6 Aprile 2010

Chiusure domenicali: persi 200 posti di lavoro nella sola Trieste

E’ guerra di numeri sulla limitazione delle aperture domenicali. La nuova polemica è stata scatenata da quanto accaduto il giorno di Pasquetta, con i pochi negozi aperti – in particolare gli esercizi commerciali del Palmanova Outlet village – presi d’assalto dai clienti.
“Negli ultimi tempi sono giunte notizie catastrofiche dalla grande distribuzione: solo nel circuito triestino sono 200 i posti di lavoro in meno a causa delle chiusure domenicali, con prospettive ancora peggiori in futuro”, sottolinea il consigliere regionale del PdL, Piero Camber. Cgil, Cisl e Uil si oppongono fermamente, invece, a questa chiave di lettura, imputando la perdita di posti di lavoro unicamente alla crisi.

Si scatenano quindi le proposte, in un senso o in quello opposto. Questa la posizione dei sindacati: «Non esiste alcun rapporto tra l’andamento occupazionale nel commercio e il limite di 29 aperture domenicali fissato dalla legge Ciriani. Se una tensione occupazionale esiste anche nel settore, questo è soltanto l’effetto della crisi generale, che colpisce i redditi e i consumi delle famiglie». I sindacati di categoria si sono schierati compatti a difesa della legge, «esposta – come ha dichiarato al termine dell’incontro il segretario regionale della Fisascast Cisl Paolo Duriavig – a ingiustificati e strumentali attacchi, provenienti in particolare da Trieste». Nel ribadire la posizione dei sindacati, Duriavig ha affermato che «il tessuto commerciale giuliano non risente dei vincoli sulle aperture festive, ma piuttosto di limiti strutturali che sono l’effetto di anni di immobilismo e mancati investimenti».
Le modifiche alla legge Ciriani, per i sindacati, non dovranno quindi riguardare il tetto imposto alle aperture festive. «Va invece rivista e cancellata – ha dichiarato Susanna Pellegrini, segretaria regionale della Filcams Cgil – la deroga che liberalizza le aperture per gli esercizi al di sotto dei 400 metri quadri. Questo per definire senza possibilità di equivoci la disciplina delle aperture nei centri commerciali ed evitare evidenti forzature come quelle decise dalla proprietà dell’outlet di Ajello». Il Palmanova Outlet village, infatti, non viene considerato come un unico centro commerciale, ma come un insieme di negozi distinti e nessuno di questi supera i 400 metri quadrati.
Un’altra modifica è stata sollecitata riguardo alle festività civili e religiose: «Abbiamo chiesto all’assessore – ha spiegato la segretaria regionale della Uiltucs-Uil Miriam Cerne – di definire un numero di giornate di chiusura obbligatoria, senza possibilità di deroghe. La legge, infatti, consente agli esercizi situati nei centri storici o al di sotto dei 400 metri quadri di aprire anche a Pasqua, a Natale o il primo maggio, un problema che va assolutamente risolto con una nuova formulazione della legge».

Secondo Camber, invece, è giunto il momento di “istituire un tavolo che verifichi gli effetti economici e occupazionali della legge sul commercio a Trieste, Gorizia e su tutta la fascia confinaria”.
Le ragioni di questa richiesta scaturiscono da un evidente bisogno di conoscere i dati dell’incidenza pratica della norma, afferma il consigliere regionale del Pdl, metterli a confronto per stabilire costi e ricavi e, eventualmente, verificare l’opportunità di una modifica.
“Negli ultimi tempi – ha sottolinea Camber – sono giunte notizie catastrofiche dalla grande distribuzione: solo nel circuito triestino sono 200 i posti di lavoro in meno a causa delle chiusure domenicali, con prospettive ancora peggiori in futuro. Viceversa, le organizzazioni sindacali hanno negato che la perdita occupazionale sia legata alle chiusure nei festivi imputandola piuttosto alla crisi. E tutto mentre Capodistria – sottolinea – ha aperto un mega centro commerciale (Planet plus) che lavora, ovviamente, anche alla domenica, che si va ad aggiungere, come attrattiva, al già invitante notevole sconto sul costo del carburante nella vicina Slovenia”.

