27 Novembre 2009

Amianto: nuove tecniche per evitare le discariche

La discarica di Porcia durante la realizzazione del bacino

La discarica di Porcia durante la realizzazione del bacino

Nel 2008, sono state 330 le domande complessivamente presentate alla Provincia di Gorizia dai privati cittadini che vogliono liberarsi dell’amianto presente nelle loro abitazioni. 71 provengono dalla città di Monfalcone, per un totale di 1500 metri quadrati di coperture da smaltire, e 57 da Gorizia, con 1652 metri quadrati. Anche quest’anno, la Provincia ha indetto un bando per l’affidamento del servizio di microraccolta delle coperture di eternit, con un budget di 116.666 euro.
L’amianto da bonificare in Regione è ancora molto, tanto che non si dispone di cifre del tutto esaurienti sull’entità del fenomeno: per avere un’idea, basta pensare che un censimento dell’Arpa completato nel 2006 ha rilevato più di un milione di metri quadri di coperture di cemento amianto in capannoni industriali, artigianali e agricoli e nelle pensiline ferroviarie.

Ma tutto questo materiale pericoloso, una volta raccolto, dove può andare a finire? Fino ad ora, le uniche due possibilità sono spedirlo in Austria, con tutti i costi che comporta, o nella discarica di Porcia, in Provincia di Pordenone, operativa dal 2008 e capace di contenere 100.000 metri cubi di cemento-amianto. Discarica che non ha mancato di sollevare timori e proteste nella popolazione del comune: secondo Renzo Simoni, ingegnere dell’Ass 1 e membro della Commissione regionale Amianto, le polemiche sono derivate dal mancato coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali e dalla  carenza di informazione: “La discarica di Porcia è stata realizzata secondo severi standard di sicurezza: il bacino è impermeabilizzato da uno strato argilloso e da una pellicola di polietilene ad alta densità, per impedire che l’acqua piovana venuta a contatto con i rifiuti interrati filtri nel terreno. Le lastre di amianto sono inoltre incapsulate nelle big-bags di plastica, che impediscono la fuoriuscita di fibre nocive per la salute. Inoltre, l’acqua viene pompata dal fondo del bacino, costantemente filtrata e monitorata per accertare che non contenga fibre, così come viene controllata l’aria nella zona della discarica. La popolazione può stare tranquilla, al momento non ci sono rischi di inquinamento”.

fibre prima trattamentoPurtroppo, occupare un terreno con una discarica significa renderlo inutilizzabile per altri scopi, e, se gli imballaggi si deteriorano, c’è sempre il rischio che vengano liberate le fibre dannose per la salute. Ma ci potrebbe essere un’alternativa: la Commissione Regionale Amianto del Friuli Venezia Giulia sta valutando rischi e benefici dei trattamenti termici di inertizzazione autorizzati dal decreto ministeriale 284/2004. L’Università di Modena e Reggio Emilia, assieme alla ditta Zetadi Srl, ha recentemente brevettato il “Processo industriale per la trasformazione termica di  lastre di cemento-amianto utilizzando un forno continuo”, attentamente studiato da un gruppo di lavoro della Commissione Regionale. Trattando l’amianto, sia in forma fibrosa che compatta (eternit), a temperature maggiori di 900 °C, si ottiene una trasformazione cristallo-chimica del minerale, che perde la sua caratteristica fibrosità. In questo modo, vengono distrutte le fibre microscopiche che, se inalate, portano a patologie mortali. Il materiale innocuo ottenuto dal trattamento può essere riciclato come materia prima secondaria per altri processi industriali.

Per non ripetere gli errori del passato, è doveroso chiedersi: il processo rende davvero innocuo l’amianto? Secondo l’Ingegner Simoni, si: “Sono stati fatti molti esperimenti, su quantità ingenti di lastre di eternit, ed è stato appurato che il calore riesce a raggiungere anche il cuore dei cumuli trsformando tutto l’amianto in una sostanza innocua”.

La situazione sembra sicura anche sul fronte delle emissioni: “Il materiale è sempre isolato dall’esterno”, spiega Simoni, “l’impianto alimentato a gas è diviso in tre zone da cui non possono uscire eventuali fibre:i pacchi di amianto arrivando sigillati e così vengono inseriti nel forno, dove non si ha combustione o fusione ma solo un riscaldamento del materiale. Tutte le zone sono sigillate e in depressione, e i fumi che si liberano vengono ricaptati e riportati ad alte temperature per eliminare eventuali fibre e la diossina generata dalla bruciatura dei sacchi di plastica. Nella canna fumaria sono presenti dei filtri che bloccano le fibre d’amianto e riducono la quantità di diossina rilasciata nell’aria, con un impatto ambientale dunque ridotto”.

Fibre di amianto dopo il trattamento termico

Fibre di amianto dopo il trattamento termico

Le ragioni per continuare a studiare l’affidabilità del processo di inertizzazione ci sono: evitare le discariche e attuare quello che, in sostanza, è un riciclaggio di rifiuti, è senz’altro una strada da percorrere. Tuttavia, i pro e i contro vanno attentamente vagliati per giungere a scelte consapevoli, evitando di ritrovarsi a versare lacrime di coccodrillo quando è ormai troppo tardi, come è stato fatto in passato. “Bisogna sempre fornire una corretta informazione alla popolazione”, conclude Renzo Simoni, “senza il coinvolgimento della quale è impossibile fare scelte condivise”. Un monito che vale per molte questioni importanti in Italia e che, troppo spesso, viene dimenticato.

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