16 Novembre 2009

Giocatori “sazi”, una zona che non funziona e le libertà concesse agli ospiti

Simone Lenardon

Simone Lenardon

Basket triestino La zona nel finale di partita, assist alla vittoria veronese
Esistono delle scelte che appaiono tatticamente plausibili ma che sarebbe meglio non utilizzare per, chiamiamola così, incompatibilità con il materiale umano a disposizione. Mi spiego meglio: coach Bernardi aveva tutte le ragioni nel imporre ai suoi una difesa a zona “2-3” per scombinare le carte a Verona negli ultimi minuti, primo motivo per il deficitario 26% (5/19) al tiro da tre punti fino all’inizio del terzo quarto, decisamente da “cavalcare” come opzione per Trieste, secondo motivo per “gestire” i falli dei due terminali più produttivi triestini quali Dennis Bocchini e Andrea Benevelli. Purtroppo non è la prima volta che la “2-3” Acegas ha fatto acqua da tutte le parti, rotazioni sbagliate e lente: risultato? Tripla di Dri e tripla di Nobile e partita chiusa.
Due sono le cose: o coach Bernardi deve lavorare di più su questo aspetto difensivo, o proprio i giocatori non digeriscono i concetti chiave della zona…. intanto le avversarie ringraziano e portano i due punti a casa!

Squadra con una sola dimensione, facilmente arginabile
Va bene che all’Acegas delle ultime uscite mancava Michele Benfatto, però il discorso non si sposta di una virgola: non c’è un elemento uno in maglia biancorossa che dia profondità al gioco offensivo, occupando l’area, ricevendo e impegnando fisicamente i lunghi avversari, facendo magari collassare la difesa avversaria in area, e potendo al limite scaricare per buoni tiri degli esterni. La riprova? Scarponi tira regolarmente con l’uomo addosso, Bocchini idem (e l’ultima partita mettendone nel cesto buona parte), Marisi a volte non riesce neanche a tirare e Lenardon se non sfrutta qualche pick’n roll è spuntato, l’unico Spanghero è giocatore capace di crearsi qualche tiro da solo. Per cui il cosiddetto lungo di ruolo non è solo un entità che recapita assist dei compagni traducendoli in canestri, bensì anche un elemento fondamentale nel spostare la palla offensivamente facendo muovere la difesa e creando gioco, dando la possibilità di utilizzare ogni centimetro quadrato della metà campo d’attacco.
Non fa testo la prestazione di Benevelli, impreziosita soprattutto da dinamici rimbalzi offensivi convertiti a canestro, non da soluzioni “spalle a canestro” come un normale numero “5”.

“…il talento è quello che è, manca la fame!”, coach Bernardi e una sala stampa bollente
In sala stampa coach Bernardi è critico, molto critico, forse come mai in questa stagione; la sua disamina non salva nessuno, questa volta neppure i suoi giocatori: “il talento è quello che è, quello che manca è la fame, Facenda, Nobile e Ferrarese ci hanno mostrato come si vince…” è una frase importante che racchiude una verità: la verità sta nel fatto che oggettivamente c’è un limite al roster dell’Acegas di quest’anno, cestisti alle prime armi con la categoria, altri che per discontinuità non hanno garantito l’apporto desiderato, altri che pagano una giovane età con tutto quello che ne consegue. Chi pensava che il gruppo allenato da Bernardi potesse procedere ai ritmi della scorsa stagione deve ricredersi, seppure non siamo a livello di giocarcela con Jesolo/Sandonà per evitare l’ultimo posto in classifica; se Trieste alla fine del terzo quarto era avanti 66-56 contro Verona significa che per tre quarti di match è stata più forte, se con Trento alla fine del terzo quarto era 58-52 in vantaggio idem, non saranno 10 minuti a determinare lo squilibrio a favore delle avversarie, a meno che non si parli di giocatori con il timer tarato su 30 minuti di rendimento.. e con l’età media di 23 anni sarebbe una autentica anomalia! Quello che è gravissimo è la mancanza di “fame” citata da Bernardi, ed è sinonimo di mancanza di ambizione, di voglia di emergere partendo da vittorie sul campo; l’impressione che questa squadra si accontenti, che si sieda sul bellissimo basket prodotto per buona parte dei match e che portare o meno a casa i due punti sia fattore secondario.
E’ ora perlomeno di vedere gente incavolata dopo le sconfitte!

Sesto uomo che c’è ma non si sente, torna il “teatro” del Palatrieste
Le dichiarazioni di staff, giocatori e addetti ai lavori delle squadre avversarie che devono far visita a Trieste sono tutte improntate al sottolineare il calore e la presenza incidente del pubblico triestino del Palatrieste, figlie anche di momenti indelebili come la famosa gara 5 di play out contro Bassano, della partita promozione con Riva del Garda o recentemente del tifo per la sfida alla Fortitudo Bologna; purtroppo sono situazioni da coniugare al passato remoto, il tiro alla corda fra tifoseria organizzata e società da un po’ di tempo sta involontariamente abbassando i decibel all’interno della struttura di via Flavia, quello che era un sesto uomo conclamato e che poteva annullare qualche gap tecnico-tattico, ora è il miglior “lasciapassare” alle squadre ospiti, accompagnate da qualche fischio nei momenti clou e nulla più, il Palatrieste come teatro accogliente di rappresentazioni dal triste finale.

Cortesia agli ospiti, il tavolo dei giudici come l’ufficio reclami
Sarà una cortesia agli ospiti, sarà che nelle ultime uscite al Palatrieste sono passati due “mostri sacri” come Vincenzino Esposito (per quello che ha fatto come giocatore) e Pippo Faina (maestro delle panchine), sarà che Trieste e lo staff nella prima parte di stagione ha pagato severamente lievi infrazioni al regolamento, fatto sta che in più di qualche occasione il tavolo dei giudici è stato preso d’assalto dai coaches avversari senza pagar dazio, una sorta di ufficio reclami accettato dalla coppia arbitrale, dimenticando da regolamento la linea “invalicabile” bianca entro cui muoversi…

Raffaele Baldini (www.cinquealto.blogspot.com)

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