13 Novembre 2009

Qual è l’impatto ambientale del rigassificatore? Parla Predonzan del Wwf

Rigassificatore Trieste

Pochi giorni fa, i lettori di Bora.la hanno rivolto alcune domande sul rigassificatore a Dario Predonzan, attivista del Wwf regionale. Pubblichiamo oggi le risposte ai quesiti di carattere ambientale.

Domanda di Arlon: Ci sono dei fatti o dati certi e documentabili che possano chiarire a tutti l’eventuale esistenza di pericoli per l’ecosistema marino e per la popolazione? Se sì, quali?

Oltre alla relazione dell’OGS – Dipartimento Oceanografia Biologica sugli effetti diretti del cloro, altre pubblicazioni dell’allora Laboratorio di Biologia Marina mettono in luce la delicatezza degli equilibri ambientali in questa porzione di Adriatico, su cui l’impianto proposto andrebbe ad incidere pesantemente (ed i cui effetti – benché segnalati per tempo dal WWF – non sono stati presi in considerazione dalla Commissione VIA del ministero dell’ambiente).

La situazione che si riscontra attualmente in golfo di Trieste, sul lungo periodo, è di una “generale tendenza all’oligotrofia del sistema pelagico”
• Fornasaro D., Strami F., Cabrini M. (2006). Fitoplancton in declino nel golfo di Trieste ?. Biol Mar. Medit., 13(1): 234-237
• Fonda Umani S., Beran A., Parlato S., Virgilio D., Zollet T., De Olazabal A., Lazzaroni B., Cabrini M. (2004). Noctiluca scintillans Macartney in the Northern Adriatic Sea: long-term dynamics, relationships with temperature and eutrophication, and the role in the food web. J. Plankton Res., 26: 1-17

Il passaggio dalla precedente situazione di moderata produttività (mesotrofia, anni ’70 –‘80) all’attuale oligotrofia è da correlare a diversi fattori, tra cui i mutamenti negli apporti terrigeni veicolati dai fiumi, nelle condizioni meteomarine in loco, nella circolazione delle correnti. Tale situazione, in golfo di Trieste, comporta una diminuzione della produttività dell’ambiente marino, collegata a 2 fatti contingenti documentati:
• “…un accumulo di biomassa a livello del comparto microbico, (fatto che)… indica una carenza nel trasferimento di energia ai livelli trofici superiori probabilmente come conseguenza di una minore predazione da parte di organismi di dimensioni maggiori.” (Paoli A., Del Negro P. (2006). Abbondanze batteriche nelle acque del golfo di Trieste dal 1993 al 2004. Biol Mar. Medit., 13(1): 141-148)
• un trend di costante diminuzione del prodotto pescato, così come rilevato presso il Mercato Ittico di Trieste, in particolare per il c.d. “Pesce Azzurro” che, notoriamente, si colloca ai primi livelli della catena alimentare.

Più specificamente, i rischi per l’ambiente marino se si impiega acqua di mare sono:

Nutrienti
Per la produttività primaria è stato documentato il ruolo preponderante dell’azoto ammoniacale rispetto all’azoto nitrico. L’apporto di NH4 attraverso i fiumi viene integrato dalla rimessa in circolo per opera dei processi di degradazione biologica. La disponibilità di NO3 è sovrabbondante rispetto ai bisogni della PP, per cui l’apporto di NO3 viene per la maggior parte “esportato” al di fuori del golfo.
L’azoto ammoniacale assume in questo luogo il ruolo di fattore limitante nello sviluppo degli organismi autotrofi marini. Il ricorso a sostanze fortemente ossidanti (es: ipoclorito quale biocida) nel processo di rigassificazione del GNL comporta inevitabilmente la distruzione (parziale o totale) di questa specie chimica, che verrebbe trasformata nelle sue forme ossidate e quindi sottratta alla produttività primaria.
Cantoni C, Cozzi S, Pecchiar I, Cabrini M, Mozetic P, Catalano G, Fonda Umani S (2003): Short-term variability of primary production and inorganic nitrogen uptake related to the environmental conditions in a shallow coastal area (Gulf of Trieste, N Adriatic Sea). Oceanologica Acta 26 (2003) 565-575

Batteri marini
I Batteri marini hanno il ruolo, fondamentale, di regolatori della biogeochimica degli ecosistemi acquatici (Pomeroy, 1974; Azam et al., 1983).
Una alterazione del ciclo biogeochimico del carbonio provoca il fenomeno delle “mucillagini”.
Negli anni caratterizzati da una distribuzione dispersa del popolamento batterico eterotrofo (1997, 2000, 2002) si è verificato il fenomeno delle mucillagini in golfo di Trieste (Del Negro et al., 2005).
Viceversa, in condizioni ambientali caratteristiche, si osserva un ciclo annuale dell’abbondanza delle specie batteriche eterotrofe e fototrofe, con minimi e massimi in corrispondenza dei mesi più freddi e più caldi dell’anno. Questo sembra essere dovuto principalmente all’effetto della temperatura che esercita un controllo, anche se non diretto, sullo sviluppo della comunità batterica (Paoli A, Del Negro P, 2006).
L’ingente quantitativo di acqua di mare in transito attraverso l’impianto verrebbe sterilizzato e raffreddato, incidendo (per via diretta ed indiretta) sulle popolazioni batteriche. Si va ad alterare, in tal modo, il regolatore di uno dei cicli biogeochimici più delicati, ancora poco noto e che – proprio in golfo di Trieste – ha già dato più volte indicazione di stato di stress.

Fitoplancton
Relativamente al fitoplancton, studi recenti protratti sul lungo periodo, disponibili per il golfo di Trieste (2006), indicano che questo insieme di organismi autotrofi risponde in maniera non immediata, ma graduale nel tempo, ad eventi ambientali atipici.
In particolare viene riferito:
• della scomparsa delle caratteristiche fioriture del fitoplancton in corrispondenza dello scarico di un depuratore,
• dell’alterazione dello stato trofico del sistema nel corso dell’evento di siccità primaverile ed estiva del 2003.
In un altro studio (Pecchiar et al, 2003) si riferisce che la struttura della comunità autotrofa evidenzia, nel tempo, la presenza di cellule algali di dimensioni più piccole rispetto agli anni precedenti (2003 vs. 1995).
In tale condizione di perdurante stress della comunità fitoplanctonica, non si può non considerare l’utilizzo di acqua di mare per il GNL quale un “evento ambientale atipico”, destinato a permanere in loco per tutta la durata d’esercizio dell’impianto (Gas Natural prevede circa 50 anni di vita utile).

rigassificatore_zaule progetto

Lanfur: L’attività del rigassificatore comporterebbe degli sversamenti di cloro in mare. E’ vero che il cloro inquina l’acqua, visto che viene usato anche negli acquedotti e nelle piscine? Potrebbe indicare uno studio ufficiale su questo tema?

Nei documenti dello Studio d’Impatto Ambientale i proponenti dell’impianto ricorrono ad un’unica ipotesi – l’impiego di acqua di mare – quale fonte di calore per la rigassificazione del GNL. Questo comporta automaticamente l’impiego di un biocida (nel caso in questione il cloro, sotto forma di ipoclorito), al fine di mantenere libere dalle incrostazioni degli organismi marini le condotte di adduzione e di rilascio dell’acqua di mare.

Altre ipotesi, tra cui la sinergia di utilizzo dell’acqua marina comune con le strutture produttive limitrofe (scarichi caldi dell’inceneritore ACEGAS-APS della Centrale di cogenerazione Elettra) sono state liquidate senza essere debitamente analizzate, con la giustificazione di non voler vincolare il proprio ciclo produttivo con quello di altri impianti. Poter ricorrere saltuariamente alla combustione di un’aliquota dello stesso GNL conferito in impianto, nei momenti in cui si rendesse necessario scollegare il rigassificatore dalle altre industrie, è un’ipotesi che non è stata presa in considerazione.

Negli acquedotti e nelle piscine l’utilizzo di cloro – entro limiti accettabili per l’impiego umano – ha una funzione igienizzante: impedendo la proliferazione batterica si garantisce la potabilità dell’acqua e la sicurezza d’utilizzo delle piscine; in questi casi è logico e scontato inibire qualsiasi forma di vita indesiderata. Diversamente, nei corpi idrici naturali, le indicazioni di legge impongono che la concentrazione di cloro attivo residuo allo scarico non superi il valore di 0,2 mg/l al fine di non compromettere le forme di vita ivi presenti. Ed è questo il valore a cui il proponente dell’impianto dovrebbe attenersi nella fase di funzionamento dell’impianto.

Il problema maggiore, contrariamente a quanto comunemente percepito, non consiste però nel quantitativo di cloro attivo residuo in uscita dall’impianto, che – pur sempre dannoso – potrebbe essere mantenuto a livelli minimi, se non addirittura neutralizzato per via chimica, prima di restituire l’acqua di mare al suo bacino. La parte più cospicua del danno ambientale è – di fatto – il transitare dell’acqua di mare attraverso l’impianto, dove la combinazione di cloro, choc termico (cambiamento repentino di temperatura da caldo a freddo) e stress meccanico (passaggio attraverso le pompe) comporta la sterilizzazione di tutto quanto in essa contenuto.

L’attenzione va quindi posta non soltanto su quello che il cloro residuo potrebbe ancora causare una volta che l’acqua esce dagli scarichi, ma soprattutto sul fatto che tutto quello che viene inghiottito dall’impianto viene poi restituito sterile, annientando le forme di vita in esso presenti (batteri marini, plancton, uova, larve, avannotti, …), ossidando i sali minerali cosiddetti “nutrienti” (l’azoto ammoniacale in particolare), restituendo sostanze chimiche tossiche (alogenoderivati: cloramine e trialometani) frutto della reazione del cloro con la materia organica. Questo destino riguarderebbe – anche per il proposto rigassificatore off shore proposto da Endesa (ora E.On) – una parte non trascurabile delle acque del golfo di Trieste, il cui ricambio idrico – notoriamente – è di gran lunga inferiore rispetto ad altre località che ospitano simili impianti (Barcellona, Tokyo).

