20 Novembre 2009

Rigassificatore: le risposte di Predonzan sulle domande “generali”

rigassificatore mappa

La scorsa settimana, i lettori e gli autori di Bora.la hanno rivolto alcune domande sul rigassificatore a Dario Predonzan, attivista del Wwf regionale, che si è avvalso della collaborazione di Carlo Franzosini e Lino Santoro.

Domanda di Jacum: Perchè costruire un rigassificatore proprio a Zaule? Non avrebbe più senso verso Venezia?

In mancanza di una programmazione energetica nazionale, sono le società costruttrici a scegliere i siti degli impianti (si tratti di centrali elettriche, rigassificatori o altro). Verosimilmente, Gas Natural contava di utilizzare la norma (la L. 340/2000) che – sia pure in palese contrasto con la Direttiva europea sulla VIA – esentava dalla procedura di valutazione d’impatto ambientale i rigassificatori siti nei siti industriali dismessi.

Il tentativo è fallito, per fortuna, poiché il Ministero dell’ambiente ha imposto di svolgere comunque la procedura VIA – per timore di sanzioni da parte della Commissione europea – ma GasNatural ha potuto comunque, nella totale assenza di trasparenza e coinvolgimento dei cittadini, ottenere nell’agosto 2005 (prima dell’inizio della procedura VIA) il nulla osta di fattibilità preliminare dal Comitato tecnico regionale dei Vigili del Fuoco, competente in merito agli impianti industriali a rischio di incidente rilevante in base alla c.d. “Direttiva Seveso”e al D. Lgs. 334/1999 con cui la Direttiva è stata recepita in Italia.

Oltre a ciò, Gas Natural poteva, e può, contare fin dall’inizio su autorevoli appoggi politici a livello locale, elemento non certo secondario nella scelta di un sito. Un rigassificatore off shore nell’Alto Adriatico esiste già, a Porto Viro (al largo del Delta del Po): nulla in teoria impedirebbe di costruirne “n” altri, ad esempio riutilizzando le piattaforme per l’estrazione del metano esistenti al largo delle coste dell’Adriatico centrale.

Il problema vero è però quello di inquadrare finalmente la costruzione di nuovi impianti energetici in una programmazione nazionale coerente, di cui invece non c’è traccia. Il Governo dichiara anzi che anche la scelta dei siti delle centrali nucleari sarà compito delle società energetiche! Una programmazione energetica seria dovrebbe comunque stabilire quanto gas serve all’Italia (oggi invece il Governo dichiara che il nostro Paese dovrebbe diventare – con tanti nuovi rigassificatori e gasdotti – l’”hub del gas” per il resto d’Europa…) e quali debbano essere i canali preferenziali di approvvigionamento.

Il tutto però all’interno di una politica energetica fondata principalmente sul risparmio (per il quale esistono margini enormi) e sul ricorso a fonti alternative e rinnovabili. Anche il metano è infatti un combustibile fossile in via di esaurimento, anche se fra i fossili è il meno nocivo per l’ambiente per unità di energia prodotta.

Luigi Veneziano: Esiste qualche possibilità “legale” (nel senso di “ricorrendo a qualche corte italiana o europea”) di bloccare il rigassificatore, oppure la strada principale è quella della mobilitazione popolare?

Nell’iter della VIA sul rigassificatore sono state rilevate numerose – e gravi – irregolarità. Di qui vari esposti alla magistratura penale: un’inchiesta della Procura di Roma su questo argomento è stata archiviata (ma potrebbe riaprirsi), mentre è invece ancora aperta un’altra inchiesta della Procura di Trieste.
Un ricorso al TAR Lazio contro il decreto VIA è stato presentato in questi giorni da WWF e Legambiente (anche Italia Nostra si assocerà), cui se ne aggiunge un altro dei Comuni di Muggia e S. Dorligo della Valle-Dolina, mentre un reclamo degli ambientalisti alla Commissione Europea, presentato la scorsa primavera, non ha avuto finora seguito, ma sarà senz’altro riproposto.

Al di là dell’esito di queste azioni legali, i cui tempi non sono prevedibili (anche in caso di successo del ricorso al TAR, rimane da vedere l’esito del giudizio d’appello al Consiglio di Stato), l’importante è non lasciare nulla di intentato e percorrere contemporaneamente ogni strada per opporsi alla costruzione dell’impianto.
I ricorsi al TAR, se accolti, porterebbero all’annullamento della procedura VIA, cioè del principale risultato ottenuto da Gas Natural in funzione della realizzazione del progetto. Il reclamo alla Commissione, se avesse seguito, non costituirebbe invece un intralcio all’iter del progetto, poiché si tradurrebbe – non prima di qualche anno – in una procedura di infrazione a carico dell’Italia, “sanabile” con una sanzione pecuniaria.

L’iter del progetto è comunque ancora lungo, perché da un lato è lungi dal concludersi la procedura VIA sul gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto da SNAM, infrastruttura indispensabile per il funzionamento del rigassificatore (è importante attivarsi anche su questo progetto, per il quale è aperto fino al 12 dicembre il termine per la presentazione di osservazioni da parte dei cittadini), mentre dall’altro dopo la VIA favorevole al progetto di Gas Natural l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto dovrà venire da una conferenza dei servizi, indetta dalla Regione, cui parteciperanno tutti gli Enti in qualche modo competenti (Comune, Provincia, ASS, Ministeri, Autorità portuale, ecc.).

E’ quindi importante una mobilitazione visibile dei cittadini, sia perché “anche i giudici leggono i giornali e guardano la TV”, sia perché un’adeguata reazione popolare potrebbe modificare la posizione di politici oggi favorevoli ma “tiepidi” o agnostici sul tema.
Sarebbe anche importante che le istituzioni scientifiche e gli organismi di controllo (questi ultimi partecipano alla conferenza dei servizi, organismo collegiale che formulerà il parere finale), finora stranamente assenti e silenti sul tema, si pronunciassero sul senso logico di un rigassificatore a Zaule.

rigassificatore_zaule progetto

No Se Pol: Quando si trattava di costruire il rigassificatore della Snam al Lisert di Monfalcone, molti “circoli” triestini, capitanati da Turm und Taxis, si opponevano con una lunga serie di argomenti. Hanno influito non poco sul risultato del referendum che l’amministrazione di Monfalcone aveva indetto sul tema. Le mie domande sono:
1. Valgono gli stessi argomenti dell’epoca per Trieste?
2. C’è qualcuno a Trieste che intende chiedere il referendum?
3. L’amministrazione Comunale lo indirebbe?

A dire il vero, più che il principe di Torre e Tasso ed i “circoli” suoi alleati, alla campagna contro il rigassificatore di Monfalcone contribuirono soprattutto gli ambientalisti (monfalconesi e triestini), oltre al comitato locale, attivi con campagne capillari di informazione verso i cittadini: lo dimostra il voto al referendum comunale, con oltre i due terzi di “NO”.
Decisivo fu poi il “NO” del ministro dei beni culturali, prof. Paolucci, che – per oggettive ragioni di impatto negativo sul paesaggio – impedì si arrivasse al decreto VIA congiunto con il ministero dell’ambiente (la cui Commissione VIA aveva invece espresso parere favorevole sul progetto di SNAM).

Ogni sito proposto per un impianto energetico presenta problemi specifici: a Monfalcone furono decisivi soprattutto l’impatto sul paesaggio (serbatoi e pontile di attracco delle gasiere visibilissimi anche da aree di tutela paesaggistica e di interesse turistico) e quello legato agli enormi dragaggi necessari nella Baia di Panzano per permettere il movimento delle gasiere (quasi 10 milioni di metri cubi di fanghi inquinati che si volevano smaltire qua e là, perfino nella riserva naturale della Foce Isonzo…).
La tecnologia di rigassificazione prevista era quella a fiamma sommersa (come a Panigaglia), senza cioè l’utilizzo delle acque marine come vettore di calore e relativo impatto sulla vita del mare; esistevano invece rischi per la sicurezza, legati soprattutto al traffico delle gasiere e a possibili fuoriuscite di gas dai serbatoi.

A Trieste, com’è noto, i problemi sono soprattutto la prossimità dell’impianto proposto ai centri abitati e ad altre industrie a rischio, l’assenza di ricambio idrico nella Baia di Muggia con i conseguenti effetti dello scarico delle acque di processo nell’ambiente marino, l’incredibile serie di lacune e falsità negli studi presentati, ecc.

Un referendum a Trieste è stato già chiesto nel 2006, ma il quesito proposto è stato respinto dalla”Commissione dei Garanti” prevista dallo Statuto comunale, il quale prevede che possano essere indetti referendum su “materie nelle quali il Consiglio comunale ha competenza deliberativa esclusiva e riguardanti gli interessi dell’intero Comune”.

Non risulta che altri abbiano intenzione di proporre nuovi quesiti, i quali dovrebbero comunque superare il vaglio della Commissione medesima. Se ci riuscissero, bisognerebbe poi raccogliere alcune migliaia di firme autenticate (almeno il 6% del corpo elettorale), oppure servirebbe una proposta firmata dai due terzi dei consiglieri comunali. Soltanto dopo aver superato questi scogli, un referendum verrebbe indetto (e il Comune non potrebbe certo rifiutare di farlo…).
Si tratta però di un’eventualità che pare piuttosto remota e che comunque non consentirebbe di chiamare i cittadini alle urne prima di un anno, un anno e mezzo.

Andrea Butkovic: E’ vero che, se il gas si incendia, si rischiano ripercussioni in un’ area di 50 km? Come si domerebbero incendi di questo tipo?

Il raggio di propagazione della nube fredda, in caso di rottura (accidentale o provocata) di un serbatoio a terra o di quelli sulla gasiera, dipende dai fattori climatici e meteorologici. L’incendio della nube potrebbe avvenire in qualsiasi fase del percorso della nube e l’irraggiamento termico sarebbe proporzionale alla quantità di GNL sversato.
I modelli matematici più recenti sono in grado di valutare le conseguenze a diverse distanze in funzione delle condizioni di contorno (fattori meteoclimatici) e della quantità di GNL perso dal serbatoio. Sono presumibili effetti di pericolo per le popolazioni, per il collasso di un serbatoio, fino a 20 Km di distanza. Si tratta comunque di modelli previsionali che però, confrontati con sperimentazioni fatte su quantità più modeste intenzionalmente immesse nell’ambiente (ovviamente in luoghi isolati), confermano le previsioni.
Le cause possono essere molteplici: da cedimenti strutturali, ad attacchi terroristici, a incidenti di navigazione, a errata gestione delle fasi di filiera, a disfunzioni accidentali o intenzionali dei sistemi di controllo.

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Per maggiori informazioni e dettagli, consultare il sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia sezione “documenti”, sottosezione “energia”, come pure il numero di settembre 2009 del mensile “Konrad” (nel sito www.konradnews.it) class=”alignleft size-thumbnail wp-image-17479″ />

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7 commenti a Rigassificatore: le risposte di Predonzan sulle domande “generali”

  1. NoSePol ha detto:

    Chiedo scusa, non cerco polemica..
    Ma se è vero che a Monfalcone la posizione degli ambientalisti e perfino l’intervento di alcuni esponenti del governo di allora era decisamente per il NO, è altrettanto vero che sia da ambienti triestini che da Torre e Tasso, gli interventi contrari all’opera e di sostegno palese sia per l’effettuazione del referendum, sia nella campagna per il NO, si moltiplicarono. Basta rileggere le cronache sui quotidiani dell’epoca. Ispirata da Torre e Tasso, perfino la stampa austriaca intervenne sualla questione. Forse perchè il paesaggio “rovinato” era la veduta dal Castello di Duino? Ricordo un titolo in particolare della cronaca de Il Piccolo di Trieste: Il golfo è anche nostro. Lascio intuire il seguito..

  2. Dario Predonzan ha detto:

    Non capisco il senso di questa replica. All’anonimo “nosepol” dà fastidio che alcuni ambienti triestini si siano schierati all’epoca contro i rigassificatore della SNAM a Monfalcone? E perchè non avrebbero dovuto farlo?
    Se il problema sono le “interferenze” triestine in una questione “isontina” (ma che solo isontina non era), ricordo che ci furono anche autorevolissimi esponenti triestini, i quali si spesero ripetutamente a favore del progetto SNAM, come l’allora sindaco Riccardo Illy (basta rileggere la stampa dell’epoca…): perchè non prendersela allora anche costoro?

  3. NoSePol ha detto:

    Semplice. Il senso della replica era dovuto al fatto che nella risposta si negava l’intervento di alcuni ambienti triestini. Ora, nella risposta ulteriore, si ammette.
    Tutto qui.

  4. Dario Predonzan ha detto:

    Bastava leggere bene la mia risposta, per capire che non ho mai negato l’intervento di “alcuni ambienti triestini”. Men che meno dei “circoli” ispirati dal principe di Duino. Avevo semplicemente rilevato che decisivo per il risultato finale fu – fino a prova del contrario – il lavoro di ambientalisti (monfalconesi, triestini ma anche udinesi, romani…) e il comitato locale.
    Oltre ovviamente alla fermezza del ministro per i beni culturali, che detto per inciso era fiorentino…

  5. NoSePol ha detto:

    Decisiva fu – per alcuni, mentre per altri fu sciagurata – la decisione del comune di Monfalcone di indire comunque il referendum. Nonostante le norme siano le stesse di oggi e gli statuti comunali pressocché identici.
    La cosa a trieste sembra invece talmente diversa che pare ineluttabile…
    Anche negli stessi ambienti che allora si mobilitarono.
    Ma forse il problema era davvero rappresentato dagli scavi nel porto. Il timore non espresso infatti era che il dragaggio del porto di Monfalcone lo ponesse troppo in concorrenza con Trieste, e ciò metteva daccordo tutti.
    Sono riflessioni che mi vengono solo perchè sembra che una certa opposizione provenga esclusivamente dalla Slovenia. Mi chiedevo allora che fine avesse fatto la coscienza ambientalista di quei tempi.. In fondo non sono nemmeno 10 km in linea d’aria.
    Grazie comunque per l’attenzione.

  6. Marcus ha detto:

    Quell che francamente no rivo capir in tutte ste lotte e anche ciacole che ne fà perder tempo prezioso xe:
    che il rigassificador de Zaule vien rifornido de GAS NATURALE LIQUIDO (GNL) tramite le NAVI GASIERE cosidette navi Q-MAX.
    Allora prima de parlar del rigassificador bisogna parlar se xe possibile che una nave gasiera pol raggiungerlo e per questo esisti una leglislazion ben precisa.
    A questo proposito no go ancora visto il documento ufficiale che deve essere elaborato dalla CAPITANERIA DI PORTO DI TRIESTE. Questo documento delimita la ZONA DI INTERDIZIONE marittima (r=1.5mn=2.4km) e ZONA di SICUREZZA applicada allo scarico di GNL (r=2km) e finco no vedo sto documento che devi esser richiesto, approvato e registrato dal INTERNATIONAL MARITTIME ORGANIZATION (IMO) dette navi no arriverà mai a ZAULE.

    Appurato che il rigassificador senza il GNL no servi a nissun, voio cortesemente chieder se ce qualchidun che ne pol finanziar la ricerca sulla ventosità sulle dighe foranee, questo per risolver, almeno parzialmente, el problema energetico e de posti de lavor de Trieste, poiché del problema energetico dell’ Italia (Frattini, Menia, Dipiazza ecc.) no ne pol fregar ameno.
    In pratica dovemo trovar una cifrà irrisoria destinata alla ricerca (ca. 1 anno) per crear un parco eolico (tempo di costruzion ca. 2 anni) con la resa che può variare dai 20 a 32 MW (Megawatt), ovvero energia rinnovabile per tutto il porto oppure ca. 50.000 abitazioni triestine.

    Feme saver cosa che ve par sta alternativa a quell che NO SE POL far.

    Che magari qualchidun no pensi che parchi offshore no esisti consiglio de cliccar sul filmato a destra (Horns Reef), del seguente link:
    http://www.vestas.com/it/energia-e-centrali-eoliche/progettazione/campagna-anemologica.aspx

  7. thedilumumba ha detto:

    grazie ,in futuro non andrò più in vacanza a Omisalj,grazie ancora

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