Postata da Riki Malva su faccialibro, questa immagine riassume lo sdegno di molti triestini alla notizia della multa di 1167 euro comminata alla rivendita ambulante di piazza Ponterosso per aver esposto i cartelli con indicato solo il nome dialettale di sardoni (alici) e caperozzoli (vongole).
La normativa obbliga i rivenditori a usare il nome in italiano per tutelare i consumatori, resta la polemica sull’eccessiva fiscalità della Capitaneria di Porto. La maggior parte delle pescherie utilizza comunque anche il nome dialettale, per la maggior parte dei triestini decisamente più familiare. Pensiamo per esempio alla canocia, che potrebbe diventare pannocchia (ma anche cicala di mare o cannocchia).
Nome a parte, i cartelli devono contenere anche l’indicazione della zona di provenienza, dato molto importante per poter facilmente distinguere il pesce locale, nonchè dev’essere indicato se il prodotto è fresco o è stato congelato.
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Salvare i cani abbandonati: intervista a Valentina Rondi, presidente di Ricomincio da cane
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trovar panoce al posto de canoce in pescheria saria l’enesima provocazion furlana…
Ma cossa i xe sonai? Disobedienza civile, no pagar e oprtar el caso in tribunal, magari citando dichiarazioni dei diritti universali del ONU.
(no scherzo. Ste robe xe delle violenze del tuto inammissibili)
Me ricorda quei fenomi che ghe gaveva cazà la multa ale osmice per via dela frasca.
Da un estremo ad una altro. Quando vien a mancar il buonsenso.
Non è che forse mancava anche la provenienza del pescato?
Sarà contento mio marì (el xe veneto)che de quando semo sposai nol fa che ricordarme che noi triestini demo i nomi sbagliai: per esempio i nostri caperozzoli per i veneti xe vongole e i caperozzoli xe altra roba.Ogni volta xe sempre la solita solfa!
Ma cossa volè???
Semo colonia tagliana e dovemo adeguarse ala storia, cultura e lingua del paese ocupante.
bagarino,5 dicembre 2009, 20:54
(parlando di farmers’ markets) “Forse le cose sono migliorate adesso ma a vedere il trattamento della cooperativa dei pescatori a TS (che ha commiciato la vendita diretta al pubblico tagliando fuori le pescherie) non credo.”
Luigi (veneziano):6 dicembre 2009, 11:56
@ bagarino
“Mi incuriosisce la cosa che hai detto sulla cooperativa dei pescatori di TS. Me la puoi approfondire un po’?”
bagarino: 6 dicembre 2009, 15:49
Più facile un link… in sostanza x mandare la cooperativa in difficoltà è stata soggetta ad una serie di controlli severissimi come avesse disturbato qualche gruppo con potere…
bagarino – > Luigi (veneziano)
L’articolo alici/sardoni parla molto più eloquentamente di me delle difficoltà da affrontare x chi cerca di capovolgere lo stato dei fatti e degli affari in Italia dove anche gli enti e organi dello Stato lavorano per mantenere lo status quo.
no iera proprio x el nome
http://ilpiccolo.gelocal.it/dettaglio/multa-di-1167-euro-a-un-pescivendolo-per-aver-scritto-%E2%80%9Dsardoni%E2%80%9D-sui-cartelloni/1799331
“Nella patria di Rossetti si parla solo italiano!!!”
Chi semina vento raccoglie tempesta. A Trieste per anni, per decenni c’e’ stata l’ossessione che tutto deve essere in italiano e solo in italiano (senza nominarlo spesso si intendeva che non ci deve essere lo sloveno). E adesso si raccoglie il seminato. Il triestino, il dialetto, non e’ identico all’italiano letterario ed ufficiale. Quindi non ha diritto di cittadinanza ufficiale.
Avete voluto la bicicletta? Ora pedalate!
E se ora fossero coerenti, dovrebbero sanzionare anche i ristoranti che nel menu’ hanno i sardoni in savor!!!
“L’articolo alici/sardoni parla molto più eloquentamente di me delle difficoltà da affrontare x chi cerca di capovolgere lo stato dei fatti e degli affari in Italia dove anche gli enti e organi dello Stato lavorano per mantenere lo status quo.”
Quanto è vero! Questa logica la si vede ovunque. Tu viene qui, cerchi nel tuo piccolo di cambiare in meglio le cose, ma fanno di tutto per metterti i bastoni tra le gambe…
In questo caso specifico la sanzione mi fa venire i brividi, puzza proprio di dittatura nazionalista! Ma dove viviamo?
Un pescivendolo piglia una multa di queste dimensioni, ma el triestin medio xe poco furbo, paga e tasi sempre.
Doveva tirar casin come ga fato Bandelli, come minimo.
In ogni caso la penso come Cristina e Toro Seduto, sta vicenda xe un ennesimo atto de prepotenza. I lo gavessi fato in Friul, s’ciopava un casin (giustamente). Ma miga qua.
Finche’ la maggior parte de noi pensera’ solo ale canzoni in dialeto de cantar in sagra e a imbriagarse pei stand dela Barcolana, continuera’ cussi’, per altri zinquanta anni.
Propongo una manifestazion de protesta, el “no alici day”, con bandiere del color “grigioneroblu” del sardon. Ritrovo in ex pescheria, deta “Santa Maria del Guato”.
“Sì ai sardoni! Dimissioni!” 😀 o qualcossa del genere.
Ma el Sardon day i ghe lasserà ancora far?
Eh no! Il cartello deve riportare anche le scritte in tedesco-sloveno-resiano-friulano-saurano. Nonchè, se pescato nelle acque prospicenti Lignano, anche la denominazione di ‘prodotto importato soggetto ad imposta di bollo doganale’ 🙂
ridicolo chi ha comminato una sanzione per un illecito del genere. evidentemente non aveva altre cose a cui pensare.
getta discredito sull’intera c.p.
Non credo che serva un commento.
Definirlo vergognoso e’ troppo riduttivo.
a sto punto gavaresimo da darghe la multa ai politici che no sa parlar italian ( par esempio cosa vol dir ” chi c’azzecca” mi l’italian lo go studià e anca ben però sta parola no la trovo su nisun disionario e dopo ghe faria un bel esame de italian a sti “galantomini” che da le multe par veder se i sa l’italian, dal momento che da guardie del pèse, i deventa anca profesori, me par che no i fasa niente par farse volerse ben e che i fasa de tuto par voerse far odiar
Insomma, se ne deduce che per tutelare il consumatore è più importante scrivere il nome corretto del prodotto, che esporre il prodotto in se stesso.
Come dire che se espongo una forchetta, ma la chiamo piron, il consumatore potrebbe essere tratto in inganno (!).
Una proposta.
Allora, partendo dal fatto che la tutela è necessaria per diversi e molteplici motivi, propongo l’idea che si usi il nome in lingua italiana per il prodotto di provenienza esterna o di allevamento, mentre per quello di produzione autoctona (per così dire) si usi il nome tradizionale del luogo. Questo tutelerebbe meglio chiunque.
sarebbe più facile far curare da un bravo psicologo il solerte “gendarme” autore della tremenda scoperta di questo reato pericolosissimo.
