24 Gennaio 2010

(Non) è un paese per vecchi

di Luigi Vianelli

Anni fa m’hanno insegnato che nella storia non sono esistiti degli Stati che hanno conosciuto un’importante fase di economia espansiva in presenza di un decremento demografico costante e di un invecchiamento medio della popolazione.
La cosa mi è tornata in mente analizzando le ultime statistiche demografiche dell’ISTAT, che riguardano il periodo gennaio-agosto 2009.

In questi otto mesi, il Friuli – Venezia Giulia è passato da 1.230.936 a 1.233.390 abitanti. Un aumento quindi: dello 0,19%, ma pur sempre un aumento. Eppure se andiamo a scorporare il dato ci accorgiamo che il saldo naturale della regione (differenza fra nati e morti) è negativo per 2.792 persone. Solo grazie all’immigrazione di 5.246 persone il segno più appare nelle statistiche. La regione attira quindi immigrati.

E’ interessante notare che fra le tre regioni del Nord-Est Italia, il Friuli-Venezia Giulia è l’unico a mostrare questo trend: il Trentino Alto Adige e il Veneto presentano un dato positivo in questi otto mesi, sia nel saldo naturale (1.369 il TAA, 1.938 il Veneto) che nel saldo migratorio (6.353 il TAA e addirittura 25.172 il Veneto).

I morti hanno superato i vivi in Friuli-Venezia Giulia in tutti gli anni del nuovo millennio, con una punta massima di -4.948 persone nel 2003.

I dati delle province

Altri dati interessanti possono derivare dallo spaccato per provincia: a Udine il saldo naturale da gennaio ad agosto del 2009 è in negativo per 1.090 unità mentre quello migratorio è positivo per 4.202 (+3.112 in totale); a Gorizia il primo dato è in negativo per 399 unità, mentre il secondo è positivo per 464 (+65 in totale); a Pordenone -79 e +1.158 danno come differenza +1.079; a Trieste i morti superano i nati per 1.224 unità, mentre il saldo migratorio è positivo per 1.388 (+164 in totale).
In pratica, se non ci fossero stati gli immigrati il Friuli Venezia Giulia avrebbe perso fra il 2000 e il 2008 oltre 31.000 abitanti: un numero pari alla popolazione di tutti i comuni della provincia di Trieste, escluso il capoluogo.

In Slovenia e in Croazia

I dati sloveni della fine degli anni ’90 indicavano un decremento costante della popolazione, poi il trend s’è invertito: dal 2000 in poi il numero degli sloveni è sempre aumentato, in una percentuale più o meno pari allo 0,5% annuo. Anche in questo paese l’apporto dell’immigrazione è decisivo: nel 2008 quasi tutto l’aumento demografico è derivato proprio dal saldo netto positivo fra emigrati ed immigrati.

Il discorso per la Croazia è invece molto più delicato: la popolazione complessiva è diminuita anno dopo anno a partire dal 2000 in poi (con unica eccezione il 2005), passando dai 4.554.000 abitanti del 1999 ai 4.434.000 di fine 2008 (-2,63%). Il problema della Croazia non è solo quello del saldo naturale, che è negativo dal 1991 ad oggi, ma anche quello del saldo migratorio che non riesce a supplire al “buco”, come invece accade in Friuli-Venezia Giulia.

E’ interessante però notare che i numeri della Contea Istriana, tradizionalmente una delle più dinamiche dell’intero Paese dal punto di vista economico,– sono in controtendenza: da 201.964 abitanti nel 1991 a 206.344 nel 2001, ed una stima per il 2008 che supera i 208.000.

Una conclusione parziale

Nonostante su questo tema fioriscano analisi anche contraddittorie, la maggior parte degli studiosi ritiene che un sistema economico che preveda una serie di servizi quali l’assistenza sanitaria pubblica (come in tutti i Paesi qui considerati), la pubblica istruzione, l’indennità di disoccupazione e un sistema pensionistico, necessiti di una struttura demografica il più possibile “piramidale” (molti giovani e poi a scalare sempre meno anziani). E questo non si può ottenere senza nascite.

Per cui o in Friuli Venezia Giulia s’iniziano a fare più figli, oppure bisognerà continuare ad accogliere sul nostro territorio qualche migliaio di immigrati ogni anno. Certo: a botte di 5.000 all’anno, in vent’anni questi ultimi – considerando anche quelli che già ci sono e i loro figli – diventeranno oltre il 20% del totale. E quindi volenti o nolenti dovremo imparare a conviverci.

Però è straordinariamente meglio questa prospettiva rispetto a quella croata: se non s’invertirà il trend nel 2040 il paese si troverà a scendere sotto i 4 milioni di abitanti: lo stesso dato del 1953. Gli statistici croati hanno già previsto che nel 2051 il totale degli abitanti sarà di 3.714.300, il che praticamente farà tornare la Croazia agli anni dell’immediato dopoguerra: un giro di valzer in trent’anni, con l’enorme differenza che fra quarant’anni la maggioranza assoluta dei croati supererà i 55 anni.

63 commenti a (Non) è un paese per vecchi

  1. matteo ha detto:

    accogliere immigrati o fare piu fgli sono due cose diverse

  2. marisa ha detto:

    Considerato che l’Italia è un paese a densità abitativa elevatissima (fattore non preso in considerazione dall’articolo); considerato anche il tasso molto elevato di disoccupazione (altro fattore non preso in considerazione dall’articolo); considerato che il tasso di presenza di immigrati sta diminuendo perchè questi sono i primi ad essere espulsi dal sistema produttivo……

    Tirate voi le conclusione!

  3. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ marisa

    “Il tasso di presenza di immigrati sta diminuendo”.

    In base a quale statistica nota?

    L.