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23 commenti a Chiusure domenicali: persi 200 posti di lavoro nella sola Trieste

  1. pare de familia ha detto:

    Che i se vergogni , i vol tanto tenir verti sti negozi de domenica …..che a trieste no ghe va nisun, soprattutto in primavera, che la zente o xe in osmizza coi fioi o i xe in val rosandra!!!!!! e lase’ ste povere mari libere de domenica!!!!!!!In austria i negozzi i chiudi alle 1800 , perche’ le donne ga bisogno de star coi fioi dopo una certa ora!!!! E no scriver che se perdi posti de lavor perche’ solo la domenica li pol salvar!!!! I negozieti che no ga dipendenti , de domenica i xe chiusi perche’ i paroni ga de andar a sciar!!!!!! e i turisti?? no crederemo miga che i cerchi el zentro commerciale no???? meditate gente meditate!!!

  2. Luigi ha detto:

    Ben, mi son un de quei 200. La legge la ga taià i profitti e lori i ga taià i posti de lavor. A mi i me ga lassà a casa per colpa de sta legge, e grazie a sti politici e ala gente che sparla sulla pelle dei altri, no go avù dei mesi facili tra fioi de mantegnir e mutuo de pagar…prima de verzer boca, consiglieria de colegar el cervel!

  3. una mamma ha detto:

    Caro “pare de familia” son “una mare” che lavora e ghe assicuro che per quanto me piasessi star con mia fia “no se pol” e me vegniria tanto comodi i negozi verti anche fino alle 21 come sucedi in altre parti…quindi la lasi perde certi discorsi. Tra l’altro son una che gaveva tanto tempo de studente fa un contratto de commessa che me fazeva lavorar solo le domeniche, i festivi e le ore de pranzo certo no fazevo i saldi de gioia ma me fazeva sai comodo…e penso che ghe faria sai comodo a tante “mari” oggi come oggi…non posso che associarme all’invito de Luigi

  4. Paolo ha detto:

    Tutti a preoccuparsi per le aperture domenicali delle grandi superfici dei centri commerciali e nessuno che si sia preoccupato in passato delle migliaia di disoccupati del piccolo commercio al dettaglio, figli abbandonati dalle categorie che dovevano rappresentarli e che invece, con l’illusione di contenere l’esodo dei clienti verso le regioni limitrofe, hanno decimato il commercio locale favorendo l’insediamento di strutture che a parità di venduto impiegano un numero di addetti decisamente inferiore al dettaglio tradizionale.

  5. bubez goriziano ha detto:

    Non ho mai capito perché la legge debba disciplinare gli orari di apertura dei negozi, con il risultato che aprono quando uno lavora e sono chiusi quando si è liberi. E’ già tanto che abbiano introdotto l’orario continuato nei supermercati, prima chiudevano per quattro ore in mezzo alla giornata. L’orario di apertura deve essere una scelta imprenditoriale, ognuno si regoli come vuole e si accordi con i propri dipendenti. Io sono libero solo la domenica e faccio la spesa la domenica; se in Italia è chiuso pazienza, vado in Slovenia.

  6. bonalama ha detto:

    l’incubo del lunedì e del mercoledì: i tempi xe cambiai, una volta i supermercati serava lunedì e mercoledì al dopopranzo. un disastro e i serava alle 7, quante baruffe che go fatto entrando alle 7 -5 minuti. chiusooooo, (la cassiera). ciamo i vigili urbani (mi). tutti a rotazione che sia qualcossa verto ogni giorno e basta e fina ale 9 almeno, anche parrucchieri, estetiste, librerie, cossa mai

  7. jacum ha detto:

    mi son d’acordo col Bubez de Görz, che sia una libera scelta impreditoriale e che el comun no ghe meti naxo.

  8. Denis Furlan ha detto:

    inslovenia sono aperti si la domenica ma tassativamente fino alle 15.30

  9. Paolo Rovis ha detto:

    Imprenditori liberi di tenere aperto quando e quanto vogliono, anche 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Tutela dei lavoratori del commercio mediante introduzione di un tetto massimo di festività lavorate annualmente.
    Così l’imprenditore che deciderà di tenere aperto sempre dovrà stabilire turnazioni eque, se non ha personale a sufficienza per farlo ne assumerà di nuovo – anziché licenziare come avviene ora – altrimenti in negozio ci starà lui oppure terrà chiuso. Ma in quest’ultimo caso sarà una sua libera scelta imprenditoriale, non un’imposizione di legge.