Se il fatto è sanzionabile una ragione c’è, e chi l’ha applicata non è di certo colui che l’ha inventata.
Chiamare un prodotto col nome dialettale invoglia maggiormente all’acquisto, perchè induce a pensare che il prodotto sia strettamente nostrano. E’ questo il punto.
La tracciabilità della provenienza del prodotto è una delle norme più restrittive e più giuste in generale.
Chiamare caperozzoli delle vongole raccolte nella laguna di venezia non è una roba corretta, perchè ti induce a pensare che siano state raccolte nel mare davanti a casa tua.
Con questo non voglio dire che sia il caso riportato nella notizia, però in generale è chiaro che il nome dialettale è più casalingo, vale per tutto, e in qualche modo rassicura maggiormente.
Per questo ripeto: diamo il nome dialettale alle produzioni autoctone, ed usiamo il nome italiano per la provenienza esterna. Ciò farebbe molta più chiarezza al banco ed aiuterebbe anche la produzione locale. Non solo per il pesce.
forse il solerte gendarme avrebbe avuto bisogno di un traduttore. l’ignoranza gioca brutti scherzi.
non centra col nome oblivion, la tracciabilita xe un altra cosa, se mi scrivo sardon xe perche mi lo ciamo sardon da sempre, alici me xe sconosudo e non de oggi ma de vecia austria, vedemo de tenir presente che el nostro dialeto xe na roba importante perche oltra che carateristico el xe anca storico dato che i lo parlava come lingua uficial in austria
@matteo
Ma infatti, se tu lo chiami “sardon” nessuno ti darà mai la multa per questo e nessuno ti impedirà di continuare a chiamarlo così.
Un’altra cosa invece è quello che tu scrivi sulle fatture commerciali, sui documenti di magazzino, sugli scontrini, e su tutti gli atti pubblici. E la vendita, con licenza di vendita, è un atto pubblico.
La proposta che ho avanzato, se regolamentata ed intesa bene, entrerebbe nel merito anche di questi “dettagli”.
E, tra l’altro proprio per questo, tutelerebbe meglio anche l’uso del dialetto dandogli maggiore riconoscimento ed ufficialità, mantenendo nel contempo più alta la tutela al consumatore.
la multa mi sembra eccessiva anche se la notizia viene data in maniera troppo approssimativa… Però è giusto sottolineare che i clienti delle pescherie possono essere dei foresti che ignorano l’idioma locale e quindi è giusto tutelarli.
…e poi ragazzi a quanti è capitato di vedere a Trieste gente di fuori che brontolava perché al bar al posto del cappuccino gli veniva servito il caffé macchiato?
i clienti di fuori possono chiedere e gentilmente sarà loro risposto.
in fondo è un modo per imparare qualcosa in più, che – come il tango – nella vita serve sempre..
e poi, tanto per fare un esempio attuale, quanti di voi sanno cos’è il mercatino degli obèi obèi di milano?
penso pochissimi, però tv e giornali ne parlano senza problemi. e non credo che i “ghisa” siano pronti a dare multe…
Mah.. Io continuo a pensare che il problema non sia per i clienti di fuori, ma soprattutto per i clienti triestini.
Scrivendo “sardoni” ti fanno pensare che sia stato pescato davanti al molo settimo. Scrivendo “alici” ti vien da pensare che arrivino da fuori chissàddove. Se qualunque cliente domanda, la risposta è sempre “freschissimo e nostrano”. Mai sentita risposta diversa.
Solo che tutti, o quasi, sappiamo cosa succede alle volte in mare, quando i pescerecci di diversa provenienza si incontrano al largo.
P.S. La fiera a Milano mi pare si chiami: O Bej O Bej. E di solito il nome dialettale viene mantenuto come nome proprio (e dunque non più dialettale) a qualcosa che non è uguale identica ad altra stessa cosa. Altrimenti prevale il nome più diffuso o di derivazione scientifica. La jota, resta jota anche a Napoli. La pizza, resta pizza anche a Trieste. Poi.. che i triestini parlino tranquillamente in dialetto stretto anche a Niu Iorc, è un’altra faccenda 🙂
si, è vero quello che dici, ma una cosa è la frode in commercio, altra un innocente cartellino magari redatto col gessetto…
sui triestini che parlano in dialetto sono d’accordo con te.
quindi, dico che bisogna comprendere da ambo le parti. anche se indossi una divisa importante e rappresenti l’Autorità. se avessero multato l’ambulante per vendita di pesciaccio avariato o per non avere emesso lo scontrino, mi troverei d’accordo con i tutori della legge.
ma sul nome di “sardoni”, rido di compassione di fronte al severo mastino…
Concordo in tutto e per tutto con massimiliano! Assieme al gendarme mandiamo dallo psicologo anche chi ha inventato cotanta norma… E poi, che confusione: possiamo scrivere krapfen? O dobbiamo dire bombolone? Ma che bello avere dei politici/gendarmi/militi acculturati che appiattiscono tutto e sanno che cosa è giusto e che cosa non lo è. Che sapienza! Tutto quel fior fiore di linguisti che stanno studiando le differenze regionali dell’italiano senza venirne a capo da decenni non hanno capito ancora niente! Fatevi spiegare dai nostri Felice & Co. che cosa si intende lungo tutto lo stivale con la parola calze – calzini? calzettoni? collant? E per la spesa? Vi fate dare la borsa o la busta? E l’elenco è infinito… E dove un corrispondente italiano al dialetto non c’è, che si fa? Si lascia il cartello bianco? E quando il PREMIER fa la CONVENTION sulla DEVOLUTION però va tutto bene..
propongo un lodo-sardoni
“diamo il nome dialettale alle produzioni autoctone, ed usiamo il nome italiano per la provenienza esterna.”
Ma nianche per sogno. Per mi ognidun pol ciamar quel che vol col nome che vol basta che no sia palesemente falso.
La clientela pol decider o meno se ghe va ben o no, no pol sicuro eser imposto dal alto!
Ghe zonto che saria interesante saver cossa che disi esatamente la legge ciolta in question.
allora dovremmo multare chi vende con tanto di cartello il “vino nuovo” (non è vino e perdipù la sua provenienza è dubbia).
ma anche controllare i frigoriferi ed i banchi frigo di chi tiene assieme coppe di tiramisù e melanzane impanate, oppure ti serve un panino o un gelato con le mani nude e poi con le stesse mani incassa i soldi…
svegliaaaaaaaaaaa…….!!!!!!
@massimiliano
Ecco, allora vedi che non stiamo dicendo due cose diverse.
Il problema è la norma su cui è stata elevata la contravvenzione. Si può forse anche dire che l’agente poteva chiudere un’occhio, ma non sarebbe proprio la soluzione, visto che la regola esiste.
Ricercando una soluzione, come dici anche tu, che comprenda ambo le parti, ho pensato che un modo poteva essere quello che ho proposto più sopra. Prodotto locale, nome locale; prodotto esterno, nome italiano. Questa forma non solo giustificherebbe l’uso del dialetto e lo renderebbe ufficiale, perciò ancor più tuteleto, ma si presterebbe anche ad una maggiore tutela del consumatore, perchè sarebbe chiara la provenienza del prodotto a seconda del nome usato. E dovrebbe ovviamente essere applicabile in ogni parte d’Italia.
