12 Marzo 2010

Mega progetto per il porto Unicredit, Venezia non ci sta

di Walter Goruppi

Come si inquadra il ruolo del porto di Trieste nella portualità nazionale?

Occorre precisare che il porto di Trieste, così come le altre realtà portuali nazionali, ha beneficiato a partire dagli anni ’90 della fase positiva di sviluppo globale del Mediterraneo che ha visto un’espansione dei traffici marittimi Est/Ovest attraverso il suo bacino; ma, a differenza di altre realtà portuali mediterranee, la fase di crescita si è esaurita, mentre in altri porti mediterranei (p. es. Marsiglia, Algeciras) la forza propulsiva si faceva ancor più rilevante. Di certo ha pesato la minore crescita economica nazionale, le dimensioni delle infrastrutture portuali, il rischio di congestione e le inadeguate connessioni con l’entroterra e la rete di trasporto europea. Un elemento di vantaggio, solo parzialmente sfruttato, è stato il suo ruolo di portale centro-europeo, in alternativa ai porti del Nord, seppur penalizzato dai collegamenti precari.

Attualmente, il porto della città giuliana è, per importanza, il secondo d’Italia dopo Genova, con un volume di traffico che nel 2009 ha raggiunto i 44,4 milioni di tonnellate (contro, per esempio, i 25 milioni della vicina Venezia). Di questi, tuttavia, ben 34 milioni sono relativi al flusso di petrolio scaricato presso il terminal dell’oleodotto Transalpino.

In quale misura la composizione dei flussi commerciali è determinante al suo sviluppo?

Come evidenziato, una prevalente quota di merci che passano per il porto è rappresentata da combustibili (il 79% del totale). Per contro, sono appena 2,9 milioni quelli legati al traffico di container, corrispondenti a 277 mila unità (sempre nel 2009), peraltro un dato in evidente flessione rispetto ai 336 mila dell’anno precedente. E poco più di un milione e mezzo di tonnellate sono le rinfuse solide, anch’esse in calo. E, pur in un quadro di crescente domanda di energia e quindi di rilevanza strategica di Trieste quale terminal energetico europeo, la lotta tra porti viene fatta principalmente sul volume di container manipolati. In questo caso, Trieste evidenzia un quadro molto limitato, rispetto alle realtà del Nord e dello stesso Mediterraneo.

Quali sono i maggiori competitori dell’area?

Di fatto, i concorrenti li abbiamo proprio vicino. Per esempio, parlando sempre di contenitori (container), tipologia di trasporto ormai diventata la più utilizzata per i viaggi non solo marittimi di lungo tragitto, sia Venezia che Koper/Capodistria continuano a fare meglio di noi. Nello stesso periodo (l’anno 2009), Venezia ha raggiunto le 369 mila unità (seppur in lieve calo) e Koper/Capodistria le 343, quest’ultima confermando la sua costante crescita – raddoppiando il dato di appena cinque anni fa. E Fiume/Rijeka incrementa persino, nonostante la crisi, risultato degli importanti investimenti effettuati negli ultimi anni garantiti dal progetto Gateway (fase 1 e 2) finanziato dalla Banca mondiale. Lo stesso è del resto successo anche a Koper/Capodistria, dove lo Stato è fortemente impegnato nello sviluppo del porto. E lo sarà ancor di più in futuro.

Quali sono le prospettive di ripresa e sviluppo del porto di Trieste?

Il porto sta vivendo una fase che, nella migliore delle ipotesi, potremmo definire di stasi; esistono noti programmi per il suo sviluppo, ma mancano i fondi pubblici già promessi. Va tenuto conto che gli interventi devono attuarsi su due piani distinti ma interdipendenti: l’ampliamento e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali stesse e un necessario potenziamento delle connessioni con la rete infrastrutturale di trasporto stradale e sopratutto ferroviario del retroterra. Ciò inevitabilmente implica il coinvolgimento di molteplici attori. Di recente (inizio febbraio) è stato annunciato un ampio piano di sviluppo promosso e finanziato in larga parte dall’UniCredit Banca che ha prodotto facili entusiasmi ma ha anche destato non poche perplessità per le sue dimensioni e le prospettive che dovrebbero comportare un rilevante incremento di container (2,5 milioni gia’ nel 2012, decuplicando il dato attuale), coinvolgendo anche il porto di Monfalcone. E permane la necessità del coinvolgimento del pubblico per l realizzazione delle opere infrastrutturali di collegamento ferroviario indispensabili per lo sbocco sul retroterra centroeuropeo. Senza voler dimenticare anche le conseguenze dell’impatto ambientale di un’opera “faraonica” (con nuovi terminal sia a Trieste che Monfalcone).

Al di là dell’effettiva possibilità di realizzare un simile progetto nei tempi previsti (due anni sono scadenze poco reali nel nostro paese), vanno tenute in conto anche le variabili “politiche” che sicuramente incideranno sulla sua fattibilità. Infatti, non appena presentato il progetto, il porto di Venezia e l’intero Veneto si sono lamentati per il loro mancato coinvolgimento, invocando la necessità di una visione di sviluppo “nord adriatica”, dimenticando delle ancor recenti dispute tra gli stessi porti di Venezia e Trieste; quelle stesse che hanno sinora ridimensionato l’accordo NAPA (North Adriatic Port Association), appena siglato – ma dopo rinvii – proprio tra le autorità portuali di Venezia, Trieste, Ravenna e Koper/Capodistria che, sorto con l’intento di costituire un arco portuale da contrapporre alle realtà portuali del Nord Europa, nonostante le intenzioni difficilmente potrà andare, almeno nel breve periodo, oltre a forme di mero coordinamento promozionale comune dell’area nord adriatica.

di Walter Goruppi (analista Informest)

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9 commenti a Mega progetto per il porto Unicredit, Venezia non ci sta

  1. jacum ha detto:

    Scusa Walter, analista vuol dire che sei un dipendente pubblico o un consulente freelance?

    grazie

  2. Aldo Flego ha detto:

    Goruppi lancia un argomento interessante, su cui può innestarsi un dibattito efficace, per l’area giuliana, e per tutte le realtà geo economiche che rappresentano l’hinterland di riferimento. Già più volte su bora.la sono stati approfonditi i temi della nostra portualità, ne ho scritto anche io.
    Goruppi si chiede: Come si inquadra il ruolo del porto di Trieste nella portualità nazionale?
    La risposta può essere immediata (e, con simpatico riferimento a quella ormai ben nota pubblicità, bisogna ben fissarsela nella zucca…): esiste nella nazione italiana un’altra portualità che ha caratteristiche di extradoganalità e extraterritorialità come quella triestina? Un parere, su cui riflettere e lavorare.
    Papa Woitila: L’internazionalità e la libertà possono essere considerate a giusto titolo i due elementi caratteristici del ruolo sociale ed economico di questo Porto e della popolazione di Trieste, che qui trova uno dei suoi maggiori punti di riferimento.
    http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1992/may/documents/hf_jp-ii_spe_19920502_porto-trieste_it.html
    Poi a livello universitario si trovano infiniti approfondimenti, per capire ciò che – forse – qualcuno sta dimenticando…
    Ma Trieste, la Venezia Giulia, non dimenticano.
    Bisogna essere uniti e condividere queste realtà.

  3. marcus ha detto:

    @Walter
    il problema del porto di Trieste è di natura giuridica ciòè il porto xe territorio internazionale (extraterritoriale e non solo extradoganale) il che significa che ha una propria legislazione che fa del territorio del porto uno stato giuridicamente assestante. Ora la domanda che si pone è, chi è chiamato ad amministrare questo territorio (porto) se la legislazione internazionale non prevede un amministrazione italiana e del Unione Europea? Caro Walter il porto di Trieste è un porto che vale più di “oro collato” se si riesce ad attuare questa legislazione che è stata sospesa nel 1954!
    Ognimodo corraggio, ci stiamo lavorando per per attuarlo e se voi più informazioni rivolgiti al http://www.portoliberotrieste.org .

  4. jacum ha detto:

    é ovvio che venezia non ci sta.

    per me possono buttare i soldi, quelli che intendono investire, tutti su Monfalcone!

    polo energetico di Trieste: non serve!!! e non ne abbiamo bisogno grazie!!

    i veneti che continuassero con le piattaforme per la produzione di gas naturale.
    a largo di venezia ci sono importanti giacimenti sfruttabili di gas, ma nessuno fa un bel niente. si propone piuttosto rigassificatori ovunque, come funghi!

    Se faranno a Trieste il rigasificatore vuol dire che sará volontá italian quella di affossare DEFINITIVAMENTE il Porto di Trieste.
    in effetti, dopo questa lunga agonia, che cominció nel 1919, terminerá con il 2013 data di “operation” dell’impianto di gassificazione e quindi con la morte delle attivitá portuali.

    il PORTO potrá cambiare anche nome: POLO, il porto col buco in mezzo!

  5. Triestin - No se pol ha detto:

    jakum te ga ragion Polo con el buso in mezzo altro che energetico, bisogna moverse con sto benedeto porto libero prima che i romani e i vari suporter locali rovini per sempre sta città…No se pol tornar indrio ma andar avanti
    e no se pol perder anche questa ultima occasion…. Trieste ai triestini

  6. jacum ha detto:

    Carissimo Triestin,

    come te gaverà gavù dala tua esperienza de vita: le ocaxioni no capita ogni giorno!
    le ocaxioni va ciolte al volo perchè dopo no le torna più. eno te pol tornar indrjo.

    xe ancora una sola azion per far RInaser Trieste a cità importante, ricca, considerata, RIamata, dove che finalmente se trova lavor, se pol far bisnez, dove te pol viver sereno senza sto clima de odio e razismo che sufia sula Nostra Triste da tropi ani.

    anca el più mona dei moni sa che el CUOR dell’economia de Trieste XE EL PORTO, e lo saveva anca i taliani che xe rivai qua nel 18 impadronindose del porto e dela cità.
    el bocon amaro che no me va zo xe veder sti fenomeni de politicanti nostrani fortemente ligaj con quel poter de roma. sti mati i fa solo el VOLER de sti altri e insempiando e immonendo la zente con proclami e false notizie e propaganda a biondo dio i tien in man i triestini. Ma intanto Trieste la mori….la xe moribonda, lasada là a tirar gli ultimi respiri e rantolando la ciama i suoi fioj, i Triestini. la ciama, la ciama come una mama ciama i suoi fioj per gaver un ajuto e per poder dar un ultimo baxo e careza a sti fioj tanto ingrati e distrati…

    ghe xe una ocaxion che no se pol lasarla ndar de novo via, questa ocaxion se ciama PORTO LIBERO DE TRIESTE. i Triestini devi svejarse e capir chi che ghe xe acanto, quele persone che NO I VOL EL BEN de TRIESTE, ma solo che le robe rimani cusì come che le xe….Trieste moribonda e abandonada!
    Trieste ciolta pel cul e derixa, Trieste mistificata, falsata e distorta. Trieste come strumento di una italianità fittizia.

  7. augh ha detto:

    Zita di Borbone-Parma: “I Triestini sono molto delusi dell’Italia. Era da prevederlo, poichè l’Italia ha porti tanto belli, che questo scalo decentrato e senza retroterra italiano, non le è di alcuna utilità. E’ stata solo l’invidia e nient’altro, che ha fatto ingoiare Trieste da parte dell’Italia, ed il desiderio di dominare da sola l’Adriatico. Non potevano utlilizzarla, avevano promesso mari e monti ai triestini e la 1° cosa che hanno fatto è stato di smontare le grandi gru e portarle nei porti italiani.

    Noi dovevamo pagare ogni anno 1 milione di corone per dragare il Porto di Trieste. Questo, gli italiani hanno smesso di farlo, avendo altri porti che non gli costano nulla o quasi”.

  8. augh ha detto:

    scusate, scordavo: “Tamara Griesser Peckar, Zita l’ultima imperatrice d’Austria, Editrice Goriziana” € 23 nei supermercati Bennet.

  9. fulvio 45 ha detto:

    Mi come ex dipendente dell ente porto di go solo questo. Butar so il bagno ausonia e far terminal xla grecia ,molo 6 buttar so tutto e con i ruvinazzi impegnir tra il58 64

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