  10. jacum ha detto:

    bravo paolo! son d’acordo.

  11. Barbara Belluzzo ha detto:

    Concordo con Rovis. Ancora una volta i sindacati hanno toppato, così come l’amministrazione Tondo.

  12. arlon ha detto:

    La proposta di Rovis è davvero sensata.

    Faccio un esempio su come una totale libertà di orari avrebbe salvato intere categorie di commercianti.

    Pensiamo alle vecchie latterie, a cosa servivano originariamente.
    Pensiamo anche al fatto che in molti paesi esistono negozietti “generalisti” aperti 24/7.

    Se il proprietario di una latteria avesse trovato uno o 2 aiutanti, e si fosse potuto trasformare in un minimarket 24/7, avremmo avuto 3 risultati:
    – tessuto sociale più intatto: meno bisogno di centri commerciali e miglior stile di vita nel trovare qualcosa sotto casa quando ce ne sia bisogno
    – più posti di lavoro, ed un servizio in più per i cittadini
    – mantenimento ed evoluzione delle tradizioni culturali

    No me par poco.

  13. Roberto67 ha detto:

    Vorrei sapere dove il comune intenda trovare i soldi per permettere ai sindacati di cambiare idea creando i servizi essenziali, come gli asili nido, per le madri lavoratrici di domenica. di fatto lasciare i figli minori da soli è reato.

    Vorrei poi che mi si negasse che i licenziamenti paventati nella grande distribuzione siano relativi a contratti di livello bassissimo ed a tempo determinato. Viceversa i posti di lavoro già persi nel commercio tradizionale riguardano composti da commessi storici e titolari e mi si spiegasse perché di loro non si parli e ci si spenda contro una legge che, di fatto, li favorisce impedendo una pratica che per loro sarebbe troppo esosa.

    A Trieste hanno chiuso 240 esercizi commerciali tradizionali (quelli che creano indotto tra fornitori commercialisti e dipendenti) mentre hanno aperto solo Kebab, call center per immigrati e negozi legati a catene non triestine.

    Per piacere, non crediamo al lobbismo della grande distribuzione che cerca di succhiare tutto il possibile per compensare i suoi errori di programmazione: Di fatto, a trieste ed in regione, la grande distribuzione ha creato un’offerta tarata su una popolazione pari a tre volte quella effettiva, l’ha fatto in un momento in cui esisteva il credito facile ed a tutti conveniva costruire indipendentemente dalla necessità di questa o quella struttura. Poi è arrivata la crisi. Di fatto, in tutta Italia, indipendentemente dalla legge Ciriani, i cali grossomodo gli stessi.

    Ah, una cosa… non è vero che i negozi aperti a pasquetta abbiano lavorato bene.

  14. Roberto67 ha detto:

    @ Arlon, i clienti non si presentano sempre ma in alcune ore abbastanza regolari, aprire fuori da questi orari ha senso solo se sei molto ma molto grande, altrimenti le spese (personale ma anche utenze) ti mandano in perdita. La Ciriani lascia libera la facoltà di aprire per i piccoli sotto i 400 metri quadri. Se non aprono è, o perchè non possono o perchè ci rimettono.

  15. Roberto67 ha detto:

    @Paolo, tu scrivi negozi, ma bisogna legere direzione dei centri commerciali. I singoli negozi, potessero, nei festivi sceglierebbero di chiudere. Di fatto i costi nei centri comemrciali sono altissimi ed escludono dalla possibilità di lavorarci tutte le aziende che non siano abbastanza grandi da essere finanziate. Quanti sono gli esercizi “triestini” interni alle torri?

  16. una mamma ha detto:

    @Roberto67 scusami ma il problema dei figli minori non è solo delle lavoratrici che vanno a lavorare la domenica ma di tutte le mamme lavoratrici

  17. Paolo ha detto:

    @ Paolo Rovis,
    ma si rende conto di quanto costa un dipendente? E di che squilibrio economico c’è tra il piccolo commerciante e le grandi catene distributive?
    Perché crede che le grandi strutture spingano per le aperture domenicali? Perché sanno che i piccoli non possono reggere il confronto, se non a fronte di disumani sforzi personali dei proprietari, costretti a rinunciare alla propria vita privata per incassi da fame che nella maggior parte dei casi non coprirebbero le spese.
    Continuando su questa strada, oltre ai danni già fatti assisteremo alla desertificazione dei rioni, ridotti a dormitorio, privi di quel servizio sociale che i negozi di quartiere svolgono con professionale umanità.
    Quando il mercato sarà in mano alla “grande distribuzione” dovremo pagare i servizi sociali per far consegnare le spese alimentari e di prima necessità agli anziani e alle persone in difficoltà o impossibilitate a spostarsi con le automobili. Situazioni queste già verificatesi in altri Paesi “evoluti”.
    Il commercio a Trieste è in seria crisi e continuare ad agevolare i centri commerciali porterà effetti negativi ancora maggiori sul tessuto economico e sociale della città.

  18. cagoia ha detto:

    @9 Sig. Rovis
    Ma visti i disastri che l’amministrazione Tondo sta facendo per Trieste perchè i consiglieri triestini del PDL non lo sfiduciano?
    Conta più la disciplina di partito o la salvguardia degli interessi della città?

  19. Roberto67 ha detto:

    @Mamma: i nido sono anche finanziati dall’iva versata in regione, le catene dei negozi non hanno sede in regione, avrebbe senso favorire che in regione paga. Comunque, oltre a i nido ci sono anche le materne, le elementari e le medie, i ricreatori ed i vari doposquola. Comunque, I nido nella settimana sono pochi, nel week end nessuno. Senza contare che non è che i dipendenti possano, in pratica scegliere. Se gli viene detto “tu ti fai la domenica” se la devono fare. Quini, la madre che avesse risolto il problema in settimana come se la caverebbe nel week end? In altre regioni, ad es l’emilia, il dibattito c’è. Da noi ci si preoccupa che i supermercati non reggono. Sarà per interesse personale di qualcuno?

  20. Roberto67 ha detto:

    @Cagoia

    La ciriani, e quindi Tondo, è un bene per l’economia triestina. A parte pochi supermercati che per causa sua non possono ampliare ancora i loro affari, e sappiamo quali e di chi sono, vengono favorite le imprese locali e sfavorite quelle con sede fuori regione.

  21. pierpaolo ha detto:

    Ma a Vienna tengono aperto la domenica? e a Berlino? e a Parigi?

  22. Paolo Rovis ha detto:

    @Paolo, 17. Sono titolare di una piccola azienda, con sette dipendenti. Mi rendo conto benissimo di quanto costano. Infatti la differenza sostanziale di impostazione è che anziché una legge che obbliga a far qualcosa, preferisco la libertà – non l’obbligo – di fare qualcos’altro. A discrezione dell’imprenditore che sa farsi i suoi conti meglio di qualsiasi legislatore.

    @Cagoia, 18. Mai detto nè pensato che “l’amministrazione Tondo sta facendo disastri”. Anzi. Semplicemente una legge è, a mio avviso, sbagliata. Gli errori (pochi, pochissimi 🙂 ) può commetterli anche il centrodestra. L’importante è riconoscerli e correggerli.
    I consiglieri regionali triestini del PdL sono in linea con le posizioni mie, del Comune e di tanti altri. Sono, come ogni legislatura, esigua minoranza rispetto ai consiglieri espressi dal resto della Regione.

  23. Paolo ha detto:

    @ Paolo Rovis, 22
    Le leggi devono tutelare la società, che ovviamente è composta da soggetti deboli e forti.
    L’anarchia commerciale, che mi sembra lei auspichi, privilegia invece la “legge del più forte” che mal si coniuga con il bene comune.
    L’imprenditore (ed io lo sono) come lei giustamente scrive sa farsi i conti. Peccato che i conti fatti dall’imprenditore tendono necessariamente e comprensibilmente a tutelare se stesso e la propria azienda.
    Il mercato e il tessuto sociale di una città come Trieste sono complessi e la sua semplificazione del “ognuno faccia come crede” le dirò che la trovo superficiale

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