Sul perchè esiste una norma del genere in questione, se c’è chi pensa che sia dovuta a chissà quale volontà impositiva, beh.. sbaglia.
Non si tratta solo di dare lo stesso nome alle cose per una pura questione di linguaggio. Piuttosto il problema è legato al fatto che se ognuno chiamasse le cose in dialetto (visto poi il numero e la diversità di dialetti in Italia), sarebbe ardua non solo una statistica, ma ogni regolamentazione di qualunque tipo. Siccome c’è il fermo pesca, e li c’è scritto delle alici, non mi riguarda perchè io pesco sardoni 🙂
E’ ovvio che la cosa parte da esigenze diverse dal banco vendita di una pescheria, però se fai una regola allora vale per tutto.
In quanto a ciò che aggiungi sui banchi frigo ed i tiramisù, ti informo che le cose stanno proprio come le immagini. Le regole son proprio quelle. Perfino le “privade” non possono più vendere le uova sode perchè sprovviste del contorno, cucine e frigoriferi. Regole igeniche alla mano. Se poi i controlli non vengono fatti, è un’altro discorso, ma ti garantisco che la faccenda è proprio come la dici.
“Piuttosto il problema è legato al fatto che se ognuno chiamasse le cose in dialetto (visto poi il numero e la diversità di dialetti in Italia), sarebbe ardua non solo una statistica, ma ogni regolamentazione di qualunque tipo.”
No xe vero. Basta associar le leggi al nome scientifico dela specie, inveze de quel italian “standard” — che se i vol usar quel in dialeto tanto standard no sarà — e xe magicamente risolto.
@arlon
Ti immagini il pescivendolo che compila una bolletta di carico-scarico magazzino scrivendo: Engraulis encrasicolus?
E’ il nome scientifico del “sardon” detto alice o acciuga.
@oblivion
sono assolutamente d’accordo con te.
so bene che le regole esistono, ma i miei esempi riguardavano l’applicazione ed il controllo delle stesse… che come sai vengono continuamente disattesi. e sono molto più gravi di quanto accaduto nella fattispecie.
comunque la tua soluzione mi sembra valida e praticabile.
Scusa massimiliano, ma mi associo anche al tuo ultimo commento. Oblivion: quando leggo queste cose non ci vedo più dalla rabbia. Ho già scritto questa frase altrove: qui si controllano le formiche ma non si vedono gli elefanti! E’ un paese assurdo… Comunque io la multa NON l’avrei pagata. A costo di andare in carcere – l’avrei vista come una protesta per tanta assurdità, non so.. Avrei fatto un “macello mediatico”! Magari assieme a quel goriziano che in pieno giorno è stato fermato da un vigile e multato solo perché la sua bici era priva di campanello – anche lui infrangeva una norma ben precisa, sia chiaro – vittime dell’idiozia, unitevi!
@Cristina
Non ho espresso giudizi sulla multa. E’ evidente poi che la cifra è sproporzionata rispetto a qualunque giustificazione.
Mi sono soffermato sulla norma, cercando di capire se e quale fondamento avesse.
Ho ipotizzato poi una soluzione che possa tener conto della sensibilità locale senza inficiarne l’efficacia. Tutto qua.
@cristina e oblivion
tanto per citarvi una storia vera capitatami circa 25 anni orsono, in tema di applicazione delle norme:
mi trovavo alla guida della mia vespa ET3 125 nel rione di san giacomo a ts, dopo una nevicata durata giorni (strade pessime e “cragna” ovunque). sono stato fermato da un solerte vigile urbano in moto (V7), il quale, constatato che non avevo commesso alcuna infrazione, che possedevo i documenti, che tutto funzionava a puntino, avendo probabilmente le palle girate per il freddo e il maltempo, mi ha multato per “targa sporca”.
l’avrei sepolto sotto la neve (sporca) assieme al suo V7. ma ho fatto il bravo ed ho pagato una cifra vicina alle 50 mila lire di allora.
siamo in linea col pescivendolo direi…
cara Cristina in Germania queste notizie sono all’ordine del giorno… te lo dice uno che c’ha vissuto per 15 anni. Una volta mi hanno fatto la multa perché la luce anteriore della mia bici era gialla e non bianca, ma la beffa è stata che mi hanno costretto a tornare a casa a piedi portando la bici a mano…
In ogni caso ‘desso penso che piu’ de qualche pessivendolo iniziera’ a scriver i nomi in italian. La notizia girera’ “nell’ambiente” e una multa del genere incidi parecchio sulle finanze de chi no xe un politicante o simile.
Colpirne uno per educarne cento. Ricorda qualcossa? Saria curioso de saver de dove vigniva el vigile che ga fato la multa.
se podessi far una colletta per pagarghe la multa…saria un gesto abastanza significativo penso.
Bona idea, anca perche’ una cifra simile pesa parecchio sule finanze de chi vivi de quell’attivita’. Ma che bel che saria veder se certa gente (e parlo dei funzionari statali che savemo tuti de dove i xe) fazessi el stesso a casa sua, dove de irregolarita’ ghe ne xe infinitamente de piu’…..:-)
Qui come in tutta Italia, lui in divisa ordina il pesce e dice passa la moglie ritirarlo, solo che non si è mai capito chi paga, si vede che qualche pescivendolo non è stato così accomodante.
La norma esiste da anni ed è nota e stranota. Oltre a tutto, è una norma valida in tutti i paesi dell’Unione Europea.
La ragione sta nel fatto che il consumatore ha il DIRITTO di sapere non solo che cosa sta comprando (e che poi mangerà) ma ha anche il DIRITTO di sapere come e dove è stato prodotto/coltivato/allevato/conservato il tutto.
Che poi questa norma sia stata applicata in modo ottuso nel caso specifico, nulla ci piove, ma attenzione a non buttare nel cestino una delle poche norme veramente utili a chi come me vent’anni fa si sentiva dire in tutte le pescherie di Venezia: “Sto pesse xe nostran e freschissimo”. O che vedeva venduto come “Sfogio” (Sogliola) già curato e deliscato un comune “Passarin” (Passera di mare) o come “Bosega” (il cefalo nella varietà più pregiata) un comune “Lotregan” (un’altra varietà di cefalo, meno pregiata).
Ultimo motivo per cui è necessaria questa norma: ad un controllo il rivenditore deve dover dimostrare tutta la storia del prodotto, esibendo le dovute bolle d’accompagnamento. Tali bolle non possono scrivere una volta “alici” e un’altra “sardoni”, ma devono essere compilate secondo una convenzione che valga per tutti.
Qui insomma non c’entra nulla il discorso sulla colonizzazione culturale del territorio, tanto che sui cartellini si possono scrivere il nome italiano, il nome scientifico e il nome dialettale. Il primo è obbligatorio, gli altri sono facoltativi.
Luigi (veneziano)
se esiste da anni perche la hanno attuata ora e perche solo a trieste?