Ricambio idrico pressoché inesistente invece nella baia di Muggia, stante la presenza delle tre dighe foranee.
Sugli effetti del cloro attivo in ambiente marino, uno studio specifico per la nostra area è stato prodotto nel 2007 dall’OGS di Trieste, Dipartimento Oceanografia Biologica, ed è contenuto nei rapporti prodotti da Terminal Alpi Adriatico srl (integrazioni allo SIA per un rigassificatore off shore nel golfo di Trieste) per il progetto del rigassificatore al largo di Grado.

In particolare, le conclusioni di questa relazione bibliografica sono così sintetizzabili:
• Dosaggi anche molto bassi di cloro possono avere un impatto estremamente dannoso sugli organismi marini sia con effetti letali (meglio conosciuti) che con effetti cronici e subletali.
• Gli alogenoderivati, sottoprodotti della clorazione, tossici, mutageni, poco biodegradabili, accumulandosi nell’ecosistema marino possono interferire in molti processi metabolici e fisiologici.
• E’necessario valutare gli effetti della clorazione sulle specie planctoniche e bentoniche presenti nell’area di studio.
• Mancano studi esaurienti sugli effetti della clorazione a livello di ecosistema, quali l’alterazione del numero di specie presenti o le modificazioni della produttività primaria e la respirazione.
• Mancano informazioni sugli effetti della clorazione nei confronti dei batteri marini, sulla modificazione della biodiversità e sulla diminuzione di biomassa.
• Mancano studi esaurienti su effetti sinergici tra clorazione e diminuzione di temperatura.
• Gli effetti negativi del cloro potrebbero essere esaltati dalle particolari condizioni ambientali del golfo di Trieste, che tra l’altro presenta caratteristiche di marcata fragilità.

rigassificatore_rovigo

Diego: Se il rigassificatore fosse posto a Zaule, è stato detto che tutta l’acqua del bacino passerebbe dentro l’impianto (e quindi verrebbe sterilizzata) per 2 volte l’anno. Nel caso del rigassificatore off-shore proposto da Endesa, invece, questo tipo di impatto sarebbe minore. Si tratterebbe di un processo trascurabile o costituirebbe comunque un pericolo per l’ambiente marino?

R: I due progetti proposti riportano, per quanto attiene all’uso dell’acqua di mare, numeri sostanzialmente analoghi. Per il rigassificatore off shore al largo di Grado l’utilizzo di acqua di mare è di 22.800 m3/h in condizione di normale esercizio e di 30.400 m3/h in condizioni di picco. Si tratta di una quantità enorme: “…636.000 metri cubi al giorno, come dire il volume di un edificio di 20 piani con la base grande come Piazza Unità”.

Il golfo di Trieste, tra Grado e Punta Salvore, ha una profondità media di 16 metri ed una superficie di 550 km2, per un volume di acqua di mare di 8.800 milioni di m3. Stanti questi volumi, in un anno circa il 4-5% dell’acqua dell’intero bacino del golfo di Trieste verrebbe a fluire attraverso l’impianto e quindi ad essere sterilizzato:

Per la località di Zaule, la situazione è resa più critica per via del limitatissimo ricambio idrico, ostacolato dalle dighe foranee. Il rigassificatore proposto da GasNatural utilizzerebbe, in condizione di normale esercizio 25.000 m3/ora di acqua di mare. L’intero volume d’acqua della Baia di Muggia (circa 100 milioni di m3) verrebbe quindi fatto fluire attraverso l’impianto per oltre due volte all’anno.
Nessuno dei 2 bacini è però del tutto confinato: ci sarebbe quindi da tener conto degli scambi tra l’uno e l’altro che – pur se limitati dalle dighe – hanno luogo (ma non sono stati quantificati), e quindi tra il golfo di Trieste ed il resto dell’Adriatico. Ciò non toglie che la perdita ambientale (sterilizzazione dell’acqua di mare ) che si verificherebbe, va rapportata al suo valore assoluto, indifferentemente se circoscritta ad una baia, o più diffusa se localizzata in un golfo o ancora nell’altro Adriatico. I valori calcolati servono a dare un’indicazione di scala della portata del nocumento: è “sostenibile” perdere ogni anno un quantitativo pari il 4-5% del volume del golfo in termini di plancton, nutrienti, uova di pesci, ecc. ?

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Per maggiori informazioni e dettagli, consultare il sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia sezione “documenti”, sottosezione “energia”, come pure il numero di settembre 2009 del mensile “Konrad” (nel sito www.konradnews.it)

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Un commento a Qual è l’impatto ambientale del rigassificatore? Parla Predonzan del Wwf

  1. bubez goriziano ha detto:

    “Qual è” si scrive senza l’apostrofo.

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