22 Aprile 2010

Le solite ricette non bastano più. Il pensiero del consigliere regionale Paolo Pupulin (PD) sulla crisi del lavoro

Usciamo per favore dagli stereotipi della contrapposizione tra ottimisti e pessimisti. Non usiamo le statistiche ufficiali dell’ ISTAT e dell’ INPS per sostenere tesi preconcette. I dati INPS del mese di marzo con un’ulteriore crescita del 10% medio di ricorso alla cassa integrazione, anche in Friuli Venezia Giulia, segnalano ancora un’economia praticamente ferma, in alcune realtà persino in fase di arretramento. Il rapporto dell’ISTAT sulla disoccupazione, di pochi giorni fa, propone un identico quadro difficile. Senza dubbio siamo arrivati al livello più elevato della disoccupazione del periodo 2004-2009. Il punto più basso era stato raggiunto nel terzo trimestre del 2007, con un tasso di disoccupazione del 2,8%, mentre quello più alto, pari al 5,9%, si è verificato proprio per l’ultimo trimestre del 2009. La caratteristica più rilevante di questa fase è che convergono due fattori di rischio: la conclusione di tanti programmi di CIG ed il passaggio dei dipendenti alla mobilità ed alla disoccupazione e, contemporaneamente, una ripresa che non si vede e che incomincia a coinvolgere anche territori, come quello di Trieste, che meno pesantemente sembravano pagare il costo della crisi. E’ sempre più evidente che ormai la crisi produttiva si sta trasferendo diffusamente anche nei servizi e nel terziario. Nei mesi scorsi ho apprezzato la volontà dell’assessorato di utilizzare tutta la gamma degli incentivi alle imprese per favorire il rientro al lavoro di persone che lo hanno perso o che sono state collocate in mobilità. Si tratta di misure non nuove, previste in gran parte dalla legge “Cosolini”, che nell’ultimo anno hanno avuto minore efficacia a causa della ridotta offerta di lavoro. Come si dice in gergo, “il cavallo non beve”, cioè le imprese non offrono lavoro. Ma anche in una simile congiuntura si può fare qualcosa di utile: adottare procedure più semplici e usufruibili dal sistema delle imprese, soprattutto quelle minori; togliere alcuni limiti sbagliati, che prevedono che, fuori dalle aree e dai settori dichiarati ufficialmente in crisi, si possa utilizzare gli incentivi alla rioccupazione solo a favore di chi è senza lavoro da ben 36 mesi o non è stato occupato almeno 36 mesi su 5 anni. Infatti credo che oggi l’imperativo categorico sia di aprire tutte le porte e di assecondare tutte le forme possibili di occupazione, sempre nella legalità e nel rispetto delle regole.
E’ un ragionamento che vale di più se si intende rendere attivi il numero maggiore possibile di lavoratori sospesi in CIG a zero ore od in mobilità, e che ha un senso ancora maggiore se vuole dare un’occupazione ed un reddito seppur temporaneo ai molti disoccupati senza reddito. Nel primo caso, vedo che l’esperienza dei lavori socialmente utili si sta dimostrando molto al di sotto delle aspettative ambiziose con cui è stata avviata. Mi risulta che l’effettiva e continuativa disponibilità dei lavoratori cassintegrati sia molto limitata, anche dove c’è stata una certa mobilitazione della amministrazioni locali. Rispetto, invece, all’avvio dei progetti di pubblica utilità a favore dei disoccupati, sembra che finalmente il regolamento attuativo stia per arrivare, perchè è sempre più urgente dare risposte a persone che rischiano l’emarginazione e la perdita di dignità. Spero che non si tratti di regole complicate ed astruse. Se dipendesse da me, opterei per un’assoluta semplificazione. Le amministrazioni locali che conoscono bene la loro realtà sociale si facciano carico di offrire alle persone disoccupate, al posto di qualche sostegno assistenziale, un’attività utile per la propria comunità. Si finanzino i progetti più tempestivi, retribuendo i lavoratori con i “voucher”, come si fa già per alcune attività a termine. Senza ulteriori adempimenti burocratici, se non la messa in funzione d’un osservatorio di vigilanza tra regione, amministrazioni locale e parti sociali, con la semplice finalità di impedire un uso improprio di misure che non possono che avere carattere eccezionale e che non debbono sostituire le forme del normale rapporto di lavoro. Davanti ad una situazione di emergenza sociale bisogna che i tempi delle risposte politiche siano più adeguate e più tempestive.
Paolo Pupulin, consigliere regionale PD.

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1 commenti a Le solite ricette non bastano più. Il pensiero del consigliere regionale Paolo Pupulin (PD) sulla crisi del lavoro

  1. Claudia - Ts ha detto:

    Punto di vista molto importante e propositivo questo di Populin.Senta, consigliere,ci vediamo in regione?

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