11 Dicembre 2009

“Sta Europa la me fa inrabiar” la lettera di Zaia al Giornale

Trieste “L’è tante robe de sta Europa che le me fa inrabiar e ieri ne ho trovà n’altra: se te vende pes e te scrive el nome in dialeto sul to bancon i te dà la multa” (tradotto: “ci sono tante cose di quest’Europa che mi fanno arrabbiare e ieri ne ho scoperta un’altra: se vendi il pesce e scrivi il nome in dialetto sul tuo bancone ti danno la multa”). E’ l’attacco della lettera che Luca Zaia – Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali – ha inviato al Giornale. Il quotidiano di Feltri è stato definito “rivoluzionario” dall’onorevole perché “dà spazio a noi che ancora osiamo pensare, parlare, e perfino scrivere nella nostra lingua, che non è l’italiano”. E, infatti, la lettera è giunta alla redazione della testata in veneto, salvo essere debitamente tradotta in italiano. E’ pur sempre un Giornale nazionale.

16146_1282284891802_1070477978_30897871_1956603_nIl caso sollevato alle cronache da Riki Malva e Diego Manna, ormai arcinoto, è quello del pescivendolo triestino multato perché esponeva i cartellini coi nomi dei pesci in dialetto. E l’uso del dialetto, si sa, è uno dei cavalli di battaglia della Lega Nord. Che, essendo al governo, non si limita al Nord. Scrive, infatti, Zaia: “accade a Trieste come a Treviso, anche a Rimini o a Barletta, per non dire di Lampedusa e dell’Argentario, che quando tua mamma, tua moglie vanno a fare la spesa devono dimenticare da dove vengono e che storia hanno e comprare come vogliono lor signori”. Sì, cita anche Lampedusa, la terra tanto cara ai leghisti per lo sbarco dei “lor signori” immigrati.

E la colpa, come sempre, non può che ricadere su “Roma ladrona”: “Naturalmente – scrive il nostro – alla mancanza di buon senso bruxellese si aggiunge, e forse ci mette il suo carico, l’ottusa cecità dei burocrati romani. E siccome la vita è come il biliardo e il filotto è regola sovrana, a controllare che le mattane euro-nazional-burocratiche siano seguite in tutto e per tutto, ci si mettono anche i gendarmi”. La fantasia di certo non manca al Ministro Zaia che “s’immagina scene analoghe nei mercatini del pesce, con i venditori che di nascosto parlano alle massaie in dialetto mentre l’occhiuto gendarme dà la caccia al rettangolino nero dove il perfido secessionista ha osato scrivere in dialetto con un gessetto di altezza non regolamentare”

luca zaia L’apogeo del populismo, lo si raggiunge nel finale: “C’è un solo modo per resistere: continuare a fare la spesa in dialetto, ricordarci che siamo cristiani, comprare verdure di stagione dal contadino del campo affianco”. Cristiani, dialettali e un po’ “paroni a casa nostra”, il che non guasta mai.

Ma a “casa nostra” o nella “comune casa europea” nessuno ti impedisce di chiamare le alici sardoni. O di comprare dal pescivendolo in dialetto, ci mancherebbe. Solo la legge richiede di non mettere esclusivamente il nome dialettale del prodotto. E di indicarne la provenienza. E’ un discorso di tutela del consumatore o di quel “comune cittadino” con cui il signor Ministro s’identifica. Il nome “ufficiale” (in italiano) è poi quello che si trova nelle bolle d’accompagnamento dell’alimento, utile per risalire alla storia dello stesso. Ed è un diritto del consumatore, secessionista o no, sapere che cosa sta comprando e che cosa poi andrà a mangiare. Si chiama “sicurezza alimentare”, ma non rientra nel “pacchetto sicurezza” caricato sul Carroccio.

La difesa del dialetto e delle tradizioni, quelle sì non mancano nel carro verde. Ma il Ministro, questa volta, va oltre e pensa ad un disegno eversivo: “In ogni caso mi sono fatto un’idea: strappare i crocefissi dalle aule delle scuole, cancellare il presepio dagli asili, darci da mangiare le stesse schifezze omologate da Shanghai alla Garfagnana – conclude Zaia – rappresentano il frutto di un medesimo disegno, radicato nell’idea di un neoautoritarismo per cui se non la pensi come me vai cancellato dalla storia. Sì, mi viene in mente Orwell”. No, per cortesia Ministro, non scomodi anche Orwell. O se preferisce: “No anca Orwell”.

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7 commenti a “Sta Europa la me fa inrabiar” la lettera di Zaia al Giornale

  1. lànfur ha detto:

    Bravo Zaia!

  2. cagoia ha detto:

    una volta tanto…

  3. Luca ha detto:

    Luca Zaia – Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

    E’ lui il Ministro, no? Allora faccia, invece che sparare minchiate. Vada in Europa e lo dica, lo pretenda! E se non basta lui, lo chieda a Berlusconi, il suo Premier, magari si mette daccordo anche con la Merkel. Missà che di agricolo conosce solo il vino…

  4. massimiliano ha detto:

    ammirevole l’intento, comunque rimango dell’idea che il dialetto vada usato a casa, tra amici, in famiglia.
    soprattutto da parte di un ministro dello stato.
    è un’involuzione, poco da fare.
    tra 20 anni avremo masse di semi analfabeti. ritorneremo ai mangiatori di patate della pianura padana e ai pastori che si esprimono a versi perchè abituati a chiamare gli animali.
    il dialetto va salvaguardato, ma il suo utilizzo va assolutamente relativizzato alle situazioni non ufficiali.

  5. andrea ha detto:

    ben fracada!!!!

  6. Maurizio Vito ha detto:

    Ma che imbecillità che ha sparato il Ministro! Adesso si occupa anche della multa da 1000 euro del mercato? Si dimentica che è responsabile del Corpo Forestale dello Stato il cui compito è anche quello di far rispettare le regole alimentari? E come si può fare un lavoro decente se il forestale in veneto è originario della calabria e non sa cosa sia un sardone? Come controllare le carte e la documentazione? Il ministro si prepara alla campagna elettorale eh…

  7. cagoia ha detto:

    Forsi el problema xe propio che el forestale del veneto xe originario dela calabria…

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