@cagoia
Non insisterei sulla questione che Trieste è occupata dagli Italiani e dallo stato Italiano. Ricordo a te ed alla testata che un’articolo della Costituzione dice che la Repubblica è una ed indivisibile. Stai scherzando con il fuoco.
ma su dai che a cagoia piace scherzare, dovrà pur sprecare il suo tempo… inutile!:)
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
non è per colpa mia
ma questa nostra Patria
non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell’inno nazionale
di cui un po’ mi vergogno.
In quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno più pudore.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
se arrivo all’impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.
Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po’ sfasciato.
E’ anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che è tutto calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c’è un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui m’incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos’è il Rinascimento.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.
Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c’è un’altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido “Italia, Italia”
c’è solo alle partite.
Ma un po’ per non morire
o forse un po’ per celia
abbiam fatto l’Europa
facciamo anche l’Italia.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.
Propongo di fare colletta: 1 eurocent a testa per pagare la multa da consegnare al pescivendolo affinchè si presenti con la carriola davanti al municipio per versare il dovuto.
@ matteo
Non è stata applicata solo da ora, e non solo a Trieste.
Si veda per esempio qui: http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com/ancona/2009/04/11/164552-cartellini_sbagliati_pesce.shtml
Si rinfoderi quindi la consueta paranoia antiitaliana: al di là delle facili chiacchiere da blog questa è la realtà, che dovrebbe farci immensamente incazzare come consumatori: http://www.mdc.it/documenti/rap_def_pes_07.pdf
Luigi (veneziano)
Aggiungo che questa è la legge: http://www.mdc.it/documenti/opuscolo_etichetta_marche.pdf
…e questa è la realtà del 2008: http://www.mdc.it/documenti/RAPPORTO_ETICHET._MERCATI_RIONALI_2008_1.pdf
Allora mi domando: vogliamo sapere che ci portiamo in tavola o invece vogliamo difendere chi continua a frodare la legge e ci vende un prodotto per l’altro?
Questi sono commercianti che in realtà se ne FREGANO della tutela del consumatore, e al di là del caso di Ponterosso che conosco solo per ciò che sta scritto sul blog e che mi puzza di manipolazione lontano un miglio, provate ad andare in Austria a vendere una qualsiasi merce sfusa senza cartellino in ordine: vi danno la multa, ve la pagate senza fiatare e nessuno scrive un articolo sul giornale!
Luigi (veneziano)
signori sonoallibito..tra le altre cose se mi mettono il cartello alici anzichè sardoni..mi addirittura penso che i sardoni no i ligà..piccola parentesi ma i caperossuli no xe le cappe o vongole…le cappe se una roba i caperossuli se altro se roba piu duretta con guscio zigrinato o scanalato e la lingua arancione..tutti a cior cappe in caregon
Che la norma esista è un fatto che le multe si devono pagare quando si trasgresisce la legge è un dovere….ma che ci sia qualcosa che non va in tutto questo è sotto gli occhi di tutti e sempre di più ho in mente e nel cuore le frasi “mi vergogno di essere italiano ma sono orgoglioso di essere triestino” oppure “la mia sola patria è tra l’ospo e il timavo” viva Trieste
mi scuso per il mio messaggio un po’ lungo, ma era un omaggio al grande Giorgio Gaber che aveva capito molte cose prima di altri.
un po’ di vergogna (vista la classe politica) dobbiamo provarla. è propedeutica.
con governanti come i nostri, (nani e ballerine di tabarìn), dovremmo boicottare tutto ciò che rappresenta questo paese, finche questi non se ne vanno.
io da mesi faccio la spesa settimanale solo in slovenia.
uno dei riflessi del disagio che questi pagliacci ignoranti e disonesti stanno arrecando agli abitanti della nostra penisola, è la vergogna che si prova quando si va all’estero. è come se avessimo tutti addosso la maschera di mister B.
io non mi sento italiano, sono un bastardo e me ne vanto.
http://www.youtube.com/watch?v=jDyfVWRxpfs
Chi non vuole vivere in Italia può tranquillamente andarsene. A Lubiana 1 settimana fa le donne sventolavano la busta paga di 450euro. Andate e non tornate più. O tu Massimiliano magari hai dei lauti stipendi statali italiani dei genitori nonchè laute pensioni italiane dei nonni. Fate schifo a insultare l’Italia! E la redazione compiacente.
Bisognerà parlare con qualcuno.
@alabardato
ti consiglio una seduta spiritica o un giro su ebay. chissà che non incappi in “qualcuno” con cui parlare.
Ma quante bele ciacole.
Sapete, mi e’ capitato di parlare con un po’ di persone oggi, riguardo a questo fatto.
Quasi tutti mi hanno piu’ o meno detto di non sapere cosa fossero gli alici. Gente istruita e di una certa eta’ (che ovviamente sanno invece cosa sono i sardoni).
Luigi: si’, te son el piu’ figo de tutti. Te rivi a citarne normative anca sui sardoni, speto solo che te me tiri fora le norme europee in materia de gare de scoreze in osmizza e dopo semo a posto.
Quanto a chi cita la Costituzione e l’Italia una e indivisibile…..io sospetto (a naso) che abbia idee politiche che si scontrano un tantino con essa. Se e’ cosi’, non ha senso farlo.
Ma soprattutto: perche’ se l’Italia e’ unita, piu’ di una volta ho visto al TG i cartelli nei mercatini napoletani in rigoroso dialetto coi giornalisti che commentavano il fatto con simpatia? Presumo di non essere il solo a cui e’ capitato. Se l’Italia fosse, di fatto, unita, si avrebbero pari diritti e pari doveri, pari pagamenti in caso di trasgressione alle norme e simili.
Invece la realta’ e’ sotto agli occhi di tutti.
Massimiliano non rispondi sugli stipendi statali dei tuoi genitori e sulle pensioni italiane dei tuoi nonni?
TI brucia il c..o?
Ti ho colto sul vivo?
Alabardato, qui nessuno ha proferito insulti. Se magari tu sapessi argomentare un tantino di piu’ le tue idee senza slogan…..ma cosa c’entra poi Lubiana? Vuoi che i triestini se ne vadano? Lo hanno fatto e lo fanno gia’ da generazioni, in gran parte grazie a quelli come te. Missione quasi compiuta, tranquillo.
Andatevene tutti. Trieste è degli Italiani da Lampedusa a Tarvisio.
Come Pola e Fiume e Zara che sono state violentate e distrutte ed invase.
Me par che la normativa disi che no se pol ciamarle gare de scoreze bensì “certami di flatulenze”.
Per Trieste sono morti seicentomila giovani da ogni regione e Trieste è di tutti quelli che la amano. Se ci sono i traditori che se ne vadano!!
Massimiliano…..cucù.
Hai finito di insultare l’Italia?
Voi siete i fomentatori dell’odio perchè se qualcuno a Capodistria provasse a scrivere in un forum quello che scrivete voi dell’Italia sarebbe messo dentro e per parecchio. Informatevi delle democratiche leggi dei vostri amici invasori di Capodistria.
Alabardato…..cucu’.
Hai finito di citare la Costituzione e poi tirar fuori slogan da Ventennio?
El top xe “andatevene tutti”.
Ma perchè, po’, no se sa 😀
TRIESTE E’ ITALIANA!!!!!!
VAI A DENUNCIARMI PER QUESTO SLOGAN!!
ASPETTO DI VEDERTI IN FACCIA!!!!
Il bannatore non c’è? E’ a cena…..ah ah ah
@ Richi
La gara de scoreze te la lascio volentieri.
Ma qui si parla di una legge in base alla quale è stata data una multa. Conoscere la legge allora dovrebbe servire, o preferisci la solita beata ignoranza?
Riguardo alla situazione dei mercatini, leggi il documento che ho linkato.
Il fatto che nel sud Italia non rispettino le leggi non mi autorizza a fegarmene allegramente. Iniziamo a rispettarle qui le leggi, invece che fare i soliti piagnistei protoleghisti del menga!
Luigi (veneziano)
…comunque trovo ridicolo anche il vittimismo idiota di Richi. Sei amico di Cagoia?
Luigi (ad Alabardato non rispondo piu’ perche’ penso si sia capito che e’ come sparare su una crocerossa del ’72 senza ruote ne volante): io faccio un discorso piu’ ampio. Non mi aggrappo alla legge in modo matematico, anche perche’ come saprai tu, da uomo di mondo, c’e’ chi le leggi le argina con altre controleggi, chi le fa per se e chi se ne fotte totalmente di farle applicare anche quando risultano ferree.
Specialmente in alcune repubbliche: quindi il mio discorso e’ istintivo ma ben piu’ ampio, non vuol essere un “beata l’ignoranza”.
Euroscettico: vittimismo idiota? Io dormiro’ sonni tranquilli oggi come ieri. Dico solo che mi sembra una bella ingiustizia affibbiare una multa del genere per un motivo del genere a un povero cristo di pescivendolo.
No, non conosco personalmente cagoia.
Cordialita’.
Non preoccupatevi che appena torna il bannatore che spegne le voci del dissenso non parlerò più. Ne ha già azzittiti almeno 20 prima di me. Ma vi piace così? Questo è esaustivo sul vostro grado di democrazia. Mi consolo che a Trieste rappresentate una piccolissima minoranza chiassosa e rissosa.
Dovete sapere che non solo Trieste è Italiana, ma ci sono tanti irredentisti nell’umaghese buiese che voi nemmeno vi immaginate e sono molti anche di nome e cognome croato che non ne possono più di vivere con gli stipendi, la sanità e le leggi croate…….meditate gente meditate….
…notate che sono Alabardato. con il puntino perchè l’alabardato precedente è già stato bannato senza motivo….come tanti altri del resto.
@ Richi
Onestamente, non t’ho capito. Se tu stai dicendo che l’Italia è il regno dei furbi e dei forti, allora fa’ il passo successivo: siccome è il regno dei furbi e dei forti, faccio il furbo anch’io OPPURE siccome è il regno dei furbo e dei forti, io me ne fotto e ocntinuo a fare il mona che rispetta le leggi.
Per me vale la seconda.
Luigi (veneziano)
@ Luigi
Non sto dicendo solo questo, ma nello specifico del tuo commento: anch’io reputo piu’ dignitosa la seconda. Solo che furbo chiama furbo, piu’ gente la fa franca e piu’ furbi spenneranno i mona, sempre di piu’ e sempre piu’ mona si faranno furbi. Poi non ci sara’ piu’ nulla da arraffare.
Cosi’ implodono questi sistemi. Mi sembra ovvio.
Quindi, altre possibilita’, sarebbero ben piu’ auspicabili e ce ne sono diverse. In ogni caso, un pescivendolo triestino difficilmente ha mai pensato di chiamare i sardoni alici, ne credo abbia fatto “il furbo” appositamente (a che pro?). Contestare questa multa mi sembra normale, viste le dinamiche.
cari ragazzi mi sto informando meglio sulla notizia che tanto ci sta facendo discutere e già mi sono giunte versioni un po’ discordanti…
Non sarebbe un male se la dicessi tutta per intero.
Merita!
Legè, stampè e porteghe a la Capitaneria de Porto
REGOLAMENTO DEI PESCATORI E PESCIVENDOLI
Chiunque, di qualsiasi luogo sia, prenda pesci con la rete o se li procuri in qualunque altro modo, sotto vincolo di giuramento e sotto la pena descritta di seguito, deve portare o far portare la metà di tutti i pesci presi, grossi e piccoli, al borgo di Finale, naturalmente nel periodo in cui si usa vendere pesci durante la quaresima, per tenerli lì e venderli a chiunque voglia comprarli.
Quanto all’altra metà, dovrà venderne sul mare ai distrettuali (= gli abitanti del distretto) del signor marchese la metà della metà stessa al minuto, mentre della parte restante (cioè, della metà della metà) potrà fare quello che vuole.
Il prezzo di vendita dei pesci fissato dal regolamento varia a seconda del tipo e della grandezza dei pesci. Sul rispetto dei prezzi sono tenuti a vigilare gli stanzieri. In ogni caso i pescivendoli hanno l’obbligo di vendere pesce a qualsiasi suddito del marchese ne faccia richiesta, a meno che non si tratti di pesci pescati o da pescare per conto della curia del marchese.
Quando non è quaresima (e quindi si mangia carne)le disposizioni impartite a proposito della metà dei pesci pescati si intendono riferite ad un terzo.
. Questo capitolo ha valore nei riguardi di tutti coloro che pescano da Capo Noli fino alla linea del confine della terra del signor marchese, dalla terra del Vescovado in qua.
I pesci che i pescivendoli portano a vendere devono tenerli in piazza per venderli da mattina a mezzogiorno e, se ne sono stati pescati di più, da mezzogiorno fino al tramonto.
Se invece i pesci sono portati dopo il tramonto, devono conservarli fino alla terza ora (= ore 9) dell’indomani e venderli secondo le regole e le modalità predette. Chiunque contravvenga pagherà una multa di 20 soldi genovesi per ogni infrazione e subirà il sequestro dei pesci. Qualunque persona di buona fama potrà formulare l’accusa e incasserà un terzo della multa.
Chiunque compri una parte dell’altra metà dei pesci o tutta la metà dovrà venderla allo stesso modo ai distrettuali del signor marchese secondo le regole e le modalità predette e dovrà portarla al borgo dove si vendono i pesci per venderla al dettaglio a tutti quelli che vogliano comprarne. I pescivendoli dovranno giurare che faranno questo sotto pena di 20 soldi genovesi. Chi compra la suddetta metà non potrà venderla a nessuno se non esclusivamente a tutti quelli che vogliano comprare al dettaglio, a pena della multa detta sopra.
Qualunque forestiero voglia pescare dentro i predetti confini della terra del signor marchese deve presentarsi davanti alla curia a giurare e a dare garanzia che osserverà detto ordinamento.
Se vengono portati al borgo pesci, quelli che li portano, se vogliono portare i pesci in piazza, devono presentarsi al giudice o al vicario o richiedere gli stanzieri e devono tenere i pesci in piazza e venderli secondo le modalità stabilite, come sembrerà opportuno alla curia o agli stanzieri a proposito dei pesci stessi, e gli stanzieri devono andare ad esaminare i pesci e a stabilire la parte da tenere e da vendere lì, sotto pena di una multa di 5 soldi per ogni stanziere richiesto e per ogni infrazione.
Se la curia non vorrà mandarceli o gli stanzieri non vorranno andarci, allora quelli che hanno portato i pesci potranno portarli dove preferiscono, dopo aver fatto registrare che hanno denunciato quanto sopra alla curia e agli stanzieri.
I capi-reti e i soci devono venire a giurare dalle calende di febbraio (= 1 febbraio) fino all’8 dello stesso mese che osserveranno il capitolo predetto.
Nessuno potrà gettare o far gettare regolarmente le reti in mare per la pesca senza aver prima pronunciato il predetto giuramento, sotto pena di una multa di 20 soldi genovesi.
Chiunque, di qualsiasi luogo, porti pesci nel distretto di Finale è soggetto a questo capitolo.
I pesci devono essere portati per il borgo o per strada pubblica dai corbelini (= portatori di cesti) o da altre persone, sotto pena di una multa di 5 soldi ognuno per ogni infrazione e di sequestro dei pesci.
Si aggiunge, però, ad integrazione che, se in una calata di reti vengono presi pesci per un valore di meno di 5 soldi, i comportamenti vietati sopra non si ritengono fatti contro il presente capitolo.
Fuori dalla piazza dove si vendono i pesci non si può vendere per più di 2 denari a nessuno dalla metà che deve essere portata al borgo.
Pubblicato in FINALE LIGURE NEL MEDIOEVO
…per un attimo mi è sembrato di leggere la trama di fascisti su marte 2 ma esiste ancora gente che crede a certe cose? che pensa che il fascio sia libertà? che sa veramente cosa sia il fascismo? beata ignoranza….e poi cosa centrano sti discorsi con l’argomento iniziale?
..mi credo che i scrivi ‘sta roba solo per insempiar la gente..
@luigi
allora attuata ad ancona in aprile e attuata a trieste in dicembre, hai mai visto in pescheria scritto alici al posto di sardoni?
come mai la hanno attuata adesso?
@Matteo
sì, nella pescheria dove compro sardoni, nella fattispecie Grassilli in via Carducci, dal momento in cui è entrata in vigore la legge, la tavoletta col prezzo ha scritto sia alici che sardoni.
Tu di quale pescheria sei cliente?
@ matteo (e altri)
Personalmente, credo che la notizia sia almeno parzialmente una bufala, e avendo un cliente grossista di pesce spiego perché.
I pescatori pescano (o gli allevatori allevano), poi per vendere ai grossisti devono accompagnare alla merce una bolla contenente una serie di informazioni di vario tipo, che a loro volta i grossisti devono replicare per il passaggio successivo con qualche piccola variante.
Non dimentichiamoci che la maggior parte del pescato dell’Adriatico va venduto in giro per il mondo, dove la parola “sardoni” è allegramente ignorata, per cui nelle carte che accompagnano le casse di pesce trasportate dai TIR in giro per il mondo non scrivono “sardoni”, “sfogi”, “caparozzoli”, ma il corrispondente nome ufficiale italiano e – alle volte, soprattutto se la merce è venduta all’estero – il nome scientifico in latino.
Quando il rivenditore riceve la merce, questa è quindi passata almeno per le mani del produttore, ma in genere è passata per le mani del produttore (pescatore o allevatore) e del grossista.
Se l’ASL, la finanza o la capitaneria di porto vanno a fare una verifica, devono poter sapere al volo che cosa hai in magazzino o sul banco, chi è il produttore, la provenienza eccetera eccetera.
C’è un unico modo per uniformare il processo a livello mondiale ed evitare la babele totale: seguire delle regole, che comprendono ovviamente anche la denominazione della merce.
Volere o volare, così stanno le cose.
E il mio sospetto è che il rivenditore al dettaglio in questione avesse qualcosa che non andava a livello di documentazione, oltre che il cartellino col nome “sardoni”.
Poi arrivano i geni del luogo, che in nome della “sacra autonomia del proprio orticello” pretendono di riscrivere le regolette ad uso proprio.
Li vorrei proprio vedere a scrivere una legge sul tema del “cartellino”, sapendo che l’attuale legge non vieta assolutamente di scrivere “sardoni” (il nome dialettale locale, qualunque esso sia), basta che prima sia scritto “alici”.
Sentiamo quindi i legislatori qua dentro cosa partorirebbero legalmente: cosa richiedereste fosse scritto obbligatoriamente sui cartellini (e sulle varie bolle d’accompagnamento) della merce che da Trieste viene venduta in giro per il mondo?
Luigi (veneziano)
Ha ragione Luigi e sottoscrivo.
P.S. lavoro nel settore
@ luigi: sulle bolle quel che disi la legge.
Sul cartelin e tuto quel che ghe vien presentado al publico, in qualsiasi lingua che se vol.
@Massimiliano
ancora devi rispondere perchè hai in odio l’Italia e perchè i tuoi genitori hanno stipendi lauti dallo stato Italiano ed i tuoi nonni laute pensioni dallo stato Italiano.
@luigi
mi immagino che allora scrivono alici in savor al ristorante in veneto
@bibliotopia
da trieste a grado
caro alabardato, i miei nonni percepiscono una pensione molto speciale da una persona molto speciale in un posto altrettanto speciale.
i miei genitori sono pensionati.
non odio l’italia, bensì “questa” italia, di puttanieri con relative complementarietà, ignoranti, disonesti e mafiosi.
sono un gran bastardo, ho sangue istriano e milanese.
sono nato a ts, vivo in friuli, per le mie ricerche mi sposto da ud a ts a go, all’istria e alla dalmazia.
pure milano, più volte l’anno.
mi sento a casa ovunque (ts-go-ud-milano-slovenia e croazia), anche se come regalo di natale vorrei veder sparire quelli di cui sopra. starei meglio.
quando vado in slovenia a fare la spesa mi sento molto più libero.
ah ancora una cosa:
ricordati che io non “devo” rispondere.
se ti rispondo è perchè mi va di farlo.
@massimiliano
L’Italia disonesta non è certo il mio modello che combatterei con modi più efficaci di quelli di oggi.
Ma tu confondi i sentimenti patriottici con dei sentimenti negativi carissimo.
Invece sono sentimenti puri e senza secondi fini.
Anche i miei nonni sono partiti da tanto tempo,ma questa è la vita.
Vuoi fare la spesa in slovenia? Vai , ma non trovi parecchie cibarie che usiamo di solito noi.
La multa che è stata fatta è pretestuosa bisogna riconoscerlo, ma che c’entra l’Italia? Semmai bisognerà andare dal sindaco a spiegare e farsi spiegare……il resto sono pretesti per inutili polemiche
magari come prima volta bastava un’avvertimento e in un attimo si modificavano i cartellini…ma era la prima volta??
pensate che uno zelante funzionario austro-ungarico sarebbe stato meno burocratico???…hi hi hi hi
quotato Alabardato 🙂
@ matteo
Forse non sai che il nome del piatto – in un ristorante – può essere pure di fantasia, ma l’indicazione degli INGREDIENTI del piatto stesso deve ricalcare la stessa identica trafila. Per cui il NOME qui a Venezia è “Sarde in saor”, ma fra gli INGREDIENTI è scritto esattamente “alici”.
Ma vogliamo fare un piccolo esempio di come anche i ristoratori seguano lo stesso andazzo dei rivenditori di pesce?
Andate in un ristorante e chiedete olio extravergine e aceto. Che vi portano? Spesso boccettine anonime in vetro chiaro.
Ebbene: questo viola la legge, poiché è vietato servire olio in contenitori anonimi. Il consumatore deva sapere che tipo d’olio gli è stato servito, e lo deve sapere dall’etichetta. Multa prevista: da 1.000 a 3.000 Euro.
Adesso mi aspetto l’articolo sul Piccolo: “Mette in tavola l’olio e gli danno 2.000 Euro di multa”, e poi tutti qua sul blog a smenarla con l’Italia colonialista.
A proposito: le stesse identiche regole delle etichette italiane ci sono anche nella colonialista Austria e in quell’orrido paese del terzo mondo che si chiama Germania.
Luigi (veneziano)
Ma el giornalista che gha dado questa notizia pol confermar o meno cio’ che qualchidun suponi: no xe che jera scrito solo sul cartelin “sardoni” ma anche sui documenti de accompagnamento (o mejo, sui documenti mancava comunque qualcosa).
Si o No? Grazie mille
@alabardato
come vedi mi piace rispondere e parlare se i tuoi modi sono civili come negli ultimi messaggi.
sinceramente io mi sento un bastardo, ciò significa che non sento nessuna patria come mia (o forse le sento tutte…). questo per dirti che secondo me il concetto di nazione dovrebbe sparire nell’europa moderna.
poi, se parliamo di legislazioni o di usi e costumi, o abitudini alimentari, possiamo discutere, ma ognuno ha i suoi modelli e le sue preferenze.
@luigi
grande paese l’austria
@Ivan
Al momento non posso garantirlo al 100%, ma direi che la multa è stata data proprio per la mancata esposizione sul cartellino. In caso contrario, visto il putiferio che si è sollevato, la capitaneria di porto avrebbe smentito. Invece le dichiarazioni di Felice Tedone, vice comandante della Capitaneria di Porto, sono queste:
– E’ una norma a tutela del consumatore, è più onesto scrivere il nome in italiano in quanto garantisce la chiarezza delle indicazioni anche all’acquirente non triestino. E poi non è vero che siamo così fiscali – sottolinea – ai rivenditori costa poco scrivere il termine corretto e nessuno vieta di riportare tra parentesi anche il termine locale.-
Direi che stiamo parlando proprio dei cartelli esposti e non delle bolle di accompagnamento.
Questo il commento postato da chi ha preso la sanzione (Michele Doz) tra i commenti del gazzettino:
-Cari amici,
ho letto con attenzione e gradimento i vostri commenti e, ringraziando la stampa per aver diffuso il caso, mi permetto di illustrarvi qualche ulteriore spunto di analisi.
La giornata in questione, ovviamente un venerdì mattina con molte persone in attesa di acquistare il prodotto ben prima dell’orario di apertura, ci ha visto un pochino impreparati a causa di due pescatori assenti per influenza. Per la fretta si è prestata poca cura nel preparare i cartellini indicando appunto la dicitura “sardoni” invece che alici e “caperozzoli” al posto di vongole. Colpa nostra, senza dubbio, ma quello che ci fa molto incavolare è la maniera e l’arroganza espressa dagli ispettori della Capitaneria che ci hanno fatto apparire, davanti alla clientela, come veri e propri criminali in procinto di frodare i consumatori.
Premetto che sono un pescatore, figlio di pescatori e la nostra iniziativa di vendita diretta del pescato è stata avviata con ‘intento di produrre un reddito dignitoso alle nostre famiglie ed ai pescatori che dal mare cercano la soppravvivenza.
Riguardo poi alla informazione ai consumatori vi pongo questo quesito: quanti di voi sanno cos’è, ad esempio, il latterino, la mendola, il merlano, lo spinarolo? sicuramente se vi riporto i temini dialettali sarete facilitati: l’anguela, la menola, il molo e l’asià.
Per fortuna qualcosa si sta muovendo anche a livello ministeriale; stanno studiando di modificare la legge per informare, anche sul territorio, il consumatore-
E’ quello che proponeva Oblivion già al post n. 21
“Una proposta.
Allora, partendo dal fatto che la tutela è necessaria per diversi e molteplici motivi, propongo l’idea che si usi il nome in lingua italiana per il prodotto di provenienza esterna o di allevamento, mentre per quello di produzione autoctona (per così dire) si usi il nome tradizionale del luogo. Questo tutelerebbe meglio chiunque.”
Beh, se volte sapere qualcosina di più sulla vicenda sono quà, visto che io, proprio io sono il colpevole dei cartellini sbagliati. Comunque, vi posso assicurare che non c’è altro sotto, altrimenti la multa sarebbe stata ben più pesante e con conseguenze diverse da una sanzione amministrativa
Forse, sarebbe il caso di dare un’occhiata a questo:
L’Acciuga.
In Italia l’acciuga viene chiamata alice quando, essendo giovane, è piccola.
In Liguria viene chiamata generalmente anciua, amarou, anciona, amplona, amplouva, e il novellame di dimensioni fino a 3 cm si chiama gianchettu o bianchetto (dal colore che l’acciuga ha quando è così giovane).
In Veneto viene chiamata anchiò oppure sardòn.
In Venezia Giulia viene chiamata nini, anciò, sardela, sardòn
In Toscana acciuga, alice.
Nelle Marche acciuga, alice, sardela, sardone; argentini, latterini, lilla, magnana, nudini e il novellame paranzoli.
Negli Abruzzi acciuga, alice, argentini e il novellame nudini.
Nel Lazio acciuga, alice.
In Campania acciuga, alice, alice ‘e sperone e il novellame alice annure.
In Puglia aléce, alice, alice de sperone, speronara.
In Calabria alici, aliciàstra, aliciastrùni, mezz’alici e il novellame bianco mangiare, neonata.
In Sicilia, aléce, alice, alìccia, anciva, anciova, ancioja, anciora, masculina, masculinella, masculinu, mascolini e il novellame nannata, anciovillo.
In Sardegna anciona, angioja, anciova, angiouvitta, aggiuva, azzuva.
Ottimo, grazie e benvenuto, mi sono permesso di riportare il tuo commento postato sul sito del gazzettino (commento 107).
in italia, diria in toscana
grazie a te, che mi hai dato l’occasione per partecipare a un forum di casa nostra, dove è più semplice far comprendere al consumatore, che noi per primi vogliamo difendere e tutelare, che uno sbaglio a mio avviso veniale possa incidere pesantemente sulla nostra integrità morale prima che sul portafoglio
pensate solo che un autonegozio, in mezzo ad una piazza, dove è impossibile nascondere qualsiasi cosa, alla vista di tutto e di tutti, si possa architettare qualcosa per ingannare o peggio frodare un consumatore che ti da fiducia
dove il prodotto proposto viene stivato in meno di tre metri lineari di banco, dove i cartellini che per legge devono giustamente contenere molte informazioni per il consumatore (denominazione della specie, metodo di cattura, provenienza) in una tabella di 10x 7 cm, dove le cassette del pesce vengono etichettate con tutta la rintracciabilità prevista (produttore, data di pesca ecc.) quale possa essere il pericolo paventato da Luigi (veneziano)?
@micpescatore
infatti credo che il tuo caso sia abbastanza emblematico dello “smarrimento culturale” che le istituzioni stanno patendo da qualche tempo.
in sostanza si colpisce chi non ha possibilità di difendersi, per un errore puramente formale e veniale. è più comodo che andare a vedere ciò che accade dietro e sotto i banconi dei bar o in certe cucine di trattorie e ristoranti.
Grazie a Diego per la chiarezza e professionalità e grazie a Micpescatore per rispondere qui.
C’è nessuna possibilità di sostenere e pungolare il Min Pol Agr per modificare la legge?
si, ma non solo. Pensa che quasi la totalità delle pescherie cittadine, nel più rigoroso silenzio, sono state multate per la stessa ragione. Un errore che, credetemi, si fa in buona fede ed è dovuto alla fretta per allestire il banco. Il più delle volte i pescivendoli aspettano fino alle 07.00 – 07.30 l’arrivo delle barche per potersi rifornire del pesce pescato nella notte o le cale di alba.
Non basterebbe un quadro riassuntivo esposto nel negozio con tutti i sinonimi?
@ivan: Il Min Pol Agr Zaia è intervenuto sull’argomento con una lettera a “Il Giornale”: http://trieste.bora.la/2009/12/11/sta-europa-la-me-fa-inrabiar-la-lettera-di-zaia-al-giornale/
Dal punto di vista pratico, non so però se stia facendo qualcosa.
Concordo con la proposta di lanfur.
Micpescatore al 118 dice:
“Pensa che quasi la totalità delle pescherie cittadine, nel più rigoroso silenzio, sono state multate per la stessa ragione.”
Ecco. Lo supponevo. Perciò niente affatto caso emblematico. E dopo la multa, l’errore non si fa più..
Sono Italo e vai con il ban.
la norma che discipliana l’etichettatura, il D.M. 27 marzo 2002 (del Ministero Politiche agricole)recepisce un regolamento comunitario, il 2065/2001, che impone agli stati membri di normare l’etichettatura con una nomenclatura ufficiale. A mio avviso il ministero ha facoltà di aggiornare ed estendere la denominazione ufficiale a nomi dialettali, in quanto lo ha già fatto al momento della stesura: il mitilo (pedocio) può essere chiamato anche cozza; il branzino anche spigola. Per questa ragione sosteniamo che l’elenco possa essere rivisto ed implementato con nomenclatura locale, almeno per alcune specie. Di questo il Ministro Zaia è sostenitore e ci ha promesso di verificare tutte le possibilità per variare la norma
Zaia dice questo? Ed allora perchè scrive tutte quelle fregnacce su Il Giornale?
@Micpescatore
Un’informazione su una cosa che mi incuriosisce. Come salta fuori la cifra di 1167 euro? Voglio dire, è frutto di un calcolo? Di solito le sanzioni di questo tipo sono cifre tonde..
Allevolte, goggolando, si trovano molte informazioni.
Decreto 27 marzo 2002 Etichettatura dei prodotti ittici e sistema di controllo. G.U. n. 84 del 10-4-2002
Contiene l’elenco approvato dei nomi dei pesci.
http://www.flai.it/archflai.nsf/0/596453c4a82c11b2c1256d43004291ce?OpenDocument
Il Decreto è firmato: Paolo Scarpa Bonazza Buora – Sottosegretario.
Il suo sito al Senato:
http://www.senato.it/leg/15/BGT/Schede/Attsen/00002213.htm
Governo in carica all’epoca del Decreto: Berlusconi 2
Politiche Agricole e Forestali
Ministro: Giovanni Alemanno (AN)
Sottosegretari: Teresio Delfino (CDU),
Gianpaolo Dozzo (LN),
Paolo Scarpa Bonazza Buora (FI)
Allora, come fa oggi il buon Zaia a scrivere le cose che scrive, quando il lavoro è frutto di un Suo Governo e perfino di un suo corregionale? Si, perchè Paolo Scarpa Bonazza Buora è veneto pure lui, precisamente di Portogruaro, anche se di Forza Italia.
Magari sarebbe da informarlo, ma sicuramente il Giornale non lo scrive.
non commento l’operato di chi ha scritto il testo e chi l’ha firmato..
La cifra di 1161 e qualche centesimo di € è frutto della conversione di 2.000.000 di vecchie lire, prevista dal legislatore prima dell’entrata in vigore dell’euro.
Per vostra conoscenza, le sanzioni in ambito della pesca sono pesantissime; se per sbaglio un pescatore pone in vendita una orata di 19,9 cm di lunghezza (taglia minima 20 cm), rischia la denuncia penale ed una sanzione di 3.000 e passa euro. Oltre, ovviamente, alle spese giudiziarie ed avvocato
anche in questo caso, i controlli non mancano. Un pescatore è stato recentemente denunciato per aver tentato di vendere una partita di orate di cui “ben” due di esse erano sottomisura: 19,6 e 19,8 cm su un totale di circa 400 esemplari. Un vero criminale…
Mi scometo che a Napoli o a Roma no sucedi mai ste robe, dove se se gira per Trastevere le lavagne dei locai no scrtivi un solo nome in italian ma tuto in dialeto.
Napoletani e romani governa l’italia, imponendo i loro dialeti a tuta la penisola, e la question se riperquoti anche qua a Trieste.
Qua xè mera question de colonialismo. L’italia a Trieste no atechisi pr gnente a parte qualche nazionalista ( fio de nazionalisti foresti ) e qualchidun che prima o poi se svejerà. Quà a Trieste l’italia, come el taljan, no xè roba sai gradida. e chi tira i fili lo sa, e da per le gambe ala base dela società tergestina sperando de piegarne..
inveze..
e per la cronaca , quel pese se ciama ” sardina”, alici xè napoletan..
ulterior dimostrazia de ignoranza da parte del colono.
Sardoni i lo capissi tuti in Adriatico anca in Grecia. Pensavo che alici fossi napolitan e in lingua della Crusca se disessi acciughe. La storia della proibizion ga aria de colonialismo.
Xe colonialismo. Anche a mi me risulta che se disi acciughe in taljan e alici in napolitan. Anche pedoci de noi, mitili in taljan e cozze in napolitan. Come che disi el grande inglese al muleto indian che domandava cosa che xe colonia “xe quando gente de fora ga i posti de comando de l’aministrazion, de la sc0la e de la giustizia.” Ma, digo mi, perché ai nostri fioi ghe seca ciapar quei posti?