe essere qui con me. Credo nulla.”

    Non credo saresti a terra a torso nudo a scrivere sul pavimento con una scheggia di mattone che stai morendo di sete e di fame, ci sarebbe qualcos’altro, magari anche più piacevole.
    Il problema dei fondamentalisti dello sviluppo come te è che non riescono a vedere al di fuori di quello schema prefissato che, se ci ha portato un benessere più o meno effimero, ora non è più assolutamente sostenibile.
    Sostenere strenuamente questo sistema rifiutandosi di accettare una diminuzione del proprio regime di vita con la giustificazione pseudofilosofica del “tanto prima o poi anche la razza umana finirà”, non è un atteggiamento che condivido.
    Senza rivolgere lo sguardo troppo al futuro, quello che non ci riguarderà personalmente, anche un impulso egoistico, il solo desiderio di vivere meglio, mi farebbe preferire un mondo meno complesso, forse meno comodo (le comodità fondamentali le abbiamo acquisite da una cinquantina d’anni almeno, quello che è venuto dopo è in gran parte – anche se non tutto – superfluo) ma sicuramente più sereno. E, se non a chilometri zero, sicuramente con distanze ridotte ma tempi dilatati.

  25. Marisa ha detto:

    Il settore agricole è un formidabile presidio dell’ambiente. E soprattutto, elemento fondamentale nell’analisi economica dei costi/ricavi, non può essere delocalizzato come si fa con il settore industriale. Ogni euro investito nell’agricoltura rimane sicuramente e per sempre sul territorio, che viene oltetutto tutelato e salvaguardato.

  26. chinaski ha detto:

    luigi, senza nessun intento polemico e solo per pura curiosita’ intellettuale, ti faccio una domanda, a te che sei veneto. come mai, secondo te, il veneto per svilupparsi ha dovuto diventare uno dei posti piu’ brutti del mondo, mentre altre regioni europee, ugualmente ricche e sviluppate, sono rimaste luoghi piacevoli, in cui anche la gente comune, che non puo’ andare in vacanza in luoghi prestigiosi ed esotici, puo’ comunque godersi un minimo di bellezza?
    (vogliamo il pane, ma vogliamo anche le rose)

  27. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Forse non sai che da parecchi anni il Veneto è la regione italiana col maggior numero di turisti: oltre sessanta milioni di presenze in un anno, e cioè un numero superiore a quello di Croazia, Slovenia, Ungheria e Repubblica Ceca messe insieme.

    Pensare che questi turisti vadano a visitare uno dei “posti più brutti del mondo” mi pare una delle tipiche sciocchezze che si scrivono solo per il gusto di scriverle, senza la minima idea di cosa sia la mia regione.

    Dice: il settore agricolo è un formidabile presidio dell’ambiente. E’ vero. E’ proprio per questo che il settore agricolo in Italia – pur non producendo un Euro di utile complessivo da vent’anni a questa parte – viene mantenuto con i soldi di tutti: perché senza i contadini avremmo centinaia di migliaia di ettari lasciati allo stato naturale. E’ un costo sociale che volentieri paghiamo, ma tu dovresti parlare con qualche imprenditore agricolo di peso, facendoti spiegare qual è la resa di un ettaro di soia, quanto arriva dal mercato e quanto dalle tasche di tutti i contribuenti.

    Dice: l’Alto Adige prospera sulle mele. Vero: alcune zone della provincia prosperano sulle mele. Che però vengono vendute a migliaia di chilometri di distanza, essendo pari al 50% della produzione italiana e al 10% di quella europea. Se passasse l’ipotesi “chilometro zero”, sarebbe la fine di questo sogno, che comunque prospera anche grazie a miliardi di Euro di sovvenzioni pubbliche.

    @ marino
    Se tu riesci a convincermi che il mio regime di vita non si modificherà in peggio, allora considerami il tuo primo fan. Moltiplica poi questa mia considerazione per i milioni di italiani che devi convincere della bontà di questa scelta. Ricordo la bastonata che si prese Berlinguer quando propose l’idea dell’austerity.

    Come pensi di creare consenso di massa sull’idea di una diminuzione complessiva del regime di vita di tutti?

    Luigi (veneziano)

  28. chinaski ha detto:

    luigi
    i turisti visitano i centri storici delle citta’, a loro non gliene frega niente del resto.

    lo sai benissimo cos’e’ il turismo, dai, non prendiamoci in giro. (i turisti fanno cose molto strane, pensa che c’e’ gente che va a dallas per visitare il ranch dove era ambientata la famosa serie televisiva.)

    tutta la zona tra padova, treviso e venezia fa veramente schifo. il confronto tra la campagna veneta e la campagna tedesca, o francese, e’ impietoso.

    comunque come ho detto non ho voglia di fare polemica, e la pianto qui. ciau.

  29. ciccio beppe ha detto:

    Io non ho parlato di chilometri zero, in altri posto ho messo in dubbio che i famosi chilometri zero fossero meglio del commercio equo e solidale (prodotti a migliaia di chilometri da qui) ad esempio. Mi piace la frutta esotica e non intendo privarmene.
    Dico che un’economia basata sul capannone è legarsi una corda attorno al collo e sperare che nessuno dia un calcio allo sgabello. Adesso ci stiamo accorgendo che ci sono un sacco di paesi emergenti che ci girano attorno pensando di togliercelo da sotto ai piedi.
    Cosa vogliamo fare? Bucare montagne e valli pensando che ci tirerà fuori dai problemi?

  30. chinaski ha detto:

    aggiungo solo che progetti come quello di motorcity, di cui ha parlato la gabanelli a report, sono un esempio di pessima gestione del territorio. nella stessa puntata di report, un inviato aveva mostrato come si pianifica l’ espansione urbana in germania e in nord-europa. tutti i progetti tendono a ridurre al minimo il consumo di suolo. in italia invece si e’ sempre fatto l’esatto contrario, e la situazione e’ peggiorata ulteriormente con l’ abolizione dell’ ici. i comuni, per fare cassa, tendono a favorire il consumo di suolo, in modo da poter riscuotere gli oneri di urbanizzazione.

    http://www.edilportale.com/news/2010/02/normativa/oneri-urbanizzazione-pagamento-sempre-dovuto_17684_15.html

  31. chinaski ha detto:

    concludo dicendo che il contenimento del consumo di suolo e’ sempre stato un cavallo di battaglia di emma bonino, che non puo’ certo essere considerata una nemica dello sviluppo e della globalizzazione.

  32. Dario Predonzan ha detto:

    Aggiungerei che non c’è solo Motorcity, tra le porcate prossime venture in Veneto. C’è anche la mega-speculazione edilizia (decisa con un’operazione “bypartisan” tra Galan e Cacciari) tra Mestre e Tessera. L’anonimo veneziano dovrebbe pur saperne qualcosa…
    Segnalo, per gli interessati a questi argomenti, un ottimo sito pieno di informazioni, creato da uno dei massimi urbanisti italiani, cioè Edoardo Salzano (docente emerito dell’IUAV, quindi veneziano anche lui): http://www.eddyburg.it

  33. marino ha detto:

    @27 Luigi VE
    Io non riuscirò a convincerti, prova magari a sentire un altro tuo conterraneo (o perlomeno ha due cattedre a Venezia):
    http://www.decrescitafelice.it/?p=996

  34. Marisa ha detto:

    LUIGI, il settore agricolo non produce un euro da 20 anni? Guarda che il settore agricolo non è sinonimo di soia. E il vino? Mai sentito parlare di Chianti, Lambrusco, Piccolit, e….Prosecco? E mai sentito parlare di asparagi, tanto per restare in Friuli? E i prodotti agro-alimentari? I prosciutti li fanno con i bulloni o con le coscie di maiale?

    E già che ci sei, mi ragguagli sulla entità, ingentissima, di contributi pubblici di cui gode il settore industriale italiano?

  35. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Tu scrivi che io conosco il turismo della mia regione. E’ vero. Ed è talmente vero che posso tranquillamente dirti che proprio non hai l’idea di dove girino dalle mie parti, i turisti. Tu pensi che vadano in giro nei centri storici delle città venete, e invece essi ruotano attorno ai seguenti poli:

    a. Venezia
    b. Riviera (da Cavalino in poi, passando per Jesolo & Co.)
    c. Lago di Garda
    d. Dolomiti
    e. Altre città d’arte
    f. Terme

    Due terzi dei turisti non vengono a Venezia.

    @ ciccio beppe

    Follia pura.

    L’economia “legata al capannone” è la spina dorsale dell’economia italiana, e in particolare dell’economia veneta. Evidentemente non hai la minima idea delle cifre che girano. Mi basti dirti che la sola provincia di Vicenza esporta dai suoi capannoni in giro per il mondo più della Grecia, più del Portogallo, più dell’Ungheria. Proporre un’economia “alternativa al capannone” o credere che sic et simpliciter si possa puntare su qualcos’altro, significa dalle mie parti invitare la gente a mettersi la corda al collo, attaccarla ad un mattone e gettarsi dal ponte. Perché poi se cade l’economia del capannone, cade tutto il resto: banche, terziario, commercio e frattaglie varie.

    Bisogna assolutamente sostenere l’economia del capannone, che poi è l’economia che tiene in piedi – tanto per dirne una – la Germania intera. O si pensa che la Germania sia un paese terziarizzato totalmente, e che lì i capannoni non esistano?

    @ marisa
    Io non ho detto che alcuni settori dell’agricoltura non rendano. Ho detto che nel suo complesso l’agricoltura è un settore pesantissimamente sovvenzionato, e che nel complesso non produce utili, ma spesa pubblica. Noi paghiamo a migliaia e migliaia di agricoltori delle sovvenzioni pubbliche tali che per loro è sostanzialmente indifferente produrre o non produrre. Ciò che importa è quindi che questi gestiscano il territorio, ma se non esistessero le sovvenzioni pubbliche in ambito europeo l’agricoltura in Europa collasserebbe. Questa è una cosa che anche i sassi sanno.

    L’industria riceve anch’essa delle sovvenzioni pubbliche, ma è tuttora l’asse portante dell’economia del nostro continente, producendo la gran parte del PIL nazionale in tutti gli stati. Non è nemmeno paragonabile come ordine di grandezza il PIL prodotto dal settore agroforestale rispetto al settore industriale. Ma non solo: non sono nemmeno paragonabili le forze lavoro impiegate nei due settori. Anche questo è risaputo pure dai sassi, e mi sorprendo alquanto che tu ti metta a discutere in merito.

    Sia chiaro in conclusione: io non sono assolutamente per lo sfruttamento selvaggio dei suoli: sono invece assolutamente ocntro questa sorta di “pauperismo francescano” che ritiene che senza l’industria si stia sostanzialmente meglio.

    Potrebbe essere possibile sopravvivere senza i capannoni se però contemporaneamente eliminassimo almeno il 50% della popolazione italiana, che vive solo perché esiste questo sistema economico.

    Già ce lo spiegò Unabomber, che il male è l’uomo. A questo punto la soluzione è chiara: eliminiamolo.

    Luigi (veneziano)

  36. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Dario Predonzan

    Quella che tu chiami mega-speculazione edilizia fra Mestre e Tessera è il cosiddetto “quadrante di Tessera”. Toglimi una curiosità: tu sai cosa c’è ora in questa zona? E sai cosa sarebbe previsto in alternativa, su questa zona, con quali prospettive di sviluppo per la città e per il nordest nel suo complesso?

    In pratica la mia domanda è: in alternativa e partendo dall’esistente, tu che cosa proporresti? E che ricaduta avrebbe questa proposta alternativa, sull’economia veneziana e veneta?

    Luigi (anonimo veneziano)

  37. chinaski ha detto:

    luigi

    bene, quindi abbiamo appurato che i turisti non vanno a conegliano e non bazzicano nella “campagna” tra vittorio veneto e treviso. quindi sei d’accordo anche tu che quella zona non dev’essere un granche’. ora il punto e’ che fino a trent’anni fa quelle zone erano bellissime. non scherzo, secondo me la pedemontana veneta era piu’ bella della campagna toscana. adesso quelle zone sono diventate uno schifo. tu parli di germania. io in germania ci ho vissuto, e ho apprezzato la soliditita’ del sistema industriale tedesco. ma in germania non c’e’ lo scempio del territorio che c’e’ in italia. in germania la gente vive meglio, e’ piu’ rilassata, e secondo il motivo e’ che le citta’ e il territorio sono pensati, gestiti e vissuti meglio.

  38. chinaski ha detto:

    luigi, visto che ti piacciono le statistiche e le classifiche, ti segnalo questo:

    http://viaggi.repubblica.it/articolo/citt-vivibili-al-top-c-vienna/221255

    come vedi, le citta’ italiane sono considerate poco vivibili. noi italiani siamo ancora convinti di essere il bel paese, siamo convinti di saper vivere e di essere figoni. beh, secondo me non e’ proprio cosi’. altri sanno vivere molto meglio di noi.

  39. Dario Predonzan ha detto:

    Caro anonimo veneziano, leggiti quello che scrive il sito che ho segnalato, sul “quadrante di Tessera”.
    Ora comunque, anche se non sappiamo – nè sapremo mai, immagino – chi sei, sappiamo almeno cosa sei, cioè un innamorato ed un adoratore dell’economia dei capannoni (sparsi a casaccio nelle campagne) e delle “ricadute” che le speculazioni immobiliari provocano sull’economia venta. Buon pro ti faccia.
    Anche in Spagna avevano puntato tutto su un’economia al traino dell’immobiliare (e anche lì si sono riempiti di devastazioni urbanistiche ed ambientali, sia pure meno che nella Padania): ora però sono anche sull’orlo del disastro economico.

  40. Marisa ha detto:

    LUIGI, è vero che per l’agricoltura i Governi, nei tempi, hanno approvato il primo piano verde, poi il secondo, e poi ci sono stati i finanziamenti regionali. Ma l’agricoltura è un settore primario importantissimo per l’Italia. E non solo perchè salvaguardia il territorio, ma perchè l’Italia è per clima e altro, vocata all’agricoltura. Settore che ha grossi problemi strutturali: il contadino non mette in tasca neppure le spese sostenute, la grande industria alimentare arricchisce. All’origine il prodotto costa una miseria, in negozio, al consumatore, moltissimo di più. Questo è il problema più grosso che ha questo settore economico. Problema che si cerca di superare con la vendita diretta al consumatore. Ci riescono purtroppo solo in minima parte e, sempre purtroppo, non hanno la forza contrattuale di contrapporsi all’industria alimentare spuntando un prezzo decente per i loro prodotti.

    INDUSTRIA: Quanti stabilimenti Fiat ci sono ancora in Italia? E quanti capannoni vuoti ci sono nel Veneto? Zona del distretto della sedia di Manzano (Udine): un disastro causato proprio dall’operaio inventatosi piccolo imprenditore. Hanno scelto la strada della delocalizzazione nei paesi a minor costo d’opera, il guadagno immediato, invece di quella della sempre maggior specializzazione, della ricerca, della diversificazione dei prodotti. E oggi stiamo finanziando un ristrutturazione che non so quanto successo avrà. Questo anche è l’industria!
    E, dalle tue parti nella provincia di Belluno, cos’è rimasto delle fabbriche di occhiali? Tutte delocalizzate!

    E qui mi fermo, anche perchè il tema di questo Post è la TAV. Ma c’è un legame tra la TAV e i capannoni industriali ora vuoti: la speculazione e il guadagno per pochi. E’ questo il futuro che vuoi?

  41. Marisa ha detto:

    http://www.caitreviso.it/site_id_1/page_id_37/news_id_609/index.htm

    Vigo di Cadore (Regione Veneto): un caso emblematico dove l’industria degli occhiali ha delocalizzato e oggi il presente e il futuro è l’ambiente.

  42. Luigi (veneziano) ha detto:

    A mio modo di vedere, qui si parla senza veramente sapere di che cosa si sta parlando.

    Qualcuno di voi è mai andato dentro i capannoni, come faccio io tutti i santi giorni?

    Qualcuno di voi ha mai parlato con chi costruisce i capannoni, come faccio io tutti i santi giorni?

    Qualcuno di voi crede che oggi ci siano imprenditori edili che si mettono a costruire capannoni per il gusto di spender soldi e trovarsi il capannone invenduto?

    Ripeto ciò che ho scritto: io – sia chiaro – non sono per la selvaggia occupazione dei suoli, d’altro canto non sono nemmeno uno che prende uno schema ideologico e lo applica ad una realtà senza nemmeno avere la minima idea di quale sia, questa realtà.

    Torniamo a parlare di TAV. Qui non la si vuole on per questioni di linea o di tracciato: non la si vuole e stop. Al nordest Italia non serve. Basta rafforzare le linee esistenti.

    Che hanno fatto invece i grandi paesi europei, che spesso tanto guardiamo come modelli (“Ah! Quanto è bella e brava la Crante Cemmania!”)?

    I grandi paesi europei hanno seminato TAV a tutta forza, cari miei!

    Francia, Spagna e Germania ci mangiano le mele in testa! Ma noi no: loro in questo caso non hanno capito niente, mentre noi abbiamo capito tutto: non si dice che loro hanno sbagliato devastando il territorio, rovinando il paesaggio eccetera eccetera: semplicemente si dice che se lo facciamo noi, sono soldi buttati al vento.

    E io invece dico che la TAV è un fondamentale investimento strutturale per l’Italia, e segnatamente per le nostre parti.

    @ chinaski
    Secondo te, le campagne fra Vittorio Veneto e Treviso erano belle come la Toscana. Un momento: non si tratta mica della stessa cosa! Fra Vittorio Veneto e Conegliano ci sono le colline, ma fra Conegliano e Treviso c’era e c’è il piattume più piatto! Mi spieghi com’è possibile che questa zona piatta come può esser piatta la pianura padana fosse trent’anni fa più bella della Toscana? Secondo me, parli senza nemmeno conoscerla.

    E guarda caso, la parte collinare – e cioè quella fra Conegliano e Vittorio Veneto – è proprio quella tuttora vocata all’agricoltura e – udite udite – al TURISMO! Sissignore: proprio il turismo in questa zona che reputi l’orrore del mondo. E invece se tu ti prendi una bicicletta e fai la zona nord di Conegliano (Soligo, San Pietro di Feletto, Follina, Cison di Valmarino, Valdobbiadene eccetera eccetera) troverai una sorprendente quantità di turisti, che si riversano soprattutto al fine settimana a mangiare nella miriade di agriturismi, di trattorie, di ristoranti che si trovano in questo territorio, mantenuto praticamente integro.

    E’ vero che se fai la statale da Conegliano a Treviso trovi industrie (e non semplicemente capannoni) a destra e a sinistra quasi senza soluzione di continuità. Questo è il risultato di quarant’anni di industrializzazione di una regione che negli “splendidi” cent’anni precedenti ha dato al mondo milioni di emigrati, senza il capannone, con la campagna integra, ma morti di fame.

    Le campagne perfettamente piatte e intatte in Veneto esistono: stanno nella zona alle spalle della riviera (zona a sud di Quarto d’Altino, Noventa, San Stino eccetera). Lì l’industrializzazione non è arrivata. Tu adesso va’ a vederle, e dimmi se sono più belle della Toscana e soprattutto dimmi – se lo sai – quanti turisti fanno in un anno.

    @ marisa
    “L’Italia vocata all’agricoltura”, mi pare come le balle che si raccontavano cent’anni fa: il nord è vocato all’industria, il sud all’agricoltura. Poi con l’industria abbiamo costruito la ricchezza del paese, al sud siamo nelle condizioni in cui siamo. Non conosco nessun paese al mondo che punti sull’agricoltura per il proprio sviluppo. Tanto per dirne una: quando sono andato in Cina un funzionario del ministero dell’economia mi disse che il progetto è quello di spostare 500 milioni di contadini – che muoiono di fame – a lavorare nell’industria e nei servizi.

    Quando verso la fine della guerra si doveva decidere che fare con la Germania, l’allora segretario al tesoro degli USA Henry Morgenthau propose un piano che prevedeva la deindustrializzazione del paese e la trasformazione della sua economia in agricola. In realtà, con questo piano s’intendeva impedire qualsiasi futura velleità bellica del paese. Nessuno si domandò più di tanto se l’agricoltura avrebbe dato lavoro ai settanta milioni di tedeschi.

    Tanto per capirci: in Italia l’agricoltura dà lavoro a 908.000 persone. L’industria a 4,6 milioni.

    Facciamo un’ipotesi fantasmagorica e TRIPLICHIAMO la produzione agricola aumentando in modo proporzionale il numero degli occupati: passiamo a 2,7 milioni di persone.

    In pratica, l’Italia con l’agricoltura più forte dell’Europa morirebbe di fame.

    Riguardo alle fabbriche di occhiali a Belluno, nemmeno ti rispondo: è evidente che tu non sei mai stata in questa provincia e non conosci nulla della produzione di occhiali.

    Ti do solo un dato: nei primi due mesi del 2010 l’industria dell’occhiale italiana si è mossa in controtendenza, con un aumento dell’1,4%. A Belluno e provincia tuttora operano 253 imprese, pari al 36,3% nazionale.

    Luigi (veneziano)

  43. chinaski ha detto:

    luigi, va bene, parlo senza conoscere, sono un coglione. ciau.

  44. Luigi (veneziano) ha detto:

    Ma dài! Io non ho detto che sei un coglione, ma che non conosci la zona è evidente!

    Questo perché – e lo ripeto – tu hai messo insieme due realtà completamente diverse come fossero un tutt’uno. E invece sia come vocazione imprenditoriale (una l’industria, l’altra il turismo e l’agricoltura) che come paesaggio (una pianura, l’altra collina) sono totalmente diverse.

    Se vieni dalle mie parti, fammi un fischio e così andiamo a farci un giretto proprio in quelle zone. Non c’è miglior cosa che verificare con i propri occhi.

    L.

  45. chinaski ha detto:

    luigi, dove sta scritto che la pianura non possa essere bella. pensa a virgilio e a quel che scrive di mantova. pensa alle risorgive, ai salici, alle foreste di pianura (tra pavia e novara ce n’e’ ancora una bellissima). io ho passato l’ infanzia sull’ isonzo, tra gorizia e gradisca. ghiaioni accecanti, acqua limpidissima e fresca, boschi ombrosi e brezze pomeridiane. adesso e’ uno schifo, a causa delle captazioni, sia agricole che industriali, e dei capannoni costruiti fino al bordo dei ghiaioni. basta dare un’ occhiata con google earth alla pianura padana e confrontarla con le pianure francesi e tedesche per accorgersi che la’ le cose sono molto diverse.

  46. Marisa ha detto:

    LUIGI, conosco così poco il settore dell’industria degli occhiali che ho una nipote in cassa integrazione con la SAFILO (industria degli occhiali veneta, che ha delocalizzato in Cina e messo in cassa integrazione gli operai friulani)

    Ciao!

  47. alpino ha detto:

    A volte si parla tanto per parlare, demonizzare tutto ciò che ricade sotto la voce industria e via discorrendo, certo se si ha un lavoro e delle sicurezze posso anche fare il finoc…io con il culo degli altri, alla fine questi capannoni queste industrie devastatrici del territorio danno solo occupazione macchè sarà mai il lavoro messo a confronto con il piacere di girare in bicicletta da Pordenone a Vittorio Veneto scendendo verso Treviso e poi Padova. La moglie ubriaca e la botte piena non si possono avere, vogliamo mantenere saldo il livello occupazionale dare prosperità e sicurezza a queste terre? bene l’industria è una delle principali voci, se avete altre ricette per mantenere il tenpore di vita e loccupazionalità degli impiegati nei distretti industriali del nord est vi prego esponetela sarete ascoltati e rispettati, se non ne avete torniamo sempre alle do ciacole di inizio post..tante ma tante chiacchere di chi ha il culetto al caldo..

  48. chinaski ha detto:

    vacca miseria, alpino, se vai in francia e in germania, che hanno piu’ industria che l’ italia, ti accorgerai che puoi girare in bicicletta all’ infinito in paesaggi integri, in collina come in pianura. vuol dire che si puo’ fare.

  49. chinaski ha detto:

    oppure, come al solito, noi italiani siamo convinti di essere i piu’ figoni di tutti, e di non avere niente da imparare dagli altri?

  50. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ marisa
    Confermo: tu non conosci l’industria dell’occhiale, perché hai scritto che TUTTE le fabbriche del bellunese hanno delocalizzato. E invece – guarda caso – ne esistono ancora 253! Dicasi: d-u-e-c-e-n-t-o-c-i-n-q-u-a-n-t-a-t-r-e.

    Mi dispiace molto per tua mipote in cassa integrazione, ma questo non c’entra nulla con la realtà. Oltre a ciò, vuoi vedere che lei magari non lavora nel bellunese ma nello stabilimento di Martignacco?

    L.

  51. chinaski ha detto:

    non accetto il ricatto di essere condannato a vivere in posti di merda, perche’ l’ alternativa sarebbe la disoccupazione. io voglio il lavoro, e voglio vivere in un posto bello, o almeno decente.

  52. alpino ha detto:

    Se non erro Francia e Germania hanno uno sviluppo del teritorio ed una Geografi diversa dalla nostra per granparte montuosa..se non erro..
    Quando vado a Monco dai miei zii è vero che giro in bici ma molti dei miei giretti incappano sempre in orribili quartieri a palazzoni stile Melara..Francia e Germania hanno più indutria? di che tipo? a che livello d’eccellenza? concentrata dove? il nord della Germania non mi pare un oasi verde, in Italia quasi tutta l’industria è concentrata nella pianura padana non abbiamo un dislocamento omogeneo lungo tutta la penisola anche perchè viste le asperità del territorio non è propriamente possibile..in Francia e Germania vivono meglio è più rilassati? mah i miei parenti tedeschi che ci vivono da 40 anni non me la raccontano così…

  53. Marisa ha detto:

    LUIGI, dove ho scritto che in Italia non ci deve essere lo sviluppo industriale?

    Perchè, dai commenti altrui, estrapoli solo quello che fa comodo a te.

    Ho scritto invece che l’agricoltura è un settore primario in Italia. E lo confermo. Se oggi l’agricoltura in Italia è nella situazione attuale di crisi è perchè la politica ha privilegiato “i capannoni” allo sviluppo agricolo di alta qualità. C’è da decenni in Italia una disattenzione politica nei confronti del settore agricolo. Se l’industria conserviera (pelati, succhi di frutta,ecc.) paga pochissimo la materia prima ai contadini, questo è un problema che la politica dovrebbe risolvere e invece non fa nulla. Il risultato ovviamente è la mortalità elevatissima delle aziende agricole in Italia. Se ti pagano la materia prima meno dei costi che sostieni, è logico che chiudi l’azienda agricola e vai a fare l’operaio….o, con il capolarato, assumi la nuova immigrazione e la mandi a raccogliere i pomodori pagandola pochissimo e creando un gravissimo problema sociale che poi ricade su tutta la società!

    Cerca di fare una analisi economica/politica seria sul perchè il settore agricolo è in difficoltà in Italia…

  54. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ marisa
    Fra l’altro, lo sai che Safilo (che a dirla tutta non è nemmeno di Belluno, avendo la sede a Padova e il primo stabilimento a Santa Maria di Sala, e cioè in provincia di Venezia) dal 1996 ha uno stabilimento in Slovenia, e che in provincia di Belluno – a Longarone – ha una fabbrica dal 1990, mentre prima non aveva nulla?

    L.

  55. alpino ha detto:

    Chinaski puoi farlo, lavori a Trieste e vai a vivere a Tarvisio, vivrai nel verde e nel fresco e lavorerai a TS, poi prendi il trasporto su rotaia che piace a Predonzan e sei a Trieste centrale..cosa te lo impedisce?

  56. chinaski ha detto:

    alpino, si da’ il caso che io abbia vissuto proprio nella germania del nord, che e’ molto industrializzata. ho bazzicato spesso ad amburgo e lubecca. quindi so di cosa parlo. prova a guardare amburgo e il suo hinterland con google earth, e confronta ad esempio con milano.

  57. alpino ha detto:

    Marisa
    il settore agricolo in Italia è in crisi per effetto della globalizzazione che permette l’importazione a prezzi stracciati degli stessi prodotti a costi minori…il vino essendo prodotto di qualità che non può subire grandissima concorrenza globalizzata tiene banco lo stesso per l’olio, discorso diverso per le arance che possono essere importate..ma non importi le clementine come quelle raccolte nella piana di sibari.
    Ad onor del vero l’induistria conserviera della frutta per succhi, yogurth, confetture lo sapevi che paga e compera all’agricoltore anche i frutti marci e rovinati? che altrimenti andrebbero buttati? la conosci la composizione e la procedura di lavorazione di una confettura o marmellata industriale e di un succo? guarda e vedrai che carichi di frutta guasta entrano negi stabilimenti.

  58. chinaski ha detto:

    alpino 55, me lo impedisce il fatto di non avere i soldi per comprare una casa a tarvisio, me lo impedisce il fatto di avere due figli da portare a scuola ogni mattina, ecc. ecc.

  59. alpino ha detto:

    quindi lo vedi anche tu che non si possono avere capra e cavoli..avete mai pensato che è proprio anche per il livello di indutrializzazione e servizi dei quali dispone Trieste in un territorio così piccolo che la città riesce a mantenere certi tenori? il reddito procapite triestino è tra i più alti se poi lo consideriamo in relazione all’estensione territoriale è quasi un miracolo…senza quell’industria parleremo di figli da portare a scuola? di una casa? di una vita ancora vissuta a Trieste?

  60. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    E allora ti invito a vivere proprio a Conegliano: posto bellissimo, pieno d’arte, a pochi chilometri dalla pedemontana vocata al verde, all’agricoltura e al turismo, ed infine pieno di fabbriche nel circondario.

    Un posto dove moltissima gente al fine settimana si muove in bicicletta.

    Vieni a visitare Conegliano, e poi dimmi se è quell’orrore che credi che sia.

    Vieni con me a fare un giro per le campagne venete, e poi dimmi se questo non è stato un territorio che a dispetto di ciò che si blatera è riuscito pur in presenza di una fortissima industrializzazione a non creare nel secondo dopoguerra dei mostri come la Marghera degli anni che furono o delle megazone industriali. L’industrializzazione diffusa che qui in questo blog pare una bestemmia è invece un modello – basato sui cosiddetti “distretti industriali” – che sai da chi viene studiato? Proprio dai tedeschi!

    Ci si propone come alternativa il magnifico Trentino? Perfetto, anch’io lo voglio! Peccato però che Trento produca 100 Euro di Tasse, e lo stato gliene renda 108! Secondo voi da chi prende quelle 8 in più? Soprattutto dalla Lombardia e dal Veneto: le due orrende regioni italiane che ricevono percentualmente meno di quello che danno.

    E allora chi propone un modello alternativo prenda carta e matita e metta giù quelli che dalle mie parti si chiamano “do conti de la serva”, spiegando in maniera semplice come si fa a garantire sviluppo economico che dia da mangiare ogni giorno ai 1,2 milioni di abitanti del Friuli-Venezia Giulia, ai 4,9 milioni di veneti e soprattutto ai 9,8 milioni di lombardi senza la TAV, senza industria, a chilometri zero e quindi senza nemmeno i porti (visto che i porti lavorano a “chilometri 5.000”).

    Luigi (veneziano)

  61. chinaski ha detto:

    alpino che cazzo c’entra, a me va benissimo che trieste abbia dell’ industria, non mi va bene se l’ industria inquina oltre ogni dire. e non mi va bene se per impiantare nuove attivita’ si utilizza terreno vergine invece di riutilizzare le aree dismesse. e non mi va bene se per fare la tav si distrugge la val rosandra. ecc. ecc.

  62. chinaski ha detto:

    luigi mi dispiace, ma io a conegliano ci passo ogni tanto, e non mi e’ mai venuta voglia di andarci ad abitare. preferisco ancora trieste, nonostante tutto.

  63. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ chinaski

    Trieste è una città bellissima. Nulla da dire in merito.

    Ma mi permetto di rinnovarti l’invito: vieni con me a fare un giro in quelle zone fra Vittorio Veneto e Conegliano che ti paiono fra le più brutte del mondo (del mondo! ma tu che mondo hai visto?). Scoprirai per esempio che non esiste UN quartiere malfamato o malridotto, in NESSUNA delle mille località della zona.

    Luigi (veneziano)

  64. chinaski ha detto:

    luigi, dai, e’ ovvio che quando dicevo “una delle zone piu’ brutte del mondo” era una battuta. e’ ovvio che ad esempio sadr city e’ peggio. (anche questa e’ una battuta). allora diciamo, la periferia di roma e’ peggio. anche quella di milano. anche quella di torino. anche quella di salonicco e di atene. pero’. il mio discorso sullo scempio del territorio in italia, anche in veneto, anche in f.v.g., quello e’ serio. davvero, se vai su in germania del nord (quella e’ una zona che conosco), vedrai che abbiamo parecchie cose da imparare. (a rostock persino i quartieri periferici del socialismo reale, dopo un robusto intervento urbanistico, sono diventati immensamente piu’ vivibili della periferia di torino. ho provato entrambe.)

  65. alpino ha detto:

    quoto quest passaggio

    “E allora chi propone un modello alternativo prenda carta e matita e metta giù quelli che dalle mie parti si chiamano “do conti de la serva”, spiegando in maniera semplice come si fa a garantire sviluppo economico che dia da mangiare ogni giorno ai 1,2 milioni di abitanti del Friuli-Venezia Giulia, ai 4,9 milioni di veneti e soprattutto ai 9,8 milioni di lombardi senza la TAV, senza industria, a chilometri zero e quindi senza nemmeno i porti (visto che i porti lavorano a “chilometri 5.000″).
    Luigi (veneziano)”

  66. renata ha detto:

    minchia, la storia si ripete, sembra di leggere le stesse problematiche della val di Susa, siete solo l’inizio come da noi 20 anni fa, forza e coraggio, ora e sempre NO TAV. tengo a precisare, che la mia scelta di opinione, alla questione tav, non dipende dal fatto, che la mia persona sarà in primis fortemente penalizzata ex. esproprio della casa, ma la conoscenza del gioco politico attorno alle grandi infrastrutture, mi porta a dire NO a tutte le grandi opere che portano, con l’illusione dell’utilità, solo il gonfiarsi le tasche a tutti i politici di qls parte siano, infatti non ce nè uno contrario. PENOSO VERO, COME LA POPOLAZIONE SI LASCI ABBINDOLARE, DA PERSONE FALSE E NON CERCHI DI INFORMARSI, FATICOSAMENTE INFORMARSI DA FONTI ALTERNATIVE CIOE’ NON POLITICAMENTE GUIDATE, E PER ORA NON C’E’ ANCORA IL BAVAGLIO, PENSATE DOPO. SALUTI A TUTTI COLORO CHE SI DOMANDANO PERCHE’……….

  67. Dario Predonzan ha detto:

    Ma perchè non provano l’anonimo veneziano e l’alpino a farsi loro “due conti della serva” e a spiegare come (cioè con quali/quanti soldi e in quali/quanti tempi) si potranno costruire in Italia – soprattutto nel nord est super urbanizzato alla cazzo di cane – le linee TAV che tanto gli piacciono?
    E poi magari a spiegare anche, dati alla mano, però, senza slogan e atti di fede, come queste linee potranno migliorare davvero il sistema dei trasporti.
    Visto che ci sono, provino anche a non stravolgere il pensiero altrui, che – nel mio caso – non è certo una parodia del luddismo, come loro cercano di far credere.
    Avevo suggerito, per esempio, di leggersi lo studio di Debernardi sullo sviluppo delle ferrovie in FVG e i materiali sull’urbanistica (veneta e non) che si trovano nel sito http://www.eddyburg.it
    Evidentemente non l’hanno fatto: troppa fatica?

  68. alpino ha detto:

    Caro Prendonzan,
    io non sono un sostenitore TAV o altro nemmeno un NO TAV, ascolto, mi informo, cerco di costruirmi un pensiero.
    Chiedo solo a coloro che si riempiono la bocca di motti alla NO..TAV, PONTE, DALMOLIN..ecc ecc di porre sul piatto soluzioni intelligenti e fattibili, sinceramente me ne sbatto del caloroso omino che sbraita aumentiamo il trasporto su rotaia e poi sgomma sulla sua autina..
    Vuoi aumentare il trasporto merci su rotaia? bene dimmi come quando e dove, dammi numeri, cifre, bozzetti, dammi CONCRETEZZA. Basta parlare del nulla a suon di slogan belli e fatti, io nel tuo intervento altro non leggo che le stesse parole trite e ritrite ripetute alla nausa (tanto che la gente non da molto seguito) nelle varie manifestazioni o dai vari comitati spontanei e non, ripeto e chiedo a chi si prende l’onere di attaccare il sistema anche a mezzo stampa (bora.la è testagiornalistica) di cominciare ad essere più concreto e se ci riesce a suggerire soluzioni alternative concrete e non filosofeggiamenti e pensieri da salottino o da manifestazione studentesca tanto per far “lippa o sega a scuola”

  69. Riccardo Laterza ha detto:

    Fossi nell’Alpino ascolterei il consiglio di Predonzan, e leggerei un po’ di materiali da http://www.eddyburg.it e lo studio di Debernardi che riguarda lo sviluppo ferroviario del FVG (e che non ho voglia di rilinkare, lo trovate nell’articolo)

  70. alpino ha detto:

    ..già già..

  71. Julius Franzot ha detto:

    Io in Germania ci vivo quasi 6 mesi all´anno. Dove sto io (zona vinicola, 4000 abitanti, 60 Km da Francoforte e 25 da Mainz) non vedi nemmeno la traccia di un´industria. A 20 Km c´e´ la zona industriale di Worms-Nord con chimica predominante (Procter&Gamble) ed altre industrie minori. Il punto e´ che in Germania si e´scelto quali zone sacrificare all´industria e quali lasciare integre. In Veneto questo non e´stato fatto, vedasi la cintura di Treviso, Marghera, la strada tra Bassano e Conegliano, tutte piene di capannoni eretti senza un concetto e sull´onda di una moda. Stessa cosa per la zona della sedia, dove ormai gli operai non hanno piu´neanche l´´
    aringa per condire la polenta. Non si puo´ lasciar invadere qualsiasi zona da industrie, per giunta di avventurieri senza background di marketing internazionale!
    Ora pensaimo a che avverrebbe, se si trasformasse Trieste in una citta´industriale: le industrie o fisicamente in mano delle famiglie oligarche o dei loro amici, spesso improduttive, dato che prevarrebbero ineressi diversi dal benessere delle aziende, inquinamento, dato che Trieste non ha una campagna da industrializzare, insorgenza di un nuovo proletariato urbano, dato che chi andrebbe a lavorare in quelle fabbriche in genere non sarebbe autoctono (=con risparmi e qualche soldo di famiglia), ma verrebbe da zone in cui il risparmio e´sconosciuto e finirebbe nella fogna appena la sua fabbrichetta clientelare andasse in difficolta´. Per non parlare dell´aumento del traffico (non esistono bus serali, nemmeno metropolitana o trenio a media distanza – non esiste solo la direzione ovest – degni di questo nome. Secondo me Trieste ha gia´ il massimo di industria che puo´sostenere.

  72. marisa ha detto:

    http://messaggeroveneto.gelocal.it/dettaglio/autovie-quasi-19-milioni-di-utile-e-nel-2011-aumenteranno-le-tariffe/2604539

    Diminuito e di moltissimo il traffico pesante sull’autostrada Venezia – Trieste…..

    Meno TIR in autostrada? A maggior ragione l’esistente ferrovia, riammodernata, basta e avanza!

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