18 Dicembre 2009

Al Cie di Gradisca solo 200 espulsioni su 2.500 ospiti al costo di 42 euro al giorno

Ciò che conosciamo sul Cie (Centro di identificazione ed Espulsione) di Gradisca d’Isonzo è davvero poca cosa, e meno si sa, meglio si riesce a far accettare la sua presenza, ormai considerata tanto indispensabile quanto sgradita.
Nel 2006 il ministro dell’Interno Giuliano Amato aveva istituito una commissione per studiare costi e funzionalità del modello di gestione dei flussi migratori. Era presieduta da un rappresentante delle Nazioni unite, lo svedese Staffan De Mistura, e composta da personale del Viminale ed esponenti del mondo delle associazioni.
Quello di Gradisca, il secondo d’Italia dopo Roma per numero di posti, risultò un centro di permanenza modello anche se migliorabile architettonicamente con l’eliminazione delle alte recinzioni metalliche interne che lo facevano sembrare una struttura di massima sicurezza. De Mistura però al termine dell’indagine conoscitiva affermò: “Non sarei sorpreso se ci fossero delle valutazioni fatte sull’utilità di alcuni centri e sul rafforzamento di altri, in un’ottica di gestione. Costi e operatività possono giustificare il rafforzamento di alcuni e forse la chiusura di altri. Il sistema non funziona e quindi bisogna trarne le conclusioni adeguate”.
I costi del sistema dei Cpta (Centri di Permanenza Temporanea Assistita così si chiamavano allora) non sono assolutamente proporzionati alla loro efficacia. Il progetto di svuotamento di alcuni centri si poteva fare evitando il trattenimento a diverse categorie di immigrati (ex carcerati, vittime della tratta), per destinare a queste strutture soltanto le persone che rifiutano di collaborare e di farsi identificare non aderendo cosi’ alle proposte di rimpatrio assistito.
Nei Cie c’è un’altissima percentuale di stranieri appena usciti di carcere, non si possono identificare mentre scontano la pena, perché il ministero della giustizia e quello degli interni non collaborano. Il governo Prodi emanò una circolare che disponeva l’identificazione in carcere per chi avesse commesso un delitto e l’espulsione a fine pena.
Ma quella circolare è inapplicata. E così dopo la reclusione scatta una pena extra di altri sei mesi. Il più delle volte inutile, perché solo una parte dei detenuti nei Cie viene effettivamente espulsa, i respingimenti indiscriminati sono solo spot elettorali. Elham, per esempio, il marocchino che a Gradisca è stato in sciopero della fame per due mesi ha vinto il ricorso ed è stato finalmente liberato, ma dopo una permanenza che costa 42 € al giorno, e a cui vanno aggiunte le spese processuali per l’udienza di convalida con avvocato d’ufficio.
Nel 2007 ammontava a 120 milioni di euro lo stanziamento per mettere in piedi tutto il sistema, a questi si devono aggiungere 6 milioni in media per la costruzione di ogni centro e 1,3 milioni l’anno per la gestione, oltre 18 milioni € se si moltiplica per i 14 Cpta.
In base ai dati forniti dall’ufficio immigrazione di Crotone per rimpatriare 32 persone (su 320, appena il 10%) si sono spesi 500mila €, ossia più di 15mila € ciascuno, Crotone infatti si trova lontano dalle rotte internazionali che partono dagli aeroporti di Roma o Milano (lo stesso succede da Gradisca, dove molti nordafricani partono da Milano) e bisogna organizzare le scorte. Spesso poi diventa tutto inutile perché basta che gli stranieri da rimpatriare facciano un po’ di sceneggiata o
fingano un malore a bordo dell’aereo di linea e il pilota si rifiuta di decollare, perso l’aereo si dovrà aspettare un’altra prenotazione. I dati di Gradisca non sono molto diversi: 200 espulsioni su 2500 ospiti in 24 mesi, meno del 10%.
E’ di questi giorni la notizia che il consiglio europeo ha raggiunto un accordo con la Frontex, l’agenzia di controllo delle frontiere, per riportare gli immigrati irregolari nei paesi di origine con voli charter congiunti. A proposito delle scorte, prima dell’istituzione del reato di clandestinità i comandi di polizia non potevano giustificare, per soggetti rei di illeciti amministrativi, gli agenti di piantonamento per chi dal Cie veniva ricoverato in ospedale. Il degente che spesso
fingeva malori inesistenti, prima di essere dimesso prendeva la fuga. A Firenze invece, sono stati rilasciati 7 stranieri perché in Toscana manca un centro di identificazione ed espulsione, l’ unico con posti liberi era a Bari, a quasi mille chilometri, i 7 non sono stati accompagnati per l’impossibilità di garantire l’ alloggiamento in trasferta ai poliziotti di scorta.
Ogni volta che un’ospite del Cie di Gradisca va in audizione alla competente commissione territoriale per il riconoscimento di rifugiato deve essere scortato fino alla prefettura di Gorizia.
All’indomani dell’entrata in vigore del decreto sicurezza del 2009, che ha introdotto il reato di clandestinità e portato da 2 a 6 mesi la permanenza massima all’interno dei Cie, non era difficile immaginare che questi diventassero delle vere e proprie appendici del sistema penitenziario nazionale.
Fino al 8 agosto 2009, giorno di entrata in vigore del decreto, ai cittadini stranieri trovati sprovvisti di permesso di soggiorno era attribuito un illecito amministrativo, dopo la convalida del giudice di pace si trovavano in stato di fermo nei Cpta, con la finalità del rimpatrio, se non venivano identificati ed espulsi, dopo 2 mesi erano rilasciati con un’ordinanza di allontanamento entro 5 giorni, il mancato rispetto dell’ordine trasformava l’illecito da contravvenzione a reato, pena la reclusione fino a 5 anni. In realtà se ne tornavano a vivere in clandestinità.
Poi lo scorso agosto, gli ospiti trattenuti all’interno dell’ex caserma Polonio da quasi 2 interminabili mesi, si sono sentiti dire che potevano essere ospitati fino a 6 mesi. Chi gli ha dato la notizia? Il ministro Maroni? Il prefetto? Ovviamente no, il compito ingrato è toccato agli operatori del consorzio Connecting People che giornalmente, armati unicamente di empatia, si confrontano con chi davvero non ha nulla da perdere. Le reazioni sono state delle più disparate, C’è chi ha inscenato un teatrino per far credere di essere psicolabile, c’è chi ha tentato la fuga, chi si è inflitto dei tagli per rimediare psicofarmaci
in infermeria. Non sono mancati episodi di violenza nei confronti degli operatori, 120 immigrati sono saliti sui tetti, hanno danneggiato l’impianto elettrico, divelto porte di sicurezza ed estintori, infranto vetri antisfondamento e distrutto distributori automatici di bevande. Ma le insurrezioni non hanno migliorato la situazione, anzi sono state introdotte forme di restrizioni delle libertà personali. Al Cie gli stranieri sono tutti uguali senza distinzione tra delinquenti e lavoratori, ex carcerati, profughi, fumatori e non, tutti vivono in promiscuità e sovraffollamento. Ogni notte per loro potrebbe essere l’ultima in Italia, quando ancora è buio gli agenti si introducono nelle camere, senza preavviso, per eseguire il respingimento coatto, fanno spogliare completamente l’immigrato per una perquisizione accurata, una volta rivestito alla meno peggio, lo scortano fino in aeroporto. Spesso questo avviene in maniera piuttosto brutale e lesiva della dignità umana.
Ma c’è pure chi vuol tornare al proprio Paese quanto prima ed è costretto ad attendere.
E’ vero che a pensar male si fa peccato, ma è lecito chiedersi come mai in un centro di identificazione ed espulsione ci siano ospiti perfettamente identificati (cioè in possesso di documenti o che collaborano con l’ufficio immigrazione per non essere reclusi per 6 mesi) ma restano a lungo tempo nella struttura.
Un possibile motivo potrebbe risiedere nei lunghi tempi di attesa per ottenere i colloqui con le ambasciate di origine. Per procedere all’espulsione forzata, infatti, occorre la collaborazione dei paesi di origine (che devono riconoscere la nazionalità dello straniero) e non si capisce perché, se viene negata nei primi 2 mesi potrebbe essere data nei 4 successivi. Stando alle scarse informazioni fornite dal ministero degli Interni e dalle prefetture, finora l’aumento dei tempi di detenzione non ha determinato un aumento delle espulsioni, di sicuro però lievitano i costi d’accoglienza.
Forse lo spauracchio dei 6 mesi può funzionare da deterrente e convincere lo straniero a collaborare per il suo rimpatrio, fornendo identità e nazionalità, di sicuro non tiene conto della condizione psicologica di chi ha rischiato la vita per raggiungere l’Italia, in fuga dalla miseria o dal fanatismo politici-religioso. Per loro ogni giorno passato al Cie è interminabile.

