25 Aprile 2010

Memorie di uno geisho/2: eptalogo di comportamento

Questo vuol essere un annuncio di pubblica utilità: parrà strano, ma esistono delle regole anche durante un festival come questo.

Regola 1: se nel seggiolino del teatro c’è una fascetta con su scritto un nome, se non sei proprietario di quel nome non sei minimemante autorizzato a sederti in quel posto. E, per inciso, è inutile protestare.

Regola 2: l’ autoscatto di trequarti – facendo così vedere di essere in teatro in mezzo a chissà quali celebrità – è roba da sfigati. O, al massimo, da foto per il profilo Facebook. Ed in questo caso le due cose combaciano.

Regola 3: in linea di massima non me ne frega un cazzo delle suonerie che hai nel cellulare. Men che meno sè è l’ultima di Lady Gaga o la Bella Topolona. Quindi evita di spararle a volume altissimo alle 9 di mattina.

Regola 4: se nella descrizione di un film vi è la dicitura “slasher” o “splatter”, è inutile che durante la visione del suddetto ti copri gli occhi ed emetti fastidiosi gridolini, scassando la minchia a chi ti sta intorno. Sì, dico proprio a te, ragazza dal tacco 12.

Regola 5: è sostanzialmente controproducente millantare conoscenze mirabolanti dell’intera filmografia del sol levante: tanto troverai sempre qualcuno che ti smerda.

Regola 6: usare l’apparecchietto traduttore è di una tristezza inaudita. Quindi, se proprio lo devi usare, cerca di tenerlo ad un volume umanamente accettabile. Sotto ai 95 decibel, per esempio.

Regola 7: anche se spingi, la fila non diminuisce. Nè scompare. Quindi, ti prego, piantala.

Film in concorso:

Indicherò ora il “top” ed il “flop” di giornata, a mio sindacabilissimo giudizio.

Come “top” il mio voto va equamente diviso fra “Golden Slumber” – thriller alternativo dove un eroe nazionale giapponese viene in breve tempo e a sua insaputa trasformato in assassino del primo ministro – e “Fire of Conscience” – poliziottesco hongkonghese nel quale il poliziotto buono e quello cattivo prima collaborano e poi si scannano; questo perché del film giapponese mi piace l’intreccio della storia (peraltro già vista in Fish Story lo scorso anno), mentre i poliziotteschi di hongkong li amo a prescindere.

Come “flop” la palma invece va a “Wheat” – una battaglia tra due fazioni cinesi nel 260 a.C. raccontata da due disertori che, finiti in terra nemica, si fingono appartenenti a quel clan pur di salvarsi la pelle – poiché risulta troppo pretenzioso e pomposo rispetto a ciò che effettivamente offre a livello di coinvolgimento.

La perla del giorno: “In qualunque direzione spiri il vento l’erba si piega di conseguenza. Quando ero giovane pensavo di essere il vento. Ora mi costa tanto ammettere che in realtà sono sempre stato solo l’erba” (detta dal boss dei gangster al giovane adepto nel film “Monga”).

+++ Vai alle precedenti puntate di: Memorie di uno geisho +++

Tag: , .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *