Un cittadino senegalese che aveva presentato domanda di regolarizzazione tramite la Sanatoria del 2009 è stato espulso dalla Questura di Trieste. Una questione di cui Bora.la s’è occupata già a inizio marzo, descrivendo i dettagli del caso di N.N., convocato negli uffici di via Tor Bandena e rimpatriato nel giro di dodici ore, senza che ne fosse informato nemmeno il suo datore di lavoro.
I funzionari giuliani hanno contestato al cittadino senegalese una condanna per mancata ottemperanza a un decreto d’espulsione precedente alla domanda di regolarizzazione. Un simile illecito costituirebbe quindi causa ostativa alla sanatoria, come recentemente affermato dal capo della polizia Manganelli. Il caso triestino potrebbe dunque fare scuola nel resto d’Italia.
Numerosi esperti del settore trovano però del tutto immotivata l’interpretazione della Questura di Trieste. A detta di Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà, un simile approccio sarebbe illogico. L’obiettivo della sanatoria è infatti quello di regolarizzare dei lavoratori clandestini che- in quanto tali- potevano essere colpiti da uno o più decreti d’espulsione. In altre parole, gli ex clandestini non potrebbero beneficiare della regolarizzazione proprio per un illecito connesso alla condizione stessa di clandestinità, il che genererebbe un circolo vizioso evidente.
Queste e altre ragioni saranno sostenute da un gruppo di datori di lavoro e cittadini, in una conferenza stampa aperta alla cittadinanza che si terrà al Caffè San Marco giovedì 1 aprile alle 11. In quest’occasione- cui parteciperanno anche Margherita Hack, Pino Roveredo e don Mario Vatta, senza contare il contributo video di Moni Ovadia– il Comitato presenterà il testo di una petizione, già sottoscritto, fra gli altri, da Boris Pahor, Claudio Magris, Paolo Rumiz, Roberto Vecchioni, Veit Heinechen e Fabrizio Gatti.
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