  4. matteo ha detto:

    la popolazione del fvg è fatta da quella attuale autoctona, gli immigrati non contribuiscono a portare in positivo la popolazione autoctona del fvg ma portano la loro, sono due popolazioni completamente distinte che non centrano l’una con l’altra, il flusso immigratorio non porta ringiovamento alla popolazione del fvg

  5. milost ha detto:

    La popolazione secondo me è fatta da persone fornite di corpo fisico e metafisico, che respirano, calpestano il suolo, espletano tutte le loro funzioni vitali compresa quella di riprodursi e tutte le loro funzioni intellettuali e animiche. Il carabiniere calabrese con moglie e figli è popolazione quanto me e quanto la famigliola nigeriana che porta i bimbi al’asilo insieme ai miei figli ed ai vostri, Ecchepalle questi discorsi!

  6. Cristiano ha detto:

    @5

    Straquoto.

    I problemi che sorgono intorno a forti ondate immigratorie esistono, vanno discussi, possibilmente risolti,
    questo e’ sicuro.

    Ma l’affermazione di Milost ci voleva per stroncare subito il ripetersi delle solite litanie criptonaziste che sono gia’ apparse in questo blog e rischiano di riapparire.

    Se alla base non c’e la tolleranza (anche verbale) non si risolve proprio nulla.

    Rimanendo col baricentro sul tema della popolazione, sarebbe interessante avere una cifra dei “figli del FVG” (per carita’ non tanti, pero’ mi sembra in aumento negli ultimi anni)

    che se ne sono andati per cercare altrove uno standard di vita adeguato alla propria voglia di emergere visto la frustrante situazione di casa FVG-Italia.

  7. bulow ha detto:

    da un intervento di moni ovadia all’ universita’ di genova:

    “Stranamente lo straniero ci abita, è la parte nascosta della nostra identità, la parte che destabilizza la simpatia e l’empatia familiare, che decostruisce l’abitazione, la parte oscura e inquieta. Riconoscerla in noi ci risparmia la vergogna di odiarla nell’altro. Il vero problema della difficoltà che abbiamo con lo straniero è perché non riconosciamo lo straniero che è in noi, che è la parte più anticonformista, quella più slegata dal comunitarismo, è quella più ribelle che scalpita e di cui abbiamo una terribile paura perché la parte predominante in noi è conformista e vuole stare tranquilla.”

  8. ciccio beppe ha detto:

    Morale del post? Non si muore abbastanza?

  9. marisa ha detto:

    In una situazione di recessione con forte disoccupazione i primi ad essere esplusi dal sistema produttivo sono gli immigrati. Questo è un dato oggettivo non discutibile. Oltre a questo, professioni che in una situazione di stabilità economica non sono gradite agli italiani, in periodo di recessione e disoccupazione ritornano ad essere occupati dagli italiani. Un esempio? Fino a due anni fa c’erano pochissime badanti italiane. Quasi tutte provenivano dai paesi dell’est. Oggi i corsi per badanti sono richiestissimi dalle italiane, spesso in cassaintegrazione o alla ricerca di un posto di lavoro. Che alla fine del corso, ovviamente si offrono come badanti referenziate, alla famiglie o case di riposo. Anche un lavoro faticoso come questo va bene quando non riesci ad arrivare a fine mese. E questo è solo un esempio.

  10. ciccio beppe ha detto:

    professioni che in una situazione di stabilità economica non sono gradite agli italiani

    E’ la palla del secolo. Se gli italiani venissero pagati il giusto gradirebbero raccogliere anche le arance e i pomodori a Rosarno. Ma le leggete le statistiche? Siamo il Paese d’Europa che paga di meno i salari!

  11. Cristiano ha detto:

    @8

    >professioni che in una situazione di >stabilità economica non sono gradite agli >italiani, in periodo di recessione e >disoccupazione ritornano ad essere occupati >dagli italiani.

    vero, e’ una realta’, non assoluta ma cmq una realta’ bella pesante

    >Questo è un dato oggettivo non discutibile.

    Mi chiedo se sia effettivamente oggettivo nel caso FVG-Italia, non ho dati alla mano da fonti credibili,

    di fondo ho capito cosa intendi, il trend solitamente credo dovrebbe essere quello che indichi tu

    ma se dovessi basarmi solo sulla mia percezione quotidiana direi che non e’ molto oggettivo, ripeto, non ho dati sotto agli occhi.

    Per cui mi sento di mettere in discussione l’indiscutibilita’, correndo poi il rischio di sbagliarmi, per carita’.

  12. Cristiano ha detto:

    #9

    >Se gli italiani venissero pagati il giusto >gradirebbero raccogliere anche le arance e i >pomodori a Rosarno.

    Problema: chi e’ che decide qual e’ il giusto?

  13. Wehrle ha detto:

    Il ragionamento di Marisa (non suffragato da dati oggettivi) vale per il breve periodo (attuale stato di crisi), non per il lungo periodo (la crisi avrà pure una fine), quale quello preso in considerazione nell’articolo. Il dato che vede un’aumento degli immigrati mi sembra realistico. Inoltre, sono gli stessi imprenditori a chiedere regolari ingressi di stranieri.

  14. ciccio beppe ha detto:

    Cristiano io stabilirei che assumere lavoratori in nero e pagarli una miseria non sia giusto e i responsabili vadano puniti severamente. Ma a questo punto la domanda la faccio io: si vuole punire veramente chi assume in nero?

  15. ciccio beppe ha detto:

    Poi potremmo stabilire che non sia giusto tassare la cassa integrazione. Cosa che puntualmente avviene. Potremmo anche stabilire, così tanto per dirne una, che le tasse sul lavoro dipendente sono un tantino alte, più alte di quelle sui proventi del traffico di armi e di droga (ultimamente stabilite per decreto al 5%) e più alte di quelle sulle rendite finanziarie.

  16. Cristiano ha detto:

    @13

    Ti do la mia risposta: no.

    Perche’ se per punire (leggi: far restiruire il maltolto da) un “imprenditore” che assume in nero, gia’ straarcinoto a sindacati e ispettori del lavoro per gli stessi identici fatti,

    ci vogliono cmq testimoni che non saranno i tuoi compagni di sventure perche’ non vogliono perdere neanche il lavoro in nero, e non saranno altri che non vogliono finire impelagati,

    e ci vogliono soldi (60 euri alla CISL) per farsi fare calcoli quantificativi del maltolto,

    direi che, no, non lo si vuole punire veramente, lo si vuole lasciar fare.

    Pero’ da un’altra parte c’e’ un altro aspetto che preme: il mercato.
    E a volte e’ il mercato a fare i prezzi e non la legge dello stato (per quanto si impegni).

    E, di piu’, alcune (credo pochissime in Italia oggi) volte il mercato ha addirittura piu’ ragione della legge.

    Non voglio assolutamente sfidare il tuo ragionamento Ciccio Beppe, solo rendere visibile che personalmente vedo la faccenda piu’ complessa di quello che sembri.

  17. ciccio beppe ha detto:

    Dovremmo cominciare a rivedere la critica al nostro consumo. Io ho avuto di che meditare dopo aver letto questo articolo.
    http://www.edizioniambiente.it/repository/rassegna/pearce-espresso.pdf

  18. Cristiano ha detto:

    @16

    ma quanto hai ragione.

    Io personalmente ho deciso di dare una revisione completa ai miei consumi proprio in ‘ste settimane,

    convinto definitivamente dalle polpettine svedesi surgelate dell’IKEA a 4 euro: mal di stomaco per due giorni!

    Sai cosa bisogna fermare? la folle corsa al prezzo piu’ basso ad ogni costo.

    Spendere di piu’ per spendere di meno!

  19. ciccio beppe ha detto:

    La storia è piena di boicottaggi di beni provvenienti dallo sfruttamento dei deboli. Le clementine calabresi non dovrebbero fare eccezione. Boicottare un bene “made in Italy” può essere controproducente per chi ha interesse a difendere la produzione nazionale ma non può esserlo per chi tiene ai diritti dei lavoratori.

    PS non si tratta di spendere di più. Si tratta di spendere in ciò che non è frutto di ingiustizie e che magari può aiutare i paesi più poveri a risollevarsi.
    Negli ultimi anni è sorta una specie di mistica del chilometro zero. Mandando un messaggio contrario a chi fino a poco tempo fa comprava ‘equo’. Dove stà il giusto?

  20. milost ha detto:

    Facciamo le cose in piccolo, Cristiano. I miei genitori hanno avuto due figli, mio fratello nessuno,io di figli ne ho due. Mi pare che incremento non ci sia, non trovi? P.S.: cosa ti viene in mente a comprare surgelati, per di più polpette, per di più Ikea?

  21. marisa ha detto:

    Ci sono i raccoglitori di pomodori, ma anche i muratori in regola e assunti con tanto di contratto nazionale: sono in gran parte provenienti dai paesi dell’Est (soprattutto albanesi).

  22. massimiliano ha detto:

    il discorso sui consumi mi sembra una delle strade percorribili per cercare di migliorare il proprio e l’altrui status economico (piccole gocce, ok, però se siamo in tanti prima o poi il risultato si vede e si “sente”).
    non è detto però che “spendere di più sia spendere meno”.
    bisogna fare dei distinguo in tal senso.
    ok x dire di no alle polpettine avvelenate e perdipiù surgelate, però voglio ricordare che ci sono dei discount (lidl, eurospin), dove la qualità è decisamente buona ed il risparmio concreto.
    quindi, non sempre la marca o il negozio della catena più “in”, sono sinonimo di qualità a prezzo valido.
    penso sia questione di educazione ai consumi, più che di marchi.
    prendiamo gorizia, con una delle lidl più grandi e ben fornite. so che qualcuno prova ancora schifo ad entrarci. io mi ci trovo benissimo.

  23. ciccio beppe ha detto:

    marisa: era mia intenzione includere nel discorso anche i contratti nazionali di lavoro.
    Per alcune categorie siamo poco sopra la soglia di sopravvivenza anche con un contratto regolare in mano. Ripeto: non sono lavori che gli italiani ‘schifano’. Sono le paghe (e quindi i contratti) per quei lavori che sono vergognosamente basse.

  24. Cristiano ha detto:

    @18

    > non si tratta di spendere di più.

    fino a un certo punto!

    Ti giuro, se io guardo indietro ai miei ultimi, metti, 100 acquisti, mi rendo conto che c’era piu’ alta probabilita’ di fare un buon acquisto se spendevo (anche molto) di piu’ che non quello che ho speso alla fine.

    Ricuciamo con l’articolo: quante aziende hanno delocalizzato in paesi dove la manodopera costa di meno? Quante sono tornate indietro perche’ si sono rese conto che non era “un buon acquisto”?
    Quanto questo ha influito sulla numero di abitanti della regione (meno lavoro, meno figli, piu’ emigrazione,…)?

    Secondo me il KM zero non e’ ancora arrivato al punto di mistificazione, e’ ancora distante.
    Io devo ancora fare uno sforzo enorme per non fermarmi a prendere il pane al supermercato piuttosto che al panettiere.

    Ho sentito che sta chiudendo la, come si chiama, Pasticceria Inglese?, a Gorizia…mi confermate?

    Se si, quanti ex-dipendenti si sposteranno da Gorizia per trovare un lavoro?

  25. Cristiano ha detto:

    >cosa ti viene in mente a comprare surgelati, >per di più polpette, per di più Ikea?

    ‘vara, go’ il gusto de provar tutto, iera la prima volta che andavo a un’IKEA in vita mia…iera anche l’ultima! (almeno per un po’ de anni…)

  26. marisa ha detto:

    commento 23

    Il problema in Italia è che una fetta molto elevata del salario è composta di tasse e contributi vari. Per quanto riguarda il fatto che ci sono categorie di lavoratori con stipendi contrattuali bassi, è vero. Ma è anche vero che fare il muratore è: faticoso, spesso pericoloso, svolto quasi sempre all’aperto…con qualsiasi temperatura!
    Insomma …..tanti ragazzi italiani preferiscono fare il co.co. per pochi euro, piuttosto che il muratore, anche se pagato di più. Il discorso non è così semplice….

  27. Luigi (veneziano) ha detto:

    Qualcuno ha chiesto qual è la morale dell’articolo.

    La riassumo ancora una volta: per il modo in cui noi abbiamo costruito il nostro stato sociale, se non si fanno figli nuovi bisogna “importarli” da fuori.

    In alternativa, si può alzare drasticamente l’età pensionabile o tagliare lo stato sociale.

    O tutto quanto in contemporanea.

    L.

    PS La “vecchia scuola” marxista avrebbe detto che il mondo occidentale capitalista, alla ricerca di una soluzione per i propri mali endemici ed irresolvibili in quanto fondati s’un sistema bacato per definizione, importava nuovi schiavi dall’estero per riprodurre il predominio di classe.

  28. bulow ha detto:

    luigi

    va bene la battuta, ma marxista non e’ necessariamente sinonimo di coglione. in quella che tu chiami vecchia scuola marxista qualcuno avrebbe anche potuto dire che i lavoratori europei, per non veder diminuire ulteriormente il proprio salario e i propri diritti, dovrebbero battersi affinche’ ai lavoratori immigrati vengano riconosciuti diritti sindacali e politici uguali a quelli dei lavoratori europei. e allo stesso tempo, dovrebbero appoggiare concretamente i movimenti sindacali dei paesi in via di sviluppo.

    il problema della vecchia scuola marxista, come della vecchia scuola liberale, e’ che entrambi i modelli si basano sulla possibilita’ di uno sviluppo produttivo illimitato. purtroppo pero’ viviamo su un pianeta limitato, ed entrambi i modelli devono fare i conti con questo spiacevole contrattempo.

  29. bulow ha detto:

    voglio dire che anche la questione demografica si pone oggi in modo molto diverso da come la vedevano i classici.

  30. bulow ha detto:

    e’ propbabile che, per raggiungere un equilibrio tra crescita demografica e utilizzo delle risorse, sarebbe necessaria una redistribuzione della ricchezza a livello planetario. questa redistribuzione dovrebbe necessariamente portare a stili di vita piu’ morigerati nel mondo occidentale. ovviamente nessun politico proporra’ mai di andare in quella direzione, e cosi’ noi ce ne stiamo tutti a ballare sul ponte del titanic.

  31. milost ha detto:

    A proposito di pane: se voglio vero pane, o si impasta a casa, o si va in Slovenia. Il pane integrale qui è una cosa che non capisco, abbondano però le olive, ma uvette, noci e zucca non è facile trovarle negli impasti, scomparsa la segale e il Kummel, il mais è pallidissimo. In Slovenia ci sono alcune formidabili panetterie, che tra l’altro vedo rifornire con i propri furgoni anche Gorizia, e sfornano pane che ti sfama, che ti sazia anche da solo, che il giorno dopo è ancora commestibile…

  32. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ bulow

    In realtà, parlando della “vecchia scuola marxista” in questo caso non ho fatto altro che ripetere in modo abbastanza pedissequo le analisi che negli anni ’60/’70 provvennero proprio da quella sponda, per analizzare le migrazioni sud/nord.

    Ti cito parola per parola un saggio di quell’epoca: le migrazioni non sono altro che “l’estrazione, trasferimento e consumo di plus-valore creato da lavoro a basso prezzo semi-coloniale sfruttato dal capitale”.

    L.

  33. Richi ha detto:

    Marxisti o non marxisti, e’ sempre andata cosi’: quando una societa’ raggiunge un certo livello di benessere, arrivano altri poveri da lontano. E’ accaduto in Inghilterra, Germania, Francia diversi decenni fa.
    Ora accade, ultimamente forse con meno frequenza, da noi.

    L’immigrato ci guadagna perche’ (parlo del FVG) trova luoghi che gli offrono maggiori possibilita’ e liberta’ rispetto a casa sua, il locale ci guadagna perche’ vi e’ un lavoratore (e quindi conumatore, che accresce il PIL, fa la spesa e paga le pensioni) qui.

    A me l’ipotesi non terrorizza affatto, l’importante e’ porre leggi giuste che tengano alla porta delinquenti, mafie e invasati e trattino con equita’ le brave persone.

  34. bulow ha detto:

    luigi

    so benissimo che dalla “sponda marxista” sono venuti un sacco di sproloqui, soprattutto negli anni ’60-’70. pero’ sono venute anche persone come bruno trentin, tanto per citarne uno.

    su marx io la penso come bertrand russell: se viene trattato con reverenziale timore, come se fosse un profeta, ne deriva solo del male; ma se viene trattato per quel che e’ stato, cioe’ un politico e uno studioso, quindi fallibile e criticabile, allora si trovera’ che i suoi scritti hanno posto e continuano a porre delle questioni a cui non abbiamo ancora saputo dare risposte.

  35. bulow ha detto:

    sono anche quasi certo che molti “marxisti ortodossi” che negli anni ’70 scrivevano frasi dogmatiche come quella che hai citato tu, a partire dagli anni ’90 sono finiti tra le fila degli xenofobi della lega o dell’ estrema destra di matrice tradizionalista.

  36. Julius Franzot ha detto:

    Saro’ primitivo, ma secondo me non e’ un male se gli abitanti diminuiscono. Dovunque andiamo ci sono troppe persone: caselli in autostrada, trattorie dove bisogna prenotare, aerei pieni, disoccupazione… Ma a cosa ci servono tante persone, se non c’e’ lavoro nemmeno per quelle che ci sono? Poi, con la crisi occupazionale in corso, mettere figli al mondo e’ solo assumersi una responsabilita’ che puo’ mettere a rischio la nostra sicurezza di vivere, soprattutto in un Paese dove non esiste un sussidio sociale.
    Chi finanzia le pensioni? Bisogna cambiare il sistema, poco cosa fare. Rescindere il contratto generazionale, aumentare decisamente le tasse oltre un certo reddito (per esempio 200.000 Euro/anno, ma anche piu’ o meno, importa il principio)e organizzare un transfer dall’ Erario all’ INPS.
    Si guadagna troppo poco? In Germania (dove ci sono ORA salari anche di 400-500 Euro/mese lordi) sta infuriando la discussione sul salario minimo. Se questo esiste in Francia, Spagna, Belgio, Svezia, Norvegia e, non ne sono sicuro, anche Slovenia, perche’ non lo si potrebbe introdurre in Italia? Il PD dorme, pensa solo alle poltrone?
    Poi, come si sa quanti immigrati servono, se non esistono statistiche degne di questo nome su tutti i posti liberi? Si istituisca un ufficio di collocamento con struttura autoritaria (obbligo di dichiarare tutti i posti liberi – a qualsiasi livello – e di giustificare per iscritto se non si assume un disoccupato con le caratteristiche richieste) e cosi’ si sapra’ se servono e quanti servono.
    A me mancano le proposte pratiche (anche diversissime dalla mia) nella politica italiana: solo discorsi sui nomi di persone, che sono tutte rigorosamente intercambiabili.

  37. bulow ha detto:

    luigi

    se ti capita, se hai voglia e tempo, prova a dare un’ occhiata al saggio “la citta’ del lavoro” di bruno trentin. l’ avevo letto quando era uscito, nel ’97. l’ho ripreso in mano recentemente, e mi e’ venuta una gran tristezza, nel vedere come avrebbe potuto essere la sinistra in italia e come invece si e’ ridotta.

  38. Cristiano ha detto:

    A me anche viene da pensarla da “primitivo” a volte, che sarebbe meglio se piano piano diventassimo di meno, possibilmente non a colpi di terremoti e maremoti da centinaia di migliaia di morti al colpo.

    Pero’ mi pare lo dica anche Luigi nell’articolo a un certo punto, storicamente non esiste sviluppo socio-economico senza sviluppo demografico…ma e’ proprio vero?

    P.S:
    >In Germania (dove ci sono ORA salari anche di 400-500 Euro/mese lordi)

    Mi fai qualche esempio? non avevo idea, credo che intendi l’ex Germania Est…

  39. bulow ha detto:

    cristiano

    non sono un esperto di economia come te e luigi. anzi, non ci capisco un klinz. pero’ sono ormai trenta-quarant’ anni che l’ idea di uno sviluppo indefinito e’ entrata in crisi. sovrappopolazione, esaurimento delle risorse e inquinamento dovrebbero obbligare tutti a rivedere le proprie posizioni. il sistema capitalistico per stare in piedi ha bisogno di crescere. ma su un pianeta limitato non e’ possibile che questo trend continui indefinitamente. detto in modo grezzo, non e’ la lotta di classe a mettere in crisi il capitalismo, bensi’ la finitezza delle risorse. a me sembra che il mitico mercato, da solo, non sia in grado di autoregolarsi in un contesto simile. pero’ sembra che tutti continuino a crederci, attribuendo al mercato un ruolo salvifico simile a quello che il marxismo attribuiva alla lotta di classe. un bel bagno di umilta’ farebbe bene a tutti, mi pare.

  40. Julius Franzot ha detto:

    @Cristiano: no, intendo la Germania riunificata. Pensa, in caso estremo, che si discute se portare il sussidio sociale a 420 Euro/mese perche’ indurrebbe molte persone a non lavorare (= ricevono meno di questo lavorando). La poverta’ e’ molto piu’ diffusa che 10 anni fa, dovuta allo smantellamento dello stato sociale ad opera di Schröder, che mette le Ditte in posizione di ricattare i dipendenti. Non si vedono poveri per strada (all’ovest) perche’ con il sussidio sociale (ora ca. 360 Euro/Mese/persona + affitto) nessuno muore di fame, ma aumentano i discounter, con prezzi stracciati rispetto all’ Italia, e le case in vendita per debiti non pagati, in seguito a disoccupazione e divorzi (con la vecchia legge, ora un divorziato non finisce piu’ sul lastrico come 3-4 anni fa)

  41. Cristiano ha detto:

    Bulow

    ho trovato il tuo libro, e’ su googlebook, dopo gli do un occhiata.

    Di economia ne capisco meno di te, per questo chiedo se e’ proprio vero che non c’e’ sviluppo socio-economico senza aumento della popolazione.

    Quanti sono pronti al bagno di umilta’?
    Chi sono i modelli che possono aiutare a diffonderlo? Ci sono dei leader mondiali che lo propongono?

    In Cina costruiscono intere citta’ ex-novo che rimangono DI-SA-BI-TA-TE solo per far lavorare il settore edilizio e fare PIL e per dar sfogo al mercaro degli investimenti immobiliari, cioe’ solo come investimento, non abitativo, comprano e poi lasciano la’ a maturare valore senza entrarci dentro o dare in affitto.

    Chi glielo fa fare a questi il bagno di umilta’?

  42. bulow ha detto:

    chi glielo fa fare? the answer, my friend, is blowing in the wind…

  43. ciccio beppe ha detto:

    Anche io non ci capisco niente di economia ma quando sento un professorone di economia parlare mi scorre un brivido lungo la schiena. Fossero stati davvero bravi non si sarebbero messi ad insegnare agli altri come far soldi ma lo avrebbero fatto da soli.

  44. Cristiano ha detto:

    @31 Milost

    c’e’ una panetteria li a Salcano dove sono stato solo una volta per farmi fare un do panini al volo per il viaggio, effettivamente avevano roba proprio buona

  45. Luigi (veneziano) ha detto:

    Apprezzo sinceramente gli interventi di tutti, che ringrazio.

    In linea generale, diciamo che i limiti del capitalismo e soprattutto del cosiddetto “turbocapitalismo” sono abbastanza evidenti. D’altro canto, non riesco proprio attualmente ad immaginare un sistema economico che non sia basato sulla libertà d’impresa all’interno di un quadro condiviso di regole, a meno che non si decida di “comprimere” i diritti tipici di uno stato democratico.

    Riguardo al discorso generale ed in particolare al modello di welfare che ci siamo dati, la questione non è quella di un continuo aumento della popolazione, ma di un corretto rapporto numerico fra le due età nelle quali non si lavora (dalla nascita fino a quando s’inizia a lavorare e poi nella vecchiaia) e l’età in cui si lavora. Giacché la colonna portante del nostro stato sociale prevede – in senso generale – che nelle prime due si brucino risorse, mentre nell’ultima si accumulino.

    Il sistema sarebbe in perfetto equilibrio se:

    1. Ognuno lavorasse.
    2. Ognuno nel periodo di accumulo accantonasse quanto è sufficiente per pagarsi quanto ricevuto nelle età di non accumulo.

    Siccome ciò non è possibile, e la cosa a maggior ragione non è possibile in tutti i sistemi per i quali i lavoratori non riescono ad accantonare per sé, ma di fatto hic et nunc pagano lo stato sociale per tutti, allora è necessario che la fascia lavorativa sia molto ampia e perennemente alimentata da nuove leve.

    Se ciò non si riesce ad ottenere perché da un lato aumenta l’età media e dall’altro non si fanno più figli, allora il sistema si blocca, a meno che non si decida di aumentare l’età pensionabile.

    A quanto per mantenere l’equilibrio? C’è chi dice che addirittura già oggi dovremmo arrivare a 70 anni per tutti, con possibilità di andare avanti fino a 75.

    Ma se il processo di rinnovamento della popolazione è bloccato per anni e anni (cosa che sta succedendo adesso in Croazia) allora i problemi non diventano più solo questi.

    Ad oggi non esistono casi di società economicamente e socialmente avanzate “vecchie”, nel senso che non si riesce ancora a capire come potrebbe modificarsi strutturalmente uno stato l’età media dei cui abitanti sia – mettiamo – di sessant’anni.

    Anche per questo avevo scelto questo titolo: “(Non) è un paese per vecchi”. Potete aggiungere o togliere il “non”, e darvi da soli una risposta.

    D’altro canto, io sono veneziano e voi in gran parte triestini. Siamo in un punto d’osservazione “privilegiata”, nel senso che viviamo in due città fra le più vecchie d’Italia (mi pare addirittura le due più vecchie).

    Qualche effetto pratico forse l’avrete notato. Per esempio: esistono ancora negozi Prenatal et similia (qui dalle mie parti ce ne sono pochissimi fra Venezia e Mestre)? I reparti maternità degli ospedali sono rimasti gli stessi (qui dalle mie parti se ne sono chiusi due)? E così via.

    L.

  46. bulow ha detto:

    @ luigi

    “Il sistema sarebbe in perfetto equilibrio se:
    1. Ognuno lavorasse.
    2. Ognuno nel periodo di accumulo accantonasse quanto è sufficiente per pagarsi quanto ricevuto nelle età di non accumulo.
    Siccome ciò non è possibile, e la cosa a maggior ragione non è possibile in tutti i sistemi per i quali i lavoratori non riescono ad accantonare per sé, ma di fatto hic et nunc pagano lo stato sociale per tutti, allora è necessario che la fascia lavorativa sia molto ampia e perennemente alimentata da nuove leve.”

    io aggiungerei anche che e’ necessario combattere il lavoro in nero, fenomeno che riguarda soprattutto gli immigrati. questo chiama in causa la questione dei diritti di cittadinanza, la legislazione sull’ immigrazione, e anche l’ organizzazione del lavoro. la tesi che sosteneva trentin nel saggio che ho citato era appunto che, nel modello postfordista, tutte queste questioni sono collegate molto strettamente.

  47. bulow ha detto:

    “libertà d’impresa all’interno di un quadro condiviso di regole”

    questo e’ il punto: quale debba essere questo quadro condiviso di regole. stabilire questo quadro dovrebbe essere compito della politica. ma spesso la politica non e’ in grado di svolgere questo compito, per vari motivi. in italia la situazione e’ peggiore che altrove, si pensi solo alla gestione scriteriata del territorio. ho letto che la bonino in lazio avrebbe intenzione di mettere un freno all’ espansione urbana e al consumo di suolo, e di reindirizzare gli operatori del settore verso il recupero o la sostituzione del patrimonio esistente. questo sarebbe un bel passo avanti.

  48. Julius Franzot ha detto:

    Io sono convinto che la base sia proprio “lavorare tutti” e non e’ realizzabile senza un “diritto al lavoro” (in Costituzione). D’ altra parte non e’ realistico aspettarsi che i privati assumano persone di cui non hanno bisogno, quindi e’ necessario che lo Stato si metta in gioco come imprenditore (magari al posto delle agenzie di lavoro interimale, ma con salari anche a chi per il momento non lavora).
    Ovvio che le imprese statali non dovrebbero entrare troppo in collisione con quelle private, operando per esempio in settori tradizionalmente trascurati dai privati (servizi, produzione di p. es. medicinali contro malattie rare, trasporti…). Inoltre lo Stato dovrebbe fare il possibile per ricavare un utile, seppure modesto, da queste attivita’. Come si finanzia se va in perdita? Aumentando le tasse ai redditi altissimi e tagliando gli stipendi ai superburocrati statali.
    Che ne dice Luigi?

  49. bulow ha detto:

    secondo me un settore in cui lo stato non solo potrebbe, ma dovrebbe intervenire, e’ quello della bonifica del territorio. io penso che l’ italia avrebbe bisogno di un immenso lavoro di bonifica. se non lo fara’, oltre a rendersi colpevole dei danni che ne deriveranno alla salute dei cittadini, potra’ ben presto dire addio al turismo.

  50. ciccio beppe ha detto:

    Se tutti lavorassimo, le agenzie per la ricerca del lavoro dovrebbero chiudere. Mettendo così gente sulla strada. E’ un serpente che si mangia la coda.

  51. ciccio beppe ha detto:

    Sullo stato che bonifica il territorio non sono d’accordo.
    Chi rompe paga mi dicevano da piccolo.

  52. bulow ha detto:

    ciccio

    pero’ e’ un dato di fatto che qui nessuno bonifica. allora o lo stato obbliga a bonificare, o bonifica direttamente. poi ci sono situazioni in cui non e’ cosi’ chiaro chi sia il colpevole. ad esempio se in passato lo stato ha autorizzato certe attivita’, pur sapendo che erano dannose, anche lo stato ha la sua parte di responsabilita’. ad esempio: se il prg di una citta’ ha autorizzato la costruzione di capannoni nelle aree golenali di un fiume, anche l’amministrazione di quella citta’ e’ colpevole del danno.

  53. bulow ha detto:

    quel ch ho in mente ad esempio e’ l’intervento del governo americano durante l’ amministrazione di roosvelt, quando si tratto’ di bonificare il dust bowl, causato dallo sfruttamento intensivo del suolo nel midwest.

  54. ciccio beppe ha detto:

    Si potrebbe fare di più.
    Provocatoriamente, se venisse abolita la segretezza del voto si potrebbero far pagare le scelte politiche di un governo (tra cui anche gli eventuali danni provocati da tali scelte) solo ai cittadini che hanno votato per quel governo. Sarebbe più corretto nei confronti di chi si oppone a certe scelte conoscendo a priori i danni futuri che esse comporterebbero.

  55. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ Julius e altri

    La questione dello “stato imprenditore” una volta sottendeva delle precise scelte politiche e pure ideologiche: in senso generale, chi era “di sinistra” riteneva addirittura auspicabile un intervento diretto dello stato nell’economia, mentre chi era “di destra” non lo accettava.

    Attualmente queste divisioni non esistono praticamente più, o per lo meno non in modo così netto. Economisti e politici possono propendere per l’uno o per l’altro modello, abbastanza indifferentemente.

    Io personalmente appartengo alla schiera di coloro i quali ritengono deleterio lo stato imprenditore, in un sistema di mercato.

    Ovverosia: non ritengo possibile che in un regime di libera concorrenza io – privato – possa competere con un altro imprenditore che si chiama “stato”, senza produrre un pastone immangiabile.

    Ritengo invece possibile che certi settori produttivi siano statalizzati in regime di monopolio.

    Sposto molto di più la mia attenzione invece sul sistema delle regole, che dovrebbero essere pensate, create e fatte rispettare proprio per evitare le consuete porcherie tipiche dei sistemi economici lasciati andare a sé stessi.

    All’interno di tutto ciò, un pilastro fondamentale dovrebbe essere il fisco. Nei paesi più “seri” del nostro non si pone nemmeno la questione se il fisco possa o non possa sapere tutto in funzione del pagamento delle tasse: è una cosa normale, visto che da ciò derivano tutti i servizi pubblici e quel tanto di equità e perequazione sociale che un sistema a tassazione progressiva sui redditi dovrebbe garantire.

    La cosa ridicola è che certe regole che qua apparivano e appaiono come leniniste, altrove sono in realtà delle normalissime misure fiscali.

    Esempio: in Gran Bretagna i redditi derivanti dagli interessi dei titoli di stato vanno – secondo certe regole che qua non sto ad approfondire – sommati ai redditi da lavoro, per costituire l’imponibile di una persona. Su questo si pagano le imposte.

    Qui da noi qualche anno fa s’è scatenata una guerra nucleare: i comunisti vogliono mettere le mani in tasca degli italiani! Questo perché Bertinotti aveva proposto questo stesso sistema.

    Al di là del fatto che io sono notevolmente lontano da Bertinotti & Co., non posso però fare a meno di ricordare che in GB chi decise questa misura fiscale fu… Margaret Thatcher!

    Luigi

  56. ciccio beppe ha detto:

    La visione dello stato che non entra nel mercato può essere condivisibile. Il problema è quando il mercato con i suoi colossi come le multinazionali entrano nello stato (soprattutto se questo è debole economicamente). Come può difendersi lo stato?
    Come potevano difendersi gli staterelli dell’America latina nel secolo scorso dagli interessi economici di entità che fatturavano n-volte tanto quanto l’economia nazionale?
    Pesce grosso mangia pesce piccolo sempre e comunque?

  57. bulow ha detto:

    luigi, cosa puoi aspettarti quando il presidente del consiglio afferma, davanti a una platea di fiamme gialle, che il contribuente ha diritto di evadere il fisco se ritiene che le aliquote siano troppo alte.
    ragionando cosi’, quando faccio un esame a uno studente dovrebbe decidere lui stesso che voto scriversi sul libretto.

  58. abc ha detto:

    Premesso che sono favorevole ad una immigrazione controllata e ad una integrazione guidata e favorita, è possibile sapere come mai in Croazia non arrivano immigrati?
    Sono questi ultimi a scegliersi altre mete o sono i croati a rifiutarli?
    Poi mi piacerebbe sapere se le immigrazioni regolare e clandestina in Italia sono aumentate o diminuite nel corso dell’ultima legislatura.
    Grazie

  59. Max ha detto:

    Ecco le frasi citate da Bulow.
    «Ringrazio tutti voi per quello che fate – dice rivolto agli uomini della Guardia di Finanza – voi agite con grande equilibrio e rispetto dei cittadini, nei confronti di chi si vuole sottrarre a un obbligo che qualche volta si avverte come eccessivo. C’è una norma di diritto naturale che dice che se lo Stato ti chiede un terzo di quello che con tanta fatica hai guadagnato ti sembra una richiesta giusta e glielo dai in cambio dei servizi che lo Stato ti offre. Ma – aggiunge – se lo Stato ti chiede di più, o molto di più, c’è una sopraffazione nei suoi confronti: e allora ti ingegni per trovare sistemi elusivi o addirittura evasivi che senti in sintonia con il tuo intimo sentimento di moralità che non ti fanno sentire colpevole». «Noi – conclude – dovremmo arrivare a questo un terzo unanimemente considerato come limite massimo».
    Se Bulow ritiene di chiedere troppo ai suoi studenti, allora metta in pratica la sua idea.

  60. bulow ha detto:

    @max

    non ho capito dove vuoi andare a parare. potresti spiegarti meglio?

    m. prizzi “bulow”

  61. Luigi (veneziano) ha detto:

    @ abc 58

    Cito i dati dell’ISTAT, che ogni anno manda alle stampe uno studio specifico sugli stranieri in Italia.

    Ecco i flussi degli stranieri REGOLARI dal 2002 ad oggi, tenendo conto che il dato è stimato, ottenuto dalla somma degli stranieri adulti con permesso di soggiorno e degli stranieri minorenni iscritti all’anagrafe:

    2002: 1.680.000
    2003: 1.800.000 (+7,1% sull’anno precedente)
    2004: 2.570.000 (+42,8% – Prima sanatoria)
    2005: 2.740.000 (+6,6%)

    Il 2005 è l’ultimo anno in cui l’ISTAT produce delle stime, quindi riporto nuovamente i dati dal 2003, considerando a questo punto unicamente gli stranieri regolarmente residenti e registrati al 1 gennaio di ogni anno.

    2003: 1.549.373 (saldo migratorio al 1.1.2004, quindi flusso del 2003: 411.970)
    2004: 1.990.159 (SM al 1.1.2005: 380.737)
    2005: 2.402.157 (266.829)
    2006: 2.670.514 (237.614)
    2007: 2.938.922 (494.885)
    2008: 3.432.651 (469.526)
    2009: 3.891.295

    Ripeto perché si capisca: il dato a fianco della data è al 1 gennaio dell’anno, mentre il dato fra parentesi è il saldo migratorio con l’estero dal 1 gennaio al 31 dicembre, sempre di quell’anno.

    Non ci sono ancora i dati al 1 gennaio 2010 e il saldo migratorio del 2009.

    In Croazia in realtà il saldo migratorio netto dal 2004 è sempre positivo, ma come ho scritto non riesce a supplire al buco del saldo naturale, pesantemente negativo ogni anno.

    In particolare, nel 2004 il saldo netto migratorio è stato di circa +11.500, nel 2005 +8.000, nel 2006 +7.300, nel 2007 +5.600, nel 2007 +7.100 (non ho i dati del 2008 e del 2009). Anche questi dati vanno però letti con attenzione, giacché la grande maggioranza di quelli che immigrano in Croazia (8.172 su 14.541 nel 2007) è costituita da abitanti della Bosnia Erzegovina. Bisognerebbe studiare più approfonditamente i flussi, ma io sospetto si tratti di bosniaci in possesso della doppia cittadinanza bosniaco/croata (i croati della BiH ricevono praticamente a semplice richiesta il passaporto croato, e votano regolarmente alle elezioni croate) che scappano dalla difficile situazione economica della loro terra. Una sorta di “croati di ritorno”, se così si può dire.

    Il problema dei croati quindi è che non fanno figli!

    Perché la Croazia non attira immigrati in maggior numero? A naso io dico che un immigrato del terzo mondo fra un paese dell’UE e la Croazia sceglierà sempre un paese dell’UE. Questo indipendentemente dal fatto che vi si trovi più o meno facilmente un lavoro.

    Luigi (veneziano)

  62. abc ha detto:

    Grazie L. pper il chiarimento sulla Croazia e per gli altri dati.

    Per quanto riguarda l’Italia, mi sembra che non esistono soluzioni per limitare il fenomeno dell’immigrazione: nemmeno coloro che hanno cavalcato tenacemente la xenofobia per vincere le elezioni, hanno le ideee chiare su cosa fare in concreto, pur tuttavia alcuni di loro continuano a lamentarsi come fossero all’opposizione. Per fortuna però avremo sempre più immigrati con tanti bambini.

    Ma se guardiamo il mondo nel suo insieme, sarebbero se mai da limitare drasticamente le nascite, da ridistribuire la ricchezza e da limitare l’uso esagerato delle materie prime, che sono in via di estinzione.

  63. bulow ha detto:

    da “la repubblica” del 28 gennaio

    Tra immigrati e italiani
    stesso tasso di criminalità

    I dati ufficiali dimostrano che l’80% delle denunce a carico di stranieri riguarda irregolari;
    ma anche tra questi, in quattro casi su 5 il reato contestato è l’assenza del permesso di soggiorno

    ROMA – Sono i numeri a dire che gli immigrati non delinquono più degli italiani. Secondo i dati dell’Istat, il tasso di criminalità degli immigrati regolari, in Italia, è “solo leggermente più alto” di quello degli italiani (tra l’1,23% e l’1,4%, contro lo 0,75%) ed è addirittura inferiore tra le persone oltre i 40 anni. Di fatto, i dati sono “equiparabili”. E’ vero invece la stragrande maggioranza dei reati commessi da stranieri in Italia è opera di immigrati irregolari.

    Parlano ancora le cifre ufficiali, secondo le quali il 70-80% degli stranieri denunciati sono irregolari. Anche qui, però, i dati sono da leggere con attenzione perché, sul totale delle denunce, l’87% riguarda proprio la mera condizione di clandestinità: il reato commesso da 4 stranieri su 5 denunciati riguarda insomma l’essere stati sorpresi in Italia senza permesso di soggiorno e dunque la violazione delle leggi sull’immigrazione.

    In generale, dicono le statistiche, non esiste un legame fra l’aumento degli immigrati regolari e l’aumento dei reati in Italia: tra il 2001 e il 2005, ad esempio, mentre gli stranieri sono aumentati di oltre il 100%, le denunce nei loro confronti sono cresciute del 45,9%.

    Al di là delle polemiche politiche, sono comunque nettamente superiori gli aspetti positivi dell’immigrazione. In Italia gli immigrati regolari, secondo i più recenti rapporti di Caritas Migrantes e Ismu, sono oltre quattro milioni e mezzo, il 7,2% della popolazione, una percentuale che supera per la prima volta la media europea (6,2%). Dal 1998 al 2008, la crescita è stata del 246% e se il trend resterà invariato, come prevede l’Istat, nel 2050 gli italiani di origine straniera saranno oltre 12 milioni.

    I lavoratori stranieri sono circa due milioni e producono il 10% del Pil nazionale. I vantaggi dello Stato sono visibili da altri numeri: gli immigrati versano ogni all’Inps sette miliardi di euro e pagano al Fisco una cifra che supera i 3,2 miliardi di euro. Inoltre, ogni cento neonati in Italia, ormai più del 12% ha un almeno un genitore straniero.

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