9 Dicembre 2009

Casotto (Fiom): finita l’età dell’oro per il cantiere, allarme-licenziamenti nelle aziende dell’indotto

Il futuro dell’economia isontina, strettamente legato al mondo del cantiere, continua ad essere incerto. La nuova commessa Fincantieri porta una ventata d’aria fresca, che rischia tuttavia di essere solo una gocCarnival dreamcia nel mare, in assenza di ulteriori conferme da parte dell’armatore o dello stato. Come ha ricordato il sindaco Pizzolitto il cantiere contribuisce “alla tenuta sociale” del territorio, visto che il 52% del pil provinciale è prodotto da Fincantieri e dalle aziende dell’indotto.
Interroghiamo Thomas Casotto, leader provinciale della Fiom, sui problemi attuali e futuri del cantiere.

Mario Pizzolitto, coordinatore della Failms si augura che: “La nuova commessa possa allontanare lo spettro della crisi e della cassa integrazione, pur rimanendo cauto sulle conseguenze in termini di scarichi di lavoro”. Secondo lei lo “spettro della crisi” è stato allontanato?

La nave arriva in un momento in cui c’era molta preoccupazione, ci fa tirare un sospiro di sollievo, tuttavia ci pare di capire che l’età d’oro del cantiere sia definitivamente finita. I problemi saranno maggiori nelle aziende dell’indotto, mentre per i dipendenti diretti di Fincantieri ci sarà una cassa integrazione morbida secondo quanto pattuito con l’azienda.
Nel mondo dell’appalto i lavoratori si ritroveranno direttamente a casa, senza poter usufruire della cassa integrazione. Questo perché all’interno del cantiere esistono due mondi differenti, uno dei quali (quello delle aziende dell’indotto) non ha tutele e che ne avrà ancora meno in questa fase.

Parliamo di numeri, quali sono le stime riguardo alla cassa integrazione?

Fincantieri aveva fatto delle stime, ma da prendere con le pinze. Ci sarà uno scarico di lavoro di qualche mese, si potrebbe cominciare con 50 o 100 dipendenti a febbraio per arrivare a qualche centinaio a giugno. Ripeto, questi dati sono da prendere con le dovute cautele, a detta della stessa azienda, che sta valutando come gestire la situazione.
Purtroppo questa sarà una delle parentesi “meno sfortunate”. Rispetto ad altri lavoratori che non hanno prospettive, per i dipendenti Fincantieri si pensa infatti ad una cassa che provvede alla fine ad uno sbocco lavorativo. Per Fincantieri esiste un futuro, mentre altre aziende (le ditte appaltatrici) potrebbero avere (in assenza di ulteriori commesse) un vuoto produttivo sine die.

Il sindaco Gianfranco Pizzolitto ha dichiarato che oggi, in assenza di ulteriori commesse, è a rischio la stessa “tenuta sociale” del territorio. Qual è il suo parere?

E’ evidente che questa situazione creerebbe dei problemi sociali, in quanto 3000 persone (gli operai impiegati nelle aziende dell’indotto) non sono assorbibili dal territorio. Anche se i lavoratori a trovarsi senza impiego fossero un migliaio ci sarebbero grossi problemi. Questo perché ci troviamo in un momento in cui le altre aziende non sono in grado di assorbire gli esuberi.
Mi piacerebbe pensare che se un giorno Fincantieri dovesse entrare in crisi, noi saremo già attrezzati ad affrontare la situazione, a collocare i lavoratori in nuove aziende. Temo tuttavia che non sarà così, soprattutto per i numeri che Fincantieri ricopre rispetto al resto dell’hinterland.
Ci sono aziende che stanno arrivando e sarebbe giusto provare ad investire anche su altri rami.

Quali sarebbero queste nuove aziende?

Per esempio Mangiarotti Nuclear Spa (ditta specializzata in componentistica per il nucleare), Seaway e Beneteau che invece fanno yacht. Tuttavia si parla di numeri esigui rispetto ai 3000 lavoratori impiegati nelle aziende dell’indotto e ai 1800 impiegati in Fincantieri.

Peraltro Mangiarotti potrebbe portare manodopera dall’esterno in assenza di lavoratori qualificati sul territorio…

Di questo abbiamo parlato con il comune, affinché si stabilisca che ogni nuova azienda in arrivo sul territorio debba verificare l’esistenza di eventuali sacche di disoccupazione ed abbia il dovere di fare ricorso a determinati strumenti.
Secondo noi sarebbe opportuno gestire la crisi attraverso dei patti territoriali, ovvero stabilire che le aziende in arrivo sul territorio si facciano carico di parte degli esuberi, attraverso formazione retribuita ad esempio. In altri paesi questo funziona in maniera quasi automatica.

Qualche dichiarazione finale?

Il 10 dicembre organizzeremo uno sciopero insieme a Uilm e Fim, per la mancanza di commesse pubbliche. Pensiamo che lo stato debba cominciare a fornirci delle risposte: non pensare di programmare le industrie del proprio paese in un momento come questo vuol dire finire la crisi in una situazione disastrosa.

Inoltre anche Fincantieri deve cominciare a pensare cosa vuole fare da grande.
Se i carichi di lavoro restano questi otto cantieri in Italia sono troppi. Vista la situazione di crisi abbiamo proposto l’accordo sul cantiere unico, nonostante questo alzi i costi, perché pensiamo che i diversi cantieri abbiano delle importanti prospettive.
Pensiamo poi che Fincantieri debba cominciare a valutare le diverse potenzialità degli stabilimenti, in modo da diversificare la produzione ed essere più competitiva.

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