28 Aprile 2010

Incontro con l’artista (1) Diego Iaconfcic

Si è appena conclusa la mostra intitolata “La danza dei
corpi immobili” personale dell’artista Diego Iaconfcic
nella Sala Comunale d’Arte di piazza dell’Unità d’Italia.
Un ottimo successo di pubblico con più di 1000 visitatori.
Il giovane artista propone una ventina di opere tra pittura e sculture polimateriche, che abbracciano una parte della produzione degli ultimi 15 anni, incentrata nella raffigurazione di miti e maschere, in cui è protagonista lo spaventapasseri.

Abbiamo fatto due passi insieme a Iaconfcic,  tra le sue opere,
dopo averne interrotto la lettura de “gli scritti di Picasso”, colpisce la sua poliedrica facilità nel passare da uno stile ad un altro senza spersonalizzare i contenuti.

La pittura di Iaconfcic è una riduzione della vita a favola narrata per immagini, osserva il mondo e ci restituisce una serie di finestre sulla campagna dell’immaginario dove lo spaventapasseri fa da filtro magico anche per l’autore. Lo spaventapasseri di Iaconfcic non ci spaventa, ci accoglie nel suo habitat talvolta astratto, frutto di brevi spatolate
ad’olio vivido,oppure di stampo fantasy in un crepuscolare scorcio di campagna.

Per alcuni versi l’immagine pretende argomentazioni  allegoriche, ma la scoperta di chi si cela dietro la maschera è una ricerca che ognuno di noi può condurre personalmente, e personalmente colpiti siamo dalla grande tela, fatta di getto con pigmenti  e terre naturali che
solitaria sta nella parete lato mare, figure vicine alla
mitologia, teneramente brutali,A quale rito riconducono?
Il pennello di Iaconfcic è come un sentiero del bosco.
Si sta bene con I. come con un amico, gradevole il ricordo
di un Uomo ragno disegnato durante l’esame delle
elementari,che lo porta però a trascurare la storia e la
matematica, senza rimpianti, la prima maschera di
Iaconfcic.

Ci rivela di essere molto attento alla composizione, al punto di girare e rigirare un quadro,  benchè figurativo, gli equilibri devono funzionare anche a testa in giù! ma di non indugiare nella stesura, per non affievolire l’intensità del momento d’estro, riservandosi però l’ipotesi di un intervento o una correzione a distanza di mesi, tornando sul luogo del delitto.

Ci lascia presto, interrotti da visitatori, curiosi e appassionati, che piacevolmente commentano o salutano, Iaconfcic è un’artista gentile e sincero, che ama parlare della sua arte, senza vezzi con entusiasmo e semplicità.

A seguire l’intervento critico di Marianna Accerboni curatrice della mostra.

Precario e immortale  lo spaventapasseri, che qualcuno chiama anche lo “straccione divino”, rappresenta il principale motivo ispiratore di molte opere del pittore e scenografo triestino Diego Iaconfcic, la cui arte trae spunto dal mondo naturale e da quello magico, da un simbolismo fantastico e a tratti surreale, che s’ispira anche ad antichi riti e miti, come per esempio quello di Orfeo, che incantava gli animali con la musica…

Di madre triestina e padre di stretta ascendenza russa, Iaconfcic, che opera con successo anche nel campo del design, riesce a coniugare nella propria pittura con felice maestria l’immaginario fantastico e cromatico dell’antico teatro popolare russo con l’intensa capacità evocativa di scenografi e artisti quali per esempio Aleksandr Benois, che, assieme ad altri, fornirono un contributo straordinario e fastoso alla storia della scenografia moderna, grazie anche all’introduzione a Parigi e a Montecarlo dei celebri Balletti Russi.

Mediante una tecnica che commistiona olio, acrilico e collage, pennello e spatola, l’artista compone, attraverso l’icona dello spaventapasseri, questa magica “danza dei corpi immobili”, in cui scelte cromatiche, spesso calde e vivaci come quelle delle Saisons russes e ambientazioni diverse suggeriscono, tramite un ricco immaginario, stati d’animo e racconti differenti. E il tema della maschera, implicitamente presente nello spaventapasseri, con tutta la sua tensione emotiva, è evidenziato – conclude Accerboni – anche in forma scultorea da totem e opere tridimensionali ricche di pathos e di onirica poesia.

Quante cose ci racconta – in fondo – lo spaventapasseri, con tutte quelle storie che ascolta, quando soffia il vento…


Fotografie di Ivan Doglia.

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