di Gaetano Proto

Tag: , , .

11 commenti a Al Cie di Gradisca solo 200 espulsioni su 2.500 ospiti al costo di 42 euro al giorno

  1. davide ha detto:

    finalmente qualcosa di approfondito su uno dei buchi neri di questo Paese. e da un punto di vista originale, complimenti all’autore

  2. Oblivion ha detto:

    Era evidente come il sole che l’introduzione del reato di clandestinità avrebbe solo peggiorato le cose, intasato il lavoro e moltiplicato i costi. E dato maggior fiato a chi sostiene che la giustizia non funziona. Nei fatti, la cosa giova solamente a chi ha interesse a tenere uffici, giudici e tribunali impegnati sui rubagalline, piuttosto che sulle indagini davvero serie.

  3. Fabrizio Dentini ha detto:

    Buongiorno,
    davvero un articolo esaustivo sulla condizione degli stranieri irregolari in Italia. Purtroppo l’attuale situazione politica ha semplicemente esacerbato un percorso intrapreso a suo tempo dal centro sinistra ( Turco-Napolitano). Non si vedono stralci di buon senso all’orizzonte, queste persone sono considerate inferiori e come tali sono trattate.Questa è la democrazia italiana. Complimenti al giornalista, mestiere scomodo in questa Italia ipocrita

  4. sam ha detto:

    L’articolo del “giornalista” è ok, e probabilmente anche i numeri si avvicinano alla realtà.
    Ciò che non quadra molto secondo me sono queste due frasi:

    ” Nei Cie c’è un’altissima percentuale di stranieri appena usciti di carcere ”

    e questa

    “di sicuro non tiene conto della condizione psicologica di chi ha rischiato la vita per raggiungere l’Italia, in fuga dalla miseria o dal fanatismo politici-religioso. Per loro ogni giorno passato al Cie è interminabile.”

    Se si tratta di rifugiati in fuga da guerre et similia esiste già una struttura chiamata CARA (dove gli ospiti sono liberi di entrare ed uscire e seguire un percorso di integrazione) ed una commissione che analizza le domande di asilo.
    Ma se si tratta di spacciatori abituali che non aspettano altro che uscire e ritornare sulla piazza per spacciare allora, forse, levarli dalla circolazione per 6 mesi non è poi un grande danno.

    Certo, il meccanismo messo in pratica dal governo italiano presta il fianco a molte critiche ed è perfettibile. Ma quale è stata la politica del centro sinistra nei confronti dell’immigrazione? NIENTE DI NIENTE, porte aperte a tutti. Ed ora che si cerca di porre un freno i nodi vengono al pettine.

    sam

  5. Gaetano ha detto:

    @ Sam
    La risposta del centro-sinistra al fenomeno dell’immigrazione clandestina è stata l’istituzione dei cpt, legge Turco Napolitano. Confermo ciò che ho scritto.
    Come puoi dimostrare che, chi fa lo spacciatore non sia invece arrivato nel nostro paese con ben altri obbiettivi? Mi spiego meglio, un magrebino non otterrà mai l’asilo in Italia, perchè viene concesso solo a chi arriva da quei paesi in cui, per esempio, un regime militare prende il potere con la forza e perseguita gli oppositori, oppure da dove si muore di fame. Ma c’è anche chi fugge dalla miseria e dal fanatismo religioso di Tunisia, Marocco, Algeria, o Senegal. Non può cercarsi un lavoro perchè non ha il permesso di soggiorno. E il permesso di soggiorno non gli viene rilasciato perchè non ha un lavoro. Ma per questo non può aspirare a migliorare la sua vita?
    La legge Fini Bossi non fa nulla per regolarizzare chi si trova già in
    Italia. Secondo un principio folle, chi si trova nel proprio paese di
    origine, prima di arrivare in Italia, dovrebbe trovare un datore
    di lavoro. E chi assumerebbe una persona che
    non ha mai visto, che non sa nemmeno se idonea alla mansione da svolgere.
    Non è così assurdo pensare che, chi non ha altra scelta, dopo aver rischiato la vita in mare, preferisca trasgredire la legge piuttosto che tornare alla miseria. Comunque quelli che tu vuoi “levare dalla circolazione per 6 mesi” sono persone.
    Per te risulta più facile pensare superficialmente a dei delinquenti e basta. Sei sicuro che pagargli vitto e allogio per poi farli ritornare a spacciare sia una soluzione? Mi spieghi perchè in Italia stiamo assistendo all’appalto di servizi o alla privatizzazione di aziende pubbliche, che devono sottostare alle logiche di mercato, efficacia, efficienza ma questo non vale per la gestione dei C.I.E.? Forse dovresti essere indignato di come vengono spesi i tuoi soldi. Comunque ti consiglio di leggere il libro di un vero giornalista, che approfondisce benissimo il fenomeno delle migrazioni: “L’orda” di Gian Antonio Stella.

  6. sam ha detto:

    …quindi in concreto? la soluzione è regalare il permesso di soggiorno a tutti? Indifferentemente a chi ha precedenti penali o a chi scappa dalle guerre?
    Non vedo altro che critiche, anche fondate per carità, ma senza una vera soluzione.
    A parte il fatto che di lavoro per tutti non ce n’è, ammesso che uno lo voglia cercare ma se vogliamo parlare di rifugiati allora il permesso di soggiorno e la possibilità di trovarsi un lavoro vengono concessi.
    Non credo sia possibile aprire le porte a tutti, l’Italia è piccola rispetto all’Africa e qualcuno è destinato a restarne fuori. Poi possiamo discutere sui criteri, in parte sul numero o sulla provenienza.
    I nostri dirimpettai del Mediterraneo, Marocco, Tunisia ed Algeria sono lieti di svuotare le loro carceri e farci pervenire le “educande”, mescolate agli altri migranti, che vengono ospitate nei nostri CIE per poi negare di conoscerli all’atto del rimpatrio.
    Tu sei veramente sicuro che chi ha imparato a fare soldi facili con la droga sia disposto a rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare per quattro soldi?
    Eppure non tutti finiscono nel giro della droga qualcuno conduce una vita miserrima in Italia orbitando attorno alle CARITAS ma non delinque. Par altri invece la “via dello spaccio” mi sembra una scorciatoia fin troppo facile. Diciamo che molti partono già con questo scopo. E che quando arrivano hanno una rete di contatti che li smista sul territorio.
    Cosa sarebbero capaci di fare in libertà quelli che sfasciano, devastano e incendiano i CIE? quelli che picchiano agenti e personale del CIE? bisognerebbe trattenerli per qualche giorno e dare loro un “foglio di via” (con cui ci si soffiano il naso). Credo che i 6 mesi siano un deterrente la cui efficacia la scopriremo solo col tempo.
    Ripeto ciò che ho già detto: i CIE non sono la soluzione ottimale ma esistono in tutti i paesi europei e soprattutto ti chiedo: “Quali sono gli altri metodi efficaci per gestire almeno parzialmente l’immigrazione irregolare?”

    cito
    “Mi spieghi perchè in Italia stiamo assistendo all’appalto di servizi o alla privatizzazione di aziende pubbliche, che devono sottostare alle logiche di mercato, efficacia, efficienza ma questo non vale per la gestione dei C.I.E.?”

    Scusa ma i CIE non vengono gestiti da privati? la coop minerva prima e la coop connecting people adesso non sono aziende pubbliche mi pare hanno vinto degli appalti. Se parliamo di efficacia ed efficienza hai ragione e credo che come in molti settori del pubblico sono mancati i controlli dello stato anche sulla gestione dei centri. Ma questi credo siano problemi non strettamente pertinenti.

  7. Gaetano ha detto:

    Secondo me i 6 mesi di permanenza non sono un deterrente se viene identificato solo il 10% degli stranieri nei C.I.E.
    Fermo restando che per me chi delinque deve essere rimpatriato, l’identificazione dei detenuti deve essere fatta durante il periodo di reclusione in penitenziario, senza mantenrli per ulteriori sei mesi all’interno dei C.I.E.. Credo sia più logico regolarizzare tutti gli altri, con un permesso di lavoro di 6 mesi, per dargli il tempo di trovaro. Pertanto solo gli starnieri identificabili, in possesso di documenti di riconoscimento, così si otterrebbero almeno due miglioramenti: si identificherebbero su base volontaria, forse più persone di quelle che vengono attualmente espulse, questo tornerebbe utile al momento del rimpatrio, e si avrebbe una indicazione di massima sulle loro motivazioni, visto che come dicevi tu molti vengono in Italia solo per spacciare. Be se vogliono spacciare non gli serve il permesso di soggiorno, perchè se venissero pescati si troverebbero già identificati, al contrario chi vuole osservare le leggi e lavorare ha avuto la sua possibilità. Qualora alla scadenza del soggiorno non abbiano ancora trovato lavoro, verrebbero rimpatriati ma inseriti in una lista d’attesa per rientrare nel decreto flussi annuale, possibilmente anche quello di altri paesi europei, visto che molti stranieri approdano nelle nostre coste ma sono solo di passaggio perchè desiderano recarsi in Svizzera in Germania o in Francia. Mi fa specie poi, che quando si parla di immigrazione si pensa sempre a i delinquenti, e invece il problema è molto più complesso, per esempio, i bengalesi a Monfalcone hanno fatto comodo a fincantieri, non si può rimpatriarli tutti in caso di licenziamenti di massa, i loro figli frequentano già le nostre scuole, i consumi di questa minoranza alimentano ormai il nostro commercio(visto che sui diritti umani non faccio presa).
    Insomma il fenomeno epocale dell’immigrazione potrebbe essere una battaglia persa in partenza,(come il proibizionismo) e se non fosse così vorrei sapere a che costi viene affrontato. Il ministro Maroni dovrebbe rendere conto pubblicamente di quanto si spende per la lotta al clandestino (soldi che vengono tagliati alla spesa pubblica, ai nosti servizi) e con quali risultati.

  8. sam ha detto:

    Se vogliamo spostare il discorso dal CIE al fenomeno epocale dell’immigrazione allargheremmo il discorso all’infinito.

    Permesso di soggiorno per trovare lavoro? ok, ne possiamo parlare ma questo attiene agli immigrati che non si trovano nei CIE.

    E’ evidente che non tutti gli immigrati sono delinquenti ma se parliamo di CIE allora le cose stanno diversamente.
    Come hai fatto notare tu gli ospiti del CIE al 90% hanno precedenti penali. Allora che facciamo con loro? Mi dici che chi delinque deve essere rimpatriato: giustissimo.
    Solo che, come abbiamo sottolineato entrambi, gli stati di provenienza non riescono o non vogliono risonoscerli.
    Allora, visto che non danno vogliono fornire le generalità, visto che hanno precedenti e come hai detto niente permesso di soggiono che facciamo? li rimettiamo fuori?

    P.s. al di la di tutto, possiamo continuare a discutere tra noi, ma sembra che agli altri frequentatori del forum questo argomento non interessi molto.

  9. lanfur ha detto:

    Avere precedenti non vuol dire avere condanne a carico.
    O il CIE è una galera e allora perchè non sono stati processati i suoi ospiti e invece di una cooperativa che si intasca (lei, non gli immigrati) i famosi 42 euro a testa non ci sono delle guardie penitenziarie e non vengono rinchiusi anche i malfattori italiani?
    Oppure il CIE è un luogo di concentramento in attesa di espulsione e non si capisce perchè li si debba tenere 6 mesi (erano 2 Maroni li ha allungati) lì dentro in attesa di chissà cosa? Che l’Alitalia torni in utile o l’aereonautica militare finisca di fare le esercitazioni?

  10. Gaetano ha detto:

    Cito Sam:
    “Allora, visto che non danno vogliono fornire le generalità, visto che hanno precedenti e come hai detto niente permesso di soggiorno che facciamo? li rimettiamo fuori?”
    Attualmente è quello che stiamo facendo, li rimandiamo in libertà ma dopo averli mantenuti per 6 mesi. Ti dirò di più: quei pochi che riusciamo ad espellere sono spesso coloro che in buona fede volevano regolarizzarsi per lavorare in Italia o quelli che collaborano perchè non avendo trovato lavoro preferiscono tornare in patria. Non riusciamo invece ad identificare i furboni che da noi gestiscono i grossi traffici di stupefacenti, con i mezzi legali per farsi tirare fuori.
    Contrariamente a quanto si possa pensare in magreb si fa una lotta durissima allo spaccio di droga, se si viene beccati con un pezzo di hashish (le droghe sintetiche pesanti non hanno praticamente mercato) si va in galera a scontare lunghe pene, da quelle parti le carceri sono molto dure, e non concedono indulti. Vengono da noi perchè il nostro sistema giudiziario fa acqua da tutte le parti, se si va in carcere se ne esce prima e meglio.
    Ecco, ti ho offerto uno spunto nuovo di discussione. Per te non c’entra nulla il fenomeno epocale delle migrazioni? nemmeno le falle nel sistema giudiziario? Se proprio ci si vuole concentrare sui Cie, senza risolvere i problemi in origine, si deve ammettere che sono soldi a perdere(se non fosse così, perchè non si fa chiarezza sulle cifre?) che potrebbero essere spesi per forze dell’ordine e magistrati. Sei ingenuo se credi in un potere deterrente di quei 6 mesi, dovresti sapere ciò che sanno molto bene i trattenuti, e cioè che qualora venissero rimandati indietro, ciò che li aspetta è molto peggio, la polizia locale li attende in aeroporto.
    Comunque questo lungo rimpallo di post non serve a molto, non è mia intenzione convincere nessuno. Mi sembra anche, che non ci si riesca a liberare di una base ideologica di pensiero contrapposto, da una parte c’è chi crede di essere invaso per colpa di una politica troppo permissiva e dall’altra chi pensa che chi si oppone al fenomeno sia mosso solo da pregiudizio razziale. Stando così le cose non si riesce ad andare molto